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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Sorpresi da un abbraccio

Venerdì, 8 gennaio 2016

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.005, 09/01/2016)

L’anno santo della misericordia ci ricorda che «Dio ama sempre per primo», senza condizioni, e ci accoglie così come siamo per abbracciarci e perdonarci come un padre. È soprattutto a coloro che si riconoscono peccatori che Francesco ha ricordato la certezza dell’amore di Dio, celebrando la messa venerdì mattina, 8 gennaio, nella cappella della Casa Santa Marta.

«L’apostolo Giovanni — ha spiegato il Papa — continua a parlare ai primi cristiani sui due comandamenti che Gesù ci ha insegnato: amare Dio e amare il prossimo». Si legge, infatti, nel passo della sua prima lettera (4, 7-10) proposto dalla liturgia: «Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio». E «questa parola “amore” — ha fatto notare Francesco — è una parola che si usa tante volte e non si sa, quando si usa, cosa significhi esattamente». Che cosa è, dunque, l’amore? A volte, ha detto il Pontefice, «pensiamo all’amore delle telenovele: no, quello non sembra amore. O l’amore può sembrare un entusiasmo per una persona e poi si spegne».

La questione vera, dunque, è: «da dove viene il vero amore?». Scrive Giovanni: «Chiunque ama è stato generato da Dio, perché Dio è amore». L’apostolo non dice «ogni amore è Dio». Dice invece: «Dio è amore». E, prosegue Giovanni, «Dio ci ha amato tanto da mandare nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui». Perciò, ha affermato Francesco, ecco «Dio che dà la sua vita in Gesù, per dare a noi la vita». Dunque, ha proseguito, «l’amore è bello, amare è bello e nel cielo ci sarà soltanto l’amore, la carità: lo dice Paolo». E se l’amore «è bello, si fa sempre forte e cresce nel dono della propria vita: cresce nel dare se stesso agli altri».

Francesco ha riletto quindi un altro passo della lettera di Giovanni: «In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi». E ha rimarcato che «Dio ci ha amato per primo; lui ci ha dato la vita per amore, ha dato la vita e suo Figlio per amore». Perciò «quando noi troviamo Dio, c’è sempre una sorpresa: è lui che ci aspetta per primo; è lui che trova noi».

Facendo riferimento al passo liturgico tratto dal Vangelo di Marco (6, 34-44), che racconta l’episodio della moltiplicazione dei pani, il Papa ha invitato a guardare Gesù. «Quella gente — ha spiegato — lo seguiva per sentirlo, perché parlava come uno che ha autorità, non come gli scribi». Ma «lui guardava quella gente e andava oltre. Proprio perché amava, dice il Vangelo, “ebbe compassione di loro”, che non è lo stesso di avere pietà». La parola giusta è proprio «compassione: l’amore lo porta a “patire con” loro, a coinvolgersi nella vita della gente». E «il Signore sta sempre lì, amando per primo: lui ci aspetta, lui è la sorpresa».

È precisamente quello che accade, ha ricordato il Papa, ad «Andrea quando va da Pietro a dirgli: “Abbiamo trovato il Messia, vieni!”. Pietro va e Gesù lo guarda e gli dice: “Tu sei Simone? Sarai Pietro”. Lo aspettava con una missione. Lo aveva amato prima».

Lo stesso avviene «quando Zaccheo, che era piccolo, sale sull’albero per poter vedere meglio Gesù». Il quale «passa, alza gli occhi e dice: “Scendi Zaccheo, voglio andare a cena a casa tua”. E Zaccheo, che voleva incontrare Gesù, si accorse che Gesù lo aspettava».

Ancora, Francesco ha rammentato la storia di Natanaele che «va a vedere colui che gli dicono sia il messia, un po’ scettico». A lui Gesù dice: «Io ti ho visto sotto l’albero di fico». Dunque, «sempre Dio ama per primo». Lo ricorda anche la parabola del figliol prodigo: «Quando il figlio, che aveva speso tutti i soldi dell’eredità del padre in una vita di vizi, torna a casa, si accorge che il papà lo stava aspettando. Dio sempre per primo ci aspetta. Prima di noi, sempre. E quando l’altro figlio non vuole venire alla festa, perché non capisce l’atteggiamento del papà, va il babbo a cercarlo. E così fa Dio con noi: ci ama per primo, sempre».

Così, ha rilanciato il Papa, «possiamo vedere nel Vangelo come ama Dio: quando noi abbiamo qualcosa nel cuore e vogliamo chiedere perdono al Signore, è lui che ci aspetta per dare il perdono».

Quest’anno della misericordia, ha affermato Francesco, «un po’ è anche questo: che noi sappiamo che il Signore ci sta aspettando, ognuno di noi» E ci aspetta «per abbracciarci, niente di più, per dire: “Figlio, figlia, ti amo. Ho lasciato che crocefiggessero mio Figlio per te; questo è il prezzo del mio amore; questo è il regalo di amore”».

Il Papa ha suggerito di pensare sempre a questa verità: «Il Signore mi aspetta, il Signore vuole che io apra la porta del mio cuore, perché lui è lì che mi aspetta per entrare». Senza condizioni.

Certo, qualcuno potrebbe dire: «Ma, padre, no, no, io avrei voglia, ma ho tante cose brutte dentro!». Chiara, in proposito, la risposta di Francesco: «È meglio! Meglio! Perché lui ti aspetta, così come tu sei, non come ti dicono che “si deve fare”. Si deve essere come sei tu. Ti ama così, per abbracciarti, baciarti, perdonarti».

Ecco, quindi, l’esortazione conclusiva del Papa, che ha invitato ad andare senza indugi dal Signore e dire: «Ma tu sai Signore che io ti amo». Oppure, se proprio «non me la sento, di dirla così: “Tu sai Signore che io vorrei amarti, ma sono tanto peccatore, tanto peccatrice”». Con la certezza che lui farà come il padre «col figliol prodigo che ha speso tutti i soldi nei vizi. Non ti lascerà finire il tuo discorso, con un abbraccio ti farà tacere: l’abbraccio dell’amore di Dio».

 


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