Index   Back Top Print

[ EN  - IT ]

PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN NORVEGIA, ISLANDA,
FINLANDIA, DANIMARCA E SVEZIA

SANTA MESSA NELLO STADIO «GLOBO»

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Stoccolma (Svezia) - Giovedì, 8 giugno 1989

 

“Li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio” (At 2, 11).

Cari fratelli e sorelle in Cristo.

1. Il giorno di Pentecoste, gli apostoli che si erano riuniti nel Cenacolo di Gerusalemme “furono tutti pieni di Spirito Santo” (At 2, 4). Si udì un suono come “il rombo di un vento gagliardo” (At 2, 2) e sulle teste dei presenti apparvero “lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro” (At 2, 3). Fra questi segni miracolosi tuttavia uno è particolarmente straordinario. Ci viene detto che lì attorno vi erano molte persone provenienti da diversi paesi del Mediterraneo e del vicino Oriente, e ciascuno di loro udì gli apostoli parlare nella loro lingua. Ciò che univa queste diverse lingue era la verità proclamata dagli apostoli sotto l’influsso dello Spirito, il Paraclito. Era la verità delle “grandi opere di Dio”.

Questo avvenimento è il segno importantissimo del “miracolo di Pentecoste”. Esso mostra la Chiesa nella sua unità: unità che abbraccia la diversità e che si verifica nella diversità. La varietà delle lingue rappresenta “ogni nazione che è sotto il cielo” (At 2, 5) a cui gli apostoli erano stati inviati da Cristo quando da questo mondo egli ascese al Padre. Sorta sul fondamento della testimonianza apostolica a Cristo crocifisso e risorto, la Chiesa sarà sempre una unità nella diversità.

Parlando poi in lingua svedese il Santo Padre ha così proseguito:

2. Miei cari fratelli e sorelle!

È con grande gioia che io sono qui a Globe oggi. Voi siete venuti da tutte le parti della Svezia e anche da molte altre parti del mondo per essere qui oggi. Siamo qui riuniti come Popolo di Dio, come fratelli e sorelle in Cristo, ispirati dallo Spirito Santo per celebrare insieme la santa Messa. Possa Dio essere con noi in questa celebrazione, e attraverso l’intercessione di sua Madre possiamo avvicinarci sempre di più all’unico vero Dio.

Voglio salutare in modo particolare i cattolici svedesi che hanno accolto tutte queste persone provenienti da varie parti del mondo. Saluto i rappresentanti della famiglia reale, il governo e la Chiesa di Svezia, le varie Chiese libere, il consiglio ecumenico svedese ed il corpo diplomatico.

Ai molti fra voi che sono immigrati rivolgo uno speciale saluto nel Signore: La pace sia con voi.

Il Santo Padre ha poi ripetuto questo saluto in spagnolo, in italiano, in portoghese, in croato, in ungherese, in vietnamita e in polacco.

Agli Spagnoli il Papa ha inoltre detto:

Desidero rivolgere un saluto particolare agli Spagnoli e ai Latinoamericani qui presenti che hanno trovato in Svezia il loro nuovo paese. Vi esorto a mantenere la vostra fede e a condividere con i vostri amici i valori cristiani permanenti che vivete, nelle vostre vite familiari.

Ai fedeli croati il Papa ha rivolto il seguente saluto:

La pace sia con voi! Un cordiale saluto ai miei cari Croati ed a voi emigranti! Possiate trovare in Svezia la vostra casa. Rimanete fedeli alla fede dei vostri padri e della Chiesa, che è parte eccelsa della vostra plurisecolare cultura e del cristianesimo.

Proseguendo a parlare in polacco il Papa ha detto:

Pace a voi!

Mi rivolgo ai miei connazionali con questo saluto del Cristo risorto: Pace a voi! È il saluto della liturgia della Chiesa. Con queste parole mi rivolgo a voi, qui presenti, a tutti coloro che seguono l’itinerario della mia visita, e a tutti coloro che vivono in Svezia o negli altri paesi scandinavi.

Cari fratelli e sorelle: avete scelto questo Paese come seconda patria per voi stessi, per i vostri figli e nipoti. Fate già parte di questa società, nella quale vi inserite gradatamente, e fate parte della Chiesa che è in questa terra. Con altri fratelli e sorelle, voi siete questa Chiesa! È una piccola Chiesa, come quel chicco di grano della parabola evangelica (cf. Mc 4, 30-32). Ed è prevalentemente composta dalle persone venute qui da diversi paesi.

Le sorti di questa Chiesa nell’ormai prossimo terzo millennio, dipendono anche da voi. Dentro di voi portate il patrimonio millenario di un popolo battezzato. Frutto della grazia, del sacrificio, della preghiera, della sofferenza e delle vittorie dei vostri avi, ma anche della nostra generazione. Ricordatevi di coloro che vivono in Polonia - ricordatevene e trasmettete questa consapevolezza alla giovane generazione.

Non sentitevi soli. Ricostruite e costruite la vostra vita sul fondamento di tutto ciò che qui viene offerto. Collaborate nel creare e nel moltiplicare il bene comune di questo Paese. In questo modo servite anche la vostra Patria sulle sponde della Vistola.

Costruite l’unità della Chiesa e il suo futuro. La pace del Cristo risorto sia con voi: nei vostri cuori e pensieri, nelle famiglie, nelle comunità e in tutta la società.

Tutto questo faccio presente ai vostri cuori e alle vostre coscienze come vocazione e responsabilità umana e cristiana.

Questo è anche il mio augurio per voi tutti qui presenti e per tutti i Polacchi che vivono in Svezia e negli altri paesi scandinavi. Vi imparto di cuore la mia benedizione.

Il Santo Padre ha poi proseguito il suo discorso in lingua inglese:

Tutti voi che siete immigrati potete essere grati dal fatto che i vostri fratelli e sorelle svedesi vi hanno accolto in un autentico spirito di fratellanza e di amore cristiani. Ciò che è necessario adesso è che tutti i cattolici in Svezia lavorino insieme per il bene comune della Chiesa. L’unico Corpo di Cristo deve fondarsi sulla ricca diversità della cultura svedese e i nuovi contributi dei diversi gruppi etnici. La diversità della Chiesa è quella di nazioni, popoli, culture e gruppi sociali in diversi periodi della storia: la nostra unità è una “grande opera di Dio”, l’opera della verità che è anche la fonte della nuova vita dell’uomo.

3. Le lettere della liturgia odierna contrappongono due avvenimenti: la Pentecoste a Gerusalemme, che segna la nascita della Chiesa, e la biblica torre di Babele, che viene descritta nel libro della Genesi. La torre di Babele è il simbolo della disgregazione dell’unità, la perdita da pane dell’umanità di un linguaggio comune. L’unità aveva lasciato il posto alla divisione. La Pentecoste, invece, è il simbolo di una nuova ricerca dell’unità nella diversità e attraverso la diversità. Noi vediamo che le diversità di linguaggio non conducono alla dispersione dell’umanità. In mezzo a una varietà di lingue possiamo raggiungere l’unità quando i popoli sono uniti nella verità e soprattutto quando sono uniti nella consapevolezza delle “grandi opere di Dio”.

Queste “grandi opere” ci rivelano il grande mistero della comunione di Dio, una comunione che è la fonte ultima della nostra unità gli uni con gli altri. Attraverso Cristo siamo venuti a sapere che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono una Trinità di persone divine, unità in una natura dall’eternità. È proprio questa comunione di persone la fonte primaria e il modello per la Chiesa. Citando san Cipriano, il Concilio Vaticano II dice che la Chiesa universale è “un popolo adunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Lumen Gentium, 4). Lo vediamo nella preghiera di Cristo nel Cenacolo alla vigilia della sua Passione: “Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato (Gv 17, 21). Comunione con Dio e gli uni con gli altri è quindi la vocazione ultima della Chiesa. È un invito rivolto ai cristiani di ogni età in mezzo alle loro storiche divisioni.

