Index   Back Top Print

[ ES  - IT  - PT ]

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI GIOVANI DELLA COMUNITÀ DI TAIZÉ

30 dicembre 1980


Cari giovani.

1. La visione che mi è data dal vostro impressionante raduno, in questo luogo storico e unico al mondo - e pensando al servizio ecclesiale del tutto particolare che il Signore mi ha misteriosamente affidato attraverso la voce del collegio dei Cardinali or son già due anni passati - mi spinge a prendere in prestito le parole del profeta Isaia per invitare tutto il Popolo di Dio - la nuova Gerusalemme - all’ammirazione, alla gioia: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te... cammineranno i popoli alla tua luce. Alza gli occhi attorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano. A quella vista sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore” (Is 60,1-6).

Storia antica? No, sempre attuale! Grazie a voi e grazie a tanti e tanti pellegrini che prendono la via di Roma per venerare le tombe degli apostoli e incontrare il successore di Pietro. Nell’impossibilità di contattare ognuno di voi - non siete 25.000? - esprimo a tutti le mie calorose felicitazioni. So che voi venite da lontano e anche da molto lontano, soprattutto dall’Europa, ma ugualmente dall’Asia e dall’Australia, dall’Africa e dalle due Americhe. Avete realizzato prodezze di organizzazione, di trasporto, di bilancio, di mutuo soccorso e preparazione spirituale. E accettate di vivere il vostro soggiorno romano in condizioni di grande semplicità e fatiche generate dai vostri numerosi spostamenti. Siete dei veri pellegrini. Scorrendo il programma delle vostre giornate, ho subito percepito che voi siete venuti prima di tutto per fare un’esperienza di fraternità e di preghiera in questa diocesi di Roma, che fu la sede di Pietro e dimora di tutti i successori... Vorrei ora meditare con voi e confermarvi nella vostra fede nella Chiesa, nei vostri legami con la Chiesa di Roma e il suo Vescovo, nei vostri progetti di partecipazione alla costruzione del mondo, là dove vivete e secondo i criteri del Vangelo.

2. Avete anche condiviso, nella preghiera e negli scambi, la medesima aspirazione alla riconciliazione, alla pace, direi la vostra impazienza dell’unità. E di fatto, è un modo di preparare, al vostro livello, le vie dell’unità, di viverne un po’ il mistero.

Perché l’unità ecclesiale, cari amici, è un mistero profondo, che trascende le nostre concezioni, i nostri sforzi, i nostri desideri. I Padri del Concilio Vaticano II hanno lungamente meditato su questo mistero della Chiesa, del Popolo di Dio, come ne testimoniano la costituzione “Lumen Gentium” e altri testi. “Questa unità, Cristo l’ha accordata alla sua Chiesa dall’inizio” (Unitatis Redintegratio, 4, § 3). E nello stesso tempo essa deve essere ricercata, ricostruita da tutti i cristiani.

In certo senso, i cristiani non preesistono alla Chiesa, e essi non sussistono, come tali, indipendentemente dalla Chiesa. Diciamo piuttosto: gli uomini si aggregano per diventare cristiani, si aggregano alla Chiesa che è nata come un popolo unico dal disegno di Dio Padre, dal sacrificio di Cristo, dal dono dello Spirito Santo. “L’insieme di coloro che guardano con la fede verso Gesù, autore della salvezza, principio di unità e di pace, Dio li ha chiamati, ne ha fatto la Chiesa, affinché essa sia, agli occhi di tutti e di ciascuno, il sacramento visibile di questa unità salvifica” (Lumen Gentium, 9). L’unità non deriva solamente dall’ascolto del medesimo messaggio evangelico, che d’altronde ci è trasmesso dalla Chiesa; essa riveste una profondità mistica: è allo stesso corpo di Cristo che noi siamo aggregati, mediante la fede e il battesimo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; è lo stesso Spirito che ci giustifica e che anima la nostra vita cristiana: “Non v’è che un corpo e uno spirito, come non v’è che una sola speranza alla fine della chiamata che avete ricevuto; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo” (Ef 4,4-5). Tale è l’unica sorgente che ci trascina ed esige, oggi come all’alba della Chiesa “l’unità nella dottrina degli apostoli, nella comunione fraterna, nella frazione del pane e le preghiere” (Lumen Gentium, 13). La struttura stessa della Chiesa, con la sua gerarchia e i suoi sacramenti, non fa che tradurre e realizzare questa unità essenziale ricevuta da Cristo-capo. Infine, questa unità, interna alla Chiesa di Cristo, costituisce “per l’insieme del genere umano il germe più forte di unità, di speranza e di salvezza” (Ivi, 9). Tale è la grazia data fin dall’inizio alla Chiesa, tale è la sua vocazione.

 

Chers Jeunes,

1. La vision qui m'est donnée de votre impressionnant rassemblement, en ce lieu historique et unique au monde - et en songeant au service ecclésial tout à fait particulier que le Seigneur m’a mystérieusement demandé par la voix du Collège des cardinaux voici déjà deux ans passés - m’invite à emprunter les paroles du prophète Isaïe pour convier tout le Peuple de Dieu - la nouvelle Jérusalem - à l’admiration, à la joie: “Debout, Jérusalem! Resplendis! elle est venue, ta lumière, et la gloire du Seigneur s’est levée sur toi... Les nations marcheront vers ta lumière... Lève les yeux, regarde autour de toi! Tes fils reviennent de loin. Tous ils se rassemblent, ils arrivent. Alors, tu verras et seras radieuse. Ton cœur frémira et se dilatera”.

Histoire ancienne? Non, toujours actuelle! Grâce à vous et grâce à tant et tant de pèlerins qui prennent le chemin de Rome pour vénérer les tombeaux des Apôtres et rencontrer le successeur de Pierre. Dans l’impossibilité de contacter chacun d’entre vous - n’êtes-vous pas 25.000? - j’exprime à tous mes chaleureuses félicitations. Je sais que vous venez de loin et même de très loin, surtout de l’Europe, mais également d’Asie et d’Australie, d’Afrique et des deux Amériques. Vous avez réalisé des prouesses d’organisation, de transport, de budget, d’entraide diverse et de préparation spirituelle. Et vous acceptez de vivre votre séjour romain dans des conditions de grande simplicité et de fatigues engendrées par vos nombreux déplacements. Vous êtes de vrais pèlerins. En parcourant le programme de vos journées, j’ai tout de suite perçu que vous étiez venus avant tout pour faire une expérience de fraternité et de prière dans ce diocèse de Rome, qui fut le siège de Pierre et demeure celui de tous ses successeurs. Je voudrais maintenant méditer avec vous et vous affermir dans votre foi en l’Église, dans vos liens avec l’Église de Rome et son Évêque, dans vos projets de participation à la construction du monde, là où vous vivez, et selon les critères de l’Évangile.

2. Ainsi vous avez partagé, dans la prière et les échanges, la même aspiration à la réconciliation, à la paix, je dirais votre impatience de l’unité. Et de fait, c’est une façon de préparer, à votre niveau, les voies de l’unité, d’en vivre un peu le mystère.

Car l’unité ecclésiale, chers amis, est un mystère profond, qui transcende nos conceptions, nos efforts, nos désirs. Les Pères du Concile Vatican II ont longuement médité sur ce mystère de l’Église, du Peuple de Dieu, comme en témoignent la Constitution “Lumen Gentium” et d’autres textes. “Cette unité, le Christ l’a accordée à son Église dès le commencement”. Et en même temps elle est sans cesse à rechercher, à reconstruire, pour l’ensemble des chrétiens.

Dans un certain sens, les chrétiens ne préexistent pas à l’Église, et ils ne subsistent pas, comme tels, indépendamment de l’Église. Disons plutôt: les hommes s’agrègent à elle pour devenir chrétiens, à elle qui est née comme un peuple unique du dessein de Dieu le Père, du sacrifice du Christ, du don de l’Esprit Saint. “L’ensemble de ceux qui regardent avec la foi vers Jésus, auteur du Salut, principe d’unité et de paix, Dieu les a appelés, il en a fait l’Église, pour qu’elle soit, aux yeux de tous et de chacun, le sacrement visible de cette unité salutaire”. L’unité ne vient pas seulement de l’écoute du même message évangélique, qui d’ailleurs nous est transmis par l’Église; elle revêt une profondeur mystique: c’est au même Corps du Christ que nous sommes agrégés, moyennant la foi et le baptême au nom du Père, du Fils et du Saint-Esprit; c’est le même Esprit qui nous justifie et qui anime notre vie chrétienne: “Il n’y a qu’un Corps et qu’un Esprit, comme il n’y a qu’une espérance au terme de l’appel que vous avez reçu; un seul Seigneur, une seule foi, un seul baptême”. Telle est l’unique source qui entraîne et requiert, aujourd’hui comme à l’aube de l’Église, “l’unité dans la doctrine des Apôtres, dans la communion fraternelle, dans la fraction du pain et les prières”. La structure même de l’Église, avec sa hiérarchie et ses sacrements, ne fait que traduire et réaliser cette unité essentielle reçue du Christ-Chef. Enfin cette unité, intérieure à l’Église du Christ, constitue “pour l’ensemble du genre humain le germe le plus fort d’unité, d’espérance et de salut”. Telle est la grâce donnée dès le principe à l’Église, telle est sa vocation.


3. Però questo non significa che tutti i figli e le figlie della Chiesa vivano secondo questa grazia e vocazione. Cristo, che ha guadagnato con la sua croce questo popolo unificato e che ha segnato le condizioni e le vie dell’unità, ha ricordato i pericoli della divisione tra coloro che avrebbero creduto in lui. Per questo ha pregato con tanta insistenza affinché queste minacce fossero superate: “Perché tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, affinché... il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). L’unità appare dunque come una caratteristica fondamentale della Chiesa, ma la cui realizzazione è difficile, è seminata da scogli, almeno se cerchiamo l’unità profonda che Cristo chiede.

È un fatto che in questa sola e unica Chiesa di Dio apparirono fin dal principio certe divisioni (cf. Unitatis Redintegratio, 3). Poi la Chiesa ha sperimentato dissensi più gravi, che la nostra generazione ha ereditato e per cui soffre, benché essa ne provochi a sua volta di altri. Voi siete particolarmente sensibili a questa sofferenza, a questa anomalia. È un buon segno. La fedeltà a Cristo ci impone il grave compito di ricostruire la piena unità.

È vero che condividiamo in molti punti un patrimonio comune. Vi sono progressi notevoli nella comprensione, nella carità, nell’orazione comune, benché per onestà e lealtà verso noi stessi e verso i nostri fratelli non possiamo celebrare uniti l’eucaristia del Signore, giacché questo è il sacramento dell’unità. Non si può separare, infatti, comunione eucaristica da comunione ecclesiale nella medesima ed unica fede. Con fervore ed umiltà, ognuno deve portare la sua propria collaborazione a questa opera di ricostruzione della unità, secondo le sue responsabilità dentro la Chiesa. Sia a livello della ricerca teologica, che è necessaria (un campo in cui, come è risaputo, si dispiegano sforzi leali e pazienti), sia mediante l’orazione e la carità nelle quali voi siete impegnati. Ma i cristiani devono cercare “la purificazione e il rinnovamento, affinché il segno di Cristo risplenda con maggiore chiarezza sul volto della Chiesa” (“Lumen Gentium”, 15). La conversione del cuore e la santità di vita sono, insieme con la preghiera, l’anima di tutto l’ecumenismo (cf. Unitatis Redintegratio, 8). Non si tratta di una unità qualsiasi, bensì di quella che corrisponde alle vie tracciate dal Signore nel fondare la sua Chiesa e seguite dalla più pura tradizione della Chiesa. A questo proposito, l’esperienza che voi state vivendo a Roma può aiutare ad una maggiore comprensione.


3. Pero esto no significa que todos los hijos de la Iglesia vivan según esta gracia y vocación. Cristo, que ha ganado con su cruz este pueblo unificado y que ha marcado las condiciones y los caminos de su unidad, ha evocado los peligros de división entre quienes habrían de creer en El. Por ello ha orado con tanta insistencia para que estas amenazas sean superadas: “para que todos sean uno, como tú, Padre, estás en mí y yo en ti, para que... el mundo crea que tú me has enviado”. La unidad aparece pues como una característica fundamental de la Iglesia, pero cuya realización es difícil, está sembrada de escollos, al menos si buscamos la unidad profunda que Cristo quiere.
Es un hecho que en esta sola y única Iglesia de Dios aparecieron desde el principio ciertas escisiones. Después la Iglesia ha experimentado disensiones más graves, que nuestra generación ha heredado y por las que sufre, aunque ella misma provoque a veces otras nuevas. Vosotros sois particularmente sensibles a este sufrimiento, a esta anomalía. Es una buena señal. La fidelidad a Cristo nos impone el grave deber de reconstruir la unidad plena.

Es verdad que compartimos en muchos puntos un patrimonio común. Hay progresos notables en la comprensión, en la caridad, en la oración en común, aunque por honestidad y por lealtad hacia nosotros mismos y hacia nuestros hermanos no podamos celebrar juntos la Eucaristia del Señor, ya que ésta es el sacramento de la unidad. No se puede separar, en efecto, comunión eucaristica y comunión eclesial en la misma y única fe. Con fervor y humildad, cada uno debe aportar su propia colaboración a esta obra de reconstrucción de la unidad, según sus responsabilidades dentro de la Iglesia. Bien a nivel de investigación teológica, que es necesaria (un campo en el que, como es sabido, se despliegan esfuerzos leales y pacientes), bien mediante la oración y la caridad en las que vosotros estáis comprometidos. Pero los cristianos deben buscar “la purificación y renovación, a fin de que la señal de Cristo resplandezca con más claridad sobre la faz de la Iglesia”. La conversión del corazón y la santidad de vida son, junto con la oración, el alma de todo ecumenismo. No se trata de una unidad cualquiera, sino de aquella que corresponde a los caminos trazados por el Señor al fundar su Iglesia y seguidos por la más pura tradición de la Iglesia. A este propósito, la experiencia que vosotros estáis viviendo en Roma puede ayudaros a una mejor comprensión.


4. È in primo luogo, questa unità della Chiesa, dono di Cristo, rovinata dai cristiani e perciò da ricostruire incessantemente, fu affidata in modo particolare all’apostolo Pietro, che era venuto dalle rive del lago Tiberiade alle sponde del Tevere e che morì come martire proprio in quel luogo durante il regno di Nerone. Non fu a Giovanni, grande contemplativo, né a Paolo, l’incomparabile teologo e predicatore, che Cristo diede il compito di confermare gli altri apostoli, i suoi fratelli (cf. Lc 22,31-32), di pascere gli agnelli e le pecore (cf. Gv 21,15-17), ma al solo Pietro. È sempre illuminante e commovente meditare i testi del Vangelo che esprimono l’unico e irriducibile ruolo di Pietro nel collegio degli apostoli e nella Chiesa ai suoi inizi. È inoltre sorprendente, per ognuno di noi, vedere quanto Cristo continui a riporre tutta la sua fiducia in Pietro, nonostante la sua momentanea debolezza. E Pietro ha accolto seriamente questo ruolo, fino alla suprema testimonianza della spargimento di sangue. La sua prima lettera sembra certamente provare che egli avesse meditato profondamente sulle sorprendenti parole che Cristo gli aveva rivolto. Rivela la personale spiritualità di colui che aveva ricevuto la responsabilità di riunire insieme il gregge dell’unico pastore: “Pascete il gregge di Dio che vi è affidato... non per vile interesse, ma di buon animo... E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce” (1Pt 5,2-4; cf.1Pt 2,25). Pietro ricorda che egli è la roccia ma anche il pastore. E quando esorta gli anziani ad adempiere il loro compito pastorale di buon animo, è perché ricorda di aver ricevuto il suo proprio compito pastorale in risposta ad una triplice affermazione d’amore.

Il carisma di san Pietro è passato ai suoi successori. Questa è la ragione per cui ai suoi primordi la Chiesa di Roma aveva un ruolo guida. Sono certo che voi siete a conoscenza di alcuni esempi tipici di questo fatto. Alla fine di questo primo secolo, il Vescovo di Roma, san Clemente, interviene con autorità nella Chiesa che è in Corinto, precisamente al fine di ristabilirvi un’unità interna. Verso l’anno 110, sant’Ignazio di Antiochia, scrivendo alla Chiesa di Roma, la saluta come colei che presiede alla universale assemblea d’amore. Il famoso epitaffio di Abercio, che si può osservare nei musei vaticani, testimonia l’influenza della Chiesa romana intorno all’anno 180. Sant’Ireneo, Vescovo di Lione alla fine del II secolo, proclama che ogni Chiesa che desideri conservare la tradizione apostolica deve a questo proposito assicurarsi di rimanere in comunione con Roma.

4. And in the first place, this unity of the Church, given by Christ, marred by Christians and therefore ceaselessly to be rebuilt, was especially entrusted to the Apostle Peter, who had come from the shores of Lake Tiberias to the banks of the Tiber and who died as a martyr in this very place in the reign of Nero. It was not to John, the great contemplative, nor to Paul, the incomparable theologian and preacher, that Christ gave the task of strengthening the other Apostles, his brethren, of feeding the lambs and the sheep, but to Peter alone. It is always enlightening and moving to meditate on the Gospel texts expressing the unique and irreducible role of Peter in the College of Apostles and in the Church at her beginning. It is even overwhelming, for each of us, to see how much Christ continues to put all his trust in Peter, in spite of his momentary weakness. And Peter took this role seriously, even to the supreme witness of shedding his blood.

His First Letter certainly seems to prove that he meditated deeply upon the astonishing words that Jesus has said to him. It reveals the personal spirituality of the one who had received the charge of gathering together the flock of the one Shepherd: “Tend the flock of God that is your charge... not for shameful gain but eagerly... And when the chief Shepherd is manifested you will obtain the unfading crown of glory”. Peter remembers that he is the rock but also the shepherd. And when he exhorts the Elders to carry out their pastoral task eagerly, it is because he remembers having received his own pastoral task in response to a threefold protestation of love.

The charisma of Saint Peter passed to his successors. This is why at a very early time the Church of Rome played a leading role. I am sure that you are acquainted with some typical examples of this.

At the end of the first century, the Bishop of Rome, Saint Clement, intervenes with authority in the Church which is in Corinth, precisely in order to re-establish in it internal unity. Towards the year one hundred and ten, Saint Ignatius of Antioch, writing to the Church in Rome, greets it as the one which presides over the universal assembly of love. The famous epitaph of Abercius, which can be seen in the Vatican Museum, bears witness to the influence of the Roman Church about the year one hundred and eighty. Saint Irenaeus, Bishop of Lyons at the end of the second century, proclaims that every Church desiring to preserve the apostolic tradition must for this purpose make sure that it remains in communion with Rome.


5. Un’altra caratteristica di questa comunità è la commemorazione e il culto dei suoi martiri, a cominciare da san Pietro e san Paolo e poi di molti altri. È difficile elaborare statistiche rigorose.

Ma le catacombe, che in un primo momento erano cimiteri in cui i cristiani seppellivano i loro mori, ivi dando espressione alla loro speranza tramite iscrizioni e pitture, diventarono poi luoghi di un fervido culto dei martiri.

È vero che le catacombe per molto tempo sono state trascurate; ma ci si deve rallegrare nel vedere che la moderna ricerca e la pietà illuminata uniscono i loro rispettivi sforzi al fine di risvegliare nei pellegrini l’interesse per le fonti del cristianesimo e al fine di ricordare che la Chiesa di Cristo, sin dai suoi primordi, e anche oggi in questi paesi in cui la libertà religiosa viene repressa, ha sempre i suoi martiri. La visita delle catacombe dovrebbe spingere i cristiani a professare la fede più coraggiosamente.

Questa fase di rilancio per la Chiesa che sta in Roma, mi suggerisce ad esortarvi ad interessarvi sempre di più della storia. La conoscenza dei duemila anni di cristianesimo può inculcare nei cristiani due cose importanti: il senso della continuità e il senso del relativo. Il primo può preservare dall’illusione ingenua e presuntuosa che la generazione cui apparteniamo sia la prima a scoprire certe verità ed a vivere determinate esperienze. Il senso del relativo, che niente ha a che fare con lo scetticismo, ci insegna a sua volta a discernere l’essenziale. C’è oggi un certo numero di difficoltà di fede e di crisi religiose, individuali e collettive, che provengono dal fatto di relativizzare l’assoluto e di assolutizzare il relativo. Ci si può domandare - essendo, come è, così importante tale consapevolezza - se è possibile, al giorno d’oggi, e in un mondo civilizzato essere pienamente cristiani ignorando tutto o quasi tutto del passato della Chiesa.

5. Uma outra característica desta comunidade é a comemoração e o culto dos seus Mártires, a começar de São Pedro e de São Paulo e, em seguida, de muitos outros. É difícil elaborar estatísticas com rigor. Mas as catacumbas, que num primeiro momento eram cemitérios, onde os cristãos sepultavam os seus mortos, deixando aí expressa a sua esperança por meio de inscrições e de pinturas, tornaram-se depois lugares de um culto fervoroso dos Mártires.

É verdade que as catacumbas estiveram abandonadas durante muito tempo; mas há que regozijar-se por ver os estudos modernos e a piedade esclarecida conjugar os respectivos esforços para despertar nos peregrinos o gosto pelas fontes cristãs e para lhes recordar que a Igreja de Cristo, desde os seus primórdios, e hoje ainda nas nações onde se acha cerceada a liberdade religiosa, tem sempre os seus Mártires. A visita às catacumbas deveria levar os cristãos a professarem mais corajosamente a própria fé.

Este olhar de relance para a Igreja que está em Roma sugere-me fazer os melhores votos por que cada vez mais ganheis gosto pela história. O conhecimento de dois mil anos de Cristianismo pode inculcar nos cristãos duas coisas importantes: o sentido da continuidade e o sentido do relativo. O primeiro pode preservar da ilusão ingénua e presunçosa de que a geração à qual pertencemos seria a primeira a descobrir certas verdades e a viver determinadas experiências. O sentido do relativo, que nada tem a ver com o cepticismo, ensina-nos por sua vez a discernir o essencial. Há um certo número de dificuldades em crer e de crises religiosas, individuais ou colectivas, que provêm do facto de se relativizar o absoluto e de se absolutizar o relativo. Pode-se perguntar - sendo como é tão importante tal discernimento - se é possível, nos dias de hoje, e num mundo civilizado, ser-se plenamente cristão ignorando tudo ou quase tudo do passado da Igreja.


6. In occasione della vostra esperienza romana di fraternità e di preghiera voi siete ospiti dell’una o dell’altra delle trecento parrocchie di questa diocesi. Vi ringrazio per la testimonianza cristiana che avete dato loro con semplicità e verità. Allo stesso modo ringrazio tutti i romani che vi hanno aperto le loro chiese e le loro case.

L’unità, la “comunione” nella Chiesa ha necessariamente un aspetto visibile, istituzionale. Perciò ha soprattutto valore il servizio all’unità compiuto dal Papa, dai Vescovi, e dai loro sacerdoti. Questo servizio, i cui diretti testimoni in questi giorni siete voi, produce nel vero senso della parola la “comunione” tra i cristiani. È innanzitutto un servizio apostolico, un legame ininterrotto con l’origine, col fondatore della Chiesa: perché i Vescovi e i sacerdoti presiedono la celebrazione dei sacramenti e la proclamazione della parola, e in ciò Cristo giunge nel nostro presente... Attraverso il vostro temporaneo inserimento nelle comunità parrocchiali di Roma capite ora forse ancor meglio, quanto è importante un luogo d’incontro, di “comunione”. Ve ne possono essere diversi, ma la parrocchia occupa tuttavia un posto estremamente importante; costruita secondo un punto di vista puramente spaziale, è aperta a tutti i gruppi. La possibilità di questa forma materiale, visibile, istituzionale sembra necessaria, l’idea stessa di comunione si deve incarnare nella Chiesa: Dio ci accetta così come siamo, senza discriminazioni! Ciò che unisce è il suo amore da noi immeritato al di là delle nostre particolarità, meriti, peccati.

Io so, cari giovani, che molti di voi dopo qualche tempo hanno cercato di nuovo con grande impegno la comunione concreta con le loro parrocchie, che per diverse ragioni avevano cercato di lasciare. Continuate così! Là troverete nonostante possibili delusioni le radici della vostra identità cristiana, là sentirete la chiamata della Chiesa per la diffusione della buona novella, e voi porterete a questa comunità quel soffio primaverile della lieta novella, che con ragione si aspettano da voi.

Anche la Chiesa di Roma si sforza di fare passi in avanti nella comunione, nella sue proprie strutture come nei suoi rapporti con le altre Chiese. Posso affermare questo quasi domenica dopo domenica nelle mie visite pastorali nelle parrocchie della mia diocesi. Il vostro soggiorno promuoverà ulteriormente questo spirito di comunione, che è così importante per la vitalità e l’unità della Chiesa. La storia lo dimostra: ogni volta che nella Chiesa incontri e scambi si sono interrotti, o sono stati ostacolati dal potere politico o di altro genere, si è diffusa una certa inerzia, o sviluppi particolari hanno minacciato l’unità. Ciò vale per incontri e scambi tra parrocchie, tra chiese locali, tra le conferenze episcopali, così come tra gli ordini. I primi secoli cristiani - ritorni di nuovo al valore del sapere storico - ci fanno ammirare la rete di comunione e incontro, di solidarietà, di dinamica e di gioia evangelica, che è sorta dalla coscienza ecclesiale. Dobbiamo rallegrarci quando vediamo come questo spirito universale, “cattolico” oggi si sviluppa, e dobbiamo operare per il suo rafforzamento - ognuno al suo posto!

6. Für euer römisches Erlebnis der Brüderlichkeit und des Gebetes wart ihr in der einen oder anderen der dreihundert Pfarreien dieses Bistums zu Gast. Ich danke euch für das christliche Zeugnis, das ihr ihnen gegeben habt in Einfachheit und Wahrheit. In gleicher Weise danke ich all den Römern, die euch ihre Kirchen und ihre Häuser geöffnet haben.

Die Verbundenheit, die ”Kommunion“ in der Kirche, hat notwendig einen sichtbaren, einen institutionellen Aspekt. Ihm gilt besonders der Einheitsdienst des Papstes, der Bischöfe und ihrer Priester. Dieser Dienst, dessen direkte Zeugen ihr in diesen Tagen seid, bewirkt im Vollsinn des Wortes die ”Kommunion“ zwischen den Christen. Er ist vor allem ein Apostel-Dienst, ungebrochene Verbindung zum Ursprung, zum Gründer der Kirche: denn die Bischöfe und Priester leiten die Feier der Sakramente und die Verkündigung des Wortes, und in diesen kommt Christus in unsere Gegenwart... Durch eure vorübergehende Eingliederung in die Pfarrgemeinden von Rom versteht ihr jetzt vielleicht noch besser, wie wichtig ein Forum der Begegnung, der ”Kommunion“ ist. Es mag deren verschiedene geben, aber die Pfarrei nimmt doch einen besonders wichtigen Platz ein; nach rein räumlichen Gesichtspunkten gebildet, ist sie für alle Kreise offen. Die Möglichkeit dieser materiellen, sichtbaren, institutionellen Form scheint notwendig, soll sich die Wesensidee von Kommunion in der Kirche inkarnieren: Gott nimmt uns an, wie wir sind, ohne Diskriminierung! Was uns zusammenführt, ist seine unverdiente Liebe - jenseits von unseren Eigenheiten, Verdiensten, Sünden.

Ich weiß, liebe Jugendliche, daß viele von euch nach einiger Zeit mit großem Einsatz die konkrete Gemeinschaft mit ihren Pfarreien wieder gesucht haben, die sie aus verschiedenen Gründen zu verlassen versucht waren. Macht weiter so! Ihr werdet dort trotz möglicher Enttäuschungen die Wurzeln eurer christlichen Identität finden, ihr werdet dort den Anruf der Kirche zur Weitergabe der Frohen Botschaft vernehmen, und ihr werdet diesen Gemeinschaften jenen Frühlingshauch der Frohen Botschaft bringen, den sie mit Recht von euch erwarten.

Auch die Kirche in Rom bemüht sich, in der Kommunion Fortschritte zu machen, in ihren eigenen Strukturen wie in ihren Beziehungen zu den anderen Kirchen. Das darf ich beinahe Sonntag für Sonntag feststellen bei meinen Pastoralbesuchen in den Pfarreien meines Bistums. Euer Aufenthalt wird diesen Geist der Kommunion noch weiter fördern, der für die Lebendigkeit und die Einheit der Kirche so wichtig ist. Die Geschichte beweist es: jedes Mal wenn in der Kirche Begegnung und Austausch aufgehört haben oder durch politische oder andere Macht verhindert wurden, hat sich eine gewisse Trägheit breitgemacht, oder Eigenentwicklungen haben die Einheit bedroht. Das gilt für Begegnung und Austausch zwischen den Pfarreien, zwischen den Ortskirchen, zwischen den Bischofskonferenzen, sogar zwischen den Orden. Die ersten christlichen Jahrhunderte - ich komme wieder auf den Wert des geschichtlichen Wissens - lassen uns das Netz von Kommunion und Begegnung, von Solidarität, Dynamik und evangelischer Freude bewundern, welches damals aus dem kirchlichen Bewußtsein entstanden ist. Wir müssen uns freuen, wenn wir sehen, wie sich dieser universale, ”katholische“ Geist heute entfaltet, und wir müssen an seiner Erstarkung arbeiten - jeder an seinem Platz!


7. Infine un’ulteriore testimonianza emerge dalla storia della Chiesa che ha la sua capitale a Roma ed è quella della sua sollecitudine missionaria.

In breve tempo le comunità fondate dagli apostoli - quella d’oriente, la cui eredità fu raccolta da Costantinopoli, come pure la comunità di Roma per l’occidente - diventarono centri d’irradiazione apostolica dell’unica Chiesa di Gesù Cristo. In questo modo Roma da parte sua si preoccupò di sostenere e coordinare l’evangelizzazione presso i nuovi popoli del continente europeo. in particolare si strinsero legami fra le nuove chiese locali e quelle che avevano contribuito alla loro fondazione; si formò una cultura spirituale comune, un unico spirito comune in tutti i paesi europei, nei vostri paesi; questo spirito si è mantenuto nelle alterne vicissitudini e può diventare in larga misura ispirazione e sostegno dell’unità alla quale tende ora questo continente. Posso testimoniare, per esempio, che il cristianesimo della mia patria si è sviluppato in stretto rapporto con la Chiesa di Roma.

Fra i presenti saluto molto cordialmente la gioventù slovena. Auguro loro il dono della carità nella presente situazione spirituale e li benedico dal profondo del cuore.

Saluto anche il gruppo della Croazia, auguro loro che il Signore li colmi della sua benedizione nel nuovo anno e che rimangano sempre fedeli alla santa Chiesa.

7. Dodatkowe wreszcie wiadectwo wypywa z historii Kocioa, który ma swoj Stolic w Rzymie.

Jest to jego troska misjonarska. W bardzo krótkim czasie wspólnoty zaone przez Apostoów - ta na Wschodzie, której dziedzictwo przej Konstantynopol oraz wspólnota w Rzymie dla Zachodu - stay si orodkami apostolskiego promieniowania w jednym Kociele Jezusa Chrystusa. W ten sposób Rzym ze swej strony troszczy si o popieranie i koordynowanie ewangelizacji wród nowych narodów kontynentu europejskiego. Nawizyway si szczególne wizy pomidzy nowymi Kocioami lokalnymi a tym, który przyczyni si do ich zaoenia; tworzya si jedna wspólna kultura duchowa, jeden wspólny duch we wszystkich krajach Europy, w waszych krajach; utrzymywa si on w zmiennych kolejach losu i moe sta si w wielkiej mierze natchnieniem i podtrzymanien jednoci, do której dy obecnie ten kontynent. Moge zawiadczy przykadowo, e chrzecijastwo w mojej Ojczynie rozkrzewio si w cisej cznoci z Kocioem Rzymskim.

Med skupinami, ki so nocoj tu med nami navzoe, prisrno pozdravljam tudi tevilno slovensko mladino. elim ji obilo milosti v njenem duhovnem delovanju, in jo iz dna srca blagoslavljam.
Pozdravljam i grupu iz Hrvatske i elim da im Gospodin udijeli mnogo blagoslova u Novoj Godini i da ostanu uvijek vjerni Svetoj Crkvi.


8. In questo modo il Vangelo, la storia della Chiesa e l’esperienza che voi fate a Roma vi permettono di avvicinarvi meglio al mistero della Chiesa di cogliere le esigenze e gli itinerari della piena unità nella Chiesa, di situare meglio voi stessi nella linea degli autentici discepoli di Cristo, alla ricerca della piena riconciliazione. Così, voi vi ponete nel vero clima della fede, della speranza e della carità. Forti di questa identità, è necessario che voi preghiate - mi rallegro di cuore per il fatto che date tanta importanza alla preghiera - ed è necessario che voi operiate: agire dopo avere pregato, agire nel tempo stesso in cui pregate, secondo i sentimenti cristiani che sono germogliati o si sono infervorati nei vostri cuori durante questa grande assemblea. Diceva Gesù al termine del discorso della montagna: “Non chiunque dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio” (Mt 7,21). Bisogna incarnare il messaggio cristiano delle beatitudini nei vostri atteggiamenti concreti, quotidiani, nel cuore stesso del mondo, in tutti i luoghi in cui il Signore vi chiama a vivere. Beati coloro che hanno un’anima di povero. Beati i miti - e, in questi tempi di violenza, la mitezza suppone una grande forza d’animo per lottare senza odio e senza violenza per la giustizia. Beati appunto coloro, che hanno fame e sete di giustizia. Beati i misericordiosi. Beati i puri di cuore. Beati coloro che fanno regnare la pace, quella pace profetizzata da Isaia e portata da Gesù, come ci hanno rammentato le letture di questa veglia. Beati coloro, che sono perseguitati a causa della giustizia, a causa della loro fedeltà a Cristo (cf. Mt 5,2-12). È come dire che bisogna rispettare i diritti e la libertà degli uomini, riconciliarsi, perdonare, condividere, e soprattutto considerare l’altro come un fratello, come il fratello di Cristo. Tutto ciò è il sale, il lievito, la luce, la testimonianza personale e comunitaria, di cui il mondo ha bisogno, affinché si instauri progressivamente la civiltà dell’amore. Ciò suppone una rinuncia a se stessi, un impegno e una perseveranza, che non è possibile progettare e vivere se non con una fede totale in Cristo, con uno spirito evangelico di infanzia.

Infatti, in certi giorni, non siete forse tentati anche voi di dire, come Filippo e Andrea prima della moltiplicazione dei pani: “Che cosa è questo per tanta gente?” (Gv 6,9). Sì, che cosa è questo di fronte agli immensi bisogni, che i moderni mezzi di comunicazione fanno ancor più conoscere? Che cosa è questo soprattutto in confronto dei mezzi di cui dispongono i potenti, i ricchi, i capi politici, coloro che hanno le più grandi responsabilità nella divisione dei beni, nei preparativi o nella decisione delle guerre? È vero che bisogna essere umili, tanto più perché le miserie, le debolezze, gli egoismi, le ingiustizie si trovano anche in noi. Umili sì, ma mai rassegnati. Mai scoraggiati. Mai inattivi. I primi cristiani non si sono lasciati fermare da simili considerazioni, anche se sembravano sperduti nell’immenso impero romano, che aveva altri costumi. E neppure si fermarono gli apostoli moderni della carità. Infatti il cambiamento del mondo, che è nelle mani di Dio e non solamente nelle nostre mani, incomincia con la conversione dei cuori, del cuore di ognuno, del mio, del vostro. Incomincia dal modo di essere “prossimo” come il samaritano, verso chi ogni giorno incontro sulla mia strada o che cerco di incontrare. Si tratta di instaurare il clima di fraternità voluta da Cristo, di realizzarne concretamente una parte, e di prepararsi ad assumere meglio domani le vostre responsabilità di uomini e di donne. Si tratta, in una visione di fede, di unire al Cristo redentore queste preghiere e questi gesti di amore compiuti come “Chiesa” e di sperare la grazia della risurrezione che li trasfigurerà.

Abbiamo meditato a lungo sulla Chiesa, sulla sua missione. Forse avete potuto comprendere meglio in qual modo la Chiesa è nostra madre. E questa maternità della Chiesa ci spinge a volgere gli occhi e il cuore verso Maria, la madre santissima del divin Redentore. Per tutta la sua vita, con il concepire Cristo, con il soffrire con lui “cooperò in modo tutto speciale all’opera del Salvatore, mediate l’obbedienza, la fede, la speranza e l’ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo fu per noi madre nell’ordine della grazia” (Lumen Gentium, 61). È perciò necessario contemplare continuamente Maria per imparare, sul suo esempio, a costruire la Chiesa; è necessario continuamente pregarla per inserirci sempre meglio nel nostro posto nella Chiesa.

In realtà, abbiamo evocato la magnifica missione che è affidata alla Chiesa tutta intera e, in essa, a ciascuna comunità ecclesiale, in cui i giovani devono inserirsi ed agire.

Benedicendovi di cuore, prego lo Spirito Santo di penetrare le vostre anime con la sua luce e la sua forza. Pregate anche per la missione che è stata a me affidata dal Signore a servizio dell’unità dei cristiani: “Che essi siano una cosa sola... affinché il mondo creda!” Amen!



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana