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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
IN OCCASIONE DELLA XV ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA
DELLA CONFERENZA DEI RELIGIOSI DEL BRASILE

 

Fratelli e sorelle amatissimi.

1. “La grazia del Signore Gesù sia con voi! Amo voi tutti in Cristo Gesù” (1 Cor 16, 23-24).

Con queste parole di pace e comunione nella carità, mi rivolgo a tutti voi partecipanti alla quindicesima assemblea generale ordinaria della conferenza dei religiosi del Brasile. Vi saluto quindi nell’amore di Gesù Cristo, presente fra voi come ci aveva promesso (cf. Mt 18, 20), quando siete riuniti in suo nome e siete, come religiosi, seguaci del maestro per mezzo della professione evangelica e apostoli del suo Regno con la varietà e la ricchezza di carisma che lo Spirito del Signore infonde nella sua Chiesa nei secoli.

In voi saluto e mi rivolgo a tutti i religiosi e religiose del Brasile, presenza attiva e numerosa della Chiesa, nonostante essa sia inadeguata alle enormi necessità pastorali di questo momento. In realtà, senza questa rete di comunità religiose che rendono presente e visibile il Vangelo, con la loro testimonianza, la loro dedizione apostolica e con la loro vicinanza alle necessità e alle aspirazioni del Popolo di Dio, lavorando in situazioni difficili che richiedono la dedizione quotidiana della vita, a volte segnata dalla persecuzione e dal sacrificio della propria esistenza, sarebbe impossibile immaginare la vitalità della Chiesa in Brasile.

Vi sono grato per la fedeltà alla vostra consacrazione e alla vostra missione e per la vostra presenza ecclesiale a tutte le latitudini dell’immenso Brasile: la misteriosa prosperità delle vostre comunità contemplative, la testimonianza di coloro che vivono fra i più poveri e la generosa dedizione di coloro che lavorano in regioni lontane ed isolate, costituisce una ricchezza per la Chiesa del Brasile ed è prova della sua vitalità.

2. La vostra quindicesima assemblea generale ordinaria rifletterà principalmente sul tema: “Nuova evangelizzazione e vita religiosa in Brasile”. Desiderate rispondere alla sfida della storia ed unirvi con umiltà al compito della nuova evangelizzazione che io stesso ho iniziato come programma pastorale della Chiesa latinoamericana in occasione del quinto centenario dell’evangelizzazione del continente. I religiosi devono essere, oggi come un tempo, all’“avanguardia” dell’evangelizzazione con tutto l’impegno della loro consacrazione al Regno e con tutta la generosità e la creatività del loro carisma evangelico.

A far ciò vi spinge non solo la tradizione del passato, ma le urgenze del presente e la prospettiva del futuro. Se i religiosi sono stati protagonisti privilegiati dell’annuncio evangelico negli ultimi cinque secoli, devono essere anche oggi i messaggeri più entusiasti ed impegnati della nuova evangelizzazione, poiché, per vocazione e missione vengono chiamati ad abbandonare tutto per dedicarsi all’annuncio di Cristo (cf. Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 69).

3. Lasciatemi, quindi, condividere con voi alcune riflessioni sul tema della vostra assemblea, per approfondire insieme il senso della nuova evangelizzazione e della collaborazione più specifica della vita religiosa in Brasile ad essa.

Bisogna innanzitutto, come voi stessi avete proposto durante le vostre riflessioni di preparazione all’assemblea, tornare alle fonti. Evangelizzare vuol dire proclamare la buona Novella della salvezza, annunciare Gesù Cristo che è il Vangelo di Dio.

Tornare alle fonti, nel nostro caso, significa tornare a quella stessa sorgente di vita dalla quale trae alimento “il fervore dei santi”. Dobbiamo, quindi, ascoltare dalle prime testimonianze del Vangelo l’impatto, la novità e la vitalità del primo annuncio.

Ascoltiamo l’evangelista Giovanni nella sua prima lettera: “Ciò che era fin da principio, ciò che abbiamo udito, ciò che abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che abbiamo contemplato e le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo” (1 Gv 1, 1-3).

Questo testo così suggestivo ha la forza e la dinamicità dell’evangelizzazione che si rinnova sempre: è nuova perché l’annuncio di Cristo è una grazia, un dono che viene dal Padre e non una nostra creazione; è nuova per la meraviglia che nasce dall’incontro con il mistero di Cristo, salvatore del mondo, un incontro destinato ad ogni generazione e ad ogni persona; è nuova per questa Parola che racchiude la ricchezza del Vangelo di Dio e che risponde alla povertà intrinseca all’uomo e all’umanità: la vita.

Quindi evangelizzare è annunciare la vita che vince la morte, la libertà che salva da ogni schiavitù, a cominciare dall’alienazione fondamentale dell’uomo e dalla schiavitù primordiale, che è quella del peccato.

4. La nuova evangelizzazione è testimonianza. Il testo dell’apostolo Giovanni ha il sapore di un’esperienza vissuta. Il Vangelo penetra nella vita e nell’esperienza umana sino ad impregnarla con la forza della salvezza. La Parola si ascolta, ma allo stesso tempo si vede e si contempla Gesù Cristo in cui Dio si rese visibile e permise di essere toccato con le mani.

La forza dell’evangelizzazione risiede al tempo stesso sia nella verità che si annuncia, sia nella convinzione della testimonianza con cui viene proposta. Per questo motivo oggi la nuova evangelizzazione necessita che gli araldi siano fedeli nella predicazione della verità e siano testimoni della forza salvifica della Parola della vita.

Di fronte alla sfida della nuova evangelizzazione la Chiesa necessita oggi di maestri e di santi aperti al potere illuminante dello Spirito Santo che acuisce le capacità di discernimento della realtà e fa scaturire un’abbondante creatività di parole e di opere adeguate per dar vita al Vangelo che si annuncia in differenti situazioni nel tempo.

Per questo i religiosi della nuova evangelizzazione devono primeggiare nella fedeltà alla verità e nell’ardore della missione, nella trasparenza della testimonianza e nella forza sovrannaturale della santità. Non devono mai dimenticare che, in comunione con i fondatori, “sono figli e figlie dei santi” che annunciarono il Vangelo con la santità della loro vita.

Infine, la nuova evangelizzazione è chiamata a creare ed a rinforzare la comunione ecclesiale. È proprio questo ciò che ci dice il testo di Giovanni che abbiamo citato. Una comunione nella Chiesa che è il riflesso e l’attuazione della comunione trinitaria, poiché la comunità di coloro che ascoltano il Vangelo della salvezza è formata da un popolo “adunato dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito” (cf. Lumen Gentium, 4), costituito “in una comunione di vita, di carità e di verità” (Lumen Gentium, 9). Avremmo lavorato invano alla nuova evangelizzazione se il frutto del nostro impegno non dovesse essere l’accrescimento della comunione nell’unica Chiesa di Cristo. Non si può separare la Chiesa da Cristo, né Cristo dalla Chiesa; e neppure si può suddividere la Chiesa in tante piccole comunità senza rafforzare i vincoli di comunione con i legittimi Pastori che il Signore ha costituito per guidare la sua Chiesa.

Ed è questa la dinamicità della Rivelazione e della evangelizzazione in tutti i momenti della storia e a tutte le latitudini della terra.

5. Se l’annuncio della Parola di vita è al centro della nuova evangelizzazione nulla può sostituirsi alla proclamazione di Gesù Cristo e all’incontro personale con il suo mistero: nemmeno le più acute analisi della realtà e le più accurate strategie di apostolato. La nuova evangelizzazione deve porre l’accento su questa più attenta presentazione del mistero di Gesù Cristo, redentore dell’uomo, perché non solo è l’unico maestro di verità, ma è anche l’unico in cui risiede la salvezza.

Il Concilio Vaticano II ha detto tutto questo in un testo molto eloquente: “Nessuno di per se stesso e con le sue forze riesce a liberarsi dal peccato e ad elevarsi in alto, nessuno si libera interamente dalla sua debolezza, dalla sua solitudine, o dalla sua schiavitù, ma tutti hanno bisogno di Cristo modello, maestro, liberatore, salvatore, vivificatore. Effettivamente nella storia, anche temporale, degli uomini, il Vangelo fu un fermento di libertà e di progresso e si dimostra ininterrottamente fermento di fraternità, di unità, e di pace” (Ad Gentes, 8).

Se il passato evangelizzatore del Brasile non è esente da ombre e debolezze - che dobbiamo attribuire ai limiti umani e culturali delle persone e non alla forza salvatrice del Vangelo - non possiamo, di fronte alla sfida del presente, prescindere dall’annuncio integrale di Gesù Cristo. Il nome e la figura di Cristo liberatore sono familiari a tutti i Brasiliani. E devono esserlo nella rinnovata evangelizzazione, nella quale i religiosi devono presentarsi con le due caratteristiche che sant’Ireneo riferiva ai primi messaggeri della buona Novella della salvezza: “Furono predicatori della verità ed apostoli della libertà” (Adv. Haereses, III, 15, n. 3; PG 7, 919).

