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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA
(8-14 GIUGNO 1987)

MESSA PER IL MONDO DEL LAVORO A DANZICA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Venerdì, 12 giugno 1987

 

1. “Tua è la lode e la gloria, nostro eterno Signore”.

Quando si muove la processione eucaristica del Corpus Domini, risuona tra le vie della città o tra i sentieri di campagna questo antico canto polacco.

Oggi questo magnifico inno risuona ancor più fortemente durante le giornate del Congresso Eucaristico in Polonia. Oggi a Danzica.

Che cosa è la tua gloria o Cristo? Che cosa accompagna la lode della Chiesa di generazione in generazione? La tua gloria è il fatto che Ti sei donato . . . “che ti sei donato a noi indegni”. Che tu, Dio ineffabile ed inscrutabile, che “abiti una luce inaccessibile” (cf. 1 Tm 6, 16), sei diventato così sorprendentemente “accessibile”. Non solo gli occhi umani potevano guardarTi e le mani umane toccarTi - come Verbo Incarnato, come figlio dell’uomo, ma l’uomo poté inchiodarTi alla Croce, poté spingerti all’esperienza della morte, che è sua necessaria eredità su questa terra,; poté disonorarti, allorché Tu stesso volesti, come vittima dello Spirito eterno, “umiliare te stesso” (cf. Fil 2, 8).

E non solo questo. Tu, che “dopo aver amato tutti coloro che erano nel mondo, li hai amati sino alla fine” (cf. Gv 13, 1), sei divenuto per tutti i tempi l’Eucaristia il Sacrificio e il Cibo - della tua Chiesa! Questa è la tua gloria, o Cristo, Questa è la tua gloria, o Dio, il cui nome è “Amore” (cf. 1 Gv 4, 8). Questa è la tua gloria, nostro eterno Signore . . .

2. Oggi, nel corso del mio pellegrinaggio in terra patria, seguendo il percorso del Congresso Eucaristico, saluto Danzica. Esprimo la gioia di poter essere qui insieme a voi.

Danzica città millenaria, dove nella primavera del 977 è giunto S. Adalberto in viaggio verso la Prussia, “e le moltitudini del popolo ricevettero il battesimo”! Danzica, che nelle mutevoli sorti della storia - ha sempre dato un esempio di fortezza alle foci della Vistola, fiume dei fiumi polacchi! E sempre qui, sulla costa del Baltico, essa ha schiuso davanti a noi le prospettive che il mare offre all’uomo della terra ferma. Prospettive di sconfinata lontananza, prospettive di profondità delle acque marine, prospettive di libertà! L’uomo, nella vastità del mare, si sente libero, liberato dai condizionamenti creati dalla vita sulla terra ferma, e allo stesso tempo sottoposto alle esigenze di un nuovo elemento. Mobilitato per una nuova responsabilità.

Saluto Danzica. Saluto in essa tutto ciò che è stata per noi nelle varie tappe del passato - e ciò che essa è divenuta negli ultimi anni. Questo passato e questo presente lo rendono memorabile le simboliche croci nei pressi dei cantieri navali e la scritta: “Il Signore darà forza al suo popolo, benedirà il suo popolo con la pace” (Sal 29, 11). Danzica: città degli uomini di mare, città degli uomini del lavoro, del grande lavoro.

Saluto la città e l’ambiente in cui è rinato il bisogno del rinnovamento dell’uomo mediante il lavoro: il bisogno della liberazione dell’uomo per mezzo del lavoro. Saluto i pellegrini provenienti dall’arcidiocesi di Gniezno e dalle diocesi vicine: di Chelnmo, di Wamia, di Koszalin-Kolobrzeg; saluto tutti e ciascuno.

3. La liturgia odierna ci parla di questo rinnovamento e di questa liberazione, riandando all’origine biblica dell’uomo sulla terra. Ecco l’uomo, creato da Dio a sua immagine e somiglianza, creato come uomo e donna, creato in mezzo al mondo visibile. Ecco l’uomo, al quale Dio dice: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela” (Gen 1, 28).

Dio dà la terra all’uomo e gliela dà come compito. E in questo modo gli dà come compito il lavoro: lavoro sotto tutte le forme, che esso acquisterà nella storia del genere umano, insieme al progresso e allo sviluppo della conoscenza del mondo e di se stesso.

4. Le parole del Libro della Genesi non contengono solo il primo ordine di Dio. Portano in sè anche il segno della predilezione da parte di Dio, il segno della gioia creativa: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco era cosa molto buona” (Gen 1, 31). “Molto buona” era l’opera della creazione, tutto quel cosmo visibile coronato dall’esistenza dell’uomo: viva immagine del Creatore. l’odierna liturgia si sente oggetto di questa predilezione di Dio per il cosmo creato e proclama la gloria del suo Creatore: “O Signore, nostro . . . quanto è grande il tuo nome su tutta la terra . . . Se guardo il tuo cielo . . . la luna e le stelle che tu hai fissate . . . che cosa è l’uomo?” (Sal 8, 2.4-5).

L’uomo si meraviglia della propria umanità, della sua particolare dignità tra le creature, e questa meravigliosa visione della creazione la condivide con il Creatore: “. . . che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi” (Sal 8, 5-7). Che cosa è l’uomo! Con tali parole il Salmista esprime la propria ammirazione per l’uomo, la sua meraviglia davanti a quest’opera del Creatore. E comunque egli esprime la visuale dell’Antico Testamento. E che cosa invece possiamo dire noi, figli e figlie della Nuova alleanza, per i quali “il mistero dell’uomo ha trovato vera luce in Cristo”? (cf. Gaudium et Spes, S 22). Può esservi una conferma più completa della verità sull’uomo, di quella espressa nel salmo, da

Colui che e il Cristo, Dio Uomo? figlio di Dio e figlio dell’uomo. Colui, che “dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Cristo Redentore dell’uomo. E Cristo - Eucaristia. Davvero “..la parola di Dio è viva, efficace . . . scruta i sentimenti e i pensieri del cuore” (Eb 4, 12). La Parola eterna costantemente scruta i sentimenti e i pensieri dei nostri cuori. Li scruta come Uomo, come uno di noi. Come Uomo di un comune lavoro quotidiano a Nazaret.

5. Il lavoro umano! Ancora una volta esprimo la gioia di poter, in questa tappa del Congresso Eucaristico, essere con voi a Danzica. In questa città infatti e allo stesso tempo su tutta la costa del Baltico e in altri ambienti di lavoro in Polonia, è stato intrapreso uno sforzo enorme, che tende a restituire al lavoro umano la sua piena dimensione personale e sociale.

Nella storia del “lavoro sul lavoro” come qualcuno in questo Paese ha detto giustamente, questo sforzo costituisce una tappa importante per vari ambienti, per varie regioni del mondo d’oggi. Può darsi che questo problema venga meno compreso nei Paesi del benessere, i quali cadono negli abusi consumistici.

Ma viene compreso là dove il problema del lavoro continua a stare alle basi dell’autentico progresso e della liberazione dell’uomo. Il lavoro infatti possiede proprio una tale dimensione, come dimostra l’insegnamento della Chiesa, a cominciare dai Vangeli e dai Santi Padri, fino alla Rerum Novarum e alla Laborem Exercens.

6. Il Vangelo dell’odierna liturgia ci introduce in un certo senso al centro stesso di questo problema. Ecco il padrone della vigna, che (in diverse ore del giorno) si accorda con gli operai per il lavoro della vigna. La vigna è un cantiere di lavoro tipico per il paese in cui predicava Gesù. E anche se quel cantiere giustamente può sembrare molto modesto a confronto coi contemporanei cantieri del lavoro industriale come per esempio quelli navali di Danzica, tuttavia ci troviamo certamente sulla linea dell’analogia di sempre.

Il padrone dice agli operai: “Andate . . . nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò” (Mt 20, 4). Si tratta dunque del contratto di lavoro, e allo stesso tempo della questione di una remunerazione adeguata, cioè di una giusta paga per il lavoro. Intorno a questo perenne problema si snoda di generazione in generazione la storia della giustizia - e dell’ingiustizia - nei reciproci rapporti tra il datore di lavoro e il lavoratore.

Si svolge uno dei capitoli centrali della questione sociale. Il lavoro infatti sta al centro stesso di questa importante “questione”. È vero che il lavoro dev’essere pagato, ma questo ancora non è tutto. Il lavoro implica l’uomo. L’uomo che lavora. Se dunque si tratta del giusto rapporto tra il lavoro e la paga, non si può mai precisarlo sufficientemente, senza partire dall’uomo - soggetto del lavoro.

Il lavoro non può essere trattato - mai e in nessun posto - come semplice merce, poiché l’uomo non può essere una merce per l’uomo, ma deve essere un soggetto. Nel lavoro egli entra attraverso tutta la sua umanità e tutta la sua soggettività. Il lavoro manifesta, nella vita di una società, tutta la dimensione della soggettività dell’uomo, ed anche della soggettività della stessa società, composta di lavoratori.

Bisogna dunque considerare tutti i diritti dell’uomo in rapporto al suo lavoro e soddisfarli tutti. Per il lavoro umano bisogna si pagare un salario, ma nello stesso tempo non è possibile rispondere al lavoro umano solamente con la paga. Perché - come persona - l’uomo non è solo “esecutore”, ma è anche coautore dell’opera che nasce sul cantiere di lavoro. Ha dunque anche il diritto di decidere di questo cantiere. Ha diritto, come lavoratore, di autogovernarsi.

Espressione di ciò sono, tra l’altro, i sindacati: “indipendenti e autonomi”, come è stato sottolineato proprio qui, a Danzica. Poi, il lavoro umano, mediante centinaia e migliaia (se non milioni) di posti di lavoro, contribuisce al bene comune della società. Gli uomini del lavoro trovano proprio in esso un titolo (multiforme e diversificato, perché anche il lavoro umano è multiforme e diversificato), e dunque il titolo per decidere dei problemi di tutta la società, che del loro lavoro vive e per esso si sviluppa.

“I Patti di Danzica” rimarranno nella storia della Polonia proprio l’espressione di questa crescente coscienza degli uomini del lavoro, riguardo a tutto l’ordine socio-morale in terra polacca. Per la loro genesi si rifanno al tragico dicembre del 1970. E rimandano sempre il compito da realizzare!

7. Passiamo anche alla seconda lettura dell’odierna liturgia. “Portate i pesi gli uni degli altri” - scrive San Paolo ai Galati (Gal 6, 2) - e queste parole hanno una grande portata. “Gli uni degli altri”. L’uomo non è solo, vive con gli altri, per mezzo degli altri, a vantaggio degli altri. Tutta l’esistenza umana ha una dimensione comunitaria sua propria, ed una dimensione sociale. Essa non può significare una limitazione della persona umana, dei suoi talenti, delle sue possibilità, dei suoi compiti. È proprio negli interessi della comunità sociale che vi sia per ciascuno uno spazio sufficiente per la libertà personale. Uno dei compiti fondamentali dello Stato è la creazione di questo spazio, così che ciascuno possa, per mezzo del lavoro, sviluppare se stesso, la propria personalità e la propria vocazione. Questo sviluppo della persona, questo spazio per la persona nella vita sociale, è allo stesso tempo a condizione del bene comune. Se all’uomo vengono tolte queste possibilità, se l’organizzazione della vita collettiva comporta delle cornici troppo strette per le possibilità e le iniziative umane - anche se ciò accadesse in nome di una qualche motivazione “sociale” - ebbene, questo, purtroppo, è contro la società.

Contro il suo bene - contro il bene comune. “Portate i pesi gli uni degli altri” - questa concisa frase dell’Apostolo è il programma della solidarietà interumana e sociale. Solidarietà vuol dire: l’uno e l’altro, e se c’è peso, allora questo peso è portato assieme, in comunità. E dunque: mai l’uno contro l’altro. Mai gli uni contro gli altrui e mai “un peso” portato da uno solo, senza l’aiuto altri. Non ci può essere una lotta più efficace della solidarietà. Non ci può essere un programma di lotta migliore di quello della solidarietà. Altrimenti, i pesi diventano troppo pesanti. E la distribuzione di questi pesi aumenta in modo sproporzionato. Peggio ancora, quando si dice: “prima la lotta” (per esempio nel senso della lotta di classe), è molto facile che l’altro o gli altri restino sul “campo sociale” anzitutto come avversari. Come coloro che bisogna combattere. Distruggere. Non come coloro con cui bisogna cercare l’accordo, con i quali bisogna pensare insieme a come “portare i pesi”. “Portate i pesi gli uni degli altri”.

8. Cari fratelli e sorelle dei cantieri navali, dei porti e di tutti gli stabilimenti di Danzica! Uomini del lavoro, ambienti del lavoro, vi ringrazio per aver fatto vostra questa lotta e per il vostro difficile “lavoro sul lavoro”. La Chiesa vi ringrazia perché voi vi siete presi queste responsabilità davanti a Cristo e a sua Madre. In diversi luoghi si meravigliavano che possa essere così. Che esista un legame tra il mondo del lavoro e la Croce di Cristo. Che esista un legame tra il lavoro umano e la S. Messa: Sacrificio di Cristo.

Il vedere gli operai polacchi confessarsi ed accostarsi alla Santa Comunione nel luogo dove lavorano, ha destato l’ammirazione e il rispetto. Molti si sono meravigliati. E forse non solo meravigliati; ma forse al contempo scoprivano . . . d’aver dimenticato la dimensione di tutta “la questione sociale”. E, in genere, dell’umana esistenza. Il Eppure, qui avveniva proprio questo. Proprio così. Non diciamo forse ogni giorno, accostandoci all’altare: “Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo . . . benedetto per questo pane, dono del Creatore, ed insieme frutto del lavoro dell’uomo . . . benedetto per questo vino”?

In ogni S. Messa, Sacrificio della nostra Redenzione, entra il frutto “del lavoro dell’uomo”, d’ogni lavoro umano: il pane ne è una espressione “sintetica” ed anche il vino: ogni giorno il lavoro umano si inscrive nell’Eucaristia, nel Sacramento del nostro Redentore e nel “grande mistero della fede”. Quotidianamente, in tanti posti della terra, dinanzi al lavoro umano si aprono delle prospettive divine. “Che questo pane diventi per noi cibo della salvezza . . . questo vino - bevanda spirituale”. Poiché “Non di solo pane vivrà l’uomo” (Lc 4, 4), la sua esistenza e il suo lavoro devono avere un senso ben preciso, e non solo quello immediato e transeunte. Devono avere un senso definitivo, a misura di ciò che l’uomo è.

“L’hai fatto poco meno degli angeli, / di gloria e di onore lo hai coronato” (Sal 8, 6).

L’uomo - un essere chiamato al lavoro. L’uomo - un essere chiamato alla gloria! Anche in questo spirito bisogna oggi rinnovare la consapevolezza e la sensibilità della coscienza al comandamento: “Ricordati di santificare il giorno di festa!”. L’Eucaristia domenicale è un modo speciale ed insieme necessario di inscrivere la vita e il lavoro dell’uomo nelle prospettive di Dio. Possa questo, essere anche il frutto del Congresso Eucaristico, offerto a Dio dagli uomini del lavoro in Polonia!

9. Infine, bisogna ancora chiarire il significato del “padrone della vigna” dell’odierno Vangelo. “Amico, io non ti faccio torto . . . io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te . . . tu sei invidioso perché io sono buono” (Mt 20, 13-15). Dio parla all’uomo nella “vigna” dei suoi eterni e definitivi destini, e dice: perché tu vuoi limitarmi con l’unico metro della tua giustizia?

L’ordine della giustizia è fondamentale, ma non definitivo. Nel regno di Dio la giustizia viene completata. Viene “superata” dall’amore, quell’amore che accoglie l’uomo, e lo rialza, anche se egli fosse un figlio prodigo. Non vi è piena giustizia senza amore. “Perché vuoi misurarmi secondo il tuo metro umano?”. Permettimi di essere Dono. Sono infatti il Creatore: tutto ciò che esiste è espressione di un dono fondamentale. Permetterei di essere Dono. L’amore è più grande di tutto ciò che tu, uomo, possa pensare. L’amore spinse “il Padre a mandare il figlio nel mondo” (cf. Gal 4, 4), affinché nessuno di noi andasse perduto. Invece il figlio “ha perso” la vita sulla Croce: ha dato la vita,

Ed è risorto: “ci amò sino alla fine”. Permettimi finalmente di essere Eucaristia! la fine continui! Che esso cammini attraverso la storia dell’uomo come Sacramento! Che sia cibo e bevanda spirituale dei cuori umani! “Non essere invidioso perché io sono buono”. Accogli Dio, che è Amore. “Attingi da questo Amore la forza spirituale per il lavoro”. Per il “lavoro sul lavoro”. Per la solidarietà. Tua è la lode e la gloria, nostro eterno Signore, per tutti i tempi . . . Amen. Ora incoroneremo l’immagine della Madre di Dio da Trabki Wielkie che da trecento anni e circondata dalla venerazione del popolo di Dio. In questo modo, all’inizio Anno Mariano, esprimiamo il nostro amore per la Madre del Redentore dell’uomo e ancora una volta, qui in terra di Danzica, affidiamo alla sua materna protezione tutto il mondo del lavoro. Siano rese grazie a Dio perché mi è stato dato nelle giornate di ieri e oggi di essere sul mare polacco, sul Litorale, prima a Stettino e poi a Danzica.

Sappiamo come è importante il significato di questo mare e di questo litorale per la nostra Patria. Siano rese grazie a Dio perché ho potuto qui, insieme a voi cari fratelli e sorelle, celebrare la Santa Messa e pregare in questo luogo che ha una storia passata e contemporanea così singolare. Ringrazio Voi perché avete preparato questo incontro di preghiera in modo così degno e splendido e perché vi avete partecipato così numerosi. Ringrazio innanzitutto coloro che sono qui convenuti sia da Danzica che da altre regioni della Polonia, perché questa infatti è stata una Messa per tutto il mondo del lavoro. E per tutto il mondo del lavoro nella nostra Patria. Ringrazio tutti coloro che hanno contribuito al carattere liturgico di questo nostro incontro odierno così numeroso. Ringrazio i sacerdoti e i laici, ringrazio gli artisti, i cori, ringrazio per tutti i doni portati all’offertorio. Soprattutto ringrazio per la vostra presenza e per ciò che questa presenza testimonia. Nelle mie parole ho cercato di parlare di Voi e a Vostro nome.

Nutro infatti la convinzione che ciò che è iniziato qui a Danzica e sul Litorale e negli altri ambienti di lavoro in Polonia ha un grande significato per il futuro del lavoro umano. E non solo sulla nostra terra, ma dappertutto. Adesso, dopo la fine del mio pellegrinaggio sul Litorale e a Danzica andrò direttamente a Jasna Gora. Desidero portare alla Madre di Dio, alla Regina della Polonia, alla Vergine di Jasna Gora, tutto ciò che è l’oggetto comune della nostre aspirazioni, dei nostri desideri, delle nostre sofferenze e anche di questo incontro odierno. E Vi prego di accompagnarmi con questo stesso spirito, con questo spirito di preghiera, in questo pellegrinaggio alla Vergine di Jasna Gora, nel quale porterò ai suoi piedi tutto ciò che abbiamo vissuto qui insieme. Che questo giorno rimanga il giorno della nostra preghiera comune per il lavoro umano in Polonia, per la solidarietà, per tutto ciò che è importante per Voi, uomini del lavoro, per le Vostre famiglie, per tutta la società, per tutta la nostra Patria, e che e motivo di speranza, di cui ho parlato già il primo giorno del mio arrivo in Polonia. Che tutto questo giorno rimanga giorno di preghiera. Ve ne prego. Che la preghiera sia l’espressione fondamentale e unica di ciò che vogliamo esprimere, di ciò che vogliamo manifestare.

Quello che vogliamo esprimere è molto grande. Deve trovare per se, innanzitutto l’espressione della preghiera, così come l’ha trovata una volta in quelle giornate decisive, nelle fabbriche di Danzica, nei cantieri di Danzica. Oggi in un certo modo ripetiamo quei giorni. Che questo giorno rimanga fino in fondo “Giorno di preghiera”, che nessuno sconvolga questo particolare carattere che è proprio della Vostra causa. Niente e nessuno. E il fatto che oggi da qui mi recherò a Jasna Gora è anche una conferma del fatto che la questione che qui ci unisce non cessa di essere il contenuto della mia preghiera quotidiana. Tutti i giorni prego per Voi; a Roma e dovunque mi trovi. Quotidianamente prego per la mia Patria e prego per gli uomini del lavoro, e prego per questa particolare grande eredità polacca: “Solidarnosc”. Prego per quanti sono legati a questa eredità, in particolare per coloro che hanno dovuto o devono fare sacrifici per essa. E non cesserò di pregare, perché so che è una grande cosa.

Miei cari fratelli e sorelle, termino con questa promessa di preghiera, di legame interiore, di legame spirituale con la mia Patria e con Voi, con gli uomini del lavoro, con tutte queste aspirazioni giuste e nobili che tendono a rendere attraverso il lavoro più umana la vita umana, più degna dell’uomo, affinché attraverso questo “si rinnovi la faccia della terra”, della nostra terra polacca, così come ho pregato durante il mio primo pellegrinaggio nella Piazza della Vittoria a Varsavia, chiedendo allo Spirito Santo di discendere e rinnovare la faccia della terra, di questa terra. Vi prego di essere solidali con il Papa anche in questa preghiera e in questa “longanimità”. Bisogna guardare al futuro, bisogna conservare le forze dello spirito e del corpo per il futuro. Dio Vi ricompensi e Vi benedica! Sia lodato Gesù Cristo!



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