Questo appello all’unità si estende anche a tutta la famiglia umana. Le divisioni e gli antagonismi simboleggiati dalla torre di Babele devono essere superati anche nell’ordine temporale. L’unità deve costruirsi sulla ricca diversità della razza umana così che l’invito di Pentecoste possa trionfare nella storia. Poiché le “grandi opere di Dio” non hanno soltanto fatto sorgere la Chiesa; esse sono anche profondamente iscritte all’interno dell’uomo e in tutte le sue opere.

4. La liturgia di oggi mostra come ciascuno di noi e anzi ogni cristiano deve rispondere all’invito di Pentecoste e agire in base ad esso. Nel Vangelo Cristo parla di questo attraverso le immagini del “sale” e della “luce”. Le sue parole ai discepoli sono rivolte anche a noi, i suoi discepoli di oggi: “Voi siete il sale della terra . . . Voi siete la luce del mondo” (Mt 5, 13-14). La luce è necessaria perché “le grandi opere di Dio” possano essere viste. Abbiamo bisogno che “siano illuminati gli occhi della nostra mente” (cf. Ef 1, 18) per vedere queste opere nelle profondità del nostro “Io” personale. La luce della testimonianza apostolica è necessaria inoltre affinché “le cose di Dio” possano essere viste dagli altri, cosicché queste cose possano parlare alla gente, entrare nelle loro menti e nei loro cuori e “illumini tutto” (cf. Mt 5, 15). È necessario anche il “sale della terra”. Il sale significa coerenza fra fede e opere. Significa un’intima unità cristiana. Significa la maturità spirituale di quanti sono nati alla coscienza delle “grandi opere di Dio”.

Le immagini del sale e della luce si applicano a ciascuno di noi individualmente. Esse si riferiscono alla fondamentale diversità della Chiesa e della famiglia umana, che abbraccia una varietà di persone. Infine, la diversità è determinata dal fatto che la vita di ogni individuo è unica e irripetibile. Allo stesso tempo ciascuno di noi è chiamato ad essere sale e luce “per gli altri” e “con gli altri”, affinché l’unità si costruisca sulla diversità, affinché i popoli si uniscano insieme, affinché la vita della Chiesa e della comunità umana diventi simile e quell’unità che è Dio stesso: l’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

5. Le “grandi opere di Dio” non solo ci chiamano alla fede in Dio e all’obbedienza alla sua legge; esse rivelano anche la grandezza dell’uomo, la dignità e la vocazione trascendente di ogni persona umana. L’amore di Dio e del prossimo è ciò che ci fa “sale” e “luce”. Questo amore è l’autentico metro di tutto lo sviluppo umano per l’individuo e per la società.

Cari fratelli e sorelle: non dobbiamo mai consentire alle cose materiali di prendere il sopravvento su Dio o su altri esseri umani. Nessuna teoria, progetto o proposito umano potranno mai essere raggiunti a costo dell’amorevole obbedienza che dobbiamo a Dio e dell’amorevole rispetto che dobbiamo agli altri. Nessuna considerazione economica o tecnologica può essere la norma decisiva del nostro modo di trattare gli altri. Ciò si applica ad ogni persona umana: al bimbo non ancora nato, all’anziano, all’ammalato e al moribondo, al povero, a quanti sono diversi da noi per razza e cultura.

Quanti di voi sono venuti in Svezia da altri paesi possono aver provato la povertà materiale prima di stabilirsi qui. L’abbondanza di beni della vostra nuova Patria può stordirvi. Ricordate sempre che queste cose hanno un valore soltanto finché sono al servizio dell’autentico bene della persona umana, sia spirituale che materiale. Se diventano fini a se stesse, o si perde di vista il loro autentico valore, potete facilmente essere tentati ad agire come se le persone fossero soltanto “cose”. Abbiate sempre presenti le parole di Cristo: “Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?” (Mt 16, 26).

