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VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN GREGORIO VII

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 27 aprile 1986

 

1. “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21, 5).

Ci sono alcuni luoghi particolari ai quali ci guida la liturgia del tempo pasquale. Il primo di questi luoghi è il cenacolo di Gerusalemme. Non c’è da meravigliarsi se proprio in questo cenacolo ritorniamo continuamente in questo periodo perché con esso sono collegati i principali avvenimenti pasquali: l’ultima cena e l’istituzione dell’Eucaristia; il primo rivelarsi di Cristo agli apostoli dopo la risurrezione, la sera del primo giorno “dopo il sabato” della Pasqua; la seconda venuta del Risorto per convincere Tommaso; e poi, dopo l’Ascensione del Signore, la presenza della comunità apostolica nella preghiera insieme con Maria, Madre del Signore, in attesa del Consolatore; infine la Pentecoste, la discesa dello Spirito Santo.

Il cenacolo è diventato luogo di nascondimento, in cui sono maturati gli inizi pasquali della Chiesa. In seguito è diventato il luogo di un nuovo esodo: quello del popolo di Dio della nuova alleanza nel mondo. Giustamente su questo luogo possono essere iscritte le parole dell’Apocalisse: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose”.

2. Col cenacolo è collegato pure il discorso d’addio di Cristo, brano che abbiamo letto nella liturgia dell’odierna domenica. È un fatto significativo che proprio dopo l’uscita di Giuda dal cenacolo, Cristo parli della glorificazione di Dio nella sua umanità. Egli parla anche della glorificazione del Figlio dal Padre. Pronunzia queste parole proprio quando l’apostolo traditore intraprende le azioni che portano all’imprigionamento di Gesù. Proprio nel momento in cui la sua passione e la sua morte sono già decise. Umanamente non ci si potrebbero attendere simili parole, poiché tutto ciò che sta per succedere umanamente sarà una negazione della glorificazione di Cristo; sarà un suo radicale abbassamento e spogliamento. Tuttavia le parole di Gesù non si prestano alle misure umane. Portano in sé la misura del mistero divino. Nella croce di Cristo sarà glorificato Dio quale Amore e Verità, quale Giustizia e Misericordia. Anche Dio glorificherà Cristo, e il segno di questa glorificazione diventerà la sua risurrezione “il terzo giorno”. Quindi Cristo pronunzia proprio in tali circostanze queste parole, così insolite, e contemporaneamente così piene di un’altra verità: la verità divina e salvifica. In queste parole egli “fa nuove tutte le cose”.

3. La liturgia del tempo di Pasqua attinge inoltre in modo particolarmente abbondante agli Atti degli apostoli. Oggi seguiamo il cammino apostolico di Paolo e di Barnaba nelle diverse città del Medio Oriente, dove si comincia ad annunziare il Vangelo e nasce la Chiesa. Questo sviluppo graduale del Vangelo e della Chiesa è frutto del mistero pasquale avveratosi in Gerusalemme. Gli avvenimenti, collegati all’inizio con il cenacolo, hanno la loro organica continuazione proprio su queste rotte della prima evangelizzazione testimoniata dagli Atti degli apostoli.

Soltanto nella potenza di Cristo crocifisso e risorto, nella potenza dello Spirito consolatore, gli apostoli e i discepoli apostolici hanno potuto annunziare che “è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio” (At 14, 22). Infatti una tale via è stata mostrata a tutti da Cristo. La Chiesa nasceva nei cuori, nasceva nelle nuove comunità, nasceva in ogni luogo dal suo mistero pasquale, dalla croce e dalla risurrezione.

4. Così è stato attraverso le generazioni. Noi, dopo quasi duemila anni, viviamo dell’eredità di questa nascita salvifica della Chiesa. Particolarmente qui a Roma, dove la Chiesa è stata costruita in modo singolare sul “fondamento degli apostoli”. L’intera Chiesa romana, come ogni parte di questa Chiesa, è una viva eredità del mistero pasquale attestato nel martirio dei santi Pietro e Paolo.

Lo dovete avere costantemente davanti agli occhi anche voi, cari fratelli e sorelle della parrocchia di San Gregorio VII.

5. Il mio primo saluto va al cardinale vicario, qui presente con il vescovo ausiliare preposto a questa zona pastorale, mons. Remigio Ragonesi. Desidero altresì salutare il ministro generale dei Frati Minori, padre John Vaughn. La curia generalizia dei padri francescani è situata nel territorio della vostra parrocchia. Il mio pensiero si rivolge in particolare alla comunità religiosa dei padri francescani che servono questa comunità, sotto la guida del parroco padre Giovanni Lucci.

Saluto cordialmente le numerose comunità maschili e femminili che hanno la loro sede in questa zona e che si dedicano a molteplici opere di carità e di apostolato: dalla pastorale caritativa, come il Piccolo Cottolengo e l’Istituto Sant’Antonio per bambini in difficoltà, a quella sociale e giovanile, come l’Oratorio di San Pietro; dall’accoglienza a pellegrini e turisti romei, all’attività educativa e all’assistenza sanitaria. Una esplicita menzione mi pare doverosa per la comunità delle Suore della Chiesa dell’Immacolata che da tanti anni generosamente si prodigano per la vita spirituale della zona di Monte del Gallo.

Un augurio affettuoso ai gruppi dei laici che operano in seno alla parrocchia: l’Azione cattolica, l’Apostolato della preghiera, la Conferenza di san Vincenzo, la Legione di Maria, gli Scouts, il Consiglio pastorale.

