Index   Back Top Print

[ IT ]

PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

L'ora della ri-creazione

Venerdì, 19 dicembre 2014

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.290, Sab. 20/12/2014)

 

Per essere davvero «madre» la Chiesa deve «lasciarsi sorprendere dalle novità di Dio», che attraverso lo Spirito Santo può «fare nuove tutte le cose». Altrimenti rischia di diventare «sterile», afflitta dal «pelagianesimo», dall’«egoismo», dal «potere», dalla voglia di «impadronirsi delle coscienze» fino a diventare «imprenditrice». È da questa tentazione che ha messo in guardia il Papa nella messa celebrata venerdì 19 dicembre, nella cappella della Casa Santa Marta.

La riflessione di Francesco ha preso le mosse dalle letture proposte dalla liturgia: le nascite di Sansone e di Giovanni Battista annunciate da angeli, come raccontano il libro dei Giudici (13, 2-7.24-25a) e il Vangelo di Luca (1, 5-25). «La parola su cui la Chiesa oggi ci fa riflettere prima del Natale, la parola più importante di oggi, è “sterilità”» ha subito precisato il Pontefice. E la liturgia infatti «ci presenta queste due donne sterili che non avevano figli, non potevano averne». Il Papa ha ricordato che «nel popolo di Israele la sterilità era vissuta con difficoltà: si potrebbe quasi dire che il non poter dare la vita era quasi considerato una maledizione, poiché il non avere figli impediva di adempiere il comandamento del Signore di riempire la terra con nuove vite».

Eppure, ha fatto notare, «di figure di donne sterili ce ne sono tante nella Bibbia, e sempre per ragioni importanti». A cominciare da «Sara, nostra madre: sterile» ma «il Signore fa il miracolo». Ed è «sterile pure la mamma di Samuele»: anche in questa situazione «il Signore fa il miracolo». E ancora «la figlia di Iefte se n’è andata per le montagne piangendo la sua verginità, perché non poteva avere figli prima di morire».

Dunque, ha spiegato Francesco, «la sterilità era una cosa brutta, brutta». E oggi la Chiesa «ci mostra questo simbolo di sterilità, proprio prima della nascita di Gesù, per mezzo di una donna incapace di avere un figlio». Questo «è il segno dell’umanità incapace di dare un passo in più: tante donne sterili erano vecchie, il loro ventre non era più fecondo». E «la Chiesa vuol farci riflettere sull’umanità sterile», sull’umanità che «è arrivata a un punto dove non poteva più andare avanti». Ricordando che «la legge di Mosé prevedeva la discendenza di un morto, perché era tanto importante avere discendenza, dare vita», il Papa ha rimarcato che «queste donne sterili ricevono un miracolo, ricevono una grazia del Signore e sono capaci di concepire».

«Dalla sterilità — ha affermato — il Signore è capace di ricominciare una nuova discendenza, una nuova vita: questo è il messaggio di oggi». Perciò «quando l’umanità è esaurita, non può andare più avanti, viene la grazia e viene il Figlio, e viene la salvezza». E così «quella creazione esaurita lascia posto alla nuova creazione, potremo così dire a una “ri-creazione”».

Così «quel miracolo della creazione, tanto meraviglioso, lascia il posto a un miracolo ancora più meraviglioso: la ri-creazione, come dice la preghiera della messa: “Tu Signore che hai creato il mondo meravigliosamente, e lo hai ricreato più meravigliosamente”».

Dunque proprio «questa “seconda” creazione quando la terra è esaurita, è il messaggio di oggi: noi aspettiamo il “capo” capace di ricreare tutte le cose, di fare nuove le cose». Dunque «aspettiamo la novità di Dio». Questo, del resto, è il Natale: «la novità di Dio che rifà in un modo più meraviglioso la creazione, tutte le cose».

«È curioso», ha poi sottolineato il Pontefice, che «in ambedue i testi — sia quello della moglie di Manòach sia in quello di Elisabetta — per spiegare come farà questo, come avverrà questo, si parla dello Spirito: “Lo Spirito del Signore cominciò ad agire su di lui”, si dice». E «questa “ri-creazione” è possibile soltanto con lo Spirito di Dio». Qual è allora il messaggio? «Apriamoci allo Spirito di Dio. Noi, da soli, non ce la facciamo: è lui che può fare le cose».

Il discorso sulla sterilità, ha detto il Papa, «mi fa pensare anche alla nostra madre Chiesa, a tante sterilità che affliggono la nostra madre Chiesa quando, per il peso della speranza nei Comandamenti, quel pelagianismo che tutti noi portiamo nelle ossa, diventa sterile: si crede capace di partorire» ma «non può». Invece «la Chiesa è madre e diventa madre soltanto quando si apre alla novità di Dio, alla forza dello Spirito». Lo è «quando dice a se stessa: “io faccio tutto, ma ho finito, non posso andare in più”» e «viene lo Spirito».

Così Francesco ha invitato a «pregare oggi per la nostra madre Chiesa, per tante sterilità nel popolo di Dio: sterilità di egoismi, di potere». Perché «la Chiesa è sterile quando crede di potere tutto, di impadronirsi delle coscienze della gente, di andare sulla strada dei farisei, dei sadducei, sulla strada dell’ipocrisia». Per questo bisogna «pregare». E fare in modo che «questo Natale» renda anche «la nostra Chiesa aperta al dono di Dio», capace di lasciarsi «sorprendere dallo Spirito Santo»: una Chiesa «che abbia figli, una Chiesa madre».

Invece, ha affermato il Papa, «tante volte io penso che la Chiesa, in alcuni posti, più che madre è un’imprenditrice». Perciò, ha concluso, «guardando questa storia di sterilità del popolo di Dio, e tante storie nella storia della Chiesa che hanno fatto la Chiesa sterile, chiediamo al Signore, oggi, guardando il presepe, la grazia della fecondità della Chiesa». La grazia che, «prima di tutto, la Chiesa sia madre, come Maria: madre!».

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana