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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DEGLI STATI UNITI D’AMERICA

 

Ai miei cari confratelli Vescovi degli Stati Uniti d’America.

Il 3 aprile 1983 vi ho scritto chiedendovi di offrire uno speciale servizio pastorale ai religiosi degli Stati Uniti. Allo scopo di facilitare il vostro lavoro pastorale con i religiosi, ho nominato Delegato Pontificio E. S. John R. Quinn, Arcivescovo di San Francisco e membri di una speciale commissione l’Arcivescovo Thomas C. Kelly e il Vescovo Raymond W. Lessard. Li ringrazio nuovamente per il loro instancabile e generoso impegno nell’assumersi il compito di mettere a punto un programma che vi guidi e vi assista nel vostro ministero e nella vostra responsabilità pastorale nei confronti dei religiosi del vostro Paese. Inoltre, allo scopo di assistervi nel vostro servizio ai religiosi, vi è stato dato un sommario della legislazione vigente sulla vita religiosa dal titolo “Elementi Essenziali”. Vi sono grato per il vostro sincero impegno a rispondere a questa chiamata.

Sommario

Il rapporto della commissione pontificia, così come le vostre lettere, confermano il fatto che il programma di ascolto e dialogo si è dimostrato un utile strumento informativo e ha aiutato sia voi che i religiosi.

La commissione ha riferito sui due stadi del suo lavoro, lo stadio dell’ascolto e quello del dialogo. È interessante notare che molti degli elementi sia positivi che negativi rilevati dai religiosi erano già stati esposti da voi. I temi scelti per la serie di dialoghi continuano ad essere centrali per il mistero e la realtà della vita religiosa: carisma e identità; pubblica testimonianza; consacrazione e missione; obbedienza; strutture di autorità e vita comunitaria.

Nelle vostre lettere avete parlato positivamente in generale dello stato della vita religiosa nelle vostre diocesi. Giustamente avete espresso la vostra profonda gratitudine per i molti anni di importante servizio reso dai religiosi nel costruire la Chiesa locale. Questo servizio è una preziosa eredità dei religiosi americani.

Siete stati realisti nell’individuare i loro punti forti e i loro punti deboli. Fra i punti forti vi sono il servizio generoso e molteplice, la vita di maggior preghiera, una notevole competenza professionale, una seria risposta al rinnovamento. Fra i punti deboli che avete citato vi sono la diminuzione delle vocazioni, il calo di numero e l’anzianità, un’inadeguata preparazione teologica, una scarsa presenza o l’assenza dall’apostolato tradizionale, un’insufficiente testimonianza pubblica, casi di introspezione eccessiva, femminismo e polarizzazione radicale.

Magistero

Lo speciale servizio pastorale a cui vi ho invitato non è naturalmente qualcosa di transitorio o di temporaneo. È una componente essenziale del vostro ministero di Vescovi (cf. Mutuae Relationes, 9; Christus Dominus, 15). Vorrei sollecitarvi a continuare e alimentare i vostri religiosi con la Parola di Dio, a chiamarli ad un’unione più intima con Cristo e a mostrar loro con la parola e l’esempio la via del discepolato. Poiché la vita religiosa è al centro del mistero della Chiesa, coloro che “interessano indiscutibilmente alla sua vita e alla sua santità” (Lumen Gentium, 44) debbono essere costantemente esortati a restare fedeli alla missione e al Magistero della Chiesa.

Nella vostra qualità di Vescovi avete la responsabilità di insegnare a tutto il vostro popolo, compresi i religiosi e le religiose. Spetta all’ufficio del magistero la necessità e l’obbligo di offrire una chiara esposizione teologica della vita religiosa.

Siate fiduciosamente incrollabili nel proclamare e nell’insegnare la realtà di quel mistero che è la Chiesa; la Lumen Gentium e Christus Dominus vi daranno a questo fine le giuste direttive. Dovete continuare a parlare del ruolo della Chiesa quale maestra del messaggio autentico di Cristo e custode dell’integrità del Vangelo.

Gratitudine ai religiosi

Avete detto di avere tanti meravigliosi religiosi e religiose che amano profondamente il Signore, che pregano con fervore, che lavorano generosamente e con zelo. Spesso è dato per scontato il fatto che esistano quelli che sono fedeli e costanti e che sono sempre presenti e disponibili a fare qualsiasi opera buona. Vi prego di ringraziarli a nome mio e a nome vostro, in nome di Gesù Cristo e della sua Chiesa. Vi prego di continuare a riconoscerli, a incoraggiarli e a sostenerli.

Consacrazione

Lo studio della commissione pontificia e delle vostre lettere ha messo in luce un’apparente tensione fra consacrazione e missione. Deve essere continuamente sottolineata la centralità dei consigli evangelici. La vita consacrata per sua natura è legata alla professione e alla vita di castità consacrata, povertà e obbedienza. I religiosi non sono semplicemente ecclesiastici o laici che si occupano di opere buone.

Il numero 8 del decreto Perfectae Caritatis sottolinea la necessaria unità fra consacrazione e missione. Nelle comunità apostoliche “tutta la vita religiosa dei membri sia compenetrata di spirito apostolico e tutta l’azione apostolica sia informata di spirito religioso”. Quindi le regole e le tradizioni di questi istituti debbono essere adattate e definite perché siano in linea con il carattere e l’obiettivo dell’istituto.

Tutti i cristiani sono chiamati a seguire Cristo. I religiosi sono chiamati a un discepolato radicale. Attraverso la loro consacrazione, con la professione dei consigli evangelici, essi sono la personificazione di Gesù, che per amore nostro “spogliò se stesso . . . divenendo simile agli uomini . . . facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 7-8).

I religiosi devono veramente portare Cristo agli altri. L’identificazione con Gesù comporta l’annullamento di sé. Voi ed io dobbiamo sapere che chiamiamo i religiosi a questo annullamento. Le tendenze ad un’eccessiva autorealizzazione ed autonomia nella vita, nel lavoro e nelle decisioni non rispecchiano Gesù, che è venuto a fare la volontà del Padre.

Il criterio ultimo dell’autentica vita religiosa è la conformità alla persona di Cristo. Avete tutti i diritti e l’obbligo di richiamare i religiosi a tale conformità e di esortarii a stimare la grande dignità della loro consacrazione.

Apostolato-teologia

Una chiara teologia della vita religiosa si rende necessaria. Deve essere effettuato un lavoro serio sul carisma, la vita comunitaria e la vita consacrata; ed anche sull’integrazione della vita apostolica in questo contesto. In molti casi l’apostolato o il ministero sembrano aver eclissato gli altri valori. Il vostro impegno per i religiosi e le religiose nell’apostolato delle vostre diocesi deve tener conto di tutti i diversi aspetti di questa teologia.

Quali Vescovi, maestri di vita religiosa e pastori dei religiosi, siete chiamati a promuovere una sana ecclesiologia. Alcune delle tensioni menzionate sia nel rapporto della commissione pontificia che nelle vostre lettere possono essere sciolte con una chiara e precisa teologia della Chiesa. Per esempio debbono essere ben chiariti il ruolo del Vescovo locale nel campo della liturgia e della cura d’anime, la sua responsabilità per il bene pubblico della Chiesa e il suo diritto ed obbligo di garantire che nella sua diocesi venga presentata una sana dottrina.

Anche se è il Vescovo ad avere la responsabilità ultima in questi campi, un modo per contribuire a promuovere una chiara comprensione di quanto sopra è quello di incontrarsi regolarmente con i superiori maggiori dei religiosi e delle religiose che prestano servizio nelle vostre diocesi affinché la strategia di missione sia più efficace e coordinata. I religiosi che collaborano con voi nell’apostolato possono assistervi nel mettere a punto e nel realizzare il vostro piano pastorale.

Tali incontri possono anche servire da foro per affrontare efficacemente argomenti comuni quali la evangelizzazione e l’ecclesiologia.

Autorità

Il rapporto della commissione pontificia ha posto l’accento sulle strutture di autorità. Il ruolo dell’autorità è uno dei più delicati. In un legittimo tentativo di correggere abusi attuali, così come quelli del passato, dove talvolta esisteva un modo di governare rigido e autocratico, i religiosi sono giunti a modelli di governo più partecipativi.

I cattivi modelli e le cattive esperienze di autorità devono essere corretti, non distruggendo l’autorità, ma continuando a purificarla dalla dominazione, dall’orgoglio e dall’egoismo. Per quanto riguarda l’esistenza e l’uso dell’autorità, il nostro modello rimane Gesù.

La sostituzione di un modello manageriale di autorità a un modello di governo non è la risposta. La gestione manageriale può essere utile per creare prodotti, ma lo scopo del governo nella vita religiosa, è quello di salvaguardare il carisma e stimolarne la crescita - in una parola, di promuovere la vita. Senza dubbio alcune tecniche di buona gestione possono essere assai utili nell’amministrazione di un’istituzione.

Il problema sorge quando si verifica una mancanza di autorità personale, o la mancanza di disponibilità ad usarla e quindi ad accettare la responsabilità della vita dell’istituto.

Senza qualcuno che eserciti l’autorità in una comunità esiste il pericolo che i valori contingenti e pragmatici possano prendere il posto dei valori oggettivi. Il ruolo del superiore deve essere quello di richiamare il religioso alla fedeltà a quella sequela radicale di Cristo rappresentata dal carisma dell’istituto.

La riluttanza a riconoscere l’autorità a livello di vita religiosa conduce ad un’autodirezione e ad una autonomia che sono incompatibili con l’identificazione con Gesù, che è venuto per fare la volontà del Padre. Poiché i religiosi sono persone pubbliche nella Chiesa, il loro obbligo - quali uomini e donne che seguono il Cristo obbediente - è di riflettere con cura e chiarezza il Magistero della Chiesa. Se necessario voi e i loro superiori dovete ricordar loro questa realtà.

Ruolo delle donne

Sia il rapporto della commissione pontificia che le vostre lettere parlano della questione femminile. Sono d’accordo con voi nel promuovere i diritti e la dignità delle donne. Riconosco e apprezzo gli straordinari contributi di migliaia di zelanti e competenti religiose. Esse continuano a giocare un ruolo vitale nella vita della Chiesa.

Tuttavia un femminismo radicale, che cerca i diritti delle donne attaccando e negando insegnamenti morali fondamentali, chiari e costanti, non riflette o promuove la piena realtà e l’autentica dignità delle donne, che non hanno soltanto un valore temporale, ma anche un destino eterno nel piano divino. Maria, madre di Gesù, madre della Chiesa, donna per eccellenza, impersona la dignità radicale delle donne. Essa ha avuto un ruolo decisivo, in quanto tutta la storia è cambiata; essa continua oggi ad influenzare le nostre vite.

L’eguaglianza fra uomini e donne deve essere continuamente riconosciuta, come ho sottolineato nella Mulieris Dignitatem. Tale eguaglianza non deve mai oscurare o ignorare la realtà che uomini donne sono diversi. Nessuno è migliore dell’altro, ma in nessun caso essi sono identici. La loro complementarietà è un bene prezioso per la Chiesa e la società.

Vorrei chiedervi che, nel sostenere e promuovere i valori della vita religiosa, li vediate applicati sia ai religiosi che alle religiose. La vita religiosa non deve essere considerata come se avesse due realtà distinte e diverse, una per gli uomini e una per le donne. Gli elementi fondamentali della vita religiosa appartengono a tutti i religiosi, uomini e donne. Nelle opere di apostolato alle quali invitiamo i religiosi dobbiamo essere sensibili ai loro obblighi e necessità particolari di religiosi e religiose consacrati alla missione. Dobbiamo considerarli e sostenerli allo stesso modo per quello che sono, quali religiosi e per quello che fanno, quali collaboratori nell’apostolato.

Conferenze

Conformemente ai canoni 708 e 709 del Codice di Diritto Canonico, vi sono due conferenze di superiori generali negli Stati Uniti, la “Conference of Major Superiors of men” e la “Leadership Conference of women Religious”, stabilite dalla Santa Sede. Queste conferenze esistono per assistere i superiori maggiori nel loro compito di rafforzare e approfondire la vita dei loro singoli istituti. Essi inoltre hanno anche la possibilità di affrontare problemi comuni, negoziare affari comuni, e fornire un mezzo per un opportuno coordinamento e cooperazione con la Conferenza Episcopale, come pure con i singoli Vescovi. Queste conferenze non sminuiscono affatto l’autorità e l’autonomia di ogni superiore nel proprio rispettivo istituto. Tali conferenze hanno un diretto rapporto con la congregazione per gli istituti di vita consacrata e per le società di vita apostolica, dalla cui giurisdizione esse dipendono.

Una preoccupazione comune, sollevata sia nel rapporto, che da molti di voi individualmente, è quella della polarizzazione, soprattutto fra le religiose. Il diritto di tutte le superiore generali degli istituti religiosi femminili a far parte della conferenza è chiaro. I membri hanno il diritto di far sentire le loro preoccupazioni. La conferenza deve cercare modi realistici ed opportuni per esprimere le preoccupazioni di tutte le religiose. Sia individualmente come Vescovi nelle vostre diocesi, sia come Conferenza Episcopale, siete chiamati ad esortare le diverse religiose a trovare modi efficaci per rimuovere le cause delle loro divisioni. Esse devono parlare fra loro degli argomenti che le dividono; devono inoltre riscoprire e costruire il patrimonio comune del Magistero della Chiesa. Questo magistero della vita religiosa ha dimostrato la sua vitalità nei documenti del Concilio Vaticano II, nel Codice di Diritto Canonico e nei diversi documenti della Santa Sede. Il dialogo fra le religiose deve quindi basarsi su questo insieme dei documenti del Magistero della Chiesa. Esistono altre organizzazioni nel vostro Paese fondate per promuovere la vita religiosa. La presenza di queste organizzazioni si fonda su quei canoni che si occupano di associazioni di fedeli cristiani (Codex Iurius Canonici, can. 298 ss.). Tali associazioni sono distinte dalle conferenze menzionate sopra, istituite conformemente ai canoni 708 e 709. Certamente è contemplato anche il posto per queste organizzazioni che promuovono e danno impulso alla vita religiosa secondo gli insegnamenti del Concilio Vaticano II.

Vocazioni

La mancanza di un numero adeguato di vocazioni alla vita religiosa rimane una pressante preoccupazione. Il rapporto della commissione pontificia è stato molto esaustivo ed utile in questo settore. Ha presentato in modo assai completo i fattori culturali e sociologici che contribuiscono al declino delle vocazioni: tuttavia questo studio può essere completato con l’aggiunta di uno studio e di un’analisi teologica di questa materia. Gli istituti religiosi devono mantenere un senso chiaro e fermo della propria identità e missione. Un continuo stato di cambiamento di direzione, l’incoerenza fra come gli ideali ed i valori sono espressi e come di fatto vengono vissuti, un’immedesimazione e un’introspezione eccessiva, una enfasi esagerata per le necessità dei membri che si oppone alle necessità del popolo di Dio, costituiscono spesso degli ostacoli per coloro che sentono la chiamata di Cristo: “Vieni, seguimi”.

Fratelli miei, è parte della nostra missione pastorale aiutare i religiosi a coltivare e proclamare la propria identità il più chiaramente possibile. Si tratta di qualcosa di tanto vitale e dinamico quanto il carisma che è loro proprio, che essi devono comprendere e al quale devono restare fedeli.

La promozione delle vocazioni alla vita religiosa deve continuare ad essere un impegno comune dei Vescovi, con il loro insegnamento e incoraggiamento; dei religiosi, con il loro esempio e il loro invito; delle famiglie, con il loro apprezzamento del dono della vocazione di uno dei loro membri; e di tutti noi, con la nostra fervente e costante preghiera.

Altre tematiche

La vita comunitaria è al centro della vita religiosa; è una caratteristica propria di questo tipo di vita consacrata. La vita religiosa è una vita consacrata, vissuta in comunità. I religiosi sono chiamati a costituire una comunità esemplare all’interno della comunità della Chiesa. Lo sfacelo della vita comunitaria si ripercuote su tutti gli aspetti della vita religiosa. La vita comunitaria intende essere per ogni religioso il dono della vita; la santità del religioso è inesorabilmente legata alla pratica piena della vita comunitaria. Con questo non si vuole sostenere una vita comune chiusa, statica, semplicemente formale, ma piuttosto una vita comunitaria sana e vibrante fondata sul comune carisma, l’impegno comune a vivere i voti, e le comuni esperienze formative di natura spirituale, liturgica e sociale.

Molti di voi si preoccupano di ciò che identificate come una crescente secolarizzazione della vita religiosa. Il rinnovamento e l’adattamento sono stati voluti dal Concilio Vaticano II. I religiosi non sono semplicemente dei professionisti che assistono la Chiesa nella sua opera. Essi sono al cuore del mistero della Chiesa; essi appartengono inseparabilmente alla sua vita e alla sua santità (Lumen Gentium, 44). Essi sono chiamati ad una vita radicale dell’impegno battesimale comune a tutti.

È importante nella vostra missione pastorale che voi comprendiate pienamente e promuoviate tutti i valori autentici della vita religiosa. La chiamata alla consacrazione e alla missione, ad una preghiera più profonda, alla testimonianza di comunità - tutto ciò deve essere sostenuto e incoraggiato nella sua interezza.

Un modo opportuno di mettere in atto alcuni aspetti del vostro speciale servizio pastorale ai religiosi è quello di continuare a creare occasioni di preghiera e di dialogo comuni soprattutto fra voi e i superiori maggiori. Dovrebbero essere previste iniziative per facilitare la comprensione e la comunicazione fra il clero religioso e quello diocesano. I vostri vicari per i religiosi possono essere di grande aiuto in questo campo. L’ufficio di vicario, o delegato per i religiosi, è in effetti un mezzo opportuno per assistervi nei vostri rapporti con i religiosi delle vostre diocesi.

Conclusione

Così come vi ho esortato ad ammaestrare, sostenere, incoraggiare, e a dialogare e pianificare con i religiosi, io vi esorto a nutrirli con la Parola di Dio. Pregate per loro; pregate con loro. Continuate ad assisterli con uno speciale servizio pastorale. Amateli ed invitateli ad amarsi l’un l’altro così che tutti sappiano che noi siamo discepoli di Gesù.

I religiosi, con il loro stile di vita, sono chiamati ad essere un segno di contraddizione, una testimonianza di contro-cultura in un mondo che troppo spesso è alla ricerca della propria soddisfazione e dell’autorealizzazione, che allontana i poveri e i deboli, intollerante e ostile verso le minoranze, rumoroso, stridente e frenetico. I religiosi, con il loro amore per tutti che si esprime nella castità consacrata, con la loro dipendenza e semplicità di vita espressa nel voto della povertà, con la loro disponibilità e dominio della volontà attraverso l’obbedienza, con la loro propensione a vivere nell’interdipendenza con gli altri all’interno della comunità, e con il loro rapporto con Dio uno e trino, offrono un’alternativa vitale e possibile al momento presente, e ricordando la promessa di ciò che verrà. Incoraggiateli ed esortateli, mentre si sforzano di vivere ciò che professano; come noi, anch’essi portano il peso della debolezza della natura umana imperfetta.

Affido voi ed i vostri religiosi alla cura amorevole di Maria, madre della Chiesa. Ella, che ha portato Gesù dentro di sé e che lo ha donato a noi che ne avevamo tanto bisogno, aiuti voi e i vostri religiosi ad essere sempre più simili a lei. Assista tutti voi mentre offrite Gesù a un popolo che anela alla sua pace, alla sua salvezza e al suo amore.

Quale segno del mio amore fraterno, invio a tutti voi la mia benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 22 febbraio 1989, Festa della Cattedra di san Pietro, apostolo.

IOANNES PAULUS PP. II

 

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