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VIAGGIO PASTORALE IN LITUANIA, LETTONIA ED ESTONIA

CELEBRAZIONE PRESSO IL «MONTE DELLE CROCI»

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Šiauliai (Lituania) - Martedì, 7 settembre 1993

 

1. Il mistero dell’Esaltazione della Croce: mistero centrale nella storia della salvezza!

In questa località, dove siamo giunti pellegrinando attraverso la terra lituana, siamo invitati a riflettere sul mistero della Croce. È il luogo stesso che ci invita a fare ciò: si chiama il Monte delle Croci.

Nell’odierna liturgia le letture che abbiamo ascoltato ci parlano degli Apostoli Giovanni e Paolo. Entrambi ci introducono nel mistero della Croce, così come l’ha rivelato Cristo stesso: “Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo” (Gv 3, 14).

Sì: il Figlio dell’uomo è stato innalzato sulla Croce del Golgota – e questo è stato un segno d’infamia. L’hanno infamato gli uomini, condannandolo alla morte di croce. Come uomo, Egli “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 8). È stato obbediente agli uomini: a quanti hanno emesso la sua condanna e a coloro che l’hanno eseguita.

2. Carissimi fratelli e sorelle, sono lieto di trovarmi oggi fra voi. Saluto con stima ed affetto il Cardinale Vincentas Sladkevicius, Pastore di questa diocesi, e con lui gli altri Presuli presenti. Rivolgo il mio cordiale pensiero ai Sacerdoti, ai Religiosi e alle Religiose, ai giovani, alle famiglie ed a tutte le persone che si dedicano con generosità all’apostolato.

Ricordo con particolare simpatia i rappresentanti delle Associazioni di invalidi, i ragazzi portatori di handicap, e vorrei dire a loro ed a quanti sono associati alla Croce di Cristo in modo più misterioso e visibile, di fare della sofferenza un’offerta a Dio per la Chiesa, per questa amata Nazione e per il mondo.

Con deferenza saluto le Autorità intervenute al nostro incontro liturgico e coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa mia visita pastorale.

Veniamo qui – sul Monte delle Croci – per ricordare tutti i figli e le figlie della vostra terra, anch’essi sottoposti a condanne anch’essi mandati in prigione, nei campi di concentramento, deportati in Siberia oppure a Koluma e condannati a morte.

Tra questi vorrei ricordare in maniera particolare, tre Presuli: Mons. Vincentas Borisevicius, Vescovo di Telsia, ucciso nel 1946 dopo lunghi interrogatori e dure torture; Mons. Teofilius Matulionis, Arcivescovo di Kaisiadorys, la cui esistenza fu un faticoso calvario di restrizioni e di sofferenze sino alla morte sopraggiunta nel 1962; Mons. Mecislovas Reinys, Arcivescovo di Vilnius, arrestato nel 1947 e morto in carcere a Vladimir nel 1953.

Si condannavano degli innocenti. Nella vostra Patria allora infuriava un terribile sistema improntato a violenza totalitaria. Un sistema che calpestava ed umiliava l’uomo.

I superstiti, coloro che furono risparmiati da tali orrori di violenza e di morte, sapevano che davanti ai loro occhi, tra i loro stessi compatrioti e nelle loro famiglie, si stava rinnovando e completando ciò che già si era compiuto sul Golgota, dove il Figlio di Dio “assumendo la condizione di servo”, in quanto uomo “umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte” (Fil 2, 7-8).

3. Così, il dramma della Croce è stato vissuto da molti vostri compatrioti. Per essi Cristo crocifisso ha rappresentato una inestimabile sorgente di fortezza d’animo nel momento della deportazione e della condanna a morte.

La croce è stata per tutta la Nazione e per la Chiesa una provvidenziale fonte di benedizione, un segno di riconciliazione fra gli uomini. Essa ha dato senso e valore alle sofferenze, alla malattia, al dolore. Ed oggi, come in passato, la Croce continua a seguire la vita dell’uomo.

Ma la Croce è, al tempo stesso, anche una “esaltazione”. Annunciando la sua morte sul Golgota, la morte cioè di Croce, Cristo ha detto: “Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo” (Gv 3, 14).

Sì, certo, è stato innalzato. Questa elevazione sulla Croce ha aperto davanti a lui un singolare orizzonte. L’orizzonte del sacrificio della Croce abbracciava non solo Gerusalemme, ma il mondo intero: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12, 32).

