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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

L'uomo dall'occhio penetrante

Lunedì, 16 dicembre 2013

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 289, Mart. 17/12/2013)

 

Quando la profezia viene a mancare a occuparne il posto è il clericalismo, il rigido schema della legalità che chiude la porta in faccia all’uomo. Da qui la preghiera che, nella prospettiva del Natale, lo spirito della profezia si faccia sentire tra il popolo.

Papa Francesco, nella messa celebrata lunedì mattina 16 dicembre, nella cappella di Santa Marta, ha voluto ricordare che essere profeti è una vocazione di tutti i battezzati. E lo ha fatto, come di consueto, prendendo spunto dalla parola di Dio della liturgia del giorno. Il Pontefice ha ripetuto le parole del libro dei Numeri (24, 2-7.15-17b) che dipingono la figura del profeta, «oracolo di Balaam figlio di Beor e oracolo dell’uomo dall’occhio penetrante; oracolo di chi ode le parole di Dio». Ecco, ha spiegato, «questo è il profeta»: un uomo «che ha gli occhi penetranti e che ascolta e dice le parole di Dio; che sa vedere nel momento e andare sul futuro. Ma prima aveva ascoltato, aveva sentito, la parola di Dio».

E infatti «il profeta ha dentro di se questi tre momenti». Anzitutto «il passato: il profeta — ha detto il Santo Padre — è cosciente della promessa e ha nel suo cuore la promessa di Dio, ce l’ha viva, la ricorda, la ripete». Ma «poi guarda il presente, guarda il suo popolo e sente la forza dello spirito per dire una parola che lo aiuti a issarsi, a continuare il cammino verso il futuro».

Dunque, ha proseguito il Papa, «il profeta è un uomo di tre tempi: promessa del passato, contemplazione del presente, coraggio per indicare il cammino verso il futuro». E, ha ricordato, «il Signore sempre ha custodito il suo popolo con i profeti nei momenti difficili, nei momenti nei quali il popolo era scoraggiato o era distrutto; quando il tempio non c’era; quando Gerusalemme era sotto il potere dei nemici; quando il popolo si domandava dentro di sé; ma Signore tu ci hai promesso questo e adesso cosa succede?». A questo proposito ha aggiunto: «Lo stesso forse è successo nel cuore della Madonna, quando era ai piedi della croce: Signore, tu mi hai detto che questo sarebbe il liberatore di Israele, il capo, quello che ci darà la redenzione; e adesso?».

«In quel momento del popolo di Israele — ha continuato il Pontefice — è necessario l’intervento del profeta. E non sempre il profeta è ben ricevuto. Tante volte è respinto. Lo stesso Gesù dice ai farisei che i loro padri hanno ucciso i profeti perché dicevano cose scomode, dicevano la verità, ricordavano la promessa». Ma, ha affermato il Papa, «quando nel popolo di Dio manca la profezia, manca qualcosa: manca la vita del Signore».

Esemplare, in proposito, la storia del giovane Samuele che, «mentre dormiva, aveva sentito la chiamata del Signore ma non sapeva cos’era. E la Bibbia lo dice: in quei tempi “la parola del Signore era rara e le visioni non erano frequenti”». (1 Libro di Samuele 3, 1). Era un tempo in cui «Israele non aveva profeti». Ma, ha fatto notare il vescovo di Roma, «lo stesso succede quando viene un profeta e il popolo non lo riceve», come si legge nel brano del Vangelo di Matteo (21, 23-27).

«Quando non c’è profezia — ha commentato — la forza cade sulla legalità. E questi sacerdoti sono andati da Gesù a chiedere la cartella di legalità: Con quale autorità fai queste cose?». È come se avessero detto: «Noi siamo i padroni del tempio; tu con quale autorità fai queste cose?». In realtà «non capivano le profezie, avevano dimenticato la promessa. Non sapevano leggere i segni del momento, non avevano né occhi penetranti né udito della parola di Dio. Soltanto avevano l’autorità».

Così «nel tempo di Samuele, quando la parola del Signore era rara e le visioni non erano frequenti, era lo stesso. La legalità e l’autorità». E questo accadeva perché «quando nel popolo di Dio non c’è profezia, il vuoto che lascia viene occupato dal clericalismo. E proprio questo clericalismo che chiede a Gesù: con quale autorità fai queste cose, con quale legalità?».

Così «la memoria della promessa e la speranza di andare avanti vengono ridotte soltanto al presente: né passato, né futuro e speranza». È come se per andare avanti valesse solo ciò che è «presente», ciò che è «legale».

Certo, ha spiegato il Papa, «forse il popolo di Dio che credeva, che andava a pregare al tempio, piangeva nel suo cuore perché non trovava il Signore. Mancava la profezia. Piangeva nel suo cuore come piangeva Anna, la mamma di Samuele, chiedendo la fecondità del popolo».

Quella fecondità, ha specificato il Pontefice, «che viene dalla forza di Dio, quando lui ci risveglia la memoria della sua promessa e ci spinge verso il futuro con la speranza. Questo è il profeta. Questo è l’uomo dall’occhio penetrante e che ode le parole di Dio».

Papa Francesco ha concluso la sua omelia proponendo «una preghiera in questi giorni nei quali ci prepariamo al Natale del Signore». Una preghiera al Signore perché — ha invocato — «non manchino profeti nel tuo popolo. Tutti noi battezzati siamo profeti. Signore, che non dimentichiamo la tua promessa; che non ci stanchiamo di andare avanti; che non ci chiudiamo nelle legalità che chiudono le porte. Signore, libera il tuo popolo dallo spirito del clericalismo e aiutalo con lo spirito di profezia».

 



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