Index   Back Top Print

[ FR  - IT  - PT ]

PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN NIGERIA, BENIN
GABON E GUINEA EQUATORIALE

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA PARTENZA DALL'AFRICA

Libreville (Gabon), 19 febbraio 1982


Mentre sto per lasciare questo paese, sono lieto di ripetere la mia soddisfazione. Nel mio periplo africano era giusto riservare una visita pastorale al Gabon, che è stato il punto d’origine dell’evangelizzazione in tutta questa regione dell’Africa; l’albero della Chiesa si è seriamente sviluppato a partire da questa terra. Era anche opportuno onorare questa nazione che ha notevoli capacità e che si sforza di progredire con slancio.

Rinnovo la mia gratitudine a tutti coloro che hanno organizzato questa magnifica accoglienza al Papa: a sua eccellenza il signor Presidente della Repubblica, ai membri del Governo e dell’Amministrazione, ai responsabili di questa grande città di Libreville, a tutta la popolazione che mi ha manifestato stima, calore, e attenzione alle mie parole; ai cristiani così vicini nella fede, e in particolare ai cattolici così felici di ricevere il Vicario di Cristo. Saluto e ringrazio specialmente i Vescovi, miei fratelli. Durante questi tre giorni, io vi ho aperto il mio cuore, per ricevere la vostra testimonianza e darvi quello che avevo di meglio. Che ciascuno di voi si senta ormai più vicino al Papa, amato, riconfortato e incoraggiato nella via del bene! Da parte mia non vi dimenticherò.

Come dice un proverbio mbédé: “Otcwi Holwodo mvudu a nde ha moni” (“La mente sogna l’uomo che ha visto”).

Dio benedica il Gabon!

Permettetemi ora di aggiungere un messaggio a tutta l’Africa, poiché è da questo luogo che alla fine del mio secondo viaggio lascio il continente. Questo soggiorno ha confermato le impressioni che ho espresso il 12 maggio 1980 alla partenza d’Abidjan. Voi sapete bene che a Roma noi seguiamo da vicino la vita dei paesi africani, tramite le visite che riceviamo, dai rapporti che ci mandano i Vescovi o i rappresentanti pontifici. Ma una visita tra gli abitanti fa acquisire una nuova sensibilità. E di questo, rendo grazie a Dio.

Il vostro continente, cari amici africani, persegue ammirabili sforzi di sviluppo, sotto molti aspetti. È stato sorprendente in Nigeria, è evidente qui e in tanti altri paesi. Le ricchezze naturali, per lungo tempo trascurate, sono attivamente sfruttate, a volte, è vero, da società straniere. La protezione sanitaria progredisce, e ciò procura un risveglio di speranza in questi paesi equatoriali dal clima così estenuante. La maturità politica si rafforza, malgrado qualche scompiglio abbastanza frequente. Le città si sviluppano, spesso purtroppo a detrimento di zone rurali, i cui prodotti sarebbero molto utili.

Molte persone accedono all’istruzione, su di un modello più universale, spesso importato da fuori, ma nello stesso tempo aumenta la presa di coscienza di una cultura africana. I rapporti tra paesi si allacciano in modo più stretto a livello di regioni, di continente, e del resto del mondo. Ovunque si registra un desiderio di progredire, un entusiasmo evidente.

Ma, oltre i limiti di questo progresso, s’incontrano anche dei timori e, a volte, delle stanchezze, delle delusioni, come pure delle regressioni in questo entusiasmo. In nome della Chiesa esperta in umanità, ovunque io vada, ripropongo le domande fondamentali: Quale progresso cercate? Quali bisogni dell’uomo volete soddisfare? Quale uomo volete formare? Interpello i cristiani, ma anche tutti gli uomini di buona volontà. Perché tutti sentono l’imperiosa necessità di guidare questo sviluppo.

L’uomo africano, come del resto gli altri, ma con le sue caratteristiche particolari e ad un grado intenso, ha bisogno di uno spazio di libertà, di creatività e, nello stesso tempo, ha un senso comunitario molto profondo, nella famiglia, nella tribù, nell’etnia. Senza il calore dell’amicizia, egli deperisce. L’anonimato di certe città, la lontananza dai propri familiari, sono per lui particolarmente deprimenti e degradanti.

Per l’uomo africano, i problemi della fame sono lungi dall’essere risolti in molte regioni dell’Africa, soprattutto quando la calamità della siccità o le spaventose ripercussioni delle guerre si aggiungono a questo dramma. Ma egli aspira anche ad essere meglio considerato, meglio rispettato nel suo essere africano, meglio stimato nei suoi valori.

Egli ha bisogno d’istruzione per sviluppare il suo spirito e per prepararsi a svolgere un lavoro interessante e utile al suo paese. E deve raggiungere una maturazione che si armonizzi con la sua cultura tradizionale.

Egli ha un senso acuto della giustizia e vuole vivere in pace. La vita umana è per lui un grande dono di Dio. Tutti coloro che attizzano in lui l’opposizione razziale o ideologica, anche l’odio, la guerra e il desiderio di sterminio, fanno pensare ai cattivi pastori di cui parlava Cristo, che vengono a sgozzare e a distruggere, invece di costruire e favorire la vita.

L’uomo africano ha soprattutto il senso del mistero, del sacro, dell’assoluto. Anche se qualche volta questo istinto ha bisogno d’essere purificato ed elevato, è una ricchezza invidiabile. Egli aspira dunque a vivere d’accordo con il Padrone della Natura, liberato dai timori alienanti, ed è pronto ad entrare in comunione profonda con il Dio della pace.

Aggiungiamo un’ultima osservazione: ciò che era relativamente facile risolvere a livello di villaggio, di tribù, di etnia, deve ora trovare la sua soluzione umana in relazioni molto più vaste, a livello nazionale e anche internazionale. È un programma difficile, che esige un’etica trasposta. Ne va della qualità degli uomini e della loro civiltà.

Ecco, rievocati a grandi linee, i punti che mi sembrano più importanti per i nostri amici africani. Di conseguenza, davanti ai modelli di società che vengono loro presentati da altri paesi, è normale che gli africani diffidino di un “umanesimo” riduttore. Ben volentieri accetteranno l’aiuto fraterno, umanitario, economico, culturale, di cui hanno certo bisogno, ma nel rispetto della loro dignità e del loro ideale; ed essi vogliono essere riconosciuti come capaci di apportare ad altri il meglio di loro stessi.

Io spero che queste preoccupazioni siano condivise da un gran numero d’uomini di buona volontà, in tutto questo continente. Coloro che adorano Dio con cuore sincero dovrebbero essere particolarmente sensibili a questi voti che raggiungono la sua volontà. Coloro che condividono la fede cristiana trovano in essa lo stimolo più forte per servire così l’uomo nel quale Cristo si è identificato, e servire Cristo nell’uomo. Quanto ai figli della Chiesa cattolica, sono sicuro che impiegheranno tutte le loro forze per promuovere questo sviluppo integrale.

A tutti, i miei auguri calorosi di felicità e di pace! Il mio addio di oggi non è che un arrivederci. Dio benedica l’Africa e tutti i suoi abitanti!

          



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana