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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

La verità sta in silenzio

Lunedì, 3 settembre 2018

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVIII, n.199, 04/09/2018)

Silenzio e preghiera «con le persone che non hanno buona volontà, con le persone che cercano soltanto lo scandalo, che cercano soltanto la divisione, che cercano soltanto la distruzione, anche nelle famiglie». È il suggerimento proposto da Papa Francesco nella messa celebrata lunedì mattina, 3 settembre, a Santa Marta — la prima dopo la pausa estiva — commentando l’episodio evangelico di Gesù cacciato dalla sinagoga di Nazareth. Il Pontefice ha invitato a chiedere al Signore «la grazia di discernere quando dobbiamo parlare e quando dobbiamo tacere. E questo in tutta la vita: nel lavoro, a casa, nella società, in tutta la vita. Così saremo più imitatori di Gesù».

«Questo passo del Vangelo — ha fatto subito notare Francesco riferendosi al brano di Luca (4, 16-30) — ci fa riflettere sul modo di agire nella vita quotidiana, quando ci sono dei malintesi, delle discussioni». Ma «ci fa anche capire come il padre della menzogna, l’accusatore, il diavolo, agisce per distruggere l’unità di una famiglia, di un popolo».

Rilanciando i contenuti del passo evangelico proposto oggi dalla liturgia, il Papa ha fatto presente che «Gesù venne a Nazareth, dove era cresciuto». Certo, ha aggiunto, «se ne era andato, aveva incominciato la predica», ma «le voci sono arrivate: “Ma guarda, questo che è uscito da qua fa dei miracoli!”». Ed ecco che a Nazareth «la gente aspettava di vederlo e quando venne la gente lo guardava: tutti sappiamo cosa succede in un villaggio quando torna qualcuno che se n’era andato per far gli studi e torna con la laurea, o se n’è andato a cercare fortuna e torna con i soldi, ricco, e il villaggio si commuove: “È uno dei nostri che torna”. Tutti sappiamo questo». E quel giorno a Nazareth è «successo questo».

Dunque, ha proseguito il Pontefice, «la gente lo ricevette bene e, quando andò in sinagoga, ascoltarono». Ma «Gesù non parla di se stesso direttamente: usa la parola di Dio. Sempre, quando Gesù vuol dire qualcosa d’importante, usa la parola di Dio; anche quando vuol vincere il diavolo — pensiamo alle tentazioni nel deserto — usa la parola di Dio».

Il Vangelo, ha affermato il Papa, ci racconta che Gesù «legge questo passo del profeta Isaia dove si preannuncia il tempo del messia». Quindi «riavvolse il rotolo, lo consegnò all’inserviente e sedette», come si legge nel Vangelo. E tutta «la sinagoga era piena di gioia, stupita», ha spiegato Francesco. Tanto che, scrive Luca, «nella sinagoga gli occhi di tutti erano fissi su di lui». E probabilmente, ha aggiunto il Papa, la sua gente diceva: «Ma, guarda, questo è uno dei nostri, ma che bello. Dio ci parlerà!».

Scrive ancora Luca nella pagina del suo Vangelo: «Allora incominciò a dire Gesù: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”». Infatti Gesù «non fa altra predica: sempre la parola di Dio — ha detto il Pontefice — e tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca».

Ma «a questo punto — ha fatto notare Francesco — la prima parola-ponte, diciamo, dalla gioia a un’altra cosa, dalla pace alla guerra: “Ma non è costui il Figlio di Giuseppe?”». E Gesù «raccoglie la sfida e rispose: “Certamente voi mi citerete questo proverbio: ‘medico, cura te stesso’. Fate, fate”». In sostanza la gente chiede a Gesù: «Fai fra noi i miracoli che dicono che hai fatto a Cafarnao, e noi crederemo».

Ma «Gesù spiega loro: “In verità, io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria”. E ricorda i profeti di Israele che sono andati a fare dei miracoli fuori dalla patria perché la patria era chiusa alla fede». E «quando finì di spiegare questo, della vedova di Sarèpta, del lebbroso di Sidone, del lebbroso che era stato guarito da Eliseo, la gente — tutti, ma gli stessi che erano stupiti, incantati — nella sinagoga si riempirono di sdegno: dallo stupore allo sdegno». Così «hanno cambiato: quel seme seminato dal diavolo ha incominciato a crescere. Si alzarono, lo cacciarono via, entrarono in questo atteggiamento di branco: non erano persone, erano una muta di cani selvaggi che lo cacciarono fuori dalla città. Non ragionavano».

Davanti a questo atteggiamento però «Gesù taceva. Lo portarono sul ciglio del monte per buttarlo giù». E, ha aggiunto, «questo passo del Vangelo finisce così: “Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino”. La dignità di Gesù: con il suo silenzio vince quella muta selvaggia e se ne va. Perché non era arrivata ancora l’ora». E, ha affermato Francesco, «lo stesso accadrà venerdì santo: la gente che la domenica delle palme aveva fatto festa per Gesù e gli aveva detto “Benedetto Tu, Figlio di Davide”, diceva “crucifige”: avevano cambiato». Così «il diavolo aveva seminato la menzogna nel cuore, e Gesù faceva silenzio».

«Questo ci insegna che quando c’è questo modo di agire, di non voler vedere la verità, resta il silenzio» ha ribadito il Papa, spiegando: «Il silenzio che vince, ma tramite la croce. Il silenzio di Gesù. Ma quante volte nelle famiglie incominciano delle discussioni sulla politica, sullo sport, sui soldi e una volta e l’altra e quelle famiglie finiscono distrutte, in queste discussioni nelle quali si vede che il diavolo è lì che vuol distruggere». Silenzio, è il suggerimento di Francesco: «Dire la sua e poi tacere. Perché la verità è mite, la verità è silenziosa, la verità non è rumorosa. Non è facile, quello che ha fatto Gesù; ma c’è la dignità del cristiano che è ancorata nella forza di Dio».

«Con le persone — ha rilanciato il Papa — che non hanno buona volontà, con le persone che cercano soltanto lo scandalo, che cercano soltanto la divisione, che cercano soltanto la distruzione, anche nelle famiglie: silenzio. E preghiera». E «sarà il Signore, dopo, a vincere, sia, come in questo caso, con la dignità di Gesù che rafforza e torna libero da quella volontà di buttarlo giù, sia con la dignità della vittoria della risurrezione, dopo la croce».

In conclusione il Pontefice ha chiesto al Signore «la grazia di discernere quando dobbiamo parlare e quando dobbiamo tacere. E questo in tutta la vita: nel lavoro, a casa, nella società, in tutta la vita. Così saremo più imitatori di Gesù».

 



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