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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II,
FIRMATA DA S. EM.ZA REV.MA CARDINALE AGOSTINO CASAROLI,
IN OCCASIONE DELLA «GIORNATA UNIVERSITARIA»

Martedì, 12 aprile 1988

 

Carissimo professore.

Approssimandosi l’annuale “Giornata universitaria”, nella quale la comunità cattolica italiana è invitata a prendere rinnovata coscienza delle finalità per le quali è sorto codesto Ateneo, il Santo Padre desidera sottolineare ancora una volta la nobiltà di tale causa ed esortare i fedeli a volerla sostenere con il loro appoggio fattivo.

Egli ha appreso con compiacimento che, per la circostanza, l’Università invita a riflettere su un argomento che tocca i complessi problemi morali emergenti dalla quotidiana esperienza dell’uomo contemporaneo, indicati nel tema: “Vita, lavoro, comunicazione, le sfide etiche del progresso scientifico”.

L’era in cui viviamo è testimone di sempre nuove conquiste della scienza e della tecnica, con la scoperta e il dominio di energie della natura, fino a ieri ignote. Tale incremento delle risorse e delle conoscenze amplia, da una parte, la gamma delle scelte possibili, ma postula, dall’altra, una sempre più vigile ed informata coscienza etica. Il progresso tecnico, infatti, non è privo di una intrinseca ambiguità, che si presta ad applicazioni talvolta contrarie al vero bene dell’uomo. Ne fanno prova il moltiplicarsi delle possibilità di attentati alla vita in ogni suo stadio, il rischio ecologico e l’impoverimento della qualità della vita e del lavoro.

A un’osservazione attenta dei fenomeni non sfuggono le radici culturali di tali deviazioni. Esse si trovano, ad esempio, in quelle visioni riduttive o distorte dello sviluppo, sul quale il Santo Padre ha richiamato l’attenzione nella recente enciclica Sollicitudo Rei Socialis: la concezione ingenuamente ottimistica di un progresso lineare e saggio, di chiara matrice illuministica; quella, di stampo economicistico, ispirata a un programma di mera accumulazione quantitativa di beni e di servizi; quella, ancora, che rivolge tutte le sue speranze all’espansione della scienza e della tecnica, da cui s’attende la soluzione di ogni problema.

Elaborare una visione autenticamente e integralmente umana dello sviluppo, indicando chiaramente la illusorietà dei miti sottesi a tali concezioni dello sviluppo, è preciso compito di chi professionalmente si dedica allo studio e alla ricerca. Uno sviluppo che voglia, peraltro, ispirarsi a quell’“umanesimo plenario”, di cui parlò Paolo VI nell’enciclica Populorum Progressio, non può non fondarsi su di un’antropologia aperta alla trascendenza, qual è quella suggerita dalla narrazione biblica: in essa l’uomo è posto al vertice del cosmo in quanto creato da Dio a sua immagine e somiglianza e, come tale, impegnato a sviluppare tutte le potenzialità del creato, nel rispetto delle leggi e dei limiti in esso originariamente iscritti dal suo artefice divino. Alla luce di tale antropologia, integrata dalle due opzioni tipicamente evangeliche della sollecitudine per i poveri e della destinazione universale dei beni, dalle quali il Sommo Pontefice ha tratto, nella menzionata enciclica, i due principi-guida della interdipendenza e della solidarietà, è possibile all’uomo moderno giungere ad invertire la tendenza, oggi drammaticamente avvertita, all’aggravamento degli squilibri nel mondo.

L’interdipendenza, dei singoli come delle nazioni, che è, in ogni caso, un dato oggettivo del mondo contemporaneo, si configura eticamente come una tensione spirituale a percepire come propri i problemi altrui. Essa è, perciò, “categoria morale” che esprime e stimola la solidarietà intesa come “determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno” (Sollicitudo Rei Socialis, 38). Ciò è possibile quando l’altro è percepito come “prossimo”, cioè come persona, il cui destino ci sta a cuore e misteriosamente ma realmente si intreccia col nostro.

Alla luce di tali valori non è difficile trarre illuminanti indicazioni per ciascuno dei tre campi evocati dal tema della “Giornata universitaria”: la vita, il lavoro, la comunicazione

È convinzione comune che lo straordinario sviluppo scientifico e tecnologico, applicato ai delicati processi della vita, dischiuda promettenti orizzonti, ma insieme susciti motivate inquietudini. Al riguardo, occorre aver sempre presente l’antico ma irrinunciabile principio secondo cui non tutto ciò che è tecnicamente possibile è per ciò stesso moralmente lecito. Sull’argomento il Santo Padre s’è ripetutamente soffermato, specialmente negli incontri con i rappresentanti della scienza medica, ricordando che “la norma etica, fondata sul rispetto della dignità della persona, deve illuminare e disciplinare tanto la fase della ricerca quanto quella dell’applicazione dei risultati in essa raggiunti” (cf. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 2 [1980] 1008).

Anche nello studio e nella soluzione dei problemi del lavoro, va custodita e promossa la gerarchia dei valori suggerita dall’enciclica Laborem Exercens: il primato dell’uomo sul lavoro, del lavoro sul capitale, della destinazione universale dei beni della terra sulla pur legittima libertà di intrapresa economica. Spetta in special modo agli economisti di elaborare uno statuto disciplinare della scienza economica, ove i criteri etici di solidarietà e di giustizia non siano estrinsecamente proposti come correttivi della dinamica dello sviluppo, ma figurino come operanti dal suo interno, così da determinarne il senso e le caratteristiche.

Da ultimo, in tema di tecnologie applicate alla comunicazione, gli uomini di studio e gli operatori devono vigilare nei confronti dei processi di concentrazione su scala mondiale, ove i Paesi in via di sviluppo vengono degradati a semplici parti di un gigantesco ingranaggio, nel quale sono più oggetto che soggetti dei propri destini.

Nella recente enciclica Sollicitudo Rei Socialis il Sommo Pontefice ha rilevato che “ciò si verifica spesso anche nel campo dei mezzi di comunicazione sociale, i quali, essendo per lo più gestiti da centri nella parte Nord del mondo, non tengono sempre nella dovuta considerazione le proprietà ed i problemi propri di questi Paesi né rispettano la loro fisionomia culturale, ma non di rado impongono una visione distorta della vita e dell’uomo e così non rispondono alle esigenze del vero sviluppo” (Sollecitudo Rei Socialis, 22).

Sono temi, come è facile vedere, di grande rilevanza per l’instaurazione di una convivenza degna dell’uomo. Il Santo Padre auspica che la riflessione su di essi, alla luce dei principi cristiani, possa stimolare nei fedeli un rinnovato impegno per la tutela di quei fondamentali valori etici dai quali dipende la piena realizzazione dell’uomo.

Con questi voti il Sommo Pontefice imparte volentieri a lei, signor rettore, ai professori ed agli alunni di codesta Università, a lui tanto cara, la propiziatrice benedizione apostolica. Egli è lieto, altresì, di farle avere una sua offerta (lire cento milioni), segno di apprezzamento e di affetto.

Mi valgo della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio della signoria vostra illustrissima,  

devotissimo Agostino Cardinal Casaroli

 

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