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SINODO PARTICOLARE DEI VESCOVI DEI PAESI BASSI

 DOCUMENTO CONCLUSIVO
DEI LAVORI SINODALI

 

INTRODUZIONE

Riconoscenti verso Dio, al termine di questo Sinodo Particolare desideriamo comunicare ciò che abbiamo discusso sotto la presidenza stimolante del Successore di Pietro, il nostro Papa Giovanni Paolo II, e con la partecipazione, secondo le rispettive competenze, dei Prefetti delle Sacre Congregazioni romane.

Abbiamo presentato al Santo Padre i risultati delle nostre deliberazioni per il bene della Chiesa che è nei Paesi Bassi, nella quale vive la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica.

Le nostre deliberazioni vertono su ciò che, nelle circostanze attuali, è auspicabile per il lavoro pastorale nei Paesi Bassi. Noi eravamo particolarmente coscienti del fatto che i gravi problemi di; fronte ai quali ci troviamo come pastori, esigono una unità, un senso profondo di quel che deve essere una comunione affettiva ed effettiva: è la condizione stessa perché la Chiesa possa compiere la sua missione.

Abbiamo considerato questa unità nella sua duplice dimensione:

— unità di tutti i fedeli, il cui ideale è quello della prima comunità cristiana descritta negli Atti degli Apostoli: tutti i credenti « erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli Apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere » [1].

— unità dei pastori tra di loro, di cui troviamo un modello importante negli Apostoli riuniti attorno a Pietro a Gerusalemme per decidere intorno a questioni cruciali in un momento decisivo della vita della Chiesa nascente [2].

La fedeltà all'insegnamento degli Apostoli, essendo una condizione della comunione, la dottrina e la disciplina della Chiesa restano dunque oggi la norma per la fedeltà alla comunione fraterna.

Applicando questo modello alla nostra situazione, noi abbiamo pensato anzitutto alla comunione di tutti i credenti cattolici nelle sette diocesi dei Paesi Bassi. È in vista di questa comunione di tutti che abbiamo trattato dei diversi ministeri e dei diversi servizi nella Chiesa.

La comunione della Chiesa ha un carattere molto specifico: è al tempo stesso locale e universale. Inoltre, essa ha un aspetto sia istituzionale che spirituale. Infine, questa comunione si alimenta in una tradizione storica, fondata sugli Apostoli, pur essendo chiamata a realizzarsi nel mondo attuale.

Concentrando la nostra attenzione su questa realtà complessa, abbiamo cominciato con una riflessione sulla Chiesa come comunità spirituale. Questa è la ragione per cui adoperiamo frequentemente il termine biblico « communio ». La parola designa una comunità specifica di fede, di speranza e di carità, che unifica i credenti con il Cristo e con il Padre, unendoli al tempo stesso gli uni agli altri. L'unico e indivisibile Spirito Santo è colui che, dimorando nei cuori, li unifica nel medesimo Corpo di Cristo. La parola « communio » esprime dunque il fatto che ciascun fedele partecipa con gli altri alla medesima vocazione, alla medesima fede, allo stesso battesimo, alla stessa eucaristia, alla stessa comunità ecclesiale adunata attorno ai pastori legittimi, alla stessa missione della Chiesa nel mondo.

Riferendosi a questa unità dei credenti, la prima Lettera di San Giovanni ci dice che essa è al tempo stesso una comunione tra di noi e anche una comunione « con il Padre e col Figlio suo Gesù Cristo » [3]. Queste parole ci conducono alla vera sorgente della nostra comunione ecclesiale. Il Signore stesso ha parlato di questa sorgente nella sua Preghiera sacerdotale, quando domanda che tutti « siano una sola cosa ». « Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato » [4].

Queste parole del Signore ci ricordano anche che l'unità concreta e visibile è fragile, e tuttavia non meno preziosa e indispensabile. Certo, è il Cristo che ci raduna attraverso l'unico Spirito; ma questa comunione è anche una comunità di esseri umani.

Questo aspetto umano ci aiuta a comprendere e a non scandalizzarci in presenza di debolezze, tensioni, irritazioni e malintesi. Queste tensioni possono manifestarsi ai diversi livelli della vita della Chiesa. Esse rischiano di diventare vere minacce per l'unità e provocare rotture. Sono il retaggio di una Chiesa che il Cristo ha voluto comunità spirituale ma anche organismo umano e storico.

Ma questi contrasti possono essere superati. Per questo « la Chiesa che comprende nel suo seno i peccatori, santa insieme e sempre bisognosa di purificazione, mai tralascia di far penitenza e rinnovarsi » [5]. Il Concilio Vaticano II ci ha insegnato molto chiaramente che la vita della Chiesa è un pellegrinaggio, e che di conseguenza essa « è chiamata da Cristo a quella continua riforma di cui, in quanto istituzione umana e terrena, ha sempre bisogno » [6].

La nostra discussione su quanto ha bisogno di essere emendato è stata una discussione assolutamente fraterna. Non senza ragione il Santo Padre si rivolge ai vescovi come a suoi fratelli. Proprio a motivo della sua ricchezza sul piano della fede, la parola « communio » include anche relazioni cordiali e fraterne. Così, ogni giorno abbiamo pregato insieme e condiviso l'eucaristia. È su questo stesso piano di fraternità che abbiamo discusso delle diverse questioni che andavano affrontate, discussioni di cui comunichiamo i risultati nelle pagine che seguono.

Speriamo di tutto cuore che, portate nella pratica, queste risoluzioni arrechino un grande beneficio e che la Chiesa di San Willibrord possa così meglio manifestarsi come « communio ».

 

I
I VESCOVI

1. I vescovi dei Paesi Bassi esprimono la loro volontà unanime di approfondire tra di loro rapporti cordiali e fraterni. Agendo in questo modo, essi intendono non solo testimoniare lo spirito di fraternità come valore umano; essi sono convinti di realizzare così — nonostante difficoltà di diversa natura che incontrano nello sforzo di attuare il loro spirito collegiale — una profonda comunione d'amore che è il frutto dello Spirito Santo.

2. I vescovi si rendono conto che questa perfetta messa in pratica dipende da certe condizioni oggettive, ossia la fede cattolica e il modo in cui la funzione episcopale deve essere esercitata.

a) La fede, o il Vescovo come « Doctor Fidei »

3. I vescovi professano il loro accordo sul contenuto della fede cattolica secondo l'insegnamento della Chiesa cattolica romana. Essi esprimono la loro piena e intera comunione con il Papa, Vescovo di Roma e Pastore supremo della Chiesa universale, come pure la loro fede nella costituzione gerarchica della Chiesa; né i vescovi né i sacerdoti sono i delegati dei fedeli, ma ministri di Gesù Cristo al servizio della comunità ecclesiale.

4. I vescovi professano che il punto di partenza e la fonte oggettiva della fede sono nella Rivelazione divina, perché a Dio che si rivela, l'uomo deve « l'obbedienza alla fede » [7].

5. I vescovi intendono annunciare nella sua pienezza il contenuto della Rivelazione, interpretato dal magistero, sia pure tenendo conto delle esigenze degli uomini del nostro tempo. I vescovi riconoscono che esistono sensibilità diverse per quanto concerne la pedagogia dell'annuncio della fede cristiana agli uomini d'oggi.

6. Per quel che riguarda l'armonia tra la Rivelazione interpretata dal magistero e le aspirazioni del nostro tempo, i vescovi sottolineano la loro volontà di tendere a una presentazione chiara ed equilibrata della fede.

7. I vescovi sono pienamente d'accordo sul fatto che presso i fedeli di tutti i tempi esiste un « sensus fidei » al quale i teologi dovrebbero sempre prestare attenzione e del quale si deve tener conto come elemento d'interpretazione della Tradizione. Secondo la « Dei Verbum » [8], è specialmente attraverso la contemplazione e lo studio dei credenti, e attraverso la loro comprensione intima delle realtà spirituali di cui fanno l'esperienza, che progredisce la percezione della Tradizione. Tuttavia, questo « sensus fidei » non è costitutivo della Rivelazione, e non ha la stessa forza dell'interpretazione normativa che ne dà il magistero della Chiesa, nella sottomissione a quella stessa Rivelazione.

8. Accanto a questo « sensus fidei » proprio dei fedeli credenti, esistono esperienze religiose comuni a tutti gli uomini. Esse possono costituire un punto di partenza per l'educazione alla fede e per la catechesi. Devono pertanto essere valorizzate alla luce della crescita necessaria verso la piena intelligenza della fede. Sono dunque da scartare taluni metodi di catechesi che restano al livello della sola esperienza religiosa.

9. Pur sapendo che esiste una certa diversità (unità non significa uniformità) nelle espressioni della fede e della dottrina diffuse sia dai mezzi di comunicazione di massa, sia dalle pubblicazioni, i vescovi dovranno vigilare affinché questa diversità non ingeneri la confusione presso i credenti. I vescovi esaminano i mezzi concreti per garantire una sufficiente diffusione agli insegnamenti del Vaticano II e ai documenti della Santa Sede.

10. Il modo in cui i pastori presentano la fede è opera di prudenza, specialmente nel campo della morale cristiana. Essi sanno che non devono sacrificare la norma stessa.

Dovranno, d'altronde, discernere i rimedi appropriati alla mancanza di disponibilità o alla difficoltà di certi fedeli ad accettare o ad applicare le norme che derivano dai valori cristiani. Quando questa disponibilità è nulla o limitata, o quando questa difficoltà è grande, esse devono continuare ad essere l'oggetto della sollecitudine dei pastori.

b) Il « Governo » episcopale, o il Vescovo come Pastore

11. I vescovi dei Paesi Bassi professano la loro fedeltà alla disciplina della Chiesa, e la loro volontà di applicarla secondo i documenti ufficiali della Chiesa. Essi ricordano in particolare l'importanza del decreto conciliare « Christus Dominus », del decreto « Ecclesiae Sanctae » e del Direttorio per il ministero pastorale dei vescovi.

