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VISITA PASTORALE IN SVIZZERA

SOLENNE CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
CON ORDINAZIONI SACERDOTALI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

 Piazzale dell' Aeroporto di Sion -  Domenica, 17 giugno 1984

 

Cari fratelli e sorelle.

1. “Sursum corda”: “Eleviamo i nostri cuori!”.

Oggi il cuore della Chiesa reagisce con un fervore tutto particolare a questo invito che introduce ogni preghiera eucaristica. Oggi noi rispondiamo con un’intensità di fede tutta speciale: “Habemus ad Dominum”: “Li abbiamo rivolti al Signore”.

Davanti al suggestivo spettacolo che offrono queste montagne, forse meglio che in altro luogo, eleviamoci, come Mosè, verso il Dio del cielo e della terra. Contempliamo nella fede il mistero di Dio: è infatti verso di lui che si rivolge la nostra fede. Un mistero insondabile. Dio è Dio, l’essere al di là di tutto ciò che possiamo concepire, più grande di ciò che sente il nostro cuore. La rivelazione cristiana svela una parte della sua vita intima, ma conduce la nostra fede alla soglia di un mistero ancora più profondo: l’unità della Trinità. Colui che è il Dio unico è nello stesso tempo Padre, Figlio e Spirito Santo. Ciascuna delle persone divine è increata, immensa, eterna, onnipotente, Signore; pur tuttavia non c’è che un Dio increato, immenso, onnipotente, Signore. “Il Padre non è stato fatto da nessuno né creato né generato: il Figlio viene dal Padre, non è stato né fatto né creato, ma generato; lo Spirito Santo viene dal Padre e dal Figlio, non è né fatto né creato, né generato, ma procede da loro”. Così affermava un’antica professione di fede (simbolo detto di sant’Anastasio). Questo Dio d’infinita maestà che si manifesta a Mosè e si nasconde nella misteriosa nuvola, questo Dio trascendente che rivela la sua insondabile vita, la tenerezza del suo infinito amore, questo Dio, possiamo avvicinarlo: noi l’adoriamo, prostrati davanti a lui. Nella fede ci è donata la felicità di contemplare in lui la Santa Trinità, prima della piena visione della sua gloria.

2. “Benedetto sia Dio, il Padre di nostro Signore Gesù Cristo” (Ef 1, 3). “Ha tanto amato il mondo che ha donato il suo unico Figlio” (Gv 3, 16). Attraverso suo Figlio, non solamente ha rivelato il suo nome, la sua gloria, come in un’Epifania di Dio che lo manifesta in maniera unica, ma ha mostrato verso di noi la sua tenerezza, la sua misericordia, il suo amore, la sua fedeltà, ben oltre ciò che Mosè poteva intravedere: “Prima di tutto ci ha destinati a diventare figli per mezzo di Gesù Cristo”, “a diventare il suo popolo” (cf. Ef 1, 5. 11). La nostra adorazione, il nostro canto di lode è nello stesso tempo un rendimento di grazie per questo “dono gratuito di cui ci ha colmato nel suo Figlio ben amato”. Poiché “il primo dono fatto ai credenti” è lo Spirito Santo che prosegue l’opera del Figlio e “completa ogni santificazione” (cf. Preghiera eucaristica IV), lo Spirito, che dà alla Chiesa l’unità del corpo, la chiama a manifestare agli uomini la salvezza, poiché per mezzo di lui la presenza di Dio abita in lei.

3. “Tu farai di noi un popolo che ti appartiene” (Es 34, 9). Tutta la Chiesa è il popolo del Dio vivente. E nel suo seno la nostra assemblea liturgica ha il suo posto. E qui la Chiesa che è in Svizzera, in particolare la Chiesa che è in Sion; essa si raduna, erede d’una lunga storia che ha inizio con san Teodulo, patrono della diocesi ai piedi di questa collina di Valère dominata dall’antica cattedrale dedicata a Notre-Dame, nel cuore della valle del Rodano. Al centro della loro rude vita di montanari, i vallesiani hanno saputo custodire viva la loro fede e le loro tradizioni cristiane, in comunione col Vescovo di Roma, successore di Pietro, che è ben felice di visitare oggi l’attuale cattedrale, ma soprattutto questa casa spirituale fatta di pietre viventi (cf. 1 Pt 2, 5) che è la Chiesa di Sion. E saluto con essa la Chiesa che si raduna attorno all’abbazia di san Maurizio, in questa valle del Rodano, e che è erede della fede professata fino al martirio di san Maurizio e dei suoi soldati della legione Tebana. Come san Paolo, “perché ne siate fortificati, o meglio, per rinfrancarmi con voi e fra voi mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io” (Rm 1, 11-12). Infatti, ciò che ci lega è molto più profondo e misterioso di un rapporto organico o di un attaccamento affettuoso: “La Chiesa universale è come un popolo che trae la sua unità dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (San Cipriano, De Oratione Dominica, 23: PL 4, 553).

4. Nel quadro della liturgia eucaristica di oggi, alcuni figli della vostra Chiesa - di Sion o di altre diocesi o istituti svizzeri - diverranno sacerdoti “secondo l’ordine di Melchisedek” (cf. Sal 110, 4; Eb 5, 6; 7, 17), ricevendo il sacramento dell’Ordine. Melchisedek offrì all’Altissimo il pane e il vino. Sotto il segno del pane e del vino, è Gesù Cristo che si offre al Padre nel suo sacrificio unico e definitivo, reso attuale e presente mediante il ministero dei sacerdoti. Tramite loro Gesù compie ciò che ha fatto durante l’ultima Cena. Offrendo il pane, egli dice: “Questo è il mio corpo, offerto per voi . . . prendete e mangiate”. Offrendo il vino, egli dice: “Questo è il calice del mio sangue, versato per voi e per molti . . . prendete e bevete”. Così Gesù Cristo parlò agli apostoli che erano con lui durante l’ultima Cena. E aggiunse: “Voi farete questo in memoria di me” (cf. Lc 22, 19ss.). Chi è dunque Gesù Cristo? È il Figlio eterno nel quale il Padre ha amato il mondo. Egli l’ha donato “perché ogni uomo che crede in lui non muoia, ma ottenga la vita eterna . . . perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3, 16-17). Sì, egli è venuto per la salvezza del mondo. Il sacrificio che offrì Gesù Cristo sulla croce - il sacrificio che egli istituì durante l’ultima Cena - è per la salvezza del mondo. In questo sacrificio si manifesta l’amore del Padre e l’amore del Figlio. È il calice della nuova ed eterna alleanza. Coloro che oggi ricevono l’ordinazione sacerdotale diventano i ministri del sacrificio compiuto per la salvezza del mondo. Essi lo rendono presente. Essi sono i ministri dell’Eucaristia: la loro vita sacerdotale si sviluppa a partire da questo centro. Tutto il resto sarà come una preparazione o un’eco di questo atto sacramentale. Giorno dopo giorno, presenti all’esistenza umana, essi dovranno introdurre i loro fratelli nella redenzione compiuta dal Cristo e celebrata nell’Eucaristia.

5. I sacerdoti sono nello stesso tempo le guide del loro prossimo sulla via della salvezza. Essi vivono in mezzo al popolo di Dio e dicono come Mosè: “Signore, cammina in mezzo a noi” (Es 34,9). Con tutto il loro essere sacerdotale, invocano il Signore perché guidi il suo gregge, come un Pastore. Essi stessi sono i servitori di Gesù Cristo, il Buon Pastore. Come Mosè, essi salgono la montagna per ricevere da Dio la testimonianza dell’alleanza, e per prendere nelle loro mani, come segno di questa alleanza, le tavole dei Comandamenti di Dio. Secondo questi comandamenti - secondo tutta la verità del Vangelo, la “carta” della nuova alleanza - essi illuminano le coscienze e guidano coloro tra i quali essi stessi sono stati scelti (Eb 5,1). Essi sono maestri di verità, nell’annunciare il Vangelo, nel suscitare e fortificare la fede, e indicare il cammino da seguire per rimanere sulla via della salvezza. Essi sono i custodi della rettitudine delle coscienze. Dunque sono i servitori di quel Dio che proclamava davanti a Mosè: “Jahvè, Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco di grazia e di fedeltà” (Es 34, 7). Essi sono i servitori di Gesù Cristo, attraverso il quale Dio perdona le nostre colpe e i nostri peccati, e fa di noi un popolo che gli appartiene (cf. Es 34, 9). Di conseguenza, questi sacerdoti della nuova alleanza sono i ministri del sacramento della Penitenza e della Riconciliazione con Dio. Questo ministero occuperà, con l’Eucaristia, un posto fondamentale nella loro vita.

6. Attorno a queste funzioni centrali si sviluppano gli altri aspetti della loro vita sacerdotale dei quali farò solo un accenno. Il sacerdote partecipa alla funzione dell’unico mediatore che è Cristo. Ma egli conosce la sua debolezza. Egli non fa nulla da solo: egli è forte della forza di Dio, questo per una disposizione permanente che consacra il suo stesso essere. Ma egli deve cercare di corrispondervi. Egli deve cercare la santità che è consona al ministro del Cristo; con l’aiuto dello Spirito Santo che gli è stato dato mediante l’imposizione delle mani: offrirsi interamente a lui, “vivere ciò che egli compie” (cf. Prex ordinationis), trasmettere ciò che ha contemplato. Deve essere un uomo di preghiera, sia nella solitudine, come Mosè sulla montagna, sia come animatore o presidente della preghiera dei suoi fratelli. Nella pianura deve vivere accanto agli uomini, semplicemente, poveramente, al servizio come Cristo venuto per servire; deve tenere conto delle loro preoccupazioni e del loro linguaggio per annunciare il Vangelo di Gesù Cristo: tutto il Vangelo in modo da essere capito. Ma nello stesso tempo deve iniziare al mistero. Dal suo modo di vivere si deve capire che è un uomo legato a Gesù Cristo; soprattutto attraverso il celibato, egli diventa “il segno vivente di un mondo che deve venire, già presente attraverso la fede e la carità” (cf. Presbyterorum ordinis, 16). Egli è “l’uomo per gli altri”; egli deve essere testimone, profeta. Coraggioso, egli accetti, a sua volta, di essere segno di contraddizione e, talvolta, servitore sofferente, ma sempre l’uomo della pace che Cristo è venuto a portare sulla terra.

7. Tutto ciò lo farà come collaboratore del suo vescovo, che a sua volta agisce in unione con il successore di Pietro; quando il sacerdote obbedisce a entrambi, egli vive in comunione con tutta la Chiesa. Il suo sacerdozio ha proprio come fondamento quello del vescovo della Chiesa locale, che è il padre dell’intero presbiterio. In tal modo il sacerdote può contribuire alla costruzione della Chiesa nell’unità. Egli non dispone arbitrariamente dei doni di Dio. Egli è, come dice san Paolo “amministratore dei misteri di Dio. Ora, quanto si chiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele” (1 Cor 4, 1-2). Tutto ciò che il prete è, trova il suo significato fondamentale esclusivamente nella Chiesa, tramite la Chiesa, per la Chiesa. Egli deve quindi vivere la Chiesa, sentire e pensare con la Chiesa (“sentire cum Ecclesia”): non soltanto la Chiesa del passato, e neppure la Chiesa che non esiste ancora, ma la Chiesa concreta, di oggi, le cui rughe e macchie possono essere cancellate anche grazie al suo instancabile aiuto. Questo amore fa sì che il sacerdote sia pronto per l’impegno che la Chiesa si aspetta da lui, per il bene di tutti. Il dialogo pastorale, che si sforza di stabilire, può far sì che vengano evitati conflitti e divisioni, quando è veramente Gesù Cristo che si cerca, quando è lui che si vuole servire.

