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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA E UNGHERIA
(13-20 AGOSTO 1991)

SANTA MESSA NEL GIORNO DELLA FESTA
DI SANTO STEFANO PATRONO D'UNGHERIA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Piazza degli Eroi (Budapest)  - Martedì, 20 agosto 1991

 

Ha costruito la sua casa sulla roccia” (Mt 7, 24).

1. Ecco Stefano, il re di Ungheria, il santo che ha posto le fondamenta per la vostra casa. A lui, infatti, si possono riferire le parole di Cristo, tratte dal Discorso della montagna, che ci parlano dell’uomo saggio, il quale ha costruito la sua casa sulla roccia. La sua casa è la vostra. Il re, infatti, proprio perché governa, è chiamato ad essere il primo servitore del bene comune di tutta la Nazione.

Con gioia saluto il Signor Presidente della Repubblica, il Primo Ministro e altri membri del Governo, il Corpo Diplomatico e tutti coloro che hanno voluto essere presenti a questa solenne celebrazione in onore di Santo Stefano. Uno speciale saluto rivolgo anche ai fratelli Cardinali e Vescovi qui giunti da molti Paesi d’Europa.

Il re Santo Stefano ha costruito questa casa per i vostri antenati mille anni fa e, in loro, l’ha costruita per tutte le generazioni degli Ungheresi che, da allora, si sono succedute sulla vostra terra. Esse vivono e continuano a costruire la stessa casa, le cui fondamenta sono state poste da Santo Stefano.

Proprio la verità del Discorso della montagna è lo stabile fondamento, su cui il vostro grande re ha edificato la Nazione. La verità del Vangelo di Cristo, che racchiude in sé la forza divina data agli uomini, è la roccia su cui egli s’è basato. Dopo un millennio rendiamo grazie a Dio onnipotente per tale fondamento: perché la casa della vostra Nazione, la casa della storia ungherese, è stata costruita sulla roccia . . . e non sulla sabbia.

Oggi il Vescovo di Roma, successore di san Pietro, saluta tutti i figli e le figlie della vostra Nazione; saluta gli Ungheresi che vivono nel Paese e fuori delle sue frontiere. Tutti coloro che spiritualmente sono legati alla comune eredità della corona di Santo Stefano. Saluta in particolare il venerato fratello Presule dell’arcidiocesi di Esztergom, il Cardinale Laszló Paskai, e tutti i Vescovi presenti. Saluta i sacerdoti, i religiosi e le religiose e le varie componenti della comunità ecclesiale. Il suo deferente pensiero va, inoltre, alle Autorità intervenute ed a quanti hanno reso possibile questa visita pastorale, che ormai volge al suo termine. Saluta cordialmente anche i pellegrini provenienti dai diversi Paesi: slovacchi, polacchi e tedeschi. Un saluto particolare rivolgo ai numerosi pellegrini slovacchi, venuti nella capitale ungherese per unirsi al Successore di Pietro, per implorare la benedizione di Dio e pregare assieme. Come il Danubio è un legame naturale tra i popoli dell’Europa Centrale e il Sud-Est del Continente, così sia la nostra fede un vincolo che ci unisce come fratelli e sorelle nella comprensione reciproca e nella promozione della pace e della riconciliazione.

Rivolgo un cordiale saluto ai fedeli polacchi che sono giunti qui, nella terra di Santo Stefano. Cari fratelli, ringraziate con i vostri fratelli ungheresi e con i fedeli delle altre popolazioni per il dono della libertà che vi è stata concessa.

Utilizzate questa nuova condizione della vita sociale per impegnarvi a favore di una società i cui fondamenti etici si basino sui valori cristiani, quelli che hanno caratterizzato da sempre il nostro Continente. Saluto cordialmente i pellegrini tedeschi. Carissimi, in questa nobile capitale, la cui storia e tradizione sono state spesso caratterizzate da un continuo scambio fra popoli e culture, avete desiderato associarvi al Successore di Pietro e ai vostri fratelli e sorelle ungheresi nella preghiera, affinché il Signore vi conforti nella fede e nella testimonianza cristiana della vita quotidiana.

Cari fratelli e sorelle, ascoltate le parole di Cristo! Cercate di riscoprire la verità delle vostre origini e di tutta la vostra storia in queste semplici e forti espressioni che la liturgia odierna riferisce al santo Re Stefano. Davvero, egli era e rimane nella memoria delle generazioni come quell’“uomo saggio” (cf. Mt 7, 24) che ascolta le parole della Sapienza divina e le mette in pratica. Questa sapienza del Re, del padre della Nazione, è la vostra grande eredità.

2. Santo Stefano era cosciente di trasmettere questa eredità alle future generazioni. Ogni anno nel giorno della sua festa rileggiamo il testamento che ha lasciato al proprio figlio. Le parole della liturgia contengono oggi un’impressionante somiglianza con tale testo: “Ascolta, figlio mio, e accogli le mie parole . . . Ti indico la via della sapienza; ti guido per i sentieri della rettitudine” (Pr 4, 10-11).

Così dice l’ispirato autore del Libro, ed in modo simile Santo Stefano parlava a suo figlio Emeryk.

Ma è a lui soltanto che egli si rivolgeva? Non ha forse scritto i suoi ammonimenti per tutte le future generazioni degli Ungheresi, per tutti gli eredi della sua corona?

Il vostro santo re, cari figli e figlie della Nazione ungherese, vi ha lasciato come eredità non soltanto la corona reale, ricevuta dal papa Silvestro II. Vi ha lasciato il testamento spirituale, un’eredità di valori fondamentali e indistruttibili: la vera casa costruita sulla roccia.

3. Quest’edificio fondato sulla roccia non è soltanto una dottrina o un insieme di leggi e di consigli o un’umana istituzione: è soprattutto una salda testimonianza di vita cristiana.

Santo Stefano è un cristiano che crede nella verità rivelata, fissa il suo cuore su Gesù, vero Dio e vero uomo, e ne segue la parola senza tentennamenti.

È, infatti, su Cristo che si edifica la Chiesa e l’esistenza di ogni cristiano: su Cristo, pietra angolare (cf. Ef 2, 20), lo stesso ieri, oggi e sempre (cf. Eb 13, 8), che è con noi fino alla fine dei tempi (cf. Mt 28, 20).

Si è stabili su questa roccia, quando si vive per mezzo di Cristo, in Cristo ed in vista di Cristo. Vivere per mezzo di Cristo, è contare sul dinamismo della sua grazia; vivere in Cristo, è cercare di avere gli stessi suoi sentimenti (cf. Fil 2, 5) obbedendo incondizionatamente al Padre ed amando generosamente il prossimo; vivere in vista di Cristo, è impegnarsi per edificare nel mondo il Regno di Dio.

4. Questa è la vostra vocazione, cari fratelli e sorelle, questo il vostro impegno, se volete che la casa della vostra Nazione perseveri salda fra le alterne vicende della storia.

Nessuno di voi ignora i numerosi attacchi che, in tempi diversi, questa casa ha dovuto subire da nemici esterni e quante difficoltà ha dovuto, altresì, affrontare a causa di tensioni e divisioni interne. Oggi l’Ungheria s’avvia verso una situazione nuova e non ci sono, al presente, minacce provenienti da nemici esterni. Ciò le offre un’opportunità unica per consolidare la casa edificata dagli avi. Per il successo di tale impresa, tuttavia, occorre che i suoi abitanti sappiano frenare le spinte eccessive verso la ricerca egoistica del benessere individuale, come pure la tentazione di una conflittualità che ponga sistematicamente in lotta tra loro cittadini, gruppi, classi sociali.

La solida roccia, su cui è possibile costruire stabilmente, è Cristo Signore, via, verità e vita. L’Ungheria è stata liberata dall’oppressione esterna; è venuta l’ora in cui deve liberarsi dalle catene interne delle varie forme di schiavitù spirituale. Il nome della pace è giustizia, solidarietà, amore.

La Nazione potrà sperare in un futuro migliore solo se i suoi cittadini sapranno assumersi le proprie responsabilità in uno sforzo congiunto, che abbia come obiettivo il bene comune.

Santo Stefano riconobbe che la vera via per sopravvivere e formare, dalle diverse tribù, un’unica Nazione era la conversione al Cristianesimo. Solo i valori cristiani, infatti, possono offrire una solida base per una cultura veramente umana. Al presente, l’Ungheria è diventata una società pluralistica, nella quale cittadini e gruppi aderiscono a differenti sistemi di valori. Ma la storia insegna che fondamentali valori cristiani sono stati integrati nell’umanesimo moderno: la dignità della persona, la solidarietà, la libertà, la pace. La Chiesa è presente fra voi per continuare a proclamare il Regno di Dio, mostrando in esso il fondamento della dignità umana e il trascendente orizzonte entro il quale prende pieno senso ogni umano valore.

5. Quanti tra voi hanno tenacemente conservato la fede durante il tempo della persecuzione! La loro testimonianza costituisce, oggi, un grande stimolo per ogni membro della Comunità non solo perché resti unito a Cristo, ma anche perché si faccia ardito e convinto missionario della nuova, necessaria evangelizzazione.

C’è bisogno, in questo nostro tempo, di un supplemento di ardore e di audacia; di un rinnovato proposito di docilità e di obbedienza verso la Chiesa, maestra di vita. Ma per non smarrire la via della fedeltà, occorrono la preghiera quotidiana e la santificazione della domenica, la frequenza ai Sacramenti e soprattutto la partecipazione alla Santa Messa, nella quale, insieme col pane eucaristico, viene spezzato anche quello della Sacra Scrittura.

L’appartenenza a comunità e gruppi impegnati nell’apostolato offre poi l’opportunità di un più serio approfondimento della fede e di un più dinamico zelo pastorale, che spinge a vivere in pienezza la propria vocazione, rendendo fruttuose le attività apostoliche senza mai cedere alla tentazione dell’abitudine.

Non dovete, tuttavia, mai dimenticare che questi organismi pastorali, all’interno dei quali trova espressione la vostra ansia di evangelizzazione, raggiungono piena efficacia soltanto se non si isolano dalla Comunità ecclesiale, di cui sono chiamati ad essere cellule vive sotto la guida dei Vescovi, posti da Dio a pascere la Chiesa di Dio (cf. At 20, 28).

E qual è allora il compito della Chiesa? È domanda che possono porsi tanto il credente quanto il non credente. Il compito della Chiesa, il compito di ogni cristiano è chiaramente indicato nel Vangelo: testimoniare che in Cristo, morto e risorto, il mondo è redento; proclamare il Regno di Dio; mettersi umilmente al servizio del bene dei singoli e della comunità, annunciando a tutti il vero senso della loro vita e condividendo in ogni modo possibile le difficoltà di quanti sono nel bisogno.

La Chiesa non si propone come un centro di potere al di sopra o a fianco della società, ma come un centro di servizio, a cui può fare appello chiunque senza alcuna preclusione.

6. La Provvidenza divina vi ha accordato un grande re e un vero padre della Nazione, non soltanto nel suo vigore di governante, ma anche nella sua identità spirituale. Padre-Educatore che parla attraverso i secoli e le generazioni, egli ripete anche alla generazione contemporanea quanto leggiamo nella lettera agli Efesini: “Vi dico, dunque, e vi scongiuro nel Signore: non comportatevi più come i pagani nella vanità della loro mente, accecati nei loro pensieri, estranei alla vita di Dio... Diventati così insensibili . . . voi non così avete imparato a conoscere Cristo” (Ef 4, 17-20).

Dal vostro re ed educatore voi avete imparato a conoscere Cristo; avete imparato a vivere secondo il Vangelo.

Non comportatevi più, allora, secondo l’“uomo vecchio”, schiavo delle proprie tendenze egoistiche, della ricerca del piacere, del possesso e del successo; ma secondo l’“uomo nuovo”, che si conforma a Cristo e si apre agli altri donandosi loro per amore di Dio.

È lo stile di Gesù, il quale “spogliò se stesso, essendo la condizione del servo . . . umiliò se stesso facendosi ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 7-8). È lo stile di vita che Santo Stefano vi ha lasciato come sua eredità.

Un amore concreto verso Dio e il prossimo, che non si accontenta di alcune opere di beneficenza, trasforma, deve trasformare in generoso servizio tutta l’esistenza. Un simile amore rinnova la famiglia, nella quale i genitori, come si donano l’uno all’altro, così insieme si donano ai figli, rendendo il nucleo familiare conforme al progetto divino (cf. Ef 5, 25-33); rinnova il lavoro, che viene considerato come attività e servizio al bene comune; rinnova la società, che è resa più umana e più conforme al disegno di Dio.

7. Ma qui vorrei sottolineare, in particolare, due caratteristiche di tale amore. Santo Stefano integrò l’Ungheria nella comunità delle Nazioni europee, accettando le comuni forme e tradizioni cristiane del continente ed accogliendo nel paese i forestieri e specialmente i pellegrini.

Fu così che l’originaria Ungheria divenne ben presto la Nazione a tutti nota per la sua ospitalità e cortesia. Voi vivete al centro dell’Europa, circondati da popoli e nazionalità diverse. La vostra casa potrà essere felice e sicura solo se vi impegnerete nella costruzione della “comune casa europea”, in un leale e generoso atteggiamento di apertura, di solidarietà e di cooperazione.

L’altra caratteristica di Santo Stefano, come pure di molti altri santi ungheresi, fu la straordinaria sollecitudine per i poveri. Oltre a quello del re, basti qui ricordare il nome di Santa Elisabetta, perché l’uno e l’altra si distinsero in questo nobilissimo servizio.

Anche ai giorni nostri la vostra Nazione, non diversamente da altre dell’Europa centrale ed orientale, conosce questo tipo di bisogno, mentre si sta misurando con le difficoltà derivanti dal cambiamento delle strutture dell’economia. In questo periodo di transizione è infatti cresciuto il numero dei poveri: sono sempre più numerosi i disoccupati e i senzatetto, molte persone sono costrette a vivere in condizioni di grave penuria, i pensionati vedono i loro introiti progressivamente ridotti dall’inflazione, le famiglie numerose stentano ad avere il necessario per vivere.

Mentre alcuni gruppi sociali, impegnandosi per un futuro migliore ed avviando imprese private, diventano sempre più ricchi, altri rischiano di cadere in una crescente miseria.

Carissimi fratelli e sorelle, sulle orme di Santo Stefano e di Santa Elisabetta, sappiate vedere Cristo in ogni povero e aiutarlo per quanto vi è possibile. Non dimenticate: i poveri sono il tesoro della Chiesa, sono la nascosta presenza di Cristo stesso in mezzo a voi! 

8. Quell’“uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera” (cf. Ef 4, 24) sorge oggi da tutto il millennio della vostra storia. Si presenta qui, su questa Piazza degli Eroi.

E non è affatto lontano, non appartiene al passato: è di oggi! L’“uomo nuovo”, che per disposizione divina è comparso alle origini della vostra storia e ha accompagnato, attraverso i secoli tutto ciò che in essi c’è stato di buono, nobile, grande ed eroico.

È di oggi. Perché la verità è sempre attuale, così come non perdono la loro attualità il bene, la giustizia e la santità.

Quest’uomo, l’uomo nuovo” . . . “se proprio gli avete dato ascolto ed in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù” (Ef 4, 21). Che quest’uomo, Stefano, il re ed educatore degli Ungheresi, sia presente ancora tra voi, per sostenervi nei compiti e nelle fatiche che dovete assumere sulla via del vostro futuro. Quest’uomo, il santo, dice a voi tutti, alla soglia del terzo millennio cristiano, ciò che già diceva a suo figlio: “Dovete . . . rivestire l’uomo nuovo”.

Dopo la Messa il Papa ha pronunciato la seguente preghiera per l’Unione Sovietica:

Nella solennità di Santo Stefano, Patrono di Ungheria, rivolgo un cordiale saluto a tutti gli Ungheresi, auspicando per loro ogni bene nel Signore.

Saluto anche tutti i popoli europei, mentre invoco la benedizione del Signore sul loro futuro affinché sia sempre conforme alle radici cristiane e ai valori che hanno fatto grande l’Europa.

Di fronte alle notizie che provengono dalla Unione Sovietica si fa più intensa la preghiera per chiedere a Dio che a quel grande Paese siano risparmiate nuove tragedie. Auspico nella preghiera che gli sforzi compiuti nei recenti anni per ridare voce e dignità ad una intera società non siano ora messi in pericolo.

Ricordo con gratitudine gli incontri avuti col Presidente Gorbaciov nelle due volte che ha voluto visitarmi. Di lui ho apprezzato in particolare la sincera volontà che lo guidava e l’alta ispirazione che lo animava nella promozione dei diritti dell’uomo e della sua dignità come pure nell’impegno per il bene del suo Paese e della comunità internazionale.

Il processo da lui iniziato non conosca adesso un declino.

Voi, cari fratelli Ungheresi, siate consapevoli della grande fortuna che rappresenta per il vostro avvenire la libertà che avete conquistato in modo irreversibile. Sappiate apprezzare e vivere la libertà!



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