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VISITA PASTORALE IN VENETO

SANTA MESSA NEL PARCO MUNICIPALE DI RIESE PIO X

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Riese Pio X (Treviso) - Sabato, 15 giugno 1985

 

“Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?” (Gv 21, 15).

1. Il Vangelo odierno ricorda questa domanda che il Cristo, dopo la risurrezione, ha posto a Pietro. Per tre volte, sempre la stessa domanda.

Leggiamo questo passo del Vangelo secondo Giovanni nella liturgia del santo pontefice Pio X. Vogliamo con questo affermare e ricordare che la stessa domanda, posta a Pietro da Cristo risorto, egli ancora rivolge a ognuno dei suoi successori sulla sede di Pietro. Affinché Simone, figlio di Giovanni, potesse diventare Pietro, era indispensabile quell’“esame sull’amore”.

Il servizio, infatti, che egli doveva assumere nella Chiesa, è un particolare “servizio di amore”. Così ha scritto Sant’Agostino, il grande Padre della Chiesa.

Quando, dunque, il Cristo risorto, per tre volte chiede a Simon Pietro “mi ami tu?”, Pietro, assistito dalla grazia dello Spirito Santo, e nel contempo pieno di umiltà a motivo della sua infedeltà umana, risponde: “Signore, tu lo sai che ti amo” (Gv 21, 15. 16).

2. Quando a Giuseppe Sarto, vostro conterraneo di Riese, è toccato di udire - come risulta dal conclave del 1903 - la stessa domanda di Cristo, egli poté, sostenuto dalla grazia dello Spirito Santo, e insieme pieno di umiltà, rispondere: “Signore, tu lo sai che ti amo”.

Quella risposta determinò una nuova tappa nella storia della Chiesa, dopo la dipartita da questo mondo del grande pontefice Leone XIII. Quella risposta permeò tutto il nuovo pontificato sino all’agosto del 1914, quando, dopo il tragico scoppio della prima guerra mondiale, Pio X, successore di Leone, successore di Pietro, fu chiamato anche lui alla “casa del Padre”.

Questa risposta, però: “Signore, tu lo sai che ti amo”, ebbe il suo inizio qui, a Riese, tra i vostri avi. Tra loro viveva a Riese la povera famiglia Sarto, il cui figlio avrebbe dovuto, un giorno, diventare il successore di Pietro nella sede romana col nome di Pio X.

San Pio X: la risposta alla domanda di Cristo “mi ami tu?”, che egli imparò prima qui, nel suo paese natio, l’ha portato non solo sulla sede romana dei successori di Pietro, ma l’ha guidato soprattutto alla santità.

3. È giusto tener presente l’influsso che l’ambiente umano in cui si formò Giuseppe Sarto ebbe sulla sua sensibilità cristiana e poi sulla vocazione al sacerdozio.

Scrive un suo biografo che “fin dai primi anni, fino cioè da quell’età in cui vivissime si ricevono le impressioni di quanto ci sta e ci vive intorno, impressioni che sono poi quelle che maggiormente concorrono nella formazione del nostro carattere e di tutta l’educazione interiore di noi stessi, ebbe la grande fortuna di avere sotto gli occhi modelli di uomini e di sacerdoti . . . colti, pii, caritatevolissimi” (cf. Marchesan, Papa Pio X nella sua opera e nella sua parola, pp. 27.42). Lo stesso Pio X, in un suo discorso, dirà del vecchio parroco, con fedele riconoscenza: “Mi fu sempre largo di consiglio, d’aiuto, così che dopo Dio e i miei genitori tutto a lui devo. A lui, dalle cui mani ricevevo la prima volta il pane eucaristico, a lui che ai piè di quell’altare mi vestiva dell’abito clericale, a lui che mi ricordava frequente alla vocazione del sacerdozio doversi porre fondamento di pietà, di modestia, d’intemerato costume” (cf. Scritti inediti di San Pio X, vol. II, p. 231).

Ci fu, quindi, un ambiente impregnato di cristianesimo che educò il ragazzo alla fedeltà al Signore e all’attenzione verso la chiamata di Cristo.

4. Una grande disponibilità per il Signore Giuseppe Sarto l’apprese dalla famiglia. Povera, come è noto e come egli spesso ricordava ricorrendo volentieri all’amata espressione veneta; ma fiduciosa in Dio.

Quando il parroco riferì a Giovanni Battista Sarto l’intenzione del figlio, espressa dopo la prima comunione, di farsi sacerdote, facendogli notare le straordinarie disposizioni del ragazzo, il padre, che forse lo avrebbe voluto a casa per l’utilità della famiglia rispose: “Se Dio lo vuole, se lo prenda! È suo!”.

Ecco, il senso della fede: è suo, è del Signore, come ogni figlio che nasce ed è chiamato da Dio per nome, per una vocazione sublime. Pio X ricordò sempre questo episodio, e si considerò come cosa di Dio, votato al suo amore totale.

So che tra di voi si racconta una graziosa battuta della mamma di Giuseppe Sarto. Egli venne a visitarla qui, a Riese e le mostrò l’anello cardinalizio, dicendole: “Vedete, mamma, quanto è bello!”. La madre, facendogli a sua volta notare la fede matrimoniale gli replicò subito: “Sì, figliolo, ma se non ci fosse stato questo . . .”. Se non ci fosse stata una famiglia ricca di fede e di educazione cristiana, se non ci fosse stata quella testimonianza viva di disponibilità alla volontà di Dio, formata alla dottrina fedelmente insegnata nella parrocchia, la figura sacerdotale del futuro pontefice non si spiegherebbe; noi non troveremmo la radice della sua grande personalità di uomo di Dio e di assiduo e infaticabile servitore della Chiesa.

5. Molti punti del suo programma di Pontefice si può dire che hanno avuto proprio nella vita comunitaria della parrocchia un loro primo fondamento. Pensate all’amore dell’Eucaristia, alla liturgia che egli imparò a conoscere da chierichetto, al canto sacro, all’esperienza del catechismo. Sulla testimonianza dei contemporanei e dei compagni di scuola è stato scritto che “egli non mancava mai alla dottrina cristiana, al catechismo e alle altre istruzioni, che in tempi determinati dell’anno s’usavano allora, e s’usano fare ai ragazzi tuttodì nei nostri paesi” (Marchesan, Papa Pio X nella sua opera e nella sua parola, p. 26).

In questo clima maturavano i primi frutti della santità di Giuseppe Sarto e in questo clima maturava la sua vocazione sacerdotale.

6. “Il Signore è il mio pastore” (Sal 23, 1).

Giuseppe Sarto assimilava con tutto il cuore questa verità, che l’autore ispirato ha scritto nel salmo che inneggia a Dio come pastore dell’uomo; il pastore delle vocazioni umane e degli umani destini. Questo salmo trova la sua magnifica corrispondenza nella parabola del Buon Pastore, narrata a suo tempo da Gesù di Nazaret.

Ecco, al figlio della famiglia Sarto è stato dato di conoscere che il Signore, Buon Pastore, “su pascoli erbosi lo fa riposare” (cf. Sal 23, 2) quando egli si affida alla paterna Provvidenza di Dio. È il Signore che “lo rinfranca” (cf. Sal 23, 3), concedendogli la grazia della preghiera; che, ancora, “per amore del suo nome lo guida per il giusto cammino” (Sal 23, 3). Quanto importante è questa certezza interiore della strada che si sceglie, della voce della coscienza, alla quale si obbedisce!

Infine, l’importanza della luce interiore, che illumina la strada con i doni dello Spirito Santo. Con questa luce uno può “non temere alcun male”, anche se dovesse “camminare per una valle oscura” (cf. Sal 23, 4).

