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VIAGGIO APOSTOLICO IN COREA, PAPUA NUOVA GUINEA,
ISOLE SALOMONE E THAILANDIA

SANTA MESSA A TAEGU CON ORDINAZIONI SACERDOTALI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Sabato, 5 maggio 1984

 

Diletti fratelli e sorelle in Cristo,

diletti giovani che ricevete il sacerdozio in questa solenne assemblea di fede e di fervente preghiera.

1. Questa mattina, qui a Taegu, alla presenza dei vostri vescovi, di tanti ospiti, circondati da tanti sacerdoti, religiosi e laici del popolo di Dio di questa terra - e da tanti giovani entusiasti che vi amano e che vi sostengono con le loro preghiere - voi ricevete il dono del sacerdozio. È un dono a voi e alla Chiesa che viene da Cristo stesso.

In questa giornata dedicata alla partecipazione, è buona cosa che riconosciamo che Dio stesso è il primo a condividere i suoi doni con noi. “Che cosa mai possiedi - chiede san Paolo nella lettura che abbiamo ora ascoltato - che tu non abbia ricevuto?” (1 Cor 4, 7). Infatti è attraverso il dono di Dio che d’ora innanzi sarete considerati “ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4, 1). Sono sicuro che avete meditato profondamente queste parole e che sono impresse nelle vostre menti e nei vostri cuori. Rappresentano per voi la vostra identità di sacerdoti di Gesù Cristo.

2. Diventando sacerdoti, voi ricevete un’effusione sacramentale dello Spirito Santo. Cristo vi dà una partecipazione al suo sacerdozio: vi unisce a sé nell’opera di redenzione. È certamente un privilegio per voi essere stati scelti, ma un privilegio che comporta un servizio: un servizio come quello di Gesù, che non è venuto per essere servito, ma per servire (cf. Mt 20, 28), come quello di Maria, l’umile serva di Dio (cf. Lc 1, 48). Cristo vi ha scelti per essere ministri e amministratori. In quale modo lo servirete? Queste sono le sue parole: “Se uno mi vuole servire, mi segua” (Gv 12, 26). Come sacerdoti siete chiamati a seguire il divino Maestro in una maniera particolare. Siete chiamati ad una funzione di discepoli, che coinvolge il livello più profondo della vostra personalità. Riceverete una conformazione sacramentale a Cristo che coinvolge ogni settore della vostra vita. Stiamo parlando infatti del modo particolare del sacerdote di partecipare al mistero pasquale della passione, morte e risurrezione del nostro Salvatore. Ascoltiamo ancora le parole di Cristo: “In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12, 24). La Chiesa insiste giustamente sul fatto che la vostra ordinazione sacerdotale è un “morire a se stessi”, perché è precisamente questa donazione di se stessi che apre la via per dare frutti: se il chicco di grano muore, produce molto frutto.

3. Vi spaventano talvolta le richieste che Cristo vi fa? Certamente vi rendete conto che il vostro servizio sacerdotale esigerà spesso da voi il coraggio del sacrificio di voi stessi. È in momenti come questi che dovete avere presente il modo di reagire di Gesù a queste stesse paure, come lo descrive la lettura odierna del Vangelo: “Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora!” (Gv 12, 27).

Il vostro scopo come sacerdoti è di essere uno con Cristo nell’opera di redenzione: “Dove sono io, là sarà anche il mio servo” (Gv 12, 26). Possa l’esempio dei vostri sacerdoti coreani martiri parlare ai vostri cuori, rivelandovi la vera natura della vostra vocazione, allontanando ogni falsa aspettativa. Possano questi uomini, che parteciparono pienamente al mistero pasquale di Cristo, essere vostri modelli di servizio generoso e di sacrificio sacerdotale.

4. Dove si attua oggi il mistero pasquale di Cristo? Si attua soprattutto nel grande dono dell’Eucaristia, del quale voi siete fatti ministri. Cristo affida questo supremo dono a voi. Nella celebrazione dell’Eucaristia, agendo nella persona di Cristo e proclamando il suo mistero, voi rinnovate e attualizzate il sacrificio unico del Nuovo Testamento, il sacrificio nel quale Cristo si offerse al Padre come vittima senza macchia per il perdono dei peccati (cf. Lumen Gentium, 28).

Egli non affida soltanto questo dono al vostro ministero; vi invita anche a parteciparvi ancor più pienamente. Così l’Eucaristia diventa il nutrimento della vostra vita sacerdotale. Come la vita di Gesù riceve il suo pieno significato ed è completata nel mistero pasquale, così il sacerdote trova nell’Eucaristia il pieno significato della sua vita, la fonte della sua forza, e la gioia del suo servizio pastorale consacrato al popolo di Dio. Alla mensa della parola e del pane di vita voi rendete Cristo presente per la costruzione della comunità ecclesiale.

5. È specialmente dall’Eucaristia che attingerete la forza per seguire Cristo ed essere dove egli è: “Dove sono io, là sarà anche il mio servo”. Gesù Cristo è dove il Vangelo ce lo mostra: nella povertà, nell’umiltà e nella vulnerabilità, al momento della sua nascita; nel suo condividere le gioie e i dolori del suo popolo; vicino alla vita quotidiana degli uomini e delle donne del suo Paese; nel benedire i bambini; nel conversare con i giovani, nella sua comprensione per tutti. Lo vediamo soprattutto quando prega il suo Padre celeste, cercando il silenzio e la solitudine per riflettere sulla volontà del Padre, accettando questa volontà nell’obbedienza fino alla morte (cf. Fil 2, 8). Cristo era sempre là dove lo voleva il Padre. E anche oggi egli è vicino ai poveri, ai malati, agli emarginati, agli oppressi, ai peccatori. È qui che si trova Cristo, è qui che si trova la Chiesa. Qui voi siete chiamati ad essere, come sacerdoti. Tutta questa gente è ancora in attesa della buona novella della redenzione, della speranza delle beatitudini.

Cristo ha qualche cosa da dare ad ogni uomo, ad ogni donna o bambino che ha redento. Schiude i tesori della verità ultima e i tesori dell’amore del Padre a tutti coloro che lo ascoltano e lo accettano. Ma per poter vivere “per gli altri”, anche voi dovete vivere secondo questa verità e questo amore. Non vi lasciate ingannare da altri messaggi, anche se sono proclamati nel nome di Cristo. Siete chiamati ad essere testimoni del paradosso proposto da Cristo: “Chi ama la sua vita la perde, e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna” (Gv 12, 25). Sì, siete chiamati ad essere portatori della speranza di vita eterna, una speranza che illumina e completa tutte le realtà temporali: “Se uno mi serve . . . il Padre lo onorerà” (Gv 12, 26).

6. Fratelli carissimi: “Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?” (1 Cor 4, 7). Il sacerdozio è il grande dono che Dio vi ha fatto. Metterà radici nei vostri cuori più pienamente, e produrrà frutti più abbondanti, quanto più comprenderete la gratuità del dono. Come Maria, anche voi dovete esultare in Dio vostro salvatore, che ha guardato la vostra umiltà (cf. Lc 1, 47-48). La consapevolezza della sproporzione tra la grandezza soprannaturale del dono e la vostra indegnità vi impedirà di diventare orgogliosi: come ci è stato ricordato nella prima lettura, ci impedirà di “vantarci” come se non l’avessimo ricevuto (1 Cor 4, 7).

Soprattutto, sarete mossi a rispondere all’amore con amore: a donarvi per la salvezza del mondo con generosità e coraggio totali: a rispondere al dono con il dono. Questa è la vera sfida del vostro sacerdozio: “Quanto si richiede negli amministratori è che ognuno risulti fedele” (1 Cor 4, 2). Che siate fedeli: è questa la mia preghiera per voi; questa deve essere la vostra risposta a Cristo e alla Chiesa; questa è la prova del vostro amore per i vostri fratelli e le vostre sorelle in questo Paese, che guardano a voi per una guida e per un esempio ispiratore.

7. Il Papa vuole rivolgere uno speciale saluto anche ai molti giovani presenti a questa ordinazione. Sono veramente felice di vederne tanti. Siete pieni di vita e di speranza, riuniti qui per partecipare al mistero pasquale del Signore nell’Eucaristia, e anche per essere testimoni di questo meraviglioso avvenimento in cui dei giovani vengono ordinati al sacerdozio. È certamente per tutti voi motivo di meraviglia che questi giovani, una parte così consistente della vostra generazione, diventino oggi sacerdoti. Anche a ognuno di voi si pone la sfida di dare un significato pieno alla propria vita, quella vita unica che vi è data di vivere.

Siete giovani, e volete vivere. Ma dovete vivere pienamente, e con uno scopo. Dovete vivere per Dio, dovete vivere per gli altri. E nessuno può vivere questa vita al vostro posto. L’avvenire è vostro, pieno come è di pericoli e di possibilità, di speranze e di angosce, di sofferenze e di felicità. Ma l’avvenire è soprattutto una chiamata e una sfida a “conservare” la vostra vita rinunciando ad essa “perdendola” - come ha ricordato il Vangelo -, condividendola attraverso il servizio amorevole agli altri. La misura del vostro successo sarà la misura della vostra generosità. In una parola sola, dovrete vivere in Cristo Gesù, per la gloria del Padre, nell’unità dello Spirito Santo. Amen.

 

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