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VISITA PASTORALE A BARI E BITONTO

CONCELEBRAZIONE NEL PIAZZALE DELLO STADIO DI BARI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 26 febbraio 1984

 

1. Chi è il tuo Dio, Nicola? Chi è il tuo Dio, al quale tu rendi testimonianza?

Molti pellegrini vengono alla città di Bari, sul litorale adriatico. Vengono pellegrini dall’Italia, particolarmente dal meridione. Vengono dall’estero, da Occidente e da Oriente.

Qui trovano le reliquie, le spoglie mortali del santo, che nel quarto secolo fu vescovo a Mira nell’Asia Minore. Da lì il suo culto si è diffuso in tutte le direzioni, così che Nicola sembra diventato un santo universalmente noto e venerato in tutta la cristianità. La sua figura non cessa di essere un punto particolare di incontro tra l’Oriente e l’Occidente, il che ha assunto un significato nuovo in questo tempo di accresciuti sforzi ecumenici. Da tanti secoli san Nicola di Mira non cessa di attirare a sé i cuori umani con questa particolare testimonianza che egli ha dato a Dio: al Dio di Gesù Cristo, al Dio della Provvidenza . . .

Tutti coloro che vengono qui sembrano seguire questa testimonianza del santo. Sembrano domandare sempre di nuovo: Nicola dicci, chi è questo Dio al quale tu hai reso testimonianza? Rendici vicino questo Dio!

È strano: la storia ha fissato pochi fatti della vita del santo, ma questa testimonianza è pervenuta fino a noi. Si è fissata nella memoria del popolo di Dio, nel culto liturgico della Chiesa, nell’arte sacra e anche nei costumi e nelle consuetudini popolari di molte nazioni.

2. La liturgia dell’odierna domenica ci permette di trovare una risposta alla domanda che rivolgiamo a Nicola, vescovo di Mira, le cui reliquie riposano qui a Bari.

Questo Dio, al quale il nostro santo tanto rende testimonianza, è il Bene Supremo e la Sorgente di ogni bene.

Ne parla, con il suo linguaggio tipico, il salmo responsoriale dell’odierna liturgia:

“Solo in Dio riposa l’anima mia; / da lui la mia speranza. / Lui solo è mia rupe e mia salvezza, / mia roccia di difesa: non potrò vacillare” (Sal 62, 2-3).

Sono due versetti, ciascuno dei quali esprime con tali parole un unico pensiero:

Dio è la sorgente di ogni bene; e perciò in lui è riposta la più profonda speranza dell’uomo. Infatti Dio non soltanto è il Bene infinito in se stesso, ma è il Bene per l’uomo: Egli vuole per l’uomo il bene, vuole essere lui stesso il Bene definitivo per l’uomo. Vuole essere la “salvezza” dell’uomo:

“Solo in Dio riposa l’anima mia”.

Egli è il fondamento stabile e indefettibile, sul quale l’uomo può costruire l’edificio della propria vita e del proprio destino. È per questo che il salmista paragona il Dio della speranza umana a una rupe e a una roccia:

“Il mio saldo rifugio e la mia difesa è in Dio” (Sal 62,8).

 Tra le esperienze della precarietà, in mezzo alle sorti mutevoli della vita terrena, Dio è per l’uomo un sostegno definitivo, a cui esso attinge l’indispensabile forza dello spirito.

Il Dio del salmista dell’odierna liturgia è il Dio del vescovo Nicola di Mira. Egli ha attinto da lui la sua speranza e la sua forza interiore. In lui ha trovato l’appoggio per se stesso e per il gregge che gli è stato affidato. Dio, sorgente di ogni bene, fu per Nicola anche l’ispirazione a ogni bene, che egli cercava di fare agli altri nella sua vita. E proprio così è ricordato dalla viva tradizione della Chiesa: Nicola il benefattore. Nicola che, con gli occhi fissati in Dio, fonte di ogni bene, a tutti faceva del bene.

3. Il Signore, al quale egli ha reso testimonianza con la propria vita, è il Dio di Gesù Cristo, quindi è il Padre premuroso, che manifesta incessantemente la sua paternità nei riguardi delle creature e soprattutto nei confronti dell’uomo, mediante le opere della Provvidenza.

Ne testimoniano le parole di Cristo stesso nell’odierno Vangelo:

“Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? . . .

Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? . . .

Il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno” (Mt 6, 26.30.32).

Dio, che è la fonte di ogni bene nell’opera della creazione, è anche la Provvidenza incessante del mondo e dell’uomo. Vuole continuamente che i beni, chiamati da lui all’esistenza, siano partecipati dalle creature e in particolare dall’uomo; l’uomo, infatti, è stato distinto da Dio tra tutte le creature del mondo visibile.

Sin dall’inizio Dio ha circondato l’uomo con un particolare amore. E questo amore ha caratteristiche paterne e materne insieme, come lo testimonia il profeta Isaia nella prima lettura:

“Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio del suo grembo? Anche se vi fosse una donna che si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai” (Is 49, 15).

4. La paternità di Dio fu una particolare ispirazione per il vescovo di Mira: la paternità, ma anche questa maternità di cui parla il profeta.

Egli fu un grande testimone della Provvidenza divina: lo attestano gli avvenimenti della sua vita, ritenuta nella memoria dalla tradizione del popolo di Dio. La storia dei santi nella Chiesa ha dato molti simili testimoni della divina Provvidenza, anche in questa terra italiana. Nicola è come un modello e protagonista di essi.

Egli ha reso testimonianza alla divina Provvidenza non soltanto per il fatto di aver avuto lui stesso un’infinita fiducia, ma anche perché si studiò di essere la provvidenza per gli altri. Si prendeva cura del prossimo come un padre e una madre e, in base alle sue possibilità umane, rimediava alle loro necessità.

Egli fu certamente fedele alle parole del divino Maestro: “Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena” (Mt 6, 34).

Come tutti i testimoni eroici della divina Provvidenza egli fu uomo di una fiducia illimitata.

Ecco, in lui la Divina Provvidenza, la Bontà paterna e in un certo senso materna di Dio, ha trovato un’eloquente testimonianza in tutta la vita del vescovo di Mira. Da generazioni la Chiesa dell’Oriente e dell’Occidente, e perfino gli uomini che sono fuori della Chiesa, vengono in pellegrinaggio, da secoli, a questa testimonianza.

5. San Nicola sta davanti a noi come ministro di Cristo e amministratore dei misteri di Dio (cf. 1 Cor 4, 1). E mediante tutto il suo servizio episcopale, mediante l’amministrazione dei misteri di Dio, traspare la luce più profonda del Vangelo: il regno del Dio dell’Amore.

Se Nicola è stato - durante i secoli - un testimone così eloquente della divina Provvidenza, lo è stato perché aveva scelto, alla lettera, secondo le parole di Cristo, il servizio di Dio stesso.

Cristo infatti dice: “Nessuno può servire a due padroni . . . non potete servire a Dio e a mammona” (Mt 6, 24). Nicola ha scelto in modo indivisibile il servizio a Dio. E proprio da questo servizio indivisibile ha preso inizio la sua insolita testimonianza, che egli ha reso al Dio dell’Amore, al Dio-Provvidenza.

Lui stesso ha saputo essere “provvidenza” per gli altri, perché con tutta la sua vita ha cercato prima il regno di Dio. Così come ha detto Cristo: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6, 33).

A volte ascoltiamo le parole dell’odierno Vangelo quasi con una certa diffidenza. Può l’uomo non preoccuparsi per la propria vita? Tuttavia il divin Maestro non dice: “non preoccupatevi”, ma “non preoccupatevi troppo, non affannatevi”. Egli non consiglia una noncuranza spensierata, ma indica una giusta gerarchia dei valori. La chiave alla comprensione di tutti questi paragoni: ai gigli del campo, all’erba del campo, agli uccelli del cielo, è appunto la frase: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Ivi).

La giustizia del regno di Dio è un bene incomparabilmente superiore nei confronti di tutto ciò per cui l’uomo può affannarsi, servendo a mammona.

Nicola di Mira fu proprio un uomo che espresse nella vita questa sollecitudine prioritaria per il regno di Dio e per la sua giustizia. Tutte le altre cose gli sono state date in aggiunta per le sue necessità e per quelle degli altri. Egli è stato, durante i secoli, un testimone tanto eloquente della divina Provvidenza perché ha accettato, con cuore indiviso, il servizio di Dio e, insieme con esso, ha accettato la gerarchia dei valori che Cristo annuncia.

6. Veniamo in pellegrinaggio al santuario di san Nicola nella città di Bari durante l’Anno Santo della Redenzione, durante il Giubileo straordinario.

Il mistero della Redenzione non ci parla forse in modo speciale della Divina Provvidenza? Non ci parla di Dio che “ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito, perché chiunque crede in lui . . . abbia la vita eterna?” (Gv 3, 16). Questo amore non è forse la misura definitiva della Provvidenza? La misura principale e sovrabbondante?

Veniamo a Bari per trovarci, insieme col santo vescovo Nicola, dinanzi a questa divina Provvidenza. Per professarla, per adorarla secondo questa testimonianza che il Santo ci ha lasciato.

Il mistero della Redenzione non conferma forse la verità che bisogna cercare prima il regno di Dio e la sua giustizia?

Proprio questa verità del Vangelo non è forse particolarmente minacciata nella vita dell’uomo dei nostri tempi? Non siamo testimoni di un capovolgimento della gerarchia evangelica dei valori? Il servizio a mammona (in diverse forme) non si impadronisce sempre di più del pensiero, del cuore e della volontà dell’uomo, offuscando il regno di Dio e la sua giustizia? In questo “servizio esclusivo” a ciò che è terreno, l’uomo non perde la giusta dimensione del suo essere umano e del suo destino?

Che in questo Anno della Redenzione parli una volta ancora a noi la testimonianza di san Nicola, che, fissandosi in Dio quale sorgente di ogni bene, fu buono egli stesso, fece del bene agli altri, fu veramente “un uomo per gli altri”; fu ministro di Cristo e amministratore dei misteri di Dio.

Che questa testimonianza parli a noi!

“Solo in Dio riposa l’anima mia, / da lui la mia speranza. / Lui solo è mia rupe e mia salvezza / mia roccia di difesa: non potrò vacillare” (Sal 62, 6-7).

Amen.

 

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