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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Amore a Dio e al prossimo contro idolatria e ipocrisia

Martedì, 15 ottobre 2013

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 237, Merc. 16/10/2013)

 

Ipocrisia e idolatria «sono peccati grossi» che hanno origini storiche, ma che ancora oggi si ripetono con frequenza, anche fra i cristiani. Superarli «è tanto difficile»: per farlo «abbiamo bisogno della grazia di Dio». È la riflessione suggerita a Papa Francesco dalle letture della messa celebrata questa mattina, martedì 15 ottobre, nella cappella di Santa Marta.

«Il Signore — ha esordito — ci ha detto che il primo comandamento è adorare Dio, amare Dio. Il secondo è amare il prossimo come se stesso. La liturgia oggi ci parla di due vizi contro questi comandamenti», che in realtà, ha notato, è uno solo: amare Dio e il prossimo. E i vizi di cui si parla effettivamente «sono peccati grossi: l’idolatria e l’ipocrisia». L’apostolo Paolo, ha notato il Pontefice, non risparmia parole per descrivere l’idolatria. È «focoso», «forte» e dice: «L’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà, perché l’idolatria è un’empietà, è una mancanza di pietas. È una mancanza di quel senso di adorare Dio che tutti noi abbiamo dentro. E l’ira di Dio si rivela contro ogni empietà, contro gli uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia». Essi soffocano la verità della fede, di quella fede «che ci è data in Gesù Cristo, nella quale si rivela la giustizia di Dio». È, ha proseguito il Papa, come un cammino da fede in fede «come diceva spesso Giovanni: grazia su grazia, di fede in fede. Il cammino della fede». Ma tutti noi «abbiamo bisogno di adorare, perché abbiamo l’impronta di Dio dentro di noi» e «quando non adoriamo Dio adoriamo le creature» e questo è «il passaggio dalla fede all’idolatria».

Gli idolatri «non hanno alcun motivo di scusa. Pur avendo conosciuto Dio — ha sottolineato il Vescovo di Roma — non l’hanno glorificato, né ringraziato come Dio». Ma qual è la strada degli idolatri? Lo dice molto chiaramente san Paolo ai romani. È una strada che fa smarrire: «Si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata». A questo conduce «l’egoismo del proprio pensiero, il pensiero onnipotente» che dice «quello che io penso è vero, io penso la verità, io faccio la verità con il mio pensiero». E proprio mentre si dichiaravano sapienti, gli uomini di cui parla san Paolo «sono diventati stolti. E hanno scambiato la gloria di Dio incorruttibile con un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi, di rettili».

Si potrebbe essere portati a pensare, ha avvertito il Papa, che si tratti di atteggiamenti del passato: «Oggi nessuno di noi va per le strade ad adorare statue». Ma non è così perché «anche oggi — ha detto il Pontefice — ci sono tanti idoli e anche oggi ci sono tanti idolatri. Tanti che si credono sapienti, anche fra noi, fra i cristiani». E ha subito aggiunto: «Io non parlo di quelli che non sono cristiani; li rispetto. Ma fra noi parliamo in famiglia». Molti cristiani infatti «si credono sapienti, sanno tutto», ma alla fine «diventano stolti e cambiano la gloria di Dio, incorruttibile, con un’immagine: il proprio io», con le proprie idee, con la propria comodità.

E non è una cosa d’altri tempi perché «anche oggi — ha evidenziato il Pontefice — per le strade ci sono gli idoli». Ma c’è di più, ha aggiunto: «Tutti noi abbiamo dentro qualche idolo nascosto. E possiamo domandarci davanti a Dio qual è il mio idolo nascosto, quello che occupa il posto del Signore. Uno scrittore francese, molto religioso, si arrabbiava facilmente. Era il suo difetto, si arrabbiava facilmente e spesso. Diceva: chi non prega Dio, prega il diavolo. Se tu non adori Dio, adori un idolo, sempre». Il bisogno dell’uomo di adorare, di Dio, che nasce dal fatto di portare impressa dentro di noi la sua «impronta», è tale «che se non c’è il Dio vivente, ci saranno questi idoli». E concludendo, in modo quasi provocatorio, il Papa ha chiesto a tutti di fare un esame di coscienza e di porsi la domanda: «Qual è il mio idolo»?

L’altro peccato «contro il primo comandamento proposto dalla liturgia di oggi è l’ipocrisia», ha proseguito il Santo Padre. Lo spunto per questa ulteriore riflessione è stato offerto dal racconto di Luca in cui si parla di «quell’uomo che invita Gesù a pranzo e si scandalizza perché non si lava le mani» e pensa che Gesù sia un «ingiusto» poiché «non compie quello che deve essere compiuto».

Ma così «come Paolo non risparmia parole contro gli idolatri — ha notato il Santo Padre — così Gesù non risparmia parole contro gli ipocriti: voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e cattiveria. È chiarissimo! Siete avidi e cattivi, stolti». Usa «la stessa parola che Paolo dice degli idolatri: sono diventati stolti, stolti. E che consiglio dà Gesù? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro il piatto ed ecco per voi tutto sarà più puro».

Gesù consiglia dunque di «non guardare le apparenze» ma di andare al cuore della verità: «Il piatto è il piatto, ma è più importante quello che è dentro il piatto: il pasto. Ma se tu sei un vanitoso, se tu sei un carrierista, se tu sei un ambizioso, se tu sei una persona che sempre si vanta di se stesso o al quale piace vantarsi, perché ti credi perfetto, fa un po’ d’elemosina e quella guarirà la tua ipocrisia».

«Ecco — ha concluso il Papa — la strada del Signore: adorare Dio, amare Dio sopra di tutto, e amare il prossimo. È tanto semplice, ma tanto difficile. Si può fare soltanto con la grazia. Chiediamo la grazia».

 



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