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VISITA PASTORALE ALL'ISTITUTO DON GUANELLA

INCONTRO DI GIOVANNI PAOLO II
CON LA COMUNITÀ DEGLI INFERMI

Domenica, 28 marzo 1982

 

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore!

1. In questa Quinta Domenica di Quaresima, con profonda commozione mi trovo qui, in mezzo a voi, in questo luogo così umanamente segnato dalla sofferenza e tuttavia, alla luce della fede cristiana, così privilegiato e spiritualmente ricco. È anche questa una visita pastorale che compio, come ogni domenica, quando mi è possibile, ad un settore della vasta diocesi di Roma; anche questa Casa si può dire una “parrocchia”, in verità molto speciale, nella quale, invece del frenetico brusio della vita del mondo, si trova il nascosto fluire del dolore, della pazienza, della fiducia. Ma anche voi, malati e persone che vi curano, siete cittadini ben vivi e preziosi, siete fedeli insostituibili nel tessuto della società e della Chiesa, siete membra efficaci del Corpo di Cristo!

Ben volentieri, pertanto, ho accolto l’invito di visitare quest’opera grandiosa ed edificante, intitolata al beato Luigi Guanella, il genio della carità che, seguendo l’impulso del suo animo profondamente sensibile all’umana sofferenza e la vocazione chiaramente ispirata da Dio, tanto bene operò e, mediante le sue istituzioni, continua tuttora ad operare a Roma, in Italia e all’Estero.

Desidero pertanto rivolgere il mio sentito ringraziamento, insieme al più cordiale saluto, al signor Cardinale Ugo Poletti, Vicario Generale per la Città di Roma e distretto; al Vescovo Ausiliare Monsignor Fiorenzo Angelini, Delegato per la Pastorale negli ospedali e nelle case di cura; a Don Tito Credaro, Superiore Provinciale della Congregazione dei Servi della Carità dell’Opera Don Guanella; a Don Domenico Saginario, Direttore del Seminario Teologico; a Don Pietro Ferrari, Direttore della Casa san Giuseppe.

Saluto poi con uguale deferenza e cordialità le altre Autorità che hanno voluto intervenire a questa cerimonia, i medici ed il personale paramedico, i terapisti ed i vari tecnici, che con amore e perizia dedicano il loro tempo agli handicappati. Rivolgo pure il mio paterno saluto ai familiari, al sacerdoti ed alle religiose addette alla Casa, al Gruppo Volontari, ai Cooperatori, al Centro giovanile, agli allievi ed alle Maestranze del Centro Formazione Professionale, ai benefattori ed a tutti coloro che in qualche modo sostengono l’Opera e vengