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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AL PICCOLO CORO DELL'ANTONIANO DI BOLOGNA
E AI CORI DELLA GALASSIA DELL'ANTONIANO

Aula Paolo VI
Sabato, 19 marzo 2022

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Cari bambini e bambine, ragazzi e ragazze, e cari non tanto bambini e bambine e non tanto ragazzi e ragazze, buongiorno a tutti!

E buona festa di San Giuseppe a tutti! Sono contento di festeggiarla con voi, con i vostri canti che danno speranza, anche nei momenti difficili, come questo che stiamo vivendo adesso a causa della guerra. È un momento difficile. Voi sapete che sono arrivati già a Roma, al “Bambino Gesù”, alcuni bambini che sono feriti dalla guerra. Preghiamo per loro. Noi, qui a Roma li aiutiamo a guarire. Sono ricoverati al “Bambino Gesù”. Pregate per loro. Vorrei dedicare questo nostro incontro ai bambini e ai ragazzi dell’Ucraina, d’accordo?

E c’è un motivo particolare per cui voglio ringraziarvi, e non solo voi, ma tutti quelli che hanno cantato nel Piccolo Coro dell’Antoniano da quando esiste. Grazie a voi, siete bravi! Vi ringrazio perché voi unite le generazioni. Capite cosa voglio dire? Significa che le vostre canzoni piacciono ai piccoli e ai grandi, specialmente ai nonni. Le cantano insieme papà e mamma, i nonni e i nipoti. Sì, è così! Alcune canzoni dello “Zecchino d’Oro” uniscono le generazioni. E questo è molto bello e importante! C’è bisogno di legare le diverse generazioni; in particolare di favorire il dialogo tra gli anziani e i più giovani, tra i nonni e i nipoti. Questo è importante: parlare con i nonni, ascoltare i nonni. È tanto bello questo dialogo dei nipoti con i nonni, dei giovani con gli anziani. Scavalcando i genitori – non c’è problema –, ma sempre parlare con i nonni. È importante. E voi lo fate, col vostro canto.

E spero che lo facciate anche nella vita quotidiana, andando a trovare i vostri nonni… Lo fate o non lo fate? [Sì!] Lo fate o non lo fate? [Sì!] E chi dice no? Tutti “sì”. Andate a trovare i vostri nonni. Bene. E adesso vi chiedo una cosa un po’ più difficile: quando andate dai nonni – ascoltate bene –, voi sapete ascoltare i nonni quando ti raccontano le storie di quel tempo, come si viveva in quel tempo? Ascoltate i nonni? [Sì!] E vi piace ascoltare i nonni [Sì!] o sono noiosi? [No!] Io ho fatto due domande: vi piace ascoltare o i nonni sono noiosi?... Quando voi andrete dai nonni, non parlate sempre voi; parlare un po’, ma lasciare parlare i nonni per ascoltarli. Oppure parlate sempre voi? O magari, peggio ancora, state a guardare la televisione o il telefonino, senza ascoltare? Questo è brutto! Vi do un consiglio: chiedete al nonno o alla nonna di raccontarvi qualcosa della loro vita, di quei tempi. Fate a loro delle domande, ascoltateli. Scoprirete dei tesori! Sì, dei tesori nascosti nella loro memoria, nel loro cuore. Sono dei ricordi, ma non solo, sono anche dei pensieri di saggezza, a volte di fede, che loro hanno maturato nel cammino della vita; e sono preziosi, specialmente per voi, che state crescendo.

Questo si chiama: avere delle buone radici! Cioè, ascoltare i nonni è avere delle buone radici. Voi siete come dei germogli, state buttando fuori le prime foglie, state sbocciando alla vita. Ma, senza radici, la pianta non cresce! Oggi è la festa di San Giuseppe. Giuseppe di Nazaret, lo sposo della Vergine Maria, è stato l’uomo che ha legato Gesù al suo popolo, il popolo che Dio si era scelto per portare la benedizione a tutta l’umanità. Gesù non è spuntato dal nulla; non è venuto dal cielo come un extraterrestre, no, Gesù è nato da una donna del popolo di Dio. Come di chiamava la mamma di Gesù? [Maria!] e ha avuto un papà qui in terra, come si chiamava? [Giuseppe! E questo papà lo ha educato secondo la legge del Signore, gli ha dato l’esempio di cosa vuol dire fare la volontà di Dio. E il Vangelo, di Giuseppe, dice una sola cosa, bella: era un uomo giusto, uno bravo. Questo è bello!

Carissimi, sono contento che questo nostro incontro sia capitato proprio nella festa di San Giuseppe, perché lui ci insegna che nessuno di noi è un’isola, nessuno, ma facciamo parte di un popolo, il popolo di Dio. E, grazie a Gesù, al suo amore immenso che ci ha donato sulla Croce, questo popolo accoglie uomini e donne di tutte le lingue, di tutte le nazioni, di tutte le culture. Come un grande, grandissimo coro! Voi fate questa bella esperienza di cantare insieme, di creare armonia con la varietà delle vostre voci. Pensate: se le vostre voci fossero tutte uguali, tutte identiche, ma che coro sarebbe? Sarebbe noiosissimo, anche brutto. Che musica verrebbe fuori? Niente. Non ci sarebbe nessuna armonia, ma solo un unico suono noioso… Invece noi siamo tutti diversi e da questa diversità possiamo formare una sinfonia di voci. Per formare una sinfonia di popoli. Questo è l’importante: che tutti i popoli cantino insieme, che ci sia la pace. E questa è la pace. Ascoltate bene questo: la pace non appiattisce le differenze, no, la pace è l’armonia delle differenze. Ripetiamo insieme quest’ultima parte: la pace è l’armonia delle differenze. Insieme: la pace è l’armonia delle differenze. Avete capito cosa significa? Diciamolo un’altra volta: la pace è l’armonia delle differenze.

Grazie ancora di essere venuti! Benedico tutti voi e i vostri cari a casa. E vi do un compito: parlare con i nonni e pregare per me, non dimenticatevi!



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