12. I Prefetti delle Sacre Congregazioni e i vescovi hanno riconosciuto che esistono fra loro talune difficoltà. Essi si sono trovati d'accordo sul fatto che la collaborazione e la fiducia reciproca potrebbero essere rafforzate attraverso scambi d'informazioni, complete e periodiche, attraverso visite dei vescovi ai dicasteri o attraverso prese di contatto regolari da parte di una delegazione della Conferenza attraverso visite di rappresentanti della Curia ai Paesi Bassi e anche con una accurata redazione della « Relatio quinquennalis » e dei protocolli delle riunioni della Conferenza. Deriverebbe da tutto questo una comunione più stretta tra la comunità cattolica dei Paesi Bassi e la Chiesa universale. I vescovi chiedono che le informazioni o imputazioni inviate a loro insaputa ai dicasteri romani siano verificate mediante consultazione del vescovo interessato o della Conferenza.

13. I vescovi sono preoccupati della necessità di stabilire contatti personali costanti con sacerdoti, con religiosi e religiose, con laici impegnati; essi sanno anche che i fedeli desiderano, oggi più di un tempo, la presenza personale del vescovo in mezzo a loro. In questo contesto, e conformemente a « Christus Dominus » [9], i vescovi si sono dichiarati d'accordo perché sia intrapreso, nel quadro della Conferenza dei Paesi Bassi, lo studio di una nuova delimitazione delle diocesi nel loro Paese, che non dev'essere necessariamente realizzata in blocco e tutta in una volta.

14. I vescovi hanno coscienza di trovarsi di fronte a un problema particolarmente difficile: conciliare l'esercizio della loro funzione propria all'interno della diocesi e la loro adesione alle direttive della Conferenza o della maggioranza dei suoi membri.

Dal punto di vista dottrinale, la Conferenza episcopale è un'assemblea nella quale i vescovi di una nazione « esercitano congiuntamente il loro compito pastorale » (« munus suum pastorale coniunctim exercent ») [10].

Dal punto di vista pratico, « le Conferenze episcopali possono oggi portare un molteplice e fecondo contributo, acciocché l'affetto collegiale porti a concrete applicazioni » [11]. Questo vale in modo particolare nei Paesi Bassi, regione ad alta densità di popolazione, e oggi unificata da mezzi nuovi quali l'urbanizzazione, la migrazione interna, i mass-media. La Conferenza episcopale potrà dunque essere uno strumento prezioso per realizzarvi una « santa collaborazione (sancta conspiratio) per il bene comune delle Chiese » [12]. La natura dell'obbligo che incombe al vescovo è espressa nel Direttorio dei vescovi in questi termini:

a) Il vescovo accoglie con fedele ossequio, esegue e fa eseguire in diocesi, come aventi forza di legge dalla suprema autorità della Chiesa [13], le decisioni legittimamente prese dalla Conferenza e riconosciute dalla Sede apostolica, anche se egli prima eventualmente le abbia disapprovate, o ne debba poi avere qualche disagio.

b) Le altre decisioni e norme della Conferenza, non aventi forza di obbligo giuridico, ordinariamente il vescovo le fa sue in vista dell'unità e carità verso i confratelli, a meno che non ostino gravi motivi di cui egli è giudice davanti al Signore. Tali decisioni e norme vengono da lui promulgate nella diocesi a nome proprio e con autorità propria, giacché in questi casi la Conferenza non può limitare la potestà che ogni vescovo personalmente detiene in nome di Cristo [14] » [15].

I vescovi nulla tralasceranno perché la comunione affettiva ed effettiva tra di loro si approfondisca di giorno in giorno e per evitare che siano giudicati divisi tra loro. A tal fine essi si impegnano:

a) cercare occasioni di preghiera e di liturgia in comune;

b) ad aiutarsi reciprocamente nel mettere in pratica le decisioni del Sinodo;

c) a procedere regolarmente a scambi che permettano di conoscere idee, iniziative e persone, affinché tutti possano trarne profitto per il loro proprio ministero pastorale, e disposizioni comuni possano essere prese con migliore conoscenza di causa;

d) ad astenersi da dichiarazioni che potrebbero nuocere a un confratello nell'episcopato;

e) in ciò che concerne le materie più delicate e di interesse nazionale o universale, i vescovi rispetteranno con cura la procedura ispirata al Direttorio del ministero pastorale dei vescovi sopra descritta [16].

15. I membri del Sinodo hanno preso in considerazione una certa complessità degli organismi della Conferenza e dei Consigli che aiutano la Conferenza. I vescovi dedicano già un tempo considerevole ai lavori della Conferenza. C'è tuttavia una ripartizione delle responsabilità, che non garantisce sempre sufficientemente la relazione al vescovo, che deve restare colui che cammina alla testa del gregge, senza mai separarsene. Sono i vescovi i veri,responsabili delle decisioni prese dalla Conferenza.

16. I vescovi sperano che la ristrutturazione della Conferenza, che è attualmente allo studio, possa risolvere il problema così posto; un maggior numero di vescovi-membri contribuirebbe a facilitarne la soluzione, permettendo che le Commissioni siano presiedute o assistite da un vescovo.

II
I SACERDOTI

17. I membri del Sinodo sono unanimi nel professare la distinzione essenziale tra il sacerdozio ministeriale o sacramentale e il sacerdozio comune dei battezzati, e a voler vigilare sulle conseguenze pratiche che ne derivano.

18. I membri del Sinodo professano con la stessa unanimità il carattere permanente del sacerdozio ministeriale.

19. I vescovi olandesi tengono a esprimere la loro profonda riconoscenza verso i loro sacerdoti, sia diocesani che religiosi, « saggi collaboratori dell'ordine episcopale » [17], per la loro dedizione nel lavoro pastorale della Chiesa, spesso così difficile nel nostro tempo.

Sul piano della spiritualità, i vescovi costatano nei preti una evoluzione positiva: essi parlano più frequentemente e più facilmente che una volta della loro vita spirituale. Molti di loro si sforzano di acquisire una formazione professionale per compiti specifici, al fine di poter meglio servire i fedeli e manifestare così la loro fede cristiana con grande disponibilità. Essi cercano, nel loro contatto con gli uomini, di andare all'essenziale dei problemi della vita. La spiritualità biblica occupa un primo posto. La vita spirituale dei sacerdoti è minacciata dalla secolarizzazione della società, dal superlavoro, e talvolta da una concezione « funzionale » dei loro compiti.

20. I membri del Sinodo sono convinti dell'importanza della vita spirituale, della preghiera delle ore, della celebrazione quotidiana, della penitenza e del colloquio spirituale. Sono disposti ad aiutare i preti ad approfondire la loro vita spirituale, per esempio favorendo iniziative « ad hoc » prese sia dal vescovo locale, sia dalla Conferenza episcopale, in cooperazione, all'occorrenza, con i Superiori maggiori dei religiosi-preti, specialmente per quanto riguarda la direzione spirituale.

21. I membri del Sinodo sono tutti persuasi che il celibato in vista del Régno dei cieli costituisce un grande bene per la Chiesa. Essi sono unanimi nella loro volontà di seguire fedelmente le decisioni dei Papi di mantenere la regola del celibato. I vescovi sperano di trovare un numero sufficiente di sacerdoti. Anche quando i candidati mancano, i membri del Sinodo professano la loro fiducia verso colui che è il Padrone della messe e che manderà operai nella sua messe [18].

Essi attribuiscono molta importanza al sostegno che può derivare dalla vita in comunità o almeno dall'aiuto fraterno tra sacerdoti. Ritengono che il celibato otterrà pienamente i suoi effetti, sul piano personale e pastorale, solo se vissuto come vero consiglio evangelico, che non è senza analogia con gli altri consigli che sono la povertà e l'obbedienza.

22. I membri del Sinodo sono decisi a promuovere una pastorale attiva delle vocazioni sacerdotali e religiose, anche continuando la ricerca sulle diverse forme che può assumere l'apostolato dei laici.

23. Per promuovere questa pastorale, i vescovi si sono trovati d'accordo sull'opportunità di erigere in ciascuna diocesi un Consiglio « ad hoc », o di incaricare di questa pastorale una o più persone. Essi designeranno in ciascuna diocesi un delegato che resterà in contatto con le Scuole teologiche, i Konvikte e gli studenti di teologia inclini a prendere in considerazione il sacerdozio; a meno che, beninteso, non sia il vescovo stesso ad assumersi personalmente questo compito.

In questo settore della pastorale delle vocazioni sacerdotali e religiose, i vescovi restano in stretto contatto con i Superiori maggiori dei Religiosi.

24. In merito ad eventuali associazioni di sacerdoti, è necessario ricordare il messaggio del Vaticano II sul legame tra il prete e il vescovo.

a) I preti — diocesani o religiosi — partecipano con il vescovo all'unico sacerdozio di Cristo. In virtù della loro ordinazione, tutti i sacerdoti sono in comunione gerarchica con l'Ordine dei vescovi [19]. Essendo inoltre incardinati in una Chiesa particolare, i sacerdoti diocesani « costituiscono un solo presbiterio e una sola famiglia, di cui il vescovo è il padre » [20].

b) Il presbyterium è rappresentato dal Consiglio presbiterale, che è un organo consultivo [21].

c) Eventuali associazioni di sacerdoti non possono dunque essere tali da oscurare la comunione gerarchica dei loro membri con il vescovo, la natura unica del presbyterium è le funzioni rispettive del vescovo e del Consiglio presbiterale. Se queste associazioni assumono un carattere sindacale, sono incompatibili con le strutture e lo spirito della Chiesa.

25. I vescovi esprimono unanimemente la loro preoccupazione e la loro volontà di essere assecondati da un clero celibatario, di reclutare aspiranti a una tale vocazione, e di tutto mettere in opera senza indugio per ottenere risultati in questo campo.

26. La formazione di questi candidati deve rispondere alle prescrizioni del Vaticano II (in particolare « Optatam Totius »), o a quelle che ne derivano, quali la « Ratio Fundamentalis », voluta dal primo Sinodo dei vescovi. Questa formazione, di conseguenza, può essere assicurata solo da veri seminari: o seminari che assicurino integralmente la formazione — come avviene a Rolduc — o Konvikte che abbiano anch'essi tutti gli attributi di un seminario, salvo l'insegnamento che viene da una Facoltà o da una Scuola superiore di teologia riconosciute dalla Santa Sede.

27. Quanto a queste Facoltà o Scuole di teologia, esse devono, se vogliono essere accessibili ai candidati al sacerdozio, rispondere a diverse condizioni.

Non potendo entrare nel dettaglio di queste condizioni, il Sinodo rimanda ai documenti ufficiali della Chiesa in materia. A titolo d'esempio, esso ricorda qui alcune di queste condizioni: diritti riconosciuti ai vescovi — soprattutto al vescovo del luogo — di esercitare nei confronti di queste Scuole il loro ruolo di « doctores fidei » e di custodi dell'ortodossia; diritti riconosciuti ai vescovi di esercitare la loro autorità in materia di nomina e di revoca dei professori, in materia di programmi e per quel che riguarda l'atmosfera ecclesiale da salvaguardare, in particolare sul punto del celibato; infine, possibilità date ai vescovi di regolare la situazione dei sacerdoti sposati che insegnano in queste scuole.

28. Per verificare se queste condizioni sono realizzate o sono in via di realizzazione sul posto — ossia nelle Scuole di teologia — e anche per assicurarsi del buon funzionamento dei Konvikte e di Rolduc, i vescovi istituiranno una commissione di vescovi che terminerà i suoi lavori prima del 1° gennaio 1981. Questa Commissione consulterà l'Assemblea dei Superiori maggiori delle Congregazioni clericali, e sentirà il parere dell'Ordinario del luogo. I risultati ottenuti dalla Commissione saranno sottoposti alla Conferenza, che li trasmetterà con il suo parere alla Congregazione per l'Educazione cattolica, tenendo conto della scadenza accademica di settembre 1981.

 

III
I RELIGIOSI

29. I vescovi olandesi apprezzano molto la vita religiosa come « un dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal suo Signore » [22] Sono coscienti della loro responsabilità riguardo allo sviluppo e soprattutto all'animazione della vita consacrata. Desiderano esercitare questa responsabilità in stretta collaborazione con Superiori maggiori religiosi.

30. I membri del Sinodo esprimono la loro preoccupazione circa la mancanza di novizi. Si propongono di cercare ogni mezzo per far sì che la Chiesa e le comunità cristiane favoriscano l'ascolto della chiamata di Dio alla vita consacrata e la generosa risposta a questa chiamata.

31. I vescovi olandesi gradiscono più che mai l'aiuto diretto che loro viene offerto dai religiosi nella pastorale, come pure la spiritualità che si irradia dalle abbazie e dai conventi di vita contemplativa. Si rallegrano per i rapporti che esistono tra la Conferenza e le quattro Assemblee dei Superiori maggiori.

32. A proposito di quella che viene definita talvolta l'integrazione affettiva, i membri del Sinodo costatano che l'espressione è oggetto di ambigue interpretazioni. Riconoscono l'importanza di una sana affettività, intesa nel senso della cordialità e della fraternità nei rapporti fra le persone. Si riferiscono a San Paolo e a San Giovanni per sottolineare che, rettamente inteso, l'amore verso Dio e Gesù Cristo, nello Spirito, può contribuire in larga misura a integrare il bisogno di affetto nell'amore fraterno. Quanto ad una sorta di « terza via », vissuta come uno stato ambiguo tra il celibato e il matrimonio, i membri del Sinodo sono unanimi nel respingerla.

IV

a) I laici

33. I membri del Sinodo hanno coscienza della grande parte che i laici occupano nel lavoro pastorale della Chiesa. Sono profondamente riconoscenti verso le migliaia di laici che, gratuitamente, partecipano regolarmente e in vari modi alle diverse attività nel campo della liturgia, dell'azione sociale, della catechesi per i bambini e per gli adulti, degli scambi e dell'aiuto vicendevole, della promozione della giustizia e della pace. Questi laici si sforzano di rendere presente la Chiesa in un mondo secolarizzato e questo, spesso, in circostanze difficili. Il Sinodo esprime anche la sua viva gratitudine ai numerosi cristiani — specialmente agli ammalati e alle persone anziane — che portano il loro sostegno alle attività della Chiesa con le loro preghiere e i loro sacrifici.

Le direttive qui sotto riportate riguardo agli operatori pastorali non sarebbero feconde se i numerosi laici che attualmente operano nella pastorale non continuassero ad assicurare questa collaborazione.

34. Per quanto si riferisce ai gruppi che hanno un atteggiamento critico, i membri del Sinodo — non ignorando che tali gruppi comprendono anche preti e religiosi — costatano che essi esercitano talvolta una eccessiva pressione sulla vita della Chiesa. Lo stesso avviene per molti periodici e altre forme pubblicistiche. Questa critica proviene da ambienti che sono tra loro opposti, da una parte gruppi « progressisti », dall'altra gruppi « conservatori ».

I vescovi riconoscono che le critiche mosse sono in parte fondate e sono talvolta accompagnate da aspirazioni ragionevoli e da stimoli utili per la pastorale.

L'influenza di queste critiche diventa negativa quando vi è generalizzazione, fanatismo, aggressività, pressione, rifiuto del dialogo e attacchi ingiusti contro persone e istituzioni della Chiesa. Esse provocano allora la polarizzazione e nuocciono all'esercizio della funzione episcopale e alla comunione fra i fedeli; minano l'atmosfera di amore fraterno e di gioia che deve caratterizzare la vita cristiana. I vescovi vogliono mantenere il contatto con questi gruppi, nella speranza di poter svolgere un ruolo moderatore e per essere informati in modo diretto. Ma si propongono, nello stesso tempo, di evidenziarne le divergenze rispetto alla fede alla disciplina della Chiesa, perché si renda manifesta la vera comunione.

b) Gli « operatori pastorali »

35. Il Sinodo si propone di istituire una Commissione episcopale, con lo scopo di studiare le diverse forme concrete che può assumere l'attività dei laici nei compiti pastorali della Chiesa. Questa Commissione esaminerà le attività assolte dai laici in questo campo, in particolare l'esercizio professionale di queste attività.

36. Nel suo lavoro, la Commissione dovrà mettere in luce:

a) la distinzione tra i compiti pastorali rispettivamente del sacerdote, del diacono e del laico;

b) l'opportunità di impegnarsi nella via del diaconato, considerati il compito e l'importanza di questo ministero permanente, come è stato ripristinato dal Vaticano II [23];

c) i compiti specifici che sono affidati al laico nella Chiesa (specialmente quando lo sono a tempo pieno e in modo permanente), con le precisazioni necessarie a che non si crei il rischio di ravvisare un nuovo ufficio » o ministero — come il lettorato o l'accolitato — né una funzione permanente di portata globale, per evitare la formazione di un clero » parallelo, che verrebbe a presentarsi come una alternativa al sacerdozio e al diaconato. Si dovrà fare attenzione a che una eventuale presentazione alla comunità non rivesta il carattere dell'inserimento in un ministero.

In tutto questo lavoro, la Commissione si baserà sui documenti conciliari [24], così come sui documenti della Sacra Congregazione per i Sacramenti e il Culto divino (in particolare « Immensae Caritatis » del 29-1-73 la lettera ai vescovi svizzeri del 17-7-79) e della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede (lettera del 5-3-79).

I vescovi olandesi, d'altra parte, hanno già un'esperienza che mostra come i laici possano essere validi collaboratori.

37. Per quanto si riferisce ai sacerdoti dispensati dall'obbligo del celibato, alcuni di loro hanno delle mansioni nell'insegnamento o nella pastorale.

Il Sinodo dei vescovi del 1971 dice: « Il prete che ha lasciato l'esercizio del suo ministero dev'essere trattato con giustizia e fraternamente; anche se può dare un aiuto nel servizio della Chiesa, tuttavia non deve essere ammesso a esercitare funzioni sacerdotali » (II parte, 4, d, in fine). In accordo con le indicazioni date dalla Santa Sede, il presente Sinodo decide quanto segue:

1) la loro situazione sarà regolarizzata alla luce delle istruzioni della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede (in particolare quelle del 1971 e 1972);

2) tuttavia una tale regolarizzazione non potrà sempre essere fatta dall'oggi al domani, perché dovrà tenere conto delle persone e delle circostanze;

3) questa regolarizzazione sarà dunque affidata alla prudenza pastorale del vescovo del luogo (coadiuvato dai consigli della Commissione episcopale incaricata del problema degli « operatori pastorali » e dai consigli della Conferenza episcopale).

 

V
ALCUNI SETTORI
DELLA VITA ECCLESIALE

Alcuni settori della vita ecclesiale Alcuni di questi settori sono stati esaminati alla fine del Sinodo a titolo d'esempio e in modo necessariamente più sommario.

38. Essere uniti a Cristo, vivere in Lui, è anzitutto credere nella sua Parola, ma è anche partecipare ai sacramenti della fede. Attraverso la grazia sacramentale, il Cristo ci dona se stesso, affinché noi portiamo frutti [25].

39. Ciò è vero in modo speciale per l'Eucaristia. Ricevendo il Corpo e il Sangue di Cristo, noi entriamo in comunione con Lui e, per mezzo di Lui, con il Padre e anche con i nostri fratelli e sorelle. Per questo, durante la celebrazione eucaristica, manifesteremo riverenza e rispetto verso i doni consacrati. Adoriamo anche il Cristo nel Tabernacolo. Per poter vivere con Cristo, la Chiesa chiede ai fedeli di prendere parte alla celebrazione eucaristica — sacrificio perfetto di lode — almeno ogni domenica e nelle feste d'obbligo.

40. Così come la Parola di Dio, anche i sacramenti sono affidati alla Chiesa. La regolamentazione della liturgia dipende unicamente dall'autorità della Chiesa. Questa regolamentazione appartiene alla Sede Apostolica e, nella misura in cui lo autorizzano le norme canoniche, al vescovo, tenuto conto di alcune competenze attribuite dal diritto alla Conferenza episcopale [26]

La liturgia è un bene comune di tutta la Chiesa; essa esprime l'adorazione perfetta offerta in Cristo al Padre e ci unisce nello Spirito Santo. È per fedeltà a Cristo e alla Chiesa che si deve celebrare la liturgia in piena conformità con i libri ufficiali, rinnovati secondo l'indicazione del Vaticano II [27], facendo uso delle larghe possibilità di adattamento previste dai libri stessi.

41. Per essere partecipi della salvezza che ci è stata donata da Gesù Cristo, abbiamo bisogno di essere liberati dal peccato ed essere riammessi nella piena comunione di amore con il Padre e con i nostri fratelli e sorelle. Questo è proprio uno degli effetti del battesimo, che si rinnova e si approfondisce nel sacramento della riconciliazione.

42. La riconciliazione con il Padre e con la Chiesa presuppone la confessione delle nostre colpe personali e una sincera volontà di conversione. Malgrado l'attuale disaffezione verso la confessione individuale, i vescovi chiedono ai sacerdoti di adoperarsi, nella predicazione e nella catechesi, per ripristinare la stima dei fedeli verso il sacramento della riconciliazione. Li pregano, in particolare, di rendersi disponibili a tutti per la confessione, specialmente sotto forma di colloquio personale, in orari stabiliti, e di voler anche insegnare ai giovani a confessarsi. Essi esprimono la speranza di restituire anche il suo posto, nella vita dei fedeli, alla confessione individuale, che è il solo mezzo ordinario per riconciliarli con Dio e con i loro fratelli e sorelle nella fede.

L'assoluzione collettiva è un mezzo straordinario, che il vescovo non può autorizzare se non secondo le condizioni prescritte dal nuovo rito del sacramento della riconciliazione.

43. I membri del Sinodo manifestano la loro gratitudine al gran numero di catechisti che esercitano fedelmente il loro apostolato e che incontrano enormi difficoltà in un mondo secolarizzato.

44. Per quanto concerne il contenuto della catechesi, i vescovi sottolineano che la fede vissuta dalla Chiesa universale deve essere espressa.

Quanto al metodo pedagogico, deve essere adeguato al carattere, alle attitudini, all'età e alle condizioni di vita dei destinatari [28]. In ciò sono legittime una certa ricerca e una prudente sperimentazione ed è necessario un dialogo paziente e fiducioso con gli specialisti.

45. Come primi responsabili della catechesi, i vescovi curano la preparazione di buoni testi per la catechesi e l'istruzione basati sul Direttorio catechistico generale, sui documenti del Sinodo del 1977 e sull'esortazione apostolica « Catechesi Tradendae ». Pur facendo appello alla collaborazione di esperti e di organismi specializzati, i vescovi desiderano, in questa come in altre materie, esercitare personalmente il loro ruolo di « doctores fidei ».

46. I vescovi incoraggiano vivamente l'azione ecumenica come un dovere grave derivante in particolare dal Vaticano II. Insistono sull'importanza della preghiera, e sull'essenza profondamente spirituale dell'azione ecumenica. Essa è ecclesiale a pieno titolo: nella sua origine, nella sua natura e nella sua finalità. Il suo obiettivo è giungere non a un più piccolo comune denominatore, ma, al contrario, alla pienezza della fede. Per questo l'azione ecumenica sarà sostenuta dai vescovi, i quali vigileranno affinché essa tenga conto delle esigenze della fede, la quale ci ricorda in particolare che l'intercomunione tra fratelli separati non costituisce la risposta all'appello di Cristo verso la perfetta unità. Questa unità perfetta resta l'oggetto dei nostri sforzi e di una speranza fondata sulla preghiera di Cristo stesso: « Che tutti siano uno » [29].

CONCLUSIONE

È chiaro che non abbiamo trattato tutti i problemi che si pongono oggi nella Chiesa nei Paesi Bassi. La scelta dei temi è stata imposta da quella che è stata la nostra ottica principale, cioè la comunione e secondo le possibilità che un Sinodo poteva darci.

Parlando di comunione, non parliamo solo di una grazia già donata, ma anche di un dovere da compiere. Sul fondamento della comunione, che già ci è stata donata, dobbiamo realizzare insieme il nuovo comandamento dell'amore vicendevole [30].

Così la Chiesa, « mettendo al servizio di tutto il genere umano il Vangelo della pace [31] compie nella speranza il suo pellegrinaggio verso la meta che è la patria celeste [32] » [33].

 

DISPOSIZIONI COMPLEMENTARI

1. Per vigilare sulla esecuzione delle conclusioni suddette viene istituito un Consiglio sinodale composto da due membri eletti dal Sinodo tra i vescovi olandesi, e da un membro nominato dal Santo Padre.

I tre membri sono: Sua Eminenza il Cardinale Gabriel-Marie Garrone, ex Prefetto della Sacra Congregazione per l'Educazione Cattolica, Sua Eminenza il Cardinale Johannes Willebrands, arcivescovo di Utrecht, e Sua Eccellenza Monsignor Johannes Bluyssen, vescovo di 's-Hertogenhosch.

2. Per quanto concerne i membri delle due Commissioni previste rispettivamente ai nn. 28 e 35 delle Conclusioni soprariportate, il Sinodo stabilisce la seguente procedura: Sua Eminenza il Cardinale Willebrands e Sua Eccellenza Monsignor Danneels proporranno al Santo Padre i nomi dei candidati.

3.

a) Il Vescovo di Roermond riprenderà la sua collaborazione con gli altri vescovi nel settore delle Pontificie Opere Missionarie, della Azione per la Quaresima e della Settimana del missionario olandese.

b) I vescovi sono consapevoli di alcune difficoltà esistenti tra il vescovo di Roermond e persone e istituzioni dei tre settori citati. Essi sono pregati di aiutarlo a cercare una soluzione a tali difficoltà.

Votato e adottato dai sottoscritti membri del Sinodo Particolare dei Vescovi dei Paesi Bassi.

Roma, 31 gennaio 1980.

Sebastiano Card. Baggio, Prefetto della Sacra Congregazione per i Vescovi.

Franjo Card. Seper, Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede.

Gabriel M. Card. Garrone, ex-Prefetto della Sacra Congregazione per l'Educazione cattolica.

Silvio Card. Oddi, Prefetto della Sacra Congregazione per il Clero.

Johannes Card. Willebrands, Arcivescovo di Utrecht.

James Robert Card. Knox, Prefetto della Sacra Congregazione per i Sacramenti e il Culto divino.

Eduardo Card. Pironio, Prefetto della Sacra Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari.

Jozef Mons. Tomko, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi. 1.14 Godfried Mons. Danneels, Arcivescovo di Malines-Bruxelles.

Johannes Mons. Bluyssen, Vescovo di 's-Hertogenbosch.

Theodorus Henricus Mons. Zwartkruis, Vescovo di Haarlem.

Hubertus C. A. Mons. Ernst, Vescovo di Breda.

Johannes B. Mons. Moeller, Vescovo di Groningen.

Adrianus J. Mons. Simonis, Vescovo di Rotterdam.

Johannes B. M. Mons. Gijsen, Vescovo di Roermond.

— Dom P. van den Biesen O.S.B., Priore di St. Willibrord, Slangenburg (Doetinchem).

— Don A. van Luyn S.D.B., Provinciale della Società Salesiana di San Giovanni Bosco.

Le conclusioni sopra riportate hanno avuto il « placet » da parte dei vescovi dei Paesi Bassi. In virtù del potere apostolico che mi viene da Cristo, io le approvo, e ordino che, per la gioia di Dio, ciò che è stato stabilito sinodalmente venga promulgato.

Roma, dalla Cappella Sistina presso San Pietro, il 31 gennaio 1980.

 

IOANNES PAULUS PP. II


[1] Act. 2, 42.

[2] Cfr. ibid. 15, 6 ss. 270 

[3] 1 Io. 1, 3.

[4] Io. 17, 21.

[5] Lumen Gentium, 8.

[6] Unitatis Redintegratio, 6.

[7] Rom. 1, 5; 16, 26; cfr. Dei Verbum, 5.

[8]Cfr. Dei Verbum, 8.

[9] Cfr. Christus Dominus, 22-24.

[10] Christus Dominus, 38, 1.

[11] Lumen Gentium, 23.

[12] Christus Dominus, 37.

[13] Cfr. ibid. 38, 4.

[14] Cfr. Lumen Gentium, 27.

[15]Directorium pro ministerio pastorali Episcoporum, 212 a et b.

[16]Directorium pro ministerio pastorali Episcoporum, 212 a et b.

[17] Lumen Gentium, 28.

[18] Cfr. IOANNIS PAULI PP. II Epistula ad universos Ecclesiae Sacerdotes adveniente Feria V in Cena Domini anno MCMLXXIX, die 8 apr. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II (1979) 858-859.

[19] Presbyterorum Ordinis, 7.

[20] Christus Dominus, 28.

[21] Ecclesiae Sanctae, 15.

[22] Lumen Gentium, 43.

[23] Lumen Gentium, 29.

[24] Speciatim Lumen Gentium, 33 et Apostolicam Actuositatem, 24.

[25]Cfr. Io. 15, 5.

[26] Cfr. Sacrosanctum Concilium, 22, 1 et 2.

[27] Cfr. ibid. 283

[28]Cfr. Christus Dominus, 14.

[29] Io. 17, 21; cfr. IOANNIS PAULI PP. II Allocutio ad sacros Praesules Conferentiae Episcopalis in urbe « Chicago » habita, die 5 oct. 1979: AAS 71 (1979) 1218 ss.

[30] Cfr. Io. 13, 34.

[31] Cfr. Eph. 2, 17-18; Marc. 16, 15.

[32] Cfr. 1 Petr. 1, 3-9.

[33] Unitatis Redintegratio, 2.

 

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