E ciò che per gli uomini costituisce un annientamento mortale, nell’orizzonte del sacrificio di Cristo diventa rivelazione della potenza divina: della potenza della Redenzione, della sua forza salvifica. “Bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 3, 14-15).

4. Cristo stesso ci assicura che nella sua Croce, sul Golgota, si apre l’orizzonte della vita eterna per il mondo, per l’uomo che vivendo su questa terra è sottoposto alla legge ineludibile del morire.

Ce l’assicura Gesù quando afferma: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna” (Gv 3, 16).

I figli e le figlie della vostra terra portavano su questo Monte croci che erano simili a quella del Golgota su cui morì il Redentore. Proclamavano in tal modo la certezza della loro fede che cioè quanti tra i loro fratelli e sorelle erano morti – o piuttosto: erano stati uccisi in modi diversi – “avevano la vita eterna”.

L’amore sopravanza l’odio micidiale – che si è propagato con violenza anche nel nostro continente europeo. È l’amore con cui Dio ha amato il mondo, in Cristo crocefisso e risorto.

Di questo Amore la Croce è segno.

La Croce è segno della Vita eterna in Dio.

5. “Popolo mio, porgi l’orecchio al mio insegnamento, ascolta le parole della mia bocca” (Sal 78, 1).

Ascoltando il richiamo del Salmista, eccomi pellegrino sul Monte delle Croci.

Ho atteso a lungo questo giorno.

Ho aspettato questo giorno, cari fratelli e sorelle. Ed ora ringrazio Dio per essere qui con voi a meditare sul mistero della Croce di Cristo e sul tesoro di verità e di luce che essa racchiude.

L’insegnamento della Croce è “potenza di Dio e sapienza di Dio” (1 Cor 1, 24). Costituisce l’apice della Buona Novella; conduce alla pienezza della verità su Dio e sull’uomo.

Bisognava che il Figlio dell’uomo fosse innalzato.

E Dio l’ha innalzato dandogli il nome che è al di sopra di ogni nome.

Gesù Cristo è il Signore a gloria di Dio Padre.

Il mondo è stato salvato da Lui.

In lui è stato innalzato l’uomo, anche il più umiliato e calpestato.

In Lui sono innalzati i figli e le figlie della Lituania martire, la cui memoria è viva e oggetto di venerazione su questo Monte delle Croci.

Sia benedetta la Croce di Cristo.

Ave Crux!

Al termine della celebrazione della Messa il Papa rivolge a Dio e ai fedeli presenti il suo ringraziamento in italiano e in polacco.

Ringraziamo Dio Onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, per questa preghiera, per questa Eucaristia celebrata qui accanto al Monte delle Croci.

Ringraziamo voi, lituani, per questo Monte delle Croci, per questa grande testimonianza data a Dio e all’uomo, testimonianza data attraverso il mistero di Cristo crocifisso e risorto, testimonianza data alla vostra storia e a tutti i popoli dell’Europa e della terra.

Da questa Croce, da questo Monte delle Croci, voglio salutare tutte le generazioni del vostro popolo, le passate e le presenti e anche le future; tutti gli abitanti della terra lituana, lituani, cittadini di origini e di nazionalità polacca, bielorussa, russa e altre, e voglio salutare anche tutti i popoli della nostra Europa cristiana.

Che questo Monte rimanga una testimonianza alla fine del secondo millennio dopo Cristo e come annuncio del nuovo millennio, il terzo millennio, della redenzione e della salvezza che non si trova altrove solamente nella Croce e nella Risurrezione del nostro Redentore.

Voglio dire a tutti: l’uomo è debole quando è vittima e forse è ancora più debole quando è oppressore. L’uomo è debole, ma questo uomo debole può essere forte nella Croce di Cristo, nella sua morte e nella sua Risurrezione. Questo è il messaggio che lascio a tutti da questo luogo mistico della storia lituana. Lo lascio a tutti. Vi auguro che sia sempre contemplato e vissuto.

Voglio ancora ringraziare perché avete portato qui anche la croce del Papa, specialmente dopo l’attentato del 1981. Per questo ringrazio tutti i miei fratelli lituani e anche i miei fratelli polacchi che vivono in Lituania. Tutti. Dio vi ricompensi tutti. Questa croce rimanga qui e con essa rimanga anche la vostra preghiera per il Papa che oggi ha avuto la grande gioia di visitare il vostro santuario.

 



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