7. Il salmo dell’odierna liturgia è estremamente appropriato, e giustamente esso delinea le strade della vita e della vocazione di Giuseppe Sarto:

“Davanti a me tu prepari una mensa” (Sal 23, 5). Non è questa un’allusione all’Eucaristia, alla quale gli fu dato di accostarsi per la prima volta qui a Riese nell’anno 1847, quando aveva quasi dodici anni? E non si può dire che, in questa data, tale esperienza lo portò a desiderare che tutti i bambini in età ancor più tenera potessero incontrare il Cristo nel sacramento? Non si può pensare che da questa ineffabile e familiarissima esperienza del Signore egli prese lo spunto per invitare tutto il popolo di Dio alla comunione frequente e quotidiana?

“Cospargi di olio il mio capo” (Sal 23, 5): non è questa ancora un’allusione al sacramento della Confermazione, che Giuseppe Sarto ricevette ad Asolo nel 1846 per le mani di monsignor Sartori Canova, fratellastro del celebre scultore Antonio Canova?

Infine, all’orizzonte del giovane animo appare quel “calice . . . traboccante” (cf. Sal 23, 5), segno della vocazione sacerdotale che il giovane Sarto seguì entrando in seminario nel 1850, a Padova.

8. “Mi ami tu?”.

Doveva aver sentito tante volte queste parole di Cristo. Specialmente chiare dovette sentirle il giorno degli ordini sacri, il 18 settembre 1858, nel duomo di Castelfranco; e per opera dello Spirito Santo poté rispondere con tutta umiltà: “Signore, tu sai che ti amo”.

Anche allora, per la prima volta, gli giunse chiara la risposta di Cristo: “Pasci i miei agnelli” (Gv 21, 15). Con il sacerdozio, Giuseppe Sarto infatti iniziò il suo servizio pastorale.

La stessa domanda e la stessa risposta si sono ripetute, in maniera sempre nuova, quando egli fu chiamato al servizio episcopale, prima a Mantova, poi a Venezia. Infine, nel 1903, nella Cappella Sistina, Cristo gli chiese per la terza volta: “Mi ami?”.

E può anche darsi che il patriarca di Venezia, cardinale Giuseppe Sarto, rimanesse rattristato così come Simon Pietro. E rispose, così come Pietro: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo” (Gv 21, 17).

Lo disse e lo pensò tra le lacrime copiose che, come attestarono i presenti al conclave, gli irroravano, il giorno dell’elezione, la prima veste bianca di pontefice, quella che voi conservate ancora con venerazione quale suo speciale dono, nel seminario vescovile.

E allora Cristo rispose per la terza volta: “Pasci le mie pecorelle” (Gv 21, 17).

9. Questo dialogo di Cristo - crocifisso e risorto - con Giuseppe Sarto - Pio X, ebbe inizio qui a Riese. Qui fu scritto il primo capitolo - forse, sotto un certo aspetto, il più importante - della sua vita.

Vi invito a considerare tutto questo, perché voi siete eredi di una tradizione e di una cultura cristiana, che ha prodotto un simile dono. Sappiate anche voi dire a Dio un “sì” generoso e confidente per ogni vocazione che egli, “a piene mani” (cf. Missale Romanum, “Missa pro Vocationibus Sacerdotalibus”: Oratio post communionem) effonde nella Chiesa. Sappiate imprimere con l’educazione e con la catechesi il senso di Dio e il desiderio della sua esperienza e del suo servizio, dando valore alla predicazione della parola di Dio, che sempre e con abbondanza si celebra in mezzo a voi.

Così Cristo potrà chiedere con efficacia a ciascuno: “Mi ami tu?”.

Carissimi fratelli e sorelle di Riese, e voi tutti fedeli di Tombolo e di Salzano, di Asolo e di Castelfranco e dell’intera Marca che siete qui convenuti: auspico di cuore che gli uomini delle sempre nuove generazioni di giovani possano a loro volta rispondere a Cristo con gioia, con interiore fiducia e confidenza: “Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo”.

Sì, proprio a Cristo; perché lui solo è “via, verità e vita”.

Amen.

 

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