6. Oggi deve rivivere in noi in modo particolare il ricordo del cenacolo e delle parole che il Signore Gesù vi ha pronunziato. Leggiamo nell’odierno vangelo: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 34-35).

È questo precetto della carità che occorre sempre ricordare e vivere anche in questa vostra parrocchia, nella quale tante iniziative, sorte per il carisma di diverse istituzioni approvate dalla Chiesa, operano per il bene di un così grande numero di fedeli. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli”, dalla reciproca fraternità, conoscenza, stima, collaborazione, intesa; se ci sarà, cioè, in tutti i vostri sforzi un’unità insieme con una serena armonia, e zelo nell’intento di servire il Signore ricercando il bene delle anime: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi”.

7. Mi compiaccio con voi per le iniziative promosse per le singolari celebrazioni che accompagnano questa mia visita. Si tratta del centenario della morte di san Gregorio VII, titolare di questa parrocchia e del XXV anniversario della dedicazione di questa chiesa. Desidero esprimere il mio apprezzamento soprattutto per la interessante missione popolare parrocchiale. Se la chiesa, in quanto edificio sacro è immagine della comunità di “pietre vive” edificata attorno a Cristo, e vuol essere un segno della sua presenza perenne in mezzo alla comunità sostenuta e nutrita dall’Eucaristia e dai sacramenti, la missione ha come suo fine precipuo quello di esprimere l’ansia della Chiesa nella ricerca delle anime e nel desiderio di far conoscere Cristo, ampliando le occasioni dell’annuncio. Nelle missioni parrocchiali, infatti, con ardimentosa fiducia nella grazia di Dio, voi ricercate anche i più lontani, gli abitanti nuovi del quartiere, le persone che ancora non entrano nella partecipazione della vita della Chiesa.

Con le missioni voi vi proponete una rinnovata evangelizzazione e una ripresa dell’intensa vita parrocchiale. Mediante gli incontri, il dialogo, la peculiare catechesi, la missione apre le persone alla reciproca conoscenza, donando alla parrocchia una valida speranza per una nuova vitalità comunitaria.

Un’attenzione speciale sia riservata ai giovani, non solo perché essi costituiscono tuttora una porzione cospicua della vostra popolazione, ma perché su di loro occorre fondare il futuro. È chiaro poi che l’apostolato per i giovani trova la sua fondamentale finalità e il suo principale momento nella catechesi. Essa deve essere organica e solida; ma anche aperta oltre le tappe dell’età infantile, intesa ad accompagnare tutta la crescita e lo sviluppo dei giovani.

8. C’è ancora un altro libro al quale si rivolge la liturgia del periodo pasquale, è il Libro dell’Apocalisse di san Giovanni. Il libro degli “ultimi tempi”. La risurrezione di Cristo ha dato, storicamente, inizio all’evangelizzazione apostolica e alla Chiesa e contemporaneamente è diventata inizio dell’“ultimo compimento” di ogni cosa in Cristo. Così dunque particolarmente nel tempo pasquale, la Chiesa rinnova la sua coscienza di esistere nella “dimensione” escatologica, nella dimensione del definitivo compimento.

Nella seconda lettura della Messa odierna l’ultimo compimento delle cose ci è presentato come il momento della suprema e definitiva gioia della città santa, la Chiesa, la Gerusalemme nuova. Per questo momento ultimo ed eterno essa è stata creata e voluta dal cuore di Dio. Essa allora “scende dal cielo”, da Dio, perché è frutto dell’amore e dell’iniziativa divina, frutto della grazia che coronerà tutta la storia umana. “Come una sposa adorna per il suo sposo”, perché nella Chiesa si compirà il momento definitivo dell’alleanza e in essa l’amore sarà portato a perfezione, alla sua pienezza.

Tutte le lacrime versate lungo la sua storia, come tutte le lacrime degli uomini, motivate dal male, dalla colpa e dalla cattiveria, spariranno, perché Dio stesso, “Dio-con-loro”, asciugherà il pianto, essendo egli stesso la piena gioia di ogni uomo. La meravigliosa pagina dell’Apocalisse ci dice che nel pensiero di Dio l’uomo è destinato a questo gaudio pieno e senza tramonto, quando egli sarà definitivamente liberato come per una creazione nuova: “Faccio nuove tutte le cose”.

9. Sono queste le parole che pronunzia, nell’odierna liturgia, “Colui che sedeva sul trono” nella visione di Giovanni nell’Apocalisse.

Siamo la Chiesa pellegrina. Ci troviamo sulla via della Gerusalemme celeste, verso questa definitiva “novità del cielo e della terra” che viene da Dio insieme con Cristo crocifisso e risorto. La via verso ciò che “è nuovo” in Cristo ci invita a passare attraverso il comandamento dell’amore. Infatti anch’esso è un comandamento “nuovo”: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato”.

Accogliamo questo comandamento. Rinnoviamo in noi la sua potenza. Rispondiamo alle molteplici esigenze che esso ci pone. Facciamo tutto il possibile per adempierlo nella nostra vita. In questo modo il mistero pasquale di Gesù Cristo rivestirà costantemente la realtà, tutta la realtà, anche quella normale, quotidiana, eppur sempre “nuova”. Nuova nella potenza della croce e della risurrezione di Cristo. E così: saremo “suo popolo”, ed egli sarà “il Dio-con-noi” (cf. Ap 21, 3).

 

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