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LITURGIA COPTA DELLA «PREGHIERA DELLINCENSO»

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica di Santa Maria Maggiore - Domenica, 14 agosto 1988

 

“Come incenso salga a te la mia preghiera,
le mie mani alzate come sacrificio della sera” (Sal 140, 1).

1. Con queste parole il salmista rende esplicito il legame simbolico tra la preghiera vespertina e il salire dell’incenso.

Il levarsi delle volute di incenso esprime con grande potenza evocativa l’anelito dello spirito umano a librarsi verso l’alto, a superare le angustie quotidiane, per riconoscere il senso della propria esistenza e ricongiungersi con Dio. Con l’incarnazione, il Verbo ha voluto assumere la natura umana ed è entrato in un nuovo rapporto anche con il cosmo, per presentarlo a Dio Padre quale offerta a lui gradita.

Nella visione sicura della fede, il bisogno di infinito, di perfezione, di comunione intima e profonda della creatura col Creatore non è semplice nostalgia o sogno dell’impossibile, ma è un pellegrinaggio ininterrotto, una tensione perenne, dell’uomo verso il suo fine che si esprime incessantemente in atteggiamenti di “condiscendenza”.

“Fecisti nos ad te, et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te”, ci ricorda il santo vescovo Agostino (S. Augustini “Confessiones”, 1,1).

Questo incenso che sale senza tregua al cielo porta con sé l’aspirazione profonda del nostro cuore, verso Dio che si esprime nell’anelito della preghiera. L’incenso accompagna dunque il levarsi delle nostre mani al cielo, per offrire a Dio la nostra sete di lui e, nello stesso tempo, per presentargli persone e cose, desideri e aspirazioni.

La vostra insigne tradizione spirituale, dilettissimi fratelli e sorelle della Chiesa copta d’Egitto, attribuisce a questa preghiera dell’incenso una particolare solennità e un valore del tutto speciale. Mi è pertanto gradito unirmi oggi al coro della vostra liturgia, per esprimere, con accenti suggestivi e vibranti, la mia riconoscenza al Dio vivente.

2. Desidero ringraziare Dio, in modo particolare per questo anno mariano che ora volge al termine, e per le provvidenziali occasioni di grazia che sono state offerte alla Chiesa in questo tempo particolarmente dedicato alla Madre di Dio! Ne sono testimonianza le numerose iniziative mariane che si sono svolte in ogni parte del mondo. In tal modo abbiamo potuto constatare, con consolante immediatezza, che la Vergine Maria è davvero Madre Universale.

Domani, festa dell’Assunzione di Maria santissima al cielo, concluderemo solennemente questo tempo santo. Proprio in preparazione ad un tale momento di grazia ho voluto che risuonasse ancora una volta la gloriosa voce dell’Oriente cristiano.

In quest’anno mariano più volte si è levata proprio qui, nella città di Roma, la preghiera antica e preziosissima delle Chiese orientali. La partecipazione a tali preghiere del Vescovo di Roma, che presiede alla carità universale, ha voluto essere un segno di quel meraviglioso scambio, per cui le vostre ricchezze spirituali, carissimi figli e figlie dell’Oriente cristiano, vanno a beneficio della Chiesa universale. Tali ricchezze spirituali sono per la Chiesa tutta un dono inestimabile, fiorito in una lunga storia di fedeltà a Cristo pur tra drammatici eventi. Esse si alimentano in una mirabile sintesi di teologia e spiritualità, per cui il mistero creduto si fa canto di lode, che penetra nelle profondità del cuore umano.

Partecipando all’odierna preghiera dell’incenso desideriamo fare nostri idealmente i toni variegati e molteplici di ogni liturgia della Tradizione dell’Oriente, anche di quelle che non si sono potute celebrare in questa alma città.

La liturgia copta, così adatta ad esprimere l’attesa vigilante del monaco che, con i fianchi cinti e le lucerne accese, accoglie il rivelarsi discreto, ma sicuro del suo Signore, è la voce mirabile, con cui oggi si esprime la fervida attesa della Chiesa per il Signore che viene.

3. Benvenuti, dunque, venerati fratelli e amatissimi figli e figlie della Chiesa copta che, convenendo in questo tempio avete voluto donarci l’espressione del vostro amore filiale alla Madre di Dio, mediante una preghiera che propone le note caratteristiche di una tradizione così originale ed antica.

La vostra esperienza di fede non si esaurì in una ricerca dotta e in una scalata razionale ai cieli di un Dio inaccessibile, ma si lasciò conquistare ed educare dalla vita semplice del popolo, intessuta di immediatezza e generosità, di fantasia spontanea ed avvincente. Il dotto studioso e il contadino generoso fecero entrambi confluire nel vostro patrimonio tradizionale il meglio della loro ricerca di Dio e la loro comune esperienza di persone amate e salvate da lui.

Su questa vostra ricca esperienza religiosa si sono innestate sia l’indomito coraggio dei martiri, sia l’ascesi appassionata di schiere innumerevoli di monaci. Unicamente guidati dalla sapienza della Parola di Dio, i vostri martiri e i vostri asceti seppero testimoniare una mirabile radicalità nella ricerca del regno, una insuperata maestria nel penetrare i segreti nascosti nel cuore dell’uomo.

Il messaggio di quegli “entusiasti di Dio” risuona ancor oggi più che mai attuale per la Chiesa. È un invito ad essere fedeli e coraggiosi e a riscoprire, nel frastuono della civiltà moderna, abitudini creative ove affrontare il cammino della ricerca della verità, senza maschere o alibi o finzioni.

Questi maestri, questi formidabili atleti della fede, esercitarono un influsso determinante sulla vostra liturgia, rendendola carica di attese, densa di semplicità, intrisa della sapienza e della Parola di Dio.

4. Diletti fratelli e sorelle, amate questa vostra liturgia, nella quale e con la quale oggi prega con voi il Vescovo di Roma; sentitela come espressione viva della vostra sensibilità religiosa e culturale; vedetela come frutto originale di cui la Chiesa universale va fiera. Difendetene l’eredità, perché continui ad essere il luogo ove il palpito del vostro cuore si fa più spontaneamente preghiera. Siate sempre in continuità con la testimonianza gloriosa dei vostri padri nella fede, i quali, alimentandosi alla liturgia seppero sostenere le prove del martirio e compiere con coraggio e fermezza scelte di vita impegnative. Non aderite con eccessiva improvvisazione alla imitazione di culture e tradizioni che non siano le vostre, tradendo così la sensibilità che è propria del vostro popolo.

Molte volte i miei predecessori hanno insistito su questo punto così rilevante. Vorrei qui ricordare tra tutti, due grandi Papi, benemeriti per l’Oriente cristiano: Benedetto XIV, al quale dobbiamo la costituzione “Demandatam”, del 24 dicembre 1743; e Leone XIII, che ha emanato la celebre lettera apostolica “Orientalium Dignitas Ecclesiarum”, il 30 novembre 1894.

A loro fa eco il Concilio Vaticano II che con vigore sottolinea come “non si devono introdurre mutazioni, se non per ragioni del proprio organico progresso” (Orientalium Ecclesiarum, 6).

Questo significa che è necessario che ogni eventuale adattamento della vostra liturgia si fondi su uno studio attento delle fonti, su una conoscenza obiettiva delle peculiarità proprie della vostra cultura, sul mantenimento della tradizione comune a tutta la cristianità copta.

5. In questo contesto della preghiera dell’incenso, desidero inviare alla Chiesa copta ortodossa il mio saluto fraterno. Alla luce del cammino comune di una fede che trova in Cristo la sua origine e il suo fine, dobbiamo credere fermamente di essere chiamati a divenire un cuor solo e un’anima sola. La preghiera alimenti incessantemente questo nostro comune anelito.

L’intercessione della beata Vergine Maria Assunta in cielo avvicini il tempo della piena comunione di tutte le Chiese nell’unica Chiesa di Cristo.

La Vergine Madre, che in Egitto conobbe il dramma dell’esilio e che voi ricordate e venerate nei luoghi che secondo la tradizione sono stati resi illustri dalla presenza della sacra Famiglia, assista e sostenga con la sua protezione la Chiesa copta.

Ella che la vostra liturgia canta, con accenti di toccante poesia nelle splendide “theotokie”, elevi le sue mani nella preghiera e nell’intercessione su di voi, sul vostro Paese, sulle vostre famiglie, sulle vostre chiese, sui vostri monasteri. Ella vi ottenga lo sguardo benedicente del Padre; la misericordia redentrice del Figlio, che percorse le strade della vostra terra; l’amore santificante dello Spirito, che non cessa di suscitare frutti di santità e di grazia. Amen!

 

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