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16-27 febbraio 1981

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II 
AI POVERI DEL DISTRETTO DI TONDO

18 febbraio 1981

 

Mga ginigiliw kong kapatid kay Kristo” (Miei cari fratelli e sorelle in Cristo) 

1. “Kay tindi ng ligaya na aking nadarama sa mga sandaling ito!” (Quale intensa felicità sento in questo momento!). Ho atteso con ansia questa visita perché desideravo dirvi che siete gli amici prediletti del Papa ai quali egli desidera portare il messaggio di amore che Gesù affidò alla sua Chiesa. La mia visita a voi quale successore dell’apostolo Pietro è una visita d’amore. Non può essere altro perché vedo in voi Cristo stesso ed è a Lui che ho legato il mio amore. Nel dire a Pietro che doveva essere il pastore del gregge, Gesù gli chiese tre volte, con sempre maggiore insistenza: “Simone, figlio di Giovanni, mi ami tu?” (Gv 21,15ss). E san Pietro professo il suo amore per Cristo. Anch’io professo il mio amore per Cristo e nel venire da voi desidero semplicemente offrirvi la testimonianza di questo amore. Desidero semplicemente ripetervi le parole che Cristo pronunciò: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi” (Gv 15,9). 

2. Ringrazio il Signore per avermi concesso la possibilità di venire nel Distretto di Tondo ad incontrare il popolo della terra del litorale e soprattutto il popolo della parrocchia di Nostra Signora della Pace e del Buon Viaggio.Il nome di Tondo è legato in modo particolare al nome del mio predecessore Paolo VI, il primo Papa dei tempi moderni pellegrino per il mondo. Quando Egli venne qui più di dieci anni or sono, benedisse la nascita di questa parrocchia al centro di un’area in cui le necessità umane e cristiane erano molte ed intense. Rivendicò un maggior rispetto per i diritti della persona umana, per la dignità dei figli di Dio; domandò una maggior presa di coscienza delle condizioni del popolo da parte delle autorità civili ed ecclesiastiche. Mi è stato detto che molto è stato fatto da quell’epoca, che i vari settori della società hanno dimostrato un maggiore interesse ed in particolare che la stessa gente di Tondo ha realizzato molto attraverso la costituzione di organizzazioni proprie per un progresso spirituale, pastorale, sociale ed economico. Ma sarebbero ben più numerose le esigenze a cui far fronte per rendere Tondo un luogo di speranze per ogni uomo, donna e bambino che chiama questo luogo casa propria. 

3. Quando pensiamo ai molti problemi che affrontate quotidianamente, quando pensiamo a tanta altra gente che altrove vive nelle baracche delle periferie delle grandi città e nelle zone rurali dimenticate in altre località delle Filippine, allora pensiamo a Cristo. Nei volti dei poveri vedo il volto di Cristo. Nella vita dei poveri vedo riflessa la vita di Cristo. Parimenti, i poveri e coloro che sono soggetto di discriminazione si identificano più facilmente in Cristo, perché in Lui essi scoprono uno di loro. Proprio dall’inizio della sua vita, nel momento beato della sua nascita come Figlio della Vergine Maria Gesù non aveva una casa, poiché per Lui non c’era posto nell’albergo (cf. Lc 2,7). Quando i suoi genitori lo condussero a Gerusalemme per la prima volta per portare la loro offerta al tempio, furono annoverati tra i poveri ed offrirono il dono del povero (cf. Lc 2,24). Nella prima infanzia Gesù visse come un profugo, costretto a fuggire l’odio che degenerò in persecuzione, a lasciare la sua terra ed a vivere in esilio in suolo straniero. Da fanciullo riuscì con la sua saggezza a sconcertare i dotti maestri, ma fu anche capace di lavorare con le sue mani da abile falegname come suo padre putativo Giuseppe. Dopo aver proclamato e spiegato le Scritture nella Sinagoga a Nazaret, “il figlio del carpentiere” (Mt 13,55), fu cacciato (cf. Lc 4,29). Persino uno dei discepoli scelti per seguirlo gli disse: “da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?” (Gv 1,46). Fu anche vittima di ingiustizie e torture e fu condotto a morte senza che alcuno lo difendesse. Sì, Egli era il fratello dei poveri; la sua missione era – poiché era stato mandato da Dio Padre e consacrato dallo Spirito Santo – di annunziare il Vangelo ai poveri (cf. Lc 4,18). Egli lodo i poveri quando pronunciò questa frase a tutti coloro che desideravano essere suoi seguaci: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3). 

4. “Beati i poveri in spirito!”. Con questa frase comincia il Discorso della Montagna, in cui Gesù ha proclamato le Beatitudini quale programma per tutti coloro che volevano seguirlo. Le Beatitudini erano destinate non solo alle genti del suo tempo, ma anche a tutte le generazioni a venire: sono un invito per tutti coloro che accettano il nome di cristiano. Questo messaggio rivolsi in Brasile agli abitanti dei quartieri poveri che vivono nelle favelas di Rio de Janeiro e a quelli che vivono nel fango della penisola di Salvador de Bahia. Questo è il messaggio che rivolgo a ricchi e poveri indistintamente, il messaggio che la Chiesa nelle Filippine, come altrove, deve fare suo e quindi attuare. Ogni Chiesa che voglia essere una Chiesa dei poveri deve tenere ben presente questa sfida, scoprirne tutta la profondità e compierne tutta la verità. 

Qui a Tondo ed in altre parti di questa terra ci sono tanti poveri, e in loro vedo i poveri in spirito che Gesù chiamò beati. I poveri in spirito sono coloro che tengono i loro occhi su Dio ed i loro cuori aperti alla sua azione divina. Essi accettano il dono della vita come un dono che viene dall’Alto e lo apprezzano perché viene da Dio. Con gratitudine verso il Creatore e misericordia verso i propri simili, sono pronti a dividere ciò di cui dispongono con chi è più bisognoso di loro. Amano le loro famiglie ed i loro bambini e dividono le loro case e le loro tavole con il bambino affamato e il giovane senza casa. I poveri in spirito si arricchiscono di qualità umane; sono vicini a Dio, pronti ad ascoltare la sua voce ed a cantare le sue lodi. 

5. Essere poveri in spirito non significa disinteressarsi dei problemi che affliggono la comunità e nessuno ha un più acuto senso di giustizia della gente povera che soffre le ingiustizie determinate dalle circostanze e dall’egoismo umano. Ricercando la forza nella solidarietà umana, i poveri, proprio con la loro esistenza, indicano l’obbligo della giustizia che s’impone alla società e a tutti coloro che hanno potere economico, culturale o politico. Così la stessa verità della prima Beatitudine indica un sentiero che ciascun individuo deve percorrere. Essa dice a coloro che vivono in una povertà materiale che la loro dignità, la loro dignità umana, deve essere difesa, che i loro inviolabili diritti umani devono essere salvaguardati e protetti. Essa dice loro anche che essi stessi possono realizzare molto se mettono insieme la loro intelligenza, i loro talenti, e specialmente la loro determinazione di essere artefici del loro proprio progresso e sviluppo. 

La prima Beatitudine dice al ricco, che gode del benessere materiale o che accumula una parte spropositata di beni materiali, che l’uomo è grande non per ciò che possiede ma per ciò che è: non per ciò che ha ma per ciò che divide con gli altri. Il povero in spirito è l’uomo ricco che non chiude il suo cuore, ma affronta le intollerabili situazioni che perpetuano la povertà e la miseria di tanti costantemente affamati e privati delle loro legittime possibilità di crescere e sviluppare il loro potenziale umano, di tanti che non hanno una dimora decorosa e vestiario sufficiente, che soffrono di malattie per mancanza delle più elementari cure sanitarie, che raggiungono la disperazione per mancanza di una occupazione tale da consentir loro di provvedere, attraverso un onesto lavoro, alle necessità delle loro famiglie. Povero in spirito in realtà è l’uomo ricco che non si concede riposo fino a che un suo fratello o una sua sorella è avviluppato nell’ingiustizia e nell’impotenza. Povero in spirito è colui che detiene il potere politico e si ricorda che esso è dato solo per il bene comune e che non desiste mai dal ricercare mezzi per organizzare tutti i settori di una società in conformità alle esigenze della dignità e della uguaglianza che costituiscono il diritto nativo di ogni uomo, donna e bambino che Dio ha chiamato all’esistenza. 

6. La Chiesa stessa, la Chiesa in Asia, nelle Filippine e a Tondo, sentirà il richiamo delle Beatitudini e sarà la Chiesa dei poveri perché dovrà fare ciò che Gesù fece e annunciare il Vangelo ai poveri (cf. Lc 4,18). Ma la preferenza che la Chiesa mostra per i poveri ed i meno favoriti non sta a significare che essa rivolge la sua attenzione solo ad un gruppo, una classe od una categoria. Essa diffonde a tutti lo stesso messaggio: che Dio ama l’uomo e mandò il Figlio suo per la salvezza di tutti, che Gesù Cristo è il Salvatore, “la via, la verità, la vita” (Gv 14,6). Essendo Chiesa dei poveri, essa parlerà il linguaggio delle Beatitudini a tutti i popoli, a tutti i gruppi o categorie professionali, a tutte le ideologie, a tutti i sistemi politici ed economici. Ciò non per servire interessi politici, non per acquisire potere, non per creare pretesti per la violenza, ma per salvare l’uomo nella sua umanità e nel suo destino soprannaturale. 

Difendere la dignità umana dei poveri e la loro speranza per un futuro umano non è un lusso per la Chiesa, non una strategia di opportunismo, non un mezzo per assicurarsi il favore delle masse. È il suo dovere perché è Dio che vuole che tutti gli esseri umani vivano conformemente alla dignità che Egli ha loro concesso. È la missione della Chiesa percorrere il cammino dell’uomo “perché ogni uomo – senza eccezione alcuna – è stato redento da Cristo, perché con l’uomo – ciascun uomo senza eccezione alcuna – Cristo è in qualche modo unito anche quando quell’uomo non è di ciò consapevole” (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 14). La Chiesa quindi predicherà l’intero Vangelo ai poveri, li aiuterà ad aver fede nella vita divina ricevuta con il Battesimo, la vita che è nutrita nell’Eucarestia e che è rivissuta e mantenuta con il Sacramento della Riconciliazione. Per lo stesso motivo io incoraggio voi, gente di Tondo, e tutto il Popolo di Dio nelle Filippine, ad esercitare la vostra responsabilità individuale e collettiva per incrementare l’istruzione catechistica mentre vi sforzate di attuare in modo completo gli insegnamenti sociali della Chiesa. Siate del tutto convinti di quanto importante sia per ogni generazione futura del popolo Filippino conoscere la dignità suprema alla quale è chiamato, che è la vita eterna in Gesù Cristo. 

7. Miei cari amici di Tondo, siate fedeli a Cristo, e abbracciate gioiosamente il suo Vangelo di salvezza. Non siate tentati da ideologie che predicano solo valori materiali o semplicemente ideali temporali, che separano lo sviluppo politico, sociale ed economico dalle cose dello spirito ed in cui la felicità è ricercata lontano da Cristo. La strada verso la vostra totale liberazione non è la via della violenza, della lotta di classe o dell’odio; è la via dell’amore, della fratellanza e della pacifica solidarietà. So che mi capite, voi poveri di Tondo, perché voi siete beati e vostro è il regno dei cieli. E quando sarò andato via, ricordate sempre queste parole di Gesù: “Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero” (Gv 8,36). 

È per Cristo che faccio miei tutti i vostri problemi e sforzi; e per il mio amore in Cristo che unisco il mio sforzo al vostro per assicurare un futuro degno a voi ed ai vostri bambini, è per l’amore supremo che Cristo ha per voi che vi predico il superiore Annuncio della vita eterna. 

Prego per voi, per ciascuno di voi, per le vostre famiglie, per i vostri bambini, per i giovani e per gli anziani, per i malati e per i sofferenti. Prego che la forza di Gesù possa essere nei vostri cuori quando lavorate insieme per migliorare le vostre condizioni di vita, per essere buoni cristiani e buoni cittadini. Prego affinché ciascuno di voi trovi Gesù nell’altro ed in ognuno dei propri simili. 

E prego affinché lo ritroviate insieme e lo adoriate – il Figlio eterno di Dio – nelle braccia della Madre sua, Maria. 

E possa Nostra Signora della Pace e del Buon Viaggio essere per voi tutti una Madre amorosa! 

“Mabuhay kayong lahat!” (Lunga vita a voi tutti!). 

“Jesus na aking kapatid / sa lupa nami’y bumalik Tyong mukha’y ibang-iba / Hindi kita nakikilala. Tutulan mo ‘ng aking mata / mamulat sa katotohanan / idaw poon makikilala / sa taong mapagkumbaba” (Gesù mio dolce fratello tu sei ritornato quaggiù: hai preso l’aspetto di un altro in cui non ti riconosco. Insegna ai miei occhi a scoprire la verità: a riconoscerti, Signore, nel piccolo uomo, nell’umile uomo che vedo). 

 

 



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