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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
ALLE CARMELITANE SCALZE
NEL IV CENTENARIO DELLA MORTE
DI SANTA TERESA DI GESÙ

 

Alle carissime sorelle,
Monache Scalze dell’Ordine della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo
in occasione del IV Centenario della morte di santa Teresa di Gesù.

1. Con vivissima gioia e con particolare effusione di affetto mi rivolgo a voi, Carmelitane Scalze, nella circostanza del IV Centenario del beato transito di santa Teresa di Gesù, vostra Fondatrice e Dottore della Chiesa, avvenuto ad Alba de Tormes il 15 ottobre dell’anno 1582, alla cui solenne celebrazione voi, sue figlie, e i Padri Carmelitani Scalzi avete voluto prepararvi, dedicando un intero anno al ricordo ed al culto della venerata Madre.

Fin dall’inizio di questo “anno teresiano” ho voluto incoraggiare gli intendimenti ed i propositi dei figli e delle figlie della grande Santa; e a tal fine ho indirizzato al reverendissimo Padre Felipe Sainz de Baranda, Preposito Generale, e, per suo tramite, a tutto l’Ordine, l’epistola Virtutis Exemplum et Magistra in data 14 ottobre 1981 (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, IV, 2 [1981] 419ss).

Oggi è a voi, figlie di santa Teresa, che voglio rivolgermi direttamente perché voi siete il primo frutto della sua sollecitudine materna e della sua opera di Riformatrice, e quindi siete sommamente interessate a cogliere in abbondanza i frutti spirituali di questo Centenario. Inoltre, con questa mia Lettera, intendo corrispondere alle numerose testimonianze di ubbidienza e di fedeltà al vostro carisma contemplativo, come pure alle generose offerte di preghiere e di sacrifici per il mio ministero di Pastore universale, che continuano a giungermi, specialmente in quest’anno giubilare, da parte dei Carmeli sparsi per il mondo.

2. In questa occasione, dunque, per voi tanto significativa, desidero esprimervi la mia sentita gratitudine ed insieme rivolgervi una parola di vivo incoraggiamento.

Sì, desidero anzitutto ringraziarvi, perché mi è noto quanto voi fate per la gloria di Dio, per la Chiesa e per il mondo, mediante la vostra vita di preghiera e di sacrificio. A questo proposito, mi piace ricordare le parole della vostra santa Madre, la quale, riferendosi alle anime da salvare, così si rivolgeva alle sue figlie: “È per questa opera che egli – il Signore – vi ha radunate qui; è questa la vostra vocazione, queste le vostre incombenze, questo dev’essere l’oggetto dei vostri desideri, il motivo delle vostre lacrime, il fine delle vostre preghiere” (S. Teresa di Gesù, Camm., I,5). E con espressioni quanto mai attuali, aggiungeva: “il mondo è in fuoco! Si vorrebbe, per così dire, condannare di nuovo Gesù Cristo, poiché lo si carica di tante calunnie! Si vorrebbe farla finita con la sua Chiesa” (Ivi.). Quindi, per lei lo scopo della Riforma e delle Fondazioni fu anzitutto quello di procurare la gloria di Dio ed il “bene della sua Chiesa” (Ivi., III,6).

Quanto le figlie di santa Teresa, in quattro secoli di storia, hanno fatto per questo “bene”, è noto solo al Signore. Tuttavia, scorrendo le cronache dei vostri Monasteri, riguardando i luminosi esempi di santità offerti in passato – per tutti sia indicativo quello di santa Teresa di Gesù Bambino, celeste Patrona delle Missioni – nonché i presenti attestati di evangelica perfezione offerti dalle vostre Famiglie religiose, è consentito intravedere qualche cosa di tale misteriosa fecondità nella Chiesa e per la Chiesa.

Non posso quindi fare a meno di esprimervi, a nome di Cristo e della Chiesa, la mia gratitudine per quanto voi, figlie di tanta Madre, avete compiuto e continuate a compiere per la salvezza delle anime e per l’estensione del Regno di Dio.

3. Insieme con queste espressioni di doverosa riconoscenza voglio indirizzarvi un fervido incoraggiamento a proseguire sempre più consapevolmente e fruttuosamente sulla via tracciata dalla Santa, per dare alla Chiesa e al mondo ciò che attendono da voi.

Il Concilio Vaticano II ha ribadito la legittimità, nella Chiesa, di Istituti i quali – come il vostro – sono “interamente dediti alla contemplazione, tanto che i loro membri si occupano solo di Dio nella solitudine e nel silenzio, in continua preghiera ed intensa penitenza...”; ne ha riaffermato l’utilità per la stessa Chiesa, alla quale “danno incremento con una misteriosa fecondità apostolica”, così da costituire per essa “una gloria ed una sorgente di grazie celesti”. E in pari tempo ha indicato le condizioni fondamentali di questa fecondità, raccomandando che il lavoro di aggiornamento di tali Istituti sia fatto “nel rispetto della loro separazione dal mondo e degli esercizi propri della vita contemplativa” (cf. Perfectae Caritatis, 7).

4. Ora, vi è facile ritrovare in questi orientamenti conciliari l’insegnamento e le direttive della vostra santa Madre. Non è forse per realizzare una vita “integralmente ordinata alla contemplazione”, che ella intraprese la sua Riforma?

Aveva, infatti, accolto pienamente l’appello imperativo del Signore: “Ormai non voglio più che tu conversi con gli uomini, ma con gli angeli” (S. Teresa di Gesù, Vita, XXIV,5), ed aveva meditato a lungo sull’esempio di Gesù il quale “ci insegna a pregare nella solitudine” (S. Teresa di Gesù, Camm., XXIV,4), per cui la Santa raccomandava alle sue figlie: “Dobbiamo separarci da tutto per avvicinarci interiormente a Dio” (Ivi., XXIX,5).

Meglio di ogni altro, la vostra Fondatrice sapeva che tale solitudine è soltanto un mezzo, ed al riguardo si esprimeva così: “Sarebbe proprio una disgrazia se noi potessimo fare orazione soltanto nei cantucci della solitudine” (S. Teresa di Gesù, Fond., V,16). Ma, in pari tempo, conosceva per esperienza l’importanza di questo mezzo e le era ben noto che il deserto è il luogo per eccellenza dell’incontro col Signore, come dice la Sacra Scrittura: “Perciò la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore” (Os 2,16). Da qui deriva la sua insistenza continua sull’osservanza della clausura, mezzo concreto per attuare questa solitudine contemplativa; osservanza per la quale anch’io, rivolgendomi ai partecipanti alla Sessione Plenaria della Sacra Congregazione per i Religiosi e per gli Istituti Secolari, nel mese di marzo 1980, ho vivamente raccomandato “un giusto rigore” (AAS 72 [1980] 211).

Ed insieme con la clausura e con i segni esterni che la concretizzano la santa Madre raccomandava con vigore tutti gli altri mezzi, che assicurano la separazione dal mondo, tra i quali eccelle il silenzio che “facilita altamente l’orazione, fondamento del Monastero” (cf. S. Teresa di Gesù, Camm., IV,9).

5. Per quanto riguarda, poi, “l’intensa penitenza”, indicata dal Concilio quale caratteristica – insieme con la preghiera – della vita integralmente contemplativa, più ancora delle sue esortazioni, sono la vita e le Costituzioni di santa Teresa che ve ne dicono l’importanza, anzi la necessità assoluta. Perciò non sarebbe certamente conforme al Concilio né al carisma della vostra santa Madre, un aggiornamento che portasse ad una minore penitenza, ossia ad un sacrificio di voi stesse meno generoso, meno lieto, meno totale.

Infatti, la fedeltà alla pratica della penitenza favorisce anche l’esercizio della carità fraterna, il distacco da tutto e l’umiltà autentica, che rimangono i tre cardini del cammino di perfezione (cf. Ivi., IV,4), ed in pari tempo rientra in quella nota caratteristica ed essenziale dell’esperienza carmelitana, che san Giovanni della Croce, intrepido cooperatore di santa Teresa nella riforma del vostro Ordine, ha magistralmente espresso nell’assoluto del “todo-nada”.

Non dubito che le Carmelitane di oggi, non meno di quelle di ieri, tendano gioiosamente al traguardo di questo assoluto, per rispondere adeguatamente alle istanze profonde che scaturiscono da un amore totale per Cristo e da una dedizione senza riserve alla missione della Chiesa.

6. In questo cammino vi sia di aiuto e di guida la Vergine santissima, modello incomparabile per tutte le anime di vita contemplativa e particolarmente per voi, figlie di un Ordine, il quale, fin dalle origini, si configurò “tutto di Maria”, secondo il detto dei vostri Padri nel Medio Evo: “Totus marianus est Carmelus”.

Nel suo intento di riportare l’Ordine al fervore primitivo, la vostra santa Madre volle adoperarsi soltanto “per il servizio del Signore e per l’onore dell’abito della sua gloriosa Genitrice” (S. Teresa di Gesù, Vita, XXXIV,6) e, nel fondare il Convento di san Giuseppe di Avila, il suo desiderio più vivo fu “che si osservasse la Regola di nostra Signora ed Imperatrice con la perfezione delle origini” (S. Teresa di Gesù, Camm., III,5). Il Signore stesso la confortò in questo senso quando, terminata questa fondazione, la “ringraziò di ciò che aveva fatto per la sua santa Madre” (Ivi., III,24).

Numerose altre circostanze della sua vita testimoniano quanto il carisma di Teresa di Gesù sia sotto il segno di Maria. Da lei, nell’anno 1562, la grande Santa ricevette, per così dire, l’investitura di riformatrice (cf. S. Teresa di Gesù, Vita, XXXIII,14), e nelle sue mani rinnovò una volta la propria professione (S. Teresa di Gesù, Rel., 48). Non fa quindi meraviglia sentire santa Teresa chiamare ripetutamente le sue monache “figlie della Vergine” (S. Teresa di Gesù, Vita, XXXII,11.14; XXXVI, 6.24.28; Camm., XIII,3; Mans., III, 1,3; Fond., XIX,5; XXIX,23) ed esortarle con queste parole: “Poiché avete una Madre tanto buona, imitatela e considerate la grandezza di questa Signora ed il bene che è per voi averla come patrona” (S. Teresa di Gesù, Mans., III, 1,3).

Meditando, alla sequela della vostra Riformatrice il mistero di Maria, il cui Cuore è nella sua unione intima con Cristo, sorgente di vita per la Chiesa (cf. Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 22), voi vi inoltrerete più profondamente nella luce radiosa della vostra vocazione, delle sue esigenze di solitudine, di silenzio, di sacrificio totale, convincendovi, in pari tempo, della sua segreta fecondità, la quale vi apparirà tanto più urgente, in quanto oggi, ancora più che quattro secoli fa, “il mondo è in fuoco” e grandi sono i pericoli che lo minacciano.

7. Carissime figlie di santa Teresa e della Vergine del Monte Carmelo, nel ringraziarvi ancora una volta per quanto compite per la Chiesa, in particolare per i suoi Vescovi, sacerdoti e missionari, di cui siete ausiliatrici nascoste, silenziose, ma necessarie, vi esorto a vivere sempre più generosamente questa dimensione della vostra vocazione. L’“Anno teresiano” giovi ad approfondire nei vostri animi la retta comprensione della fedeltà al carisma della vostra santa Madre e vi propizi le grazie indispensabili per attuare una dedizione sempre maggiore.

In pegno di esse, e quale segno di particolare benevolenza, imparto a tutte voi la mia benedizione apostolica.

Dal Vaticano, il 31 maggio, festa della Visitazione di Maria santissima, dell’anno 1982, quarto del pontificato.

IOANNES PAULUS PP. II

 

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