Index   Back Top Print

[ IT ]

VIAGGIO APOSTOLICO NELLA REPUBBLICA CECA E IN POLONIA

SANTA MESSA PER I GIOVANI DAVANTI
AL SANTUARIO MARIANO DI SVATÝ KOPEČÉK

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Olomouc (Repubblica Ceca)
Domenica, 21 maggio 1995

 

Cari giovani amici, ragazzi e ragazze!

1. Ricambio di cuore la vostra calorosa accoglienza: vítám vás! Siete passati cantando davanti a me e vi siete presentati, diocesi per diocesi: giovani e ragazze di Brno, di Ceské Budejovice, di Plzen, di Litomerice, di Hradec Králové, di Praga, di Olomouc! Voi di Olomouc vi siete messi ultimi per dovere di ospitalità: bravi!

Tutti vi saluto e abbraccio con grande affetto. E saluto anche i giovani, provenienti da altri Paesi: dalla Polonia, dalla Slovacchia, dall’Austria, dalla Germania, e quanti sono qui presenti. Saluto il vostro Arcivescovo, i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose che vi accompagnano.

Nel giorno festoso della canonizzazione di san Jan Sarkander e di santa Zdislava, ci incontriamo su questa stupenda “Sacra Collina” (“Svaty Kopecek”), presso il Santuario mariano, per metterci in ascolto della Madre Santissima. Ho visto che avete rappresentato la scena del “giovane ricco” e la sua domanda a Gesù: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?” (Mc 10, 17). Questo episodio evangelico mi è molto caro, ed è stato il punto di partenza di molte mie riflessioni, specialmente rivolte ai giovani.

Oggi, qui a Svaty Kopecek, è Maria a suggerire la risposta a quella domanda: “Fate quello che Egli vi dirà” (Gv 2, 5). Sono le parole pronunciate alle Nozze di Cana. Poche semplici parole che costituiscono un programma di vita cristiana, un programma di vita per ogni uomo. Maria le pronunciò allo scopo di preparare le condizioni per l’intervento miracoloso del Figlio. Possano queste parole ispirare il nostro incontro di oggi, come ispirarono e guidarono tutta la vita di san Jan Sarkander e di santa Zdislava.

2. “Fate quello che Egli vi dirà!”. E che cosa ci dice Cristo? Ci ripete tutto ciò che è stato scritto nei Vangeli. Ci parla non soltanto con le sue parole, ma ancor più con le sue opere: “Passò facendo del bene” (cf. At 10, 38), come testimonia l’apostolo Pietro. Ci parla in modo particolare col suo mistero pasquale: con l’offrire se stesso alla morte per i peccati del mondo, mosso dall’amore per il Padre e per noi, suoi fratelli e sorelle; ci parla con la sua risurrezione gloriosa nella quale, vincendo la morte, ha aperto davanti a noi la prospettiva della risurrezione futura.

È impossibile racchiudere in una breve meditazione il contenuto dei quattro Vangeli, secondo Matteo, Marco, Luca e Giovanni. Certamente voi li conoscete bene. Da parte mia vi esorto con forza a ritornare incessantemente alla lettura dei Vangeli! Ora vorrei soffermarmi sulle parole che stanno indubbiamente nel cuore stesso del Vangelo, e che Gesù pronunziò un giorno rispondendo agli Apostoli, quando Gli domandarono di insegnare loro a pregare. Egli rispose: “Quando pregate, dite: Padre...” (Lc 11, 2). E insegnò loro la sua preghiera, la Preghiera “del Signore”.

Recitiamola insieme!

3. “Padre”. È la parola che nel Vangelo ricorre più frequentemente sulle labbra di Cristo. Egli parla sempre del Padre e costantemente si rivolge al Padre, ed insegna a noi a fare altrettanto. Si può dire che in questa parola e in questo riferimento al Padre si riassume tutto il contenuto del Vangelo. L’uomo che, animato dallo Spirito di Cristo, invoca Dio chiamandolo “Padre” (cf. Gal 4, 6), è l’uomo nuovo, il figlio rinato dall’amore misericordioso di Dio. È il “giovane di spirito”. Ecco perché nel 1991, a Czestochowa, i giovani cantavano continuamente “Abbà, Ojcze”, “Abbà, Padre”, e quel canto riecheggia ancora nel loro, nel vostro peregrinare attraverso le Giornate Mondiali della Gioventù.

4. “Sia santificato il tuo nome”. Questo è il primo desiderio che sgorga dal cuore orante di Cristo: che tutti amino Dio e rendano gloria al suo nome. Questo è anche il desiderio della Chiesa, come si legge in una bella preghiera eucaristica del II secolo: “Ti ringraziamo, o Padre santo, per il tuo santo nome, che hai fatto abitare nei nostri cuori [...] Tu, Signore onnipotente, hai creato tutte le cose a gloria del tuo nome” (Didachè, 10, 2-3). E voi, cari ragazzi e ragazze, sapete mettere Dio al primo posto, facendogli spazio nei vostri cuori? Sapete riconoscerne l’onnipotenza nelle bellezze del creato, amandolo “con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze” (cf. Dt 6, 5)?

5. “Venga il tuo regno”. Gesù annunziava il Vangelo del regno di Dio. Interrogato da Pilato se fosse re, rispose: “Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù” (Gv 18, 36). E quando Pilato disse: “Dunque tu sei re?”, Gesù rispose: “Io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce” (Gv 18, 37).

Il regno di Dio non si afferma con i mezzi e le forze dei regni terreni. “La verità – come insegna il Concilio Vaticano II – non si impone che in forza della stessa verità, la quale penetra nelle menti soavemente e insieme con vigore” (Decreto Dignitatis Humanae, 1). In questa terra, dove in passato i cristiani si sono combattuti con violenza per motivi religiosi, voglio ribadire quanto ho scritto nella Lettera Tertio Millennio Adveniente: “La considerazione delle circostanze attenuanti non esonera la Chiesa dal dovere di rammaricarsi profondamente per le debolezze di tanti suoi figli, che ne hanno deturpato il volto, impedendole di riflettere pienamente l’immagine del suo Signore crocifisso, testimone insuperabile di amore paziente e di umile mitezza” (n. 35). Carissimi giovani, testimoniate la verità con la forza della verità, e sarete costruttori del Regno di Dio!

6. “Sia fatta la tua volontà”. Nel Getsemani, Gesù pregò che il Padre allontanasse da Lui il calice amaro della passione, ma subito aggiunse: “Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22, 42). In questa preghiera è contenuta la profondissima convinzione che Dio vuole sempre il bene. Perfino quando permette il male nella vita dell’uomo, o nella storia dell’umanità, lo fa con la prospettiva di un bene maggiore per l’uomo stesso. Per questo l’apostolo Paolo ha potuto scrivere che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8, 28).

Da una tale fede era guidata nella sua vita coniugale e familiare santa Zdislava. Questa speranza sostenne san Jan Sarkander nella sua missione sacerdotale, specialmente quando venne per lui l’ora del Getsemani ed egli dovette avviarsi verso il calvario del martirio: fu quello un momento di durissima prova, in cui la fede in Cristo e la preghiera del Signore lo aiutarono a non perdersi d’animo e a conservare la certezza che il bene è più forte del male.

7. “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Gesù ci insegna a pregare per avere il pane quotidiano, poiché ogni cosa necessaria alla vita temporale è prima di tutto un dono di Dio. Al tempo stesso, però, il provvedere al “pane” è anche un compito per l’uomo, un compito affidato alla sua laboriosità e capacità di prevedere, alla sua intelligenza e buona volontà. Negli anni della giovinezza, l’uomo è chiamato a prepararsi a questo con lo studio e la formazione professionale. Egli infatti dovrà poi collaborare con la Divina Provvidenza ad assicurare quanto è necessario alla vita della propria famiglia, contribuendo così al bene della società ed al suo sano progresso, anche economico. La Chiesa ha sempre insegnato ed insegna che Dio è Provvidenza nei riguardi di tutto il mondo, ma vuole che anche l’uomo, usando della propria intelligenza, sia “provvidenza” a se stesso.

8. “E rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Questa domanda della Preghiera del Signore ha una molteplice applicazione: a partire da quella che essa trovò nella testimonianza di san Jan Sarkander. La sua morte fu profondamente pervasa dalla preghiera per ottenere il perdono di Dio ai suoi torturatori ed uccisori.

Il suo martirio acquista in tal modo una straordinaria eloquenza ecumenica: esso parla a tutti i cristiani separati a causa di tristi vicende storiche. Parla, da un lato, della responsabilità che essi hanno per il peccato della divisione, e della conseguente disgregazione di tanta parte della Chiesa; dall’altro, esso ricorda quanto sia importante la preghiera per la remissione delle colpe. Siamo infatti reciprocamente debitori gli uni nei riguardi degli altri.

Queste parole possiedono anche un enorme significato nella vita delle nazioni e delle società. Sono ricorso ad esse l’anno passato, a proposito del conflitto che purtroppo perdura nei Balcani, nel territorio della ex Iugoslavia. So infatti per esperienza quale grande valore abbia avuto questa supplica per la riconciliazione tra la nazione polacca e quella tedesca: “Perdoniamo e chiediamo perdono!”.

9. L’ultima domanda del “Padre nostro” è la più concisa, ma in qualche modo la più toccante: “Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male”. Scaturisce dal profondo del cuore di Cristo e riecheggia nel cuore di tutta la Chiesa. Cristo infatti venne nel mondo come Salvatore. Tutta la sua missione messianica è stata una missione salvifica: curare le debolezze umane, guarire gli infermi, risuscitare i morti, liberare l’uomo dai molteplici mali e, in particolare, dal male del peccato e della morte eterna.

In questa domanda finale si esprime al tempo stesso la fede profonda che Dio è il bene e la fonte del bene, che Egli è Padre. E in tal modo la conclusione della Preghiera del Signore si ricollega alla sua prima invocazione: “Padre nostro...”.

10. “Amen”, infine, significa: così avvenga. È quasi un raccogliere e riassumere tutta la preghiera in un unico “sì”. Anche noi, oggi, in questa grande assemblea di giovani convocata presso il Santuario di Svaty Kopecek, vogliamo presentare a Dio il nostro “sì”, il nostro “amen”, in comunione con Cristo, con la Madre sua e con tutti i santi di questa terra.

Lo presenta insieme con noi la gioventù del mondo intero, come testimoniano gli innumerevoli incontri di questi anni, confluiti in un itinerario ormai ricco di tappe: le Giornate Mondiali della Gioventù e gli Incontri mondiali dei giovani col Papa, di cui l’ultimo si è svolto a Manila e il prossimo avverrà a Parigi nel 1997. In preparazione ravvicinata è, poi, il pellegrinaggio della gioventù europea al Santuario della Madonna di Loreto, previsto per il prossimo settembre. Oggi, inscriviamo nel grande pellegrinaggio dei giovani anche questo incontro di Olomouc.

Carissimi giovani della Repubblica Ceca, seguite Cristo! Portate la sua santa Croce, che ha redento il mondo: essa non è segno di sconfitta, ma di vittoria: è la vittoria dell’autentico amore, vittoria di Dio e dell’uomo in Cristo. Portatela con fierezza e coraggio, e troverete la pienezza della vita, la vita eterna, che colma di gioia il vostro cuore. Seguite Cristo, ascoltatelo e, con la guida di Maria, “fate quello che Egli vi dirà” (Gv 2, 5).

 



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana