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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II 
AL CARDINALE HÖFFNER
PER IL VII CONGRESSO INTERNAZIONALE DI MUSICA SACRA 

 

Al Venerabile Fratello Nostro
JOSEPH di S.R.C. Cardinale HÖFFNER
Arcivescovo di Colonia

Mentre procede felicemente l’anno giubilare della veneranda Chiesa Cattedrale di Colonia, quella Arcidiocesi ospiterà i partecipanti al settimo Congresso Internazionale dl musica sacra; il quale avvenimento, senza dubbio, farà progredire e arricchirà il tesoro della musica della Chiesa. Infatti, l’opera svolta negli anni passati dai moderatori dell’Associazione Internazionale di Musica Sacra, sarà davvero vigorosamente confermata nel medesimo congresso. Vogliamo perciò che questo nostro Nunzio sia una testimonianza della gratitudine per il lavoro già compiuto in questo campo e insieme uno stimolo a proseguirla in futuro.

Il Concilio Vaticano II nella sua Costituzione “Sacrosanctum Concilium” esalta con forza la funzione “ministeriale” attribuita alla musica sacra.(Sacrosanctum Concilium,112) Le parole, infatti, che nella celebrazione liturgica hanno tanta importanza, con il canto sono maggiormente sublimate e così ricevono un tono particolare di solennità, bellezza, dignità, che permettono alla folla presente di sentirsi in qualche maniera più vicina alla santità dello stesso mistero operante nella Liturgia.

Proprio per questo motivo il Concilio ritenne molto opportuno far sapere a tutti che un enorme e ricco tesoro di tradizione musicale si trova presso le diverse famiglie liturgiche, sia orientali che occidentali; tesoro che, acquisito nel corso dei secoli, è ancora adoperato come specchio dell’arte e della cultura dei vari popoli. Allo stesso tempo, inoltre, il Concilio mostra a tutti quanto sia necessario spendere forze e fatica perché questa ricchezza della Chiesa sia conservata: al quale incarico sono destinati particolarmente coloro che curano queste cose e i cultori della musica sacra. (Ivi, 114)

Ma una menzione speciale la rivendica il “canto gregoriano”, che per la sua importanza ed efficacia è riconosciuto ormai, sia per l’uso quotidiano da parte della Chiesa, sia per il suo magistero, come il canto della Liturgia Romana, legato con vincoli propri e stretti con la lingua latina.(Ivi, 116-117) Anche il canto polifonico tuttavia viene riconosciuto come notevole mezzo dell’espressione liturgica.

Lo stesso fervore di attività, il quale fa sì che vengano indetti e realizzati congressi di musica sacra, può giovare moltissimo a scoprire i beni interiori della suddetta tradizione musicale e a definire le sue singole funzioni, perché sia degnamente e rispettosamente mantenuta nella liturgia della Chiesa.

Ma il Concilio non soltanto raccomanda i valori della tradizione secolare musicale ancora in vigore.

Consapevole infatti della necessità, che ha sempre riguardato la Chiesa, di trovare una giusta, per così dire, incarnazione nella cultura e nell’arte dei popoli che vengono alla fede di Cristo, esorta a che specialmente per essi “sia conservato e sostenuto con somma cura il tesoro della musica-sacra” (Ivi, 114).

In ciò i partecipanti al congresso hanno un campo estesissimo di ricerche e di studi. In realtà importa moltissimo al presente che il patrimonio musicale della Chiesa sia spiegato e moltiplicato, non solo tra le nuove giovani Chiese, ma anche tra quelle che per diversi secoli avevano conosciuto il canto gregoriano e quello polifonico prodotto in lingua latina, ma che ora, dopo l’introduzione nella pratica delle lingue vernacole, sembrano richiedere altre forme idonee di musica nella stessa liturgia.

Ma ogni volta che vengono esaminate queste nuove forme, si tenga conto, con giusta valutazione, degli elementi propri degli usi tramandati e dell’indole stessa dei diversi popoli. Perciò il consiglio ha detto: “quando in certe regioni, specialmente di missioni, si trovassero popolazioni che hanno una tradizione musicale propria, che sia di grande importanza nella loro vita religiosa e sociale, si dia a questa musica la debita valutazione e il posto conveniente, sia nel formare il loro senso religioso che nell’adattare il culto alla loro indole”(Ivi, 119). Ogni cultura degli uomini infatti ha potuto trovare nobilissime espressioni dell’anima mediante le melodie della musica; bisogna, perciò, cercare di prestabilire, sia nel campo delle discipline, sia nel campo dell’azione pastorale, principi fermi, che rispondano inoltre ai valori veri presso le molteplici tradizioni musicali.

Ma uno studio di questo genere, perché sia fatto con metodo scientifico, è bene che abbracci un’indagine comparativa sia delle forme recenti di espressione, sia di quelle antiche; poiché la nuova musica sacra, quella, cioè, che deve servire alla celebrazione liturgica delle varie Chiese, può e deve attingere dalle forme precedenti e soprattutto dal canto gregoriano una più profonda ispirazione e specificità delle cose sacre e il senso genuino della religione. Molto a ragione si è detto che il canto gregoriano sta di fronte agli altri canti come una statua di fronte a una pittura.

Mentre, perciò, desideriamo che gli studi del settimo Congresso Internazionale di Musica Sacra - il cui lavoro è rivolto tutto all’Africa Centrale e Orientale - diventino per le diverse comunità ecclesiali, non solo di antica tradizione cristiana, ma anche in quello nelle quali è stato da poco predicato il Vangelo, fonti di incitamento e stimolo per una feconda e qualificata attività musicale, molto volentieri impartiamo a te, venerabile fratello nostro, e ai responsabili e partecipanti al congresso, una speciale Benedizione Apostolica, in segno del nostro immutabile affetto e pegno di doni celesti.

Dai Palazzi Vaticani, il 25 maggio, solennità di Pentecoste, anno 1980, secondo del nostro pontificato.

GIOVANNI PAOLO II

 

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