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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI CATECHISTI DELLE COMUNITÀ NEOCATECUMENALI

7 gennaio 1982

 

Carissimi!

1. Sono sinceramente lieto di potermi incontrare oggi con voi, catechisti itineranti provenienti da numerose comunità neocatecumenali, e desidero esprimervi la mia compiacenza insieme con una parola di incoraggiamento per il vostro impegno catechistico, così prezioso per la comunità ecclesiale.

Voi intendete vivere in pienezza l’annuncio fondamentale della fede, la lieta notizia cioè che Gesù di Nazaret è il Figlio eterno di Dio, incarnato e risorto per la vostra salvezza; volete accogliere in profondità il legame inscindibile che esiste tra l’adesione a questo annuncio di vita e di resurrezione con la continua conversione interiore, il che comporta un mutamento di mentalità, di atteggiamenti, di comportamenti di egoismo, di chiusura, di autosufficienza, in modo da acquistare una nuova prospettiva e una nuova visione – quella fondata precisamente sul messaggio di Gesù Cristo – che esige umile apertura nei confronti di Dio e di tutti i fratelli.

In questo cammino di fede, che presenta certamente le sue tappe faticose e le sue inevitabili difficoltà, vi è di sostegno, conforto, illuminazione ed orientamento la Parola di Dio, la Sacra Scrittura, che deve essere approfondita, letta, meditata, studiata, con la consapevolezza che essa non è un semplice libro, ma è Dio stesso che parla, agisce, interpella, coinvolge, invita ad un attento ascolto, che porti all’adesione totale nei confronti della sua Volontà. E la Parola di Dio, sia quella dell’Antico che del Nuovo Testamento, vi fa incontrare con Colui, di cui è piena la Scrittura, cioè con Gesù Cristo, il quale con l’incarnazione “si è unito in certo modo ad ogni uomo” (cf. Gaudium et Spes, 22).

2. Nelle vostre riflessioni comunitarie voi avete voluto meditare sul valore basilare del sacramento del Battesimo nell’itinerario spirituale del cristiano, e desiderate rivivere, nella vostra vita di cristiani, la complessa e ricca esperienza, che la Chiesa nei primi secoli faceva ripercorrere ai suoi nuovi figli.

Senza cadere in un facile archeologismo di maniera, siate consapevoli che realizzare la dimensione battesimale significa, anzitutto, cercare di cogliere alla sua scaturigine l’identità autentica dell’esser cristiani; vivere cioè la profonda mutazione che è avvenuta nella nostra realtà umana con l’irruzione della grazia divina l’esser diventati templi viventi della santissima Trinità, tralci della vite, che è Cristo, membra del Corpo Mistico, del Cristo Totale, cioè della Chiesa. Scrivendo dei meravigliosi effetti soprannaturali del Battesimo così si esprime san Fulberto di Chartres, vescovo: “Sappiamo con certezza che, peccatori nella prima nascita, siamo mondati nella seconda; schiavi nella prima, siamo liberi per la seconda; terreni nella prima, siamo celesti per la seconda; carnali per colpa della prima nascita, diventiamo spirituali per la grazia della seconda; per quella figli d’ira, per questa figli della grazia. Chi, pertanto, offende la dignità del Battesimo, sappia che offende Dio stesso... È dunque una grazia della dottrina di salvezza conoscere la profondità del mistero del Battesimo” (S. Fulberti Carnutensis, Ep. 5: PL 141, 198s). Realizzare la dimensione battesimale significa unirsi intimamente a Cristo nell’Eucaristia, fonte e culmine della vita cristiana e di tutta l’evangelizzazione (cf. Lumen Gentium, 11; Presbyterorum Ordinis, 5); significa amare generosamente, concretamente, fattivamente tutti gli uomini, specialmente coloro che sono spiritualmente o materialmente poveri e bisognosi; significa ristrutturare tutta la propria vita morale in coerenza ed in conformità con le promesse battesimali. “Questo cammino, cammino della fede, cammino del Battesimo riscoperto, – dicevo ai vostri amici della parrocchia dei santi Martiri Canadesi in Roma – deve essere un cammino dell’uomo nuovo; questi vede qual è la vera proporzione, o meglio, la sproporzione della sua entità creata, della sua creaturalità rispetto al Creatore, alla sua maestà infinita, al Dio redentore, al Dio santo e santificante, e cerca di realizzarsi in quella prospettiva” (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 2 [1980] 1044).

3. In questo periodo liturgico del Natale i Vangeli di Matteo e di Luca ci presentano alcune persone, il cui comportamento nei confronti del neonato Gesù è stato particolarmente esemplare per noi: i misteriosi Magi, con la ricchezza della loro cultura, attenta e sensibile ai segni della Trascendenza; i poveri pastori, vigili sul gregge, pronti e obbedienti ai richiami degli Angeli; Giuseppe, l’uomo giusto, che nel sonno estatico è in continuo ascolto della volontà dell’Eterno; e, soprattutto, Maria, la Vergine Madre, che a Dio si affida completamente, pronuncia il “fiat” e concepisce nel suo grembo il Figlio dell’Altissimo per presentarlo e donarlo agli uomini.

A Lei in modo particolare, carissimi fratelli e sorelle, affido voi, il vostro impegno generoso, perché in perfetta e concorde adesione alla Chiesa e sempre sotto la direzione pastorale dei Vescovi, diate un personale contributo all’opera fondamentale della catechesi, facendo in modo da non trasmettere la vostra dottrina o quella di un altro maestro, ma “l’insegnamento di Gesù Cristo, la verità che egli comunica o, più esattamente, la verità che egli è” (Giovanni Paolo II, Catechesi Tradendae, 6).

Con questi voti e come segno del mio affetto vi imparto di cuore la benedizione apostolica.

      



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