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LITURGIA EUCARISTICA NELLA BASILICA ROMANA DI SANTA SABINA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Mercoledì delle Ceneri, 4 marzo 1992

 

1. “Laceratevi il cuore” (Gl 2, 13). Così grida il profeta: “laceratevi il cuore e non le vesti” (Ivi). Questo gesto è ben conosciuto nell’Antico Testamento: è un gesto simbolico. Con la lacerazione esterna delle vesti si intendeva esprimere il dolore interiore del cuore. Nella Liturgia odierna la Chiesa richiama l’esortazione del profeta Gioele. Perché bisogna “lacerare il cuore”? Occorre lacerarlo affinché non si indurisca nel peccato. Affinché il peccato non diventi abitudine, non domini sull’uomo, e non si impossessi della sua verità interiore, imponendosi come “legge” dell’esistenza umana: come legge del peccato.

2. Il Concilio Vaticano Secondo ricorda: “L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio all’interno del suo cuore; obbedire ad essa è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto, è il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria” (Gaudium et spes, 16). Lacerare il proprio cuore vuol dire: entrare in questo sacrario, nel quale l’uomo è con se stesso, è “solo a solo” con Dio. Cristo ci interpella con le parole del discorso della Montagna, che leggiamo in questa Liturgia delle Ceneri. Questo sacrario interiore costituisce il centro della nostra umanità. L’uomo è lì più pienamente se stesso, grazie alla verità interiore dei suoi pensieri, parole e opere. Bisogna, quindi, allontanare tutto ciò che offusca questa verità. Per ritornare a Dio occorre ascoltare la voce della verità, che risuona nell’intimità dell’uomo. La voce della verità che è voce di Dio.

3. “Indite un’assemblea, esorta il profeta, convocate un’adunanza solenne” (Gl 2, 16. 15). Il tempo di Quaresima è un tempo particolarmente propizio, in cui la Chiesa si rinnova come comunità. Proprio questo proposito di rientrare in se stesso e di ritrovare l’interiore sacrario della coscienza dà slancio al movimento verso l’assemblea santa. Già oggi partecipiamo ad essa, ricevendo le ceneri sul nostro capo: ciascuno e ciascuna di noi insieme con tutti gli altri. La Liturgia parla a ciascuno mediante le parole di Cristo, che abbiamo proclamato nel Vangelo. E, nello stesso tempo, parla a tutti: “ritornate” (Gl 2, 13) “lasciatevi riconciliare con Dio” (2 Cor 5, 20) “non accogliete invano la grazia di Dio” (2 Cor 6, 1).

4. La parola “grazia” vuol dire “dono”. La grazia è comunicazione di Dio. Per esprimere la grazia della Quaresima, la Chiesa si serve delle parole dell’Apostolo: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio” (2 Cor 5, 21). Che cosa vogliono dirci queste parole? Ci dicono che il dono viene da lontano, vogliono comunicarci che Dio abita nel sacrario delle nostre coscienze. Se vogliamo scoprire la nostra verità interiore, dobbiamo guardare a Lui. Colui che non ha conosciuto peccato, rivela all’uomo la verità sull’uomo, assumendone il peccato. Mediante la Croce sul Golgota, mediante la morte che ha accettato per i peccati del mondo, egli rivela l’Amore che è più grande del peccato e della morte.

5. La comunità ecclesiale comincia oggi, ancora una volta, un cammino che conduce verso il mistero della Pasqua di Cristo. È necessario che il nostro cuore sia sempre più sensibile a questo mistero di redenzione.

“Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo” (Sal 51, 12).

Amen!

 

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