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 SANTA MESSA PER LE GUARDIE SVIZZERE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Grotta di Lourdes, 6 maggio 1982


Care guardie svizzere,
cari fratelli e sorelle!

Ha fatto una profonda impressione sugli Apostoli il fatto che Gesù, il loro Maestro, il Messia, prima dell’Ultima Cena abbia lavato i piedi a loro, i suoi discepoli. In quel momento essi hanno immediatamente capito: qui è il centro di tutte le azioni e le parole di Gesù. La sua vita significa servizio, dono di sé; la potenza del Messia è l’amore.

Dai suoi discepoli Gesù aspetta la medesima cosa. Lo abbiamo appena sentito dire nel Vangelo: “... un servo non è più grande del suo padrone, né un apostolo è più grande di chi lo ha mandato” (Gv 13,16). Se egli serve, noi non possiamo essere padroni; se egli ama, noi non possiamo chiuderci; se egli si curva verso gli uomini, non possiamo ritenerci superiori. “Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica” (Gv 13,17). Sì, Gesù ci invita tutti a prendere lui stesso come criterio del nostro vivere e del nostro comportamento, così come lui ha scelto il Padre suo celeste come unico criterio e punto focale della sua vita.

Alla fine del Vangelo odierno egli dice perfino: “Chi accoglie colui che io manderò, accoglie me; chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato” (Gv 13,20). Si può dire, care guardie, che le molte persone, che voi incontrate nel vostro quotidiano servizio qui in Vaticano, “siano mandate da Gesù”? Se consideriamo questa circostanza abbastanza profondamente con gli occhi della Provvidenza, penso proprio che possiamo intendere così questo fatto. Anche se alcuni si avvicinano ai nostri cancelli e alle nostre porte senza fede e con animo freddo, tuttavia portano in sé almeno delle domande, domande alla chiesa, domande a noi cristiani, domande ai discepoli di Gesù: “sono mandate da Gesù!”. Se voi le accogliete con amore e con attenzione, in esse accogliete dunque Gesù stesso.

Una tale visione e un tal modo di comportarsi è però possibile solo se uno vuol essere cristiano convinto, solo se è pronto a vivere attingendo forza dalla fede, dalla speranza e dalla carità. La vostra formazione e l’ordine del vostro servizio sono importanti; ma ancor più importante è che siate convinti cattolici e cristiani. Ciò vale per il vostro comportamento verso i molteplici visitatori del Vaticano; ciò vale anche per il modo di trattarvi fra di voi in ogni momento, sia nel servizio sia nel vostro tempo libero. Perciò acquista grande significato che voi incominciate questo giorno di festa con la santa Messa. Qui ci incontriamo tutti nel Signore: le nuove guardie, che oggi pronunciamo il loro giuramento e quelle che da lungo tempo sono in servizio; i genitori, i parenti e gli amici, alcuni confratelli sacerdoti e perfino uno dei vescovi della vostra patria. È per me una grande gioia celebrare con tutti voi questo santo sacrificio della Messa.

Vorrei anche approfittare di questa occasione per ringraziare di cuore voi, care nuove guardie, perché mettete a disposizione un certo periodo di tempo al servizio del supremo pastore della chiesa, il Papa, per contribuire ad assicurare il necessario ordine esterno e la sicurezza nel territorio del Vaticano. Spero che durante il tempo del vostro servizio rimanga vivo il legame con le vostre care famiglie e con la vostra patria, in modo che esse non vi vedano come “figli perduti”, ma si rallegrino con voi per questa straordinaria possibilità di fare nuove esperienze di vita.

I santi Sebastiano, Martino e Nicola della Flüe (Bruder Klaus) siano i patroni del vostro servizio. Maria, la madre di Dio e madre di tutti noi, ci guidi sempre più verso suo figlio Gesù Cristo: “Fate quello che vi dirà!” (Gv 2,5).

Alle guardie svizzere di lingua francese desidero ripetere che sono chiamati a rendere qui un servizio di qualità, che i sovrani Pontefici apprezzano da secoli. Si tratta di servire la persona del Papa e dei suoi collaboratori, vegliando su di essi e sulla loro casa; di servire gli ospiti del Papa e anche tutti i pellegrini o visitatori che vengono a trovarlo, ad ascoltarlo e a pregare con lui, affinché tutti siano accolti con dignità e affabilità. Facendo questo, è il Cristo che accogliete, è il Cristo che servite.

 

 

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