Non può esservi una vera evangelizzazione se non si propone tutta la verità su Cristo, sulla Chiesa e sull’uomo. Non esistono vera salvezza e libertà senza la logica del Vangelo, proclamato e vissuto in tutta la sua integrità. Per questo Gesù afferma: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 31-32).

6. Il Concilio Vaticano II, nel ricordare il testo della prima lettera di san Giovanni che qui citiamo, ci mostra tutta la dinamicità della evangelizzazione con le parole di sant’Agostino che sottolineano che l’amore deve guidare tutto il processo di evangelizzazione, affinché il mondo intero, attraverso l’annuncio della salvezza, ascoltando creda, credendo speri e sperando ami (cf. Dei Verbum, 1).

La fede che si basa sulla Rivelazione e sul Magistero della Chiesa preserva l’evangelizzazione dalla tentazione delle utopie umane: la speranza cristiana non confonde la salvezza con ideologie di nessun tipo; la carità che deve animare l’opera di evangelizzazione, preserva l’annuncio evangelico dalla tentazione della pura strategia di una trasformazione sociale o dalla violenza subita che conduce alla lotta di classe.

Fede, speranza ed amore sono la garanzia di questa nuova evangelizzazione per la quale ho fissato alcuni obiettivi, quando ho detto, a Santo Domingo: “Il prossimo centenario della scoperta e della prima evangelizzazione ci chiama, quindi, ad una nuova evangelizzazione dell’America Latina, che sviluppi con più forza - come è avvenuto alla sua origine - un potenziale di santità, un grande entusiasmo missionario, una vasta creatività catechetica, una manifestazione prospera della collegialità e della comunione ed un impegno evangelico per la dignificazione dell’uomo, al fine di generare, partendo dal seno stesso dell’America Latina, un grande futuro di speranza. Tutto ciò ha un nome: «la civiltà dell’amore»” (Allocutio Dominicopoli in “Stadio Olimpico” habita, III, 4, die 12 oct. 1984: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII, 2 [1984] 896).

7. La vostra assemblea generale è già una risposta, in comunione con il successore di Pietro e con i vostri Vescovi. Attraverso di essa volete porre al servizio della nuova evangelizzazione le immense energie personali, comunitarie, istituzionali e carismatiche della vita consacrata, con lo sguardo rivolto alle necessità più urgenti che avete voluto prendere in esame.

Sapete che, ai problemi di sempre, si aggiungono oggi, nella vostra realtà brasiliana, alcune sfide attuali, ben diverse da quelle che hanno affrontato i primi evangelizzatori. Ad esempio quello della modernità e della, cosiddetta, post-modernità: la emergenza dei poveri fra l’ingiusta oppressione e la tentazione del facile consumismo; il mondo dei giovani, speranza del futuro, tentati da una società ripiegata su se stessa, che offre il miraggio della realizzazione immanente e spegne ogni fiamma interiore che richiami alla trascendenza ed al mistero; il difficile mondo del lavoro; l’urgente problematica dei mezzi di comunicazione sociale; la difficoltà di offrire una nuova evangelizzazione ad una nazione immensa, dove convivono culture tanto diverse fra loro, dalle classi più privilegiate alle masse che vivono nell’anonimato dei quartieri delle grandi città, sino agli indios ed agli agricoltori.

Un’opera di evangelizzazione di tale portata richiede senza dubbio lucidità di analisi delle situazioni, affinché l’annuncio di Cristo salvatore impregni persone e strutture, in una nuova civiltà, che ristabilisca l’equilibrio, partendo da un amore creativo e sociale, fra tutti quegli evidenti squilibri che sono frutto di una civiltà dell’egoismo.

8. Nel documento di preparazione della vostra assemblea, avete voluto ricordare alcune figure di religiosi eminenti, che hanno lasciato un segno nel processo della prima evangelizzazione; e soprattutto le figure di coloro che hanno saputo esaltare la forza liberatrice del messaggio di Gesù Cristo, il rispetto per la dignità delle persone proclamato dalla Rivelazione, l’amore e la difesa dei più poveri e dei più deboli, che è nel cuore del Vangelo.

La presenza ed il perdurare della fede in Brasile, il suo profondo radicamento e la sua mirabile espansione sono dovuti, in buona parte, alla generosa e zelante opera dei religiosi e delle religiose, che in quel luogo vissero gli avvenimenti di una storia di secoli. Tutto ciò è stato esplicitamente riconosciuto dai Vescovi del Brasile, in un recente documento, dove è scritto: “Gli istituti dei religiosi . . . sono, in un certo qual modo, la memoria missionaria della Chiesa. Una vocazione speciale di Dio li ha portati alla più grande disponibilità verso il Signore ed il servizio del suo Regno e ad assumersi le più difficili opere missionarie . . . nelle Chiese particolari, come presenza vivificatrice del loro spirito missionario. Anche gli ordini religiosi della vita contemplativa, grazie alla loro speciale vocazione ed al loro carisma, assumono dimensione missionaria” (CNBB, Igreja: Comunhao e Missao, n. 128).

I religiosi non possono contentarsi di cantar la gloria di una tradizione missionaria che decadrebbe in breve tempo se non trovasse continuità nell’attuale impegno di evangelizzazione. Per questo vi esorto, cari fratelli e sorelle, ad un impegno nella nuova evangelizzazione: “nuova nel suo ardore, i suoi metodi e la sua espressione” (Allocutio in Portu Principis, ad espiscopos Consilii episcopalis Latinoamericani sodales, die 9 mar. 1983: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VI, 1 [1983] 690 ss.). Non potete mancare a questo incontro stabilito dalla storia al quale vi spinge lo Spirito del Signore, e lo Spirito dell’evangelizzazione.

9. Voi, cari religiosi e religiose del Brasile, non siete soli. Siete corpo mistico, incarnate la Chiesa come soggetto responsabile della verità divina e siete consapevoli dell’assistenza dello Spirito di verità, promesso da Cristo alla Chiesa stessa, e siete certi della Parola del Signore: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 5). Amore ed aspirazione alla verità devono camminare insieme in un’intensa ed ininterrotta vita di preghiera.

Pur essendo tutte importanti le numerose opere ed attività cui vi dedicate, la cosa fondamentale continua ad essere ciò che voi siete nella Chiesa e chi siete per il popolo. E ciò trasparirà dalla testimonianza di carità reciproca, alla quale è vincolato lo spirito fraterno; dall’armonia con i Pastori, garanzia dell’unità ecclesiale. Vivete e lavorate in una pastorale unitaria che richiede una comunione organica. La forza della Chiesa è nella sua unità; la sua debolezza nella disunione.

A contatto con il popolo cristiano, date mostra della chiarezza e del rispetto dei doni multiformi dello Spirito. Oggi, ancor più dell’anno passato, alla luce del Concilio e dell’esortazione apostolica Christifideles Laici, collaborate, esortate alla collaborazione e cooperate per la formazione autentica di un laicato adulto, chiamato a dare testimonianza del Vangelo nella società, laddove hanno luogo le decisioni più importanti per la vita del popolo: nel campo della cultura, dell’economia, dell’istruzione e della politica.

Dalla promozione di un laicato maturo, generoso e responsabile, ci si può aspettare la consistenza della nuova evangelizzazione, ed inoltre un rinnovamento spirituale ed apostolico della vita consacrata, all’interno del carisma stesso. Essi, i laici, vi chiederanno trasparenza e maggiore specializzazione nella vostra testimonianza evangelica nel seguire Cristo al servizio del Regno, mano a mano che cresce la loro coscienza apostolica e si crea spazio per la loro iniziativa; in seguito al rinnovamento congiunto di tutta la Chiesa ci si può aspettare - come chiedo al Signore nelle mie preghiere - il fiorire delle vocazioni in tutte le vostre famiglie religiose.

10. Esorto alla speranza ed alla fiducia tutti coloro i quali un disegno provvidenziale ha reso responsabili della guida delle famiglie religiose; e fra le difficoltà ed i problemi che la vita religiosa attraversa, dico loro, anzi, Cristo ripete loro: Non abbiate timore! Sono io, il Signore, il vincitore del mondo, del peccato e della morte stessa: Io, la Risurrezione e la vita.

Date e vi sarà dato. Con grande speranza nel Signore date una risposta generosa di fede agli appelli della nuova evangelizzazione, insistendo sull’auto-evangelizzazione. E che in questa ricerca primordiale del Regno di Dio e della sua giustizia vi accompagnino la presenza e l’esempio dei santi fondatori e delle sante fondatrici. Fate ciò che essi farebbero oggi, con il loro amore per Gesù Cristo e la loro fedeltà totale alla Chiesa.

Così prego la Vergine Maria, stella dell’evangelizzazione, modello di dedizione totale al mistero di Cristo e della Chiesa. Che la Vergine Maria di Nazaret, tanto presente nelle vostre famiglie religiose, ispiratrice della più autentica consacrazione al servizio del Regno, partendo dall’umiltà e dalla povertà della sua stessa vita, possa far crescere in voi la fedeltà per la vostra vocazione, la fratellanza nelle vostre comunità e la generosità della vostra collaborazione nella nuova evangelizzazione.

Con la mia propiziatrice benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 11 luglio 1989.

IOANNES PAULUS PP. II

 

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