6. L’“invito di Pentecoste” e la vocazione ad essere il “sale” e la “luce” del mondo ci impegnano anche alla solidarietà con gli altri. La Svezia ha una ben meritata reputazione nell’assistenza ai paesi in via di sviluppo e nella promozione di una maggiore giustizia e pace nella famiglia umana. La torre di Babele deve lasciare il posto ad una comune ricerca per trovare delle soluzioni a livello mondiale alla povertà, alla fame, alle malattie, all’intolleranza, all’ingiustizia e alle persecuzioni, alla violenza e alla guerra e alla tutela dell’ambiente. Il fatto che così tante nazionalità siano rappresentate qui oggi - nativi svedesi e rifugiati e lavoratori che sono stati accolti qui - dimostra che è possibile vivere e lavorare insieme.

La solidarietà inoltre vi invita a promuovere il bene comune del Paese e della comunità locale in cui vivete. I cattolici e i cristiani di altre Chiese e comunità ecclesiali devono impegnarsi a trasformare la società dall’interno attraverso l’amore per Dio e per il prossimo. Ciò esige la loro piena partecipazione alla vita sociale, politica e culturale della Svezia come pure nella sfera economica, soprattutto nei sindacati e nelle organizzazioni di lavoratori. Non soltanto gli Svedesi nativi, ma anche gli immigrati hanno bisogno di occupare nella società il posto che è loro proprio, affinché anch’essi possano offrire un positivo contributo al Paese cui adesso appartengono.

Non possiamo parlare di solidarietà nella moderna comunità senza menzionare anche la vita familiare. È così perché “dalla famiglia infatti nascono i cittadini e nella famiglia essi trovano la prima scuola di quelle virtù sociali che sono l’anima della vita e dello sviluppo della società stessa”. Familiaris Consortio, 42). Non è sempre facile oggi per le coppie sposate vivere un legame che dura tutta la vita contrassegnato dalla fedeltà, dal rispetto e dall’amore reciproci. Né è sempre facile per i genitori cristiani educare i propri figli nella fede, insegnando loro - in una parola - ad amare Dio sopra tutte le cose ed amare gli altri come se stessi.

Dobbiamo essere sempre più profondamente convinti che il futuro dell’umanità passa attraverso la famiglia. Tutti dovrebbero avvertire la necessità di custodire e promuovere i valori e le esigenze della famiglia. Questo è particolarmente importante per i figli e le figlie della Chiesa. La fede ci dona la piena coscienza del meraviglioso piano di Dio. Noi pertanto abbiamo una ragione in più per promuovere la vita familiare in questo tempo di grazia e di sfida (cf. Familiaris Consortio, 86).

7. Cari fratelli e sorelle, per accogliere l’“invito di Pentecoste” per essere “sale” e “luce” nel rendere testimonianza all’unità della razza umana, dobbiamo vivere le “grandi opere di Dio”. Lo facciamo attraverso la preghiera e accostandoci ai sacramenti, soprattutto alla Penitenza e all’Eucaristia, attraverso l’esempio di una vita santa, attraverso il dono di sé e l’attiva carità (cf. Lumen Gentium, 10).

In tal modo “il miracolo di Pentecoste” dimora e cresce qui fra di voi, amati figli e figlie della Svezia:

Le “grandi opere di Dio” si avvicinano. / Esse toccano il cuore umano. / Esse formano la Chiesa. / Esse servono il bene della comunità umana.

E la preghiera di Cristo viene così realizzata: Padre, siano anch’essi una cosa sola, perché il mondo creda (cf. Gv 17, 21). Amen.

 

© Copyright 1989 - Libreria Editrice Vaticana

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana