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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
AL CARDINALE GIUSEPPE CAPRIO

 

Al Venerabile Fratello Cardinal Caprio,
Il mio saluto e la benedizione apostolica.

Il due di ottobre di quest’anno, all’inizio del mese del Rosario, ricorrerà il primo centenario della solenne e felicissima “Supplica”, che ha preso il nome dalla Vergine di Pompei. Certamente non sono molti coloro che danno importanza a questo evento, o che tanto meno lo celebrano, in tanto frastuono di occupazioni umane; tuttavia siamo convinti che molti veri cristiani diano grande importanza a queste testimonianze della loro fede e della loro religione. E giustamente: si tratta infatti della preghiera indirizzata alla clementissima Madre di Dio e Regina del cielo, al cui nome gli inferi tremano, che porta un amore grandissimo ai suoi figli bagnati dal sangue di suo Figlio, la cui preghiera può tutto presso Colui che ha generato e che ha donato al mondo; che infine mille volte ha soccorso il popolo cristiano allontanandolo dai pericoli e dalle situazioni difficili, esaudendo con materna pietà le preghiere dei supplici.

Questa sublime “Supplica” nata dall’animo del beato Bartolomeo Longo, uomo egregio, bene ne riproduce l’immagine interiore: dice infatti quanto sia stata sicura la sua opinione sull’efficacia dell’orazione; di quale amore arse per la Vergine Maria, la cui lode singolare e il cui onore gli furono tanto a cuore. C’è in quella “Supplica”, quasi come un’immagine del beato, lo zelo singolare di Bartolomeo per i fratelli, specialmente i bisognosi e gli infelici, di quell’angolo della terra le cui condizioni inique ogni giorno aveva sotto gli occhi e che cercò in ogni modo di sanare. Anzi, superando con il suo animo i confini di quel luogo, avrebbe voluto soccorrere alle necessità di tutto il mondo sommerso dai flutti dei mali; non potendo arrivare a ciò solo la mente e l’opera dell’uomo, lo affidava al patrocinio della Vergine. È poi tanto alata la “Supplica” alla beata Vergine Maria, che sembra in alcuni punti poesia.

Questa “Supplica”, concepita con l’intenzione di invocare la benevolenza della Madre di Cristo sui figli della Valle di Pompei, per la prima volta risuonò cent’anni fa, in una solennità, e pervase, come onda di serena speranza, gli animi degli ascoltatori: ora ha superato gli angusti confini del luogo, perché naturalmente attraverso la stampa, la radio, la televisione è stata diffusa in tutto il mondo. Oggi la sua fama è tanto vasta, che quasi non vi è ora in tutto il mondo in cui non venga recitata, come forma singolare di preghiera cattolica e illustre segno dell’unità della Chiesa, che in quel giorno, come allora gli Apostoli, prega la Vergine e Dio con la Vergine.

In nessun luogo tuttavia quella preghiera si recita tanto appropriatamente quanto a Pompei dove è nata e dove si continua a mantenere la tradizione. Ivi partecipano alla solenne “Supplica” piamente e santamente non solo gli umili, gli orfani, le confraternite, ma anche numerosi sacerdoti, Vescovi, persino Cardinali e inviati della Santa Sede, sempre con frutti abbondanti. E per me fu dolce recitarla l’8 maggio di quest’anno, insieme a tutti i fedeli collegati per televisione. Inoltre più volte mi sono recato in pellegrinaggio al Santuario del Rosario, specialmente prima del pontificato.

Ma quest’anno, come è giusto, ai segni abituali della fede e della religione si aggiungeranno quelli solenni del centenario. Per accrescere la gioia di quei figli, e perché l’onore reso alla Vergine fosse il più degno possibile, il Venerabile Fratello Domenico Vacchiani, mio Delegato in quel Santuario, mi ha chiesto di mandare un mio inviato. Perciò ho ritenuto che ti avrei fatto cosa gradita se avessi delegato te che sei nato non lontano da quel Santuario mariano, e che fin da fanciullo, come me, ami la Madre santissima, a presiedere alle celebrazioni in nome mio e a fare la Supplica solenne.

Così, Venerabile Fratello, attraverso la tua pia bocca e il tuo pio cuore io supplicherò la Regina celeste. Offri a così grande Madre la testimonianza del mio amore e della mia venerazione; porta i voti augurali della mia paterna benevolenza a quei figli. Esortali e incitali ad avere la Madre comune nell’animo e negli occhi, e a prendere l’abitudine di recitare il Rosario, irrigua fonte di grazie celesti, e a recitarlo specialmente nel mese di ottobre. Raccomanda loro di vivere con coerenza la fede che professano, di riferire ai suoi principi e difendere con i suoi principi le loro cause grandi e piccole, se vogliono essere simili a coloro che edificano sulla roccia. Infine imparto la benedizione apostolica a te, Venerabile Fratello, a tutti i sacerdoti presenti nella Chiesa, a tutti gli abitanti del luogo, a tutti i pellegrini e a tutti coloro che ami.

Dal Vaticano, 15 settembre 1983.

IOANNES PAULUS PP. II

 

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