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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO COMITATO
PER I CONGRESSI EUCARISTICI INTERNAZIONALI

Sala del Concistoro
Sabato, 10 novembre 2018

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Signori Cardinali,
cari fratelli Vescovi e Sacerdoti,
fratelli e sorelle,

sono lieto di incontrarvi al termine dei lavori della vostra Assemblea; ringrazio Mons. Piero Marini per le sue cortesi parole. Saluto i Delegati Nazionali designati dalle Conferenze Episcopali e, in modo speciale, la Delegazione del comitato ungherese guidata dal Cardinale Peter Erdő, Arcivescovo di Budapest, città nella quale avrà luogo il prossimo Congresso Eucaristico Internazionale, nel 2020. Questo evento sarà celebrato nello scenario di una grande città europea, dove le comunità cristiane attendono una nuova evangelizzazione capace di confrontarsi con la modernità secolarizzata e con una globalizzazione che rischia di cancellare le peculiarità di una storia ricca e variegata.

Da qui nasce la domanda fondamentale: che cosa significa celebrare un Congresso Eucaristico nella città moderna e multiculturale in cui il Vangelo e le forme dell’appartenenza religiosa sono diventati marginali? Significa collaborare con la grazia di Dio per diffondere, mediante la preghiera e l’azione, una “cultura eucaristica”, cioè un modo di pensare e di operare fondato sul Sacramento ma percepibile anche al di là dell’appartenenza ecclesiale. Nell’Europa malata d’indifferenza e attraversata da divisioni e chiusure, i cristiani rinnovano prima di tutto, di domenica in domenica, il gesto semplice e forte della loro fede: si radunano nel nome del Signore riconoscendosi fratelli. E si ripete il miracolo: nell’ascolto della Parola e nel gesto del Pane spezzato anche la più piccola e umile assemblea di credenti diventa corpo del Signore, suo tabernacolo nel mondo. La celebrazione dell’Eucaristia diventa così incubatrice degli atteggiamenti che generano una cultura eucaristica, perché spinge a trasformare in gesti e atteggiamenti di vita la grazia di Cristo che sì è donato totalmente.

Il primo di questi atteggiamenti è la comunione. Nell’Ultima Cena Gesù ha scelto, come segno del suo dono, il pane e il calice della fraternità. Ne consegue che la celebrazione della memoria del Signore, in cui ci si nutre del suo Corpo e del suo Sangue, esige e fonda la comunione con Lui e la comunione dei fedeli fra di loro. È proprio la comunione con Cristo la vera sfida della pastorale eucaristica, perché si tratta di aiutare i fedeli a comunicare con Lui presente nel Sacramento per vivere in Lui e con Lui nella carità e nella missione. A ciò contribuisce fortemente anche il culto eucaristico fuori dalla Messa, che costituisce da sempre un momento importante in questi appuntamenti ecclesiali. La preghiera di adorazione insegna a non separare il Cristo Capo dal suo Corpo, cioè la comunione sacramentale con Lui da quella con le sue membra e dal conseguente impegno missionario.

Il secondo atteggiamento è quello del servizio. La comunità eucaristica, comunicando alla sorte di Gesù Servo, diventa essa stessa “serva”: mangiando il “corpo donato” diventa “corpo offerto per le moltitudini”. Ritornando continuamente alla “stanza superiore” (cfr At 1,13), grembo della Chiesa, dove Gesù ha lavato i piedi ai suoi discepoli, i cristiani servono la causa del Vangelo inserendosi nei luoghi della debolezza e della croce per condividere e sanare. Sono tante situazioni nella Chiesa e nella società, su cui versare il balsamo della misericordia con opere spirituali e corporali: sono famiglie in difficoltà, giovani e adulti senza lavoro, malati e anziani soli, migranti segnati da fatiche e violenze – e respinti -, e anche altre povertà. In questi luoghi dell’umanità ferita i cristiani celebrano il memoriale della Croce e rendono vivo e presente il Vangelo del Servo Gesù consegnatosi per amore. I battezzati seminano così una cultura eucaristica facendosi servitori dei poveri, non in nome di una ideologia ma del Vangelo stesso, che diventa regola di vita dei singoli e delle comunità, come testimonia l’ininterrotta schiera di santi e sante della carità.

Infine, ogni Messa alimenta una vita eucaristica riportando in superficie parole di Vangelo che le nostre città hanno spesso dimenticato. Pensiamo solo alla parola misericordia, quasi tolta dal dizionario nella cultura attuale. Tutti si lamentano per il fiume carsico di miseria che percorre l’esperienza della nostra società. Si tratta di tante forme di paura, sopraffazione, arroganza, malvagità, odio, chiusure, noncuranza dell’ambiente, e così via. E tuttavia i cristiani sperimentano ogni domenica che questo fiume in piena non può nulla contro l’oceano di misericordia che inonda il mondo. L’Eucaristia è la fonte di questo oceano di misericordia perché in essa l’Agnello di Dio, immolato ma ritto in piedi, dal suo costato trafitto fa sgorgare fiumi di acqua viva, effonde il suo Spirito per una nuova creazione e si offre come cibo sulla mensa della nuova Pasqua (cfr Lett. ap. Misericordiae vultus, 7). La misericordia entra così nelle vene del mondo e contribuisce a costruire l’immagine e la struttura del Popolo di Dio adatta al tempo della modernità.

Il prossimo Congresso Eucaristico Internazionale, portando avanti una storia più che centenaria, è chiamato a indicare questo percorso di novità e di conversione, ricordando che al centro della vita ecclesiale c’è l’Eucaristia. Essa è mistero pasquale capace di influenzare positivamente non solo i singoli battezzati, ma anche la città terrena in cui si vive e si lavora. Possa l’evento eucaristico di Budapest favorire nelle comunità cristiane processi di rinnovamento, perché la salvezza di cui l’Eucaristia è fonte si traduca anche in cultura eucaristica capace di ispirare gli uomini e le donne di buona volontà nei campi della carità, della solidarietà, della pace, della famiglia, della cura del creato.

Affido fin d’ora il prossimo Congresso Eucaristico Internazionale alla Vergine Maria. La Madonna protegga e accompagni ognuno di voi e le vostre comunità, e renda fecondo il lavoro che state svolgendo e di cui vi sono tanto grato. Vi chiedo per favore di pregare per me e di cuore vi imparto la Benedizione Apostolica.



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