8. Il sacerdozio è un compito così importante, così necessario, che tutti noi dobbiamo preoccuparci per le vocazioni. La diocesi di Sion, a partire dal 1978, ha deciso di sensibilizzare le coscienze di tutti i cristiani su questo tema. Spero che da ciò nascano ulteriori frutti, qui da voi come pure in altre diocesi della Svizzera, nelle quali questi sacerdoti novelli torneranno. Naturalmente tutto il popolo dei battezzati è chiamato a prender parte attivamente alla vita delle comunità cristiane e alla testimonianza del Vangelo nel mondo. La missione del sacerdote è proprio al servizio di questa partecipazione. Essa ha tuttavia la sua particolare natura ed è insostituibile. Perciò non esiste dualismo né concorrenza, ma solo un necessario, reciproco completamento nell’osservanza di volta in volta della specifica vocazione, nella quale i vescovi devono essere le guide per un’armonica collaborazione. La comunità della Chiesa assolve pienamente la sua missione e il suo servizio, quando all’interno di essa possono germogliare e fiorire le vocazioni al sacerdozio, senza le quali anch’essa non può svilupparsi. Vocazione e missione - all’ufficio o all’apostolato - vengono sempre da Dio, dalla Santissima Trinità.

9. “Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri, degno di lode e di gloria nei secoli” (Dn 3, 52). La luce della fede ci innalza oggi col cuore e con lo spirito all’imperscrutabile mistero di Dio, alla sua inconoscibile unità trinitaria. Dal grembo della Santissima Trinità il Figlio di Dio è venuto fra gli uomini: il Verbo eterno del Padre si è fatto uomo, figlio della Vergine Maria. Con la sua morte in croce e la sua risurrezione lo Spirito della santità è sceso sugli apostoli ed è ora presente nella Chiesa di Cristo. Da questa missione del Padre e dello Spirito trae origine la missione salvifica della Chiesa. Dalla missione del Figlio, il servo di Dio, che ha ricevuto l’unzione messianica, deriva nello Spirito Santo il “sacerdozio regale” di tutti i battezzati. Dal sacerdozio del Figlio, dell’Unto, derivano nello Spirito Santo la vocazione e l’ufficio dei sacerdoti, che vengono segnati, con il sacramento dell’Ordine, da un sigillo indelebile. Nel suo servizio tutto il popolo di Dio prende parte al sacerdozio di Cristo, l’unico intermediario tra Dio e gli uomini. Oggi vengono donati al popolo di Dio dei nuovi sacerdoti, il cui mandato risponde ai fondamenti della missione di tutti i credenti; infatti anch’essi sono stati confermati nella fede dello Spirito Santo. Tutti devono impegnarsi nel loro compito di predicare ai credenti; ciò è affermato con la parola di congedo, che conclude ogni santa messa. Sì, oggi ci rallegriamo: poiché in questo solenne servizio divino si è rinnovata la missione del popolo di Dio nella Chiesa. Perciò cantiamo incessantemente, con una sola voce, la lode della Santissima Trinità!

10. Quanti “padri”, come ad esempio Nicola da Flüe, quante generazioni vi hanno preceduto su questa terra e sono stati “partecipi della natura divina” (2 Pt 1, 4), in attiva unità con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo! Raccogliamo la loro eredità! Portiamo avanti la loro testimonianza! Carichiamoci della loro missione come risposta alle pressanti domande di oggi, alle soglie del terzo millennio! Possa questo Paese essere sempre abbracciato da Dio e pervaso dalla sua vita, per riflettere la sua luce, e per portare il mondo alla fede. Il Dio dei vostri padri rimanga per sempre il Padre dei vostri bambini! Il Padre di tutte le generazioni che verranno in questo Paese! Tu, l’unico vero Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo! Amen.

 

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