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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Mai schiavi della legge

Lunedì, 24 ottobre 2016

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.245, 25/10/2016)

La rigidità dell’ipocrita non ha nulla a che vedere con la legge del Signore, ma ha a che fare con «qualcosa di nascosto, una doppia vita» che rende schiavi e fa dimenticare che stare dalla parte di Dio significa vivere «la libertà, la mitezza, la bontà, il perdono». Sono proprio questi gli atteggiamenti del cristiano — che non deve far finta di essere buono per mascherare «la malattia» della rigidità — indicati da Papa Francesco nella messa celebrata lunedì mattina, 24 ottobre, nella cappella della Casa Santa Marta.

«Abbiamo pregato nel salmo responsoriale e ripetuto la preghiera “beato chi cammina nella legge del Signore”» ha subito evidenziato il Pontefice. E «dicendo questo — ha proseguito — abbiamo chiesto la grazia di camminare nella legge del Signore, perché non è facile, non è facile camminare nella legge del Signore».

Proprio «il passo del Vangelo di oggi — ha spiegato il Papa in riferimento al brano di Luca (13, 10-17) — ci insegna questa difficoltà di camminare nella legge del Signore e ci segnala che è una grazia che dobbiamo chiedere: camminare nella legge del Signore». Francesco ha indicato «in questo passo del Vangelo due parole forti sulla donna: “liberata” e “prigioniera”». Luca scrive infatti che «il diavolo l’aveva imprigionata con la malattia per ben diciotto anni e Gesù la libera». Ma lo lo fa «il sabato e la legge dice chiaramente che il sabato non si lavora». Quella era «la legge antica», ha affermato il Papa, mentre «la legge nuova ci dice di non lavorare la domenica».

La guarigione operata da Gesù suscita lo sdegno del capo della Sinagoga che, ha proseguito Francesco, «sente il dovere di rimproverare la donna e dice: “venite a far guarire gli altri giorni ma non il sabato che non si può lavorare!”». A queste parole però «Gesù risponde con forza: “Tu sei un ipocrita! Ad esempio, cosa fai con il tuo bue, con il tuo asino? Lo sleghi per dargli da bere, da mangiare? E a questa no?”».

«La parola “ipocrita” — ha fatto presente il Pontefice — Gesù la ripete tante volte ai rigidi, a quelli che hanno un atteggiamento di rigidità nel compiere la legge, che non hanno la libertà del figlio: sentono che la legge si deve fare così e sono schiavi della legge». Ma «la legge non è stata fatta per farci schiavi, ma per farci liberi, per farci figli» ha spiegato Francesco. E san Paolo «ha predicato tanto su questo; e Gesù, con poche prediche, ma tanti fatti, ci ha fatto capire questa realtà».

«Ipocriti», ha ricordato il Papa, è una parola che «tante volte Gesù ripete alla gente rigida, perché dietro la rigidità c’è un’altra cosa, sempre». Per questa ragione «Gesù dice “ipocriti!”: dietro la rigidità c’è qualcosa di nascosto nella vita di una persona». Infatti «la rigidità non è un dono di Dio; la mitezza sì; la bontà sì; la benevolenza sì; il perdono sì; ma la rigidità no!».

Dunque, ha detto Francesco, «dietro la rigidità c’è sempre qualcosa di nascosto, in tanti casi una doppia vita». Ma «c’è anche qualcosa di malattia: quanto soffrono i rigidi e quando sono sinceri, e si accorgono di questo, soffrono perché non riescono ad avere la libertà dei figli di Dio; non sanno come si cammina nella legge del Signore e non sono beati. E soffrono tanto». Così se anche «sembrano buoni, perché seguono la legge, dietro c’è qualcosa che non li fa buoni: o sono cattivi, ipocriti o sono malati». Comunque «soffrono».

Per rendere ancora più chiaro il suo ragionamento, il Papa ha riproposto la storia dei «due figli della parabola del figlio prodigo» raccontata sempre da Luca nel suo Vangelo (15, 11-32). «Il figlio maggiore era buono», tanto che «tutti i vicini, tutti gli amici del padre» dicevano: «Che buono questo figlio, fa sempre quello che il padre dice!». Ma poi nei loro commenti aggiungevano: «Povero padre con il secondo figlio che è stata una calamità, se ne è andato con i soldi e porta una vita sporca, una vita da peccatore!».

Alla fine, però, la storia «si rovescia e quel peccatore, che se ne è andato, si accorge di aver fatto male e torna e chiede perdono e il padre fa festa». Il figlio «buono», invece, «è lì e fa vedere cosa c’è dietro alla propria bontà». Ossia, «la superbia di credersi giusto: “A questo tu gli fai festa, che è un tale e quale, e a me, che sono tanto buono, che ti ho servito sempre, non mi fai festa?”».

Ecco, ha spiegato Francesco, l’atteggiamento dell’«ipocrita: dietro il fare il bene, c’è superbia». Il figlio prodigo, da parte sua, «sapeva che aveva un padre e nel momento più buio della sua vita è andato dal padre». Il figlio maggiore, invece, «del padre capiva soltanto che era il padrone, ma mai lo aveva sentito come padre: era un rigido, camminava nella legge con rigidità». Ancora: il figlio prodigo «ha lasciato la legge da parte, se ne è andato senza la legge, contro la legge, ma a un certo punto ha pensato al padre ed è tornato e ha avuto il perdono».

«Non è facile camminare nella legge del Signore senza cadere nella rigidità — ha detto il Pontefice — ma i rigidi, come ho detto, soffrono tanto». A tal punto che anche il capo della Sinagoga, di cui parla Luca nel Vangelo, «alla fine si è vergognato perché Gesù lo ha fatto ragionare» dicendogli: «Ma questo non lo fai tu con il tuo asino?». Invece la folla intera, si legge ancora nel brano evangelico, esultava per tutte le meraviglie compiute da Gesù.

In conclusione, il Pontefice ha invitato a pregare «per i nostri fratelli e le nostre sorelle che credono che camminare nella legge del Signore è diventare rigidi: il Signore faccia sentire loro che lui è padre e che a lui piace la misericordia, la tenerezza, la bontà, la mitezza, l’umiltà». E «a tutti ci insegni a camminare nella legge del Signore con questi atteggiamenti».



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