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DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI XXIII
AI PARTECIPANTI AL XVI CONGRESSO
DELLA CONFEDERAZIONE DEI COLTIVATORI DIRETTI

Basilica Vaticana
Mercoledì, 4 aprile 1962

 

 

L'aprirsi della primavera Ci riserva la letizia di questo incontro con voi, diletti figli e figlie della Confederazione dei Coltivatori Diretti d'Italia. Presso la tomba del Principe degli Apostoli la vostra presenza è spettacolo di fede e di generosità cristiana, fioritura di speranze e di propositi santi, arra di frutti copiosi per le vostre famiglie e per la società.

Con cuore aperto vi diamo il benvenuto paterno e amplissimo.

La particolarità dell'anno liturgico fa sì che il vostro XVI Congresso Nazionale si svolga nell'imminenza della Pasqua, nell'atmosfera di trepida attesa e partecipazione ai misteri più alti e commoventi di nostra santa religione. L'augusta semplicità e la suggestiva bellezza dei riti di queste settimane parlano al cuore di tutti, piccoli e adulti, toccandone fino in fondo ogni fibra; e ripropongono alla meditazione la grandezza incommensurabile dell'amore di Gesù Cristo per gli uomini, nelle tappe dolorose, e pur splendenti, della sua beata Passione, della sua Morte dolorosa, fino ai fulgori della sua Risurrezione.

Ora la Pasqua, con i sacri riti che l'accompagnano, viene celebrata, particolarmente dalla gente dei campi, come manifestazione di vita cristiana che si rinnovella. Ecco i ritiri pasquali, per disporre l'anima al purificante lavacro della penitenza; ecco le accolte composte di uomini e di giovani, senza dire delle madri di casa e delle figliuole, alla Mensa Eucaristica, nell'incontro fervoroso col divin Salvatore.

I riti, celebrati con decoro e partecipazione corale di popolo, nel ripetersi di tradizioni antiche e gravi, che nelle varie località si vestono di suggestive sfumature, hanno alta finalità educativa; nelle processioni del Venerdì Santo, in cui viene portato in trionfo Gesù benedetto, è la glorificazione del dolore, la grande lezione, da cui l'uomo apprende a sublimarsi e a donarsi, con lo sguardo fisso sulla Croce. Poi nella pausa del Sabato Santo, la mestizia soffusa di gaudio della veglia pasquale, i cui mistici fulgori si riverberano sulle anime, inondandole della luce della Resurrezione.

Anche l'attesa dei giovanetti, che si preparano alla prima Comunione, è tanto eloquente, e diffonde soavità nelle famiglie.

Da questi spunti, prende rilievo il raduno odierno, diletti figli lavoratori della terra; e le finalità stesse del vostro Congresso, ne ricevono un tocco mirabile di ammaestramento e di elevazione.

È vero che le vostre preoccupazioni — secondo i temi più recenti proposti alla attenzione vostra e di quanti si debbono occupare del vostro movimento — sono rivolte alla formulazione di particolari richieste ai legislatori del vostro Paese per sviluppare l'economia agricola, elevare in modo consono all'umana dignità le vostre condizioni di vita e di lavoro, e ottenere ulteriori opportune previdenze, di cui fruiscono altri lavoratori. Così i due Congressi dei Gruppi Donne Rurali e dei Giovani Coltivatori hanno voluto ancora una volta rispettivamente sottolineare le nuove responsabilità della donna nel mondo agricolo in trasformazione, e la posizione del giovane dei campi, nel quadro dell'impresa familiare. Questi argomenti hanno un contenuto di carattere pratico, e attendono di venire approfonditi in tutta l'ampiezza delle loro applicazioni.

In tale programmazione di concrete provvidenze per il settore agricolo, la Chiesa, madre di tutti i suoi figli, è a voi vicina, e partecipa alle vostre preoccupazioni. Certo ricordate, l'anno scorso, ricevendovi il 19 aprile, vi davamo l'annunzio della Lettera Enciclica Mater et Magistra, che Ci stava nel cuore « comme fiamma di dottrina e proposito di carità e di fraternità, ... per il bene spirituale e materiale di tutti i figli di Dio, chiamati alla sua conoscenza e al suo possesso » [1]. L'Enciclica ha, tra l'altro, affrontato con nuovo impegno i problemi della vita dei campi, per conclamare le esigenze di maggiore giustizia nei rapporti fra i settori produttivi. Di fatto, a quelle pagine è affidato il pensiero della Chiesa per ciò che riguarda l'adeguamento dei servizi pubblici essenziali nel mondo rurale; lo sviluppo graduale ed armonico del sistema economico; la richiesta di una appropriata politica economica per le imposizioni tributarie, per i mutui e le assicurazioni sociali, per la tutela dei prezzi e l'integrazione dei redditi, e infine per la piena adeguazione delle strutture dell'impresa agricola.

Il presente vostro Congresso — l'abbiamo rilevato con soddisfazione — riecheggia questi argomenti, e ne promuove l'applicazione. Ma essi — lasciateCi dire — non possono esaurirsi in una programmazione di dati statistici ed economici, nè in una ricerca di soluzioni puramente tecniche ed organizzative. Soggetto dell'agricoltura, come di tutta la vita sociale nelle sue varie forme, è la persona umana, redenta da Cristo e in cammino verso la vita eterna.

Questo è particolarmente vero per il vostro lavoro, diletti figli e figlie : « sia perchè — come diciamo nell'Enciclica sociale — lo si vive nel tempio maestoso della creazione, sia perchè lo si svolge spesso sulla vita delle piante e degli animali; vita inesauribile nelle sue espressioni, inflessibile nelle sue leggi, ricca di richiami a Dio Creatore e Provvido. ... Nel lavoro agricolo la persona umana trova mille incentivi per la sua affermazione, per il suo sviluppo, per il suo arricchimento, per la sua espansione anche sul piano dei valori dello spirito. È quindi un lavoro che va concepito e vissuto come una vocazione e una missione » [2].

Così dunque si eleva davanti a Dio e agli uomini la vostra attività, che in passato potè sembrare meno compresa che non sia oggi.

Nulla di facile è al mondo, diletti figli e figlie; ciò che vale si conquista col sudore e con la fatica: e c'è da compiangere chi pensa diversamente, perchè dimostra di volersi mettere fuori dall'ordine provvidenziale. Ma con Gesù accanto, con la sua grazia nell'anima, il dovere quotidiano diventa leggero, il dolore si trasforma in strumento di espiazione e di redenzione, l'uomo impara a donarsi per il bene proprio, della famiglia e dei fratelli. E dalla accettazione delle difficoltà della vita germoglia la pace interiore, che produce forza e serenità di carattere.

Bisogna certamente fare ogni sforzo per adeguarsi alle accresciute necessità di una più profonda giustizia ed equità. Questo è l'insegnamento chiarissimo della dottrina cristiana; ma al tempo stesso occorre tener presente che solo la fede e l'amor di Dio possono temperare le ricorrenti angustie, anche di ordine economico, e infondere l'energia per continuare nella paziente fatica di ogni giorno.

Diletti figli e figlie! Lasciatecelo ripetere, siamo accanto a voi nelle vostre speranze, nelle gioie e nelle affermazioni vostre più luminose; con augurio paterno e con la Nostra preghiera quotidiana, che chiede per voi al Signore tutto quanto il vostro cuore con semplicità e rettitudine desidera e attende. E sia auspicio dei beni elargiti dalla Provvidenza e dei celesti conforti la Nostra larga e propiziatrice Benedizione Apostolica, che facciamo scendere su di voi e sui vostri cari lontani, specialmente sui vostri piccoli, sugli invalidi, sugli anziani, invocando per tutti le sovrabbondanti grazie del Signore.

 


[1] Discorsi, Messaggi, Colloqui, III, p. 218.

[2] L'Osservatore Romano, 15 luglio 1961, p. 9

 



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