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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
A
MONSIGNOR ENRICO MANFREDINI,
VESCOVO DI PIACENZA

 

Al Venerato Fratello Enrico Manfredini, Vescovo di Piacenza.  

Sono stato informato che nei giorni 7-9 aprile corrente si svolgerà a Piacenza un Convegno di studio, organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con l’Istituto di cooperazione e sviluppo internazionali, sul tema: “Lo sviluppo dei popoli è il nuovo nome della pace”.

Con tale prospettiva il Convegno intende commemorare il 20° anniversario dell’enciclica Pacem in Terris di Giovanni XXIII, pubblicata l’11 aprile 1963, e conchiudere le celebrazioni del 15° anniversario dell’enciclica Populorum Progressio di Paolo VI, emanata il 26 marzo 1967.

Sono questi due documenti del Magistero che, oltre ad essere stati accolti con grande ammirazione e rispetto dall’opinione pubblica mondiale, conservano ancora oggi la loro carica profetica e la loro forza evangelica di sprone, di incoraggiamento e di illuminazione perché tutti gli uomini a tutti i livelli - cattolici, cristiani, credenti, uomini di buona volontà, uomini di Stato, uomini di pensiero, operatori degli strumenti della comunicazione sociale - diventino gli apostoli dell’autentico sviluppo dei popoli, in particolare di quelli che lottano per la pace e per liberarsi dal giogo della fame, della miseria, dell’ignoranza; che cercano una partecipazione più ampia al frutti della civiltà odierna.

Nella sua enciclica, Giovanni XXIII ricordava che una comunanza di origine, di redenzione, di supremo destino lega tutti gli uomini e li chiama a formare un’unica famiglia cristiana. Pertanto egli, nel più ampio quadro dei problemi connessi con la pace fra i popoli, esortava le comunità politiche economicamente sviluppate ad instaurare multiformi rapporti di cooperazione con le comunità politiche in via di sviluppo, ed auspicava che i Paesi meno provvisti di beni potessero pervenire, nel tempo più breve possibile, ad un grado di sviluppo economico, da consentire ad ogni cittadino di vivere in condizioni rispondenti alla propria dignità di persona (cf. Giovanni XXIII, Pacem in Terris, III).

E Paolo VI, mentre intravedeva l’assicurazione di una pacifica convivenza internazionale nello sviluppo solidale dell’umanità tutta, da esprimersi nella lotta contro la fame, nell’assistenza ai deboli. nell’equità delle relazioni commerciali tra i popoli, nel superamento dei nazionalismi esasperati e dei razzismi discriminatori, proclamava che “la solidarietà mondiale, sempre più efficace, deve consentire a tutti i popoli di diventare essi stessi gli artefici del loro destino (Paolo VI, Populorum Progressio, 65).

L’insegnamento dei miei due grandi predecessori è vivo, attuale, specialmente in questi momenti di crisi nelle relazioni fra Paesi e Continenti. Io stesso, nei miei pellegrinaggi apostolici, e in particolare nel mio recente viaggio nei Paesi dell’America Centrale, ho sottolineato che la pace tra i popoli e nell’ambito delle stesse Nazioni si fonda anzitutto sulla giustizia, cioè sull’effettivo riconoscimento dei diritti fondamentali di tutti i Paesi e di tutti i cittadini.

Pertanto, esprimo il mio sincero compiacimento per l’iniziativa del presente Convegno di studio, con l’auspicio che esso porti un valido contributo anche per sensibilizzare ulteriormente i Paesi industrializzati ad un sostanziale impegno per lo sviluppo dei Paesi del Terzo Mondo.

Con tali voti, invoco su di lei, sugli organizzatori, sui relatori e sui partecipanti larga effusione di favori celesti, in pegno dei quali imparto di cuore la propiziatrice benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 21 marzo dell’anno 1983, quinto del mio Pontificato.

GIOVANNI PAOLO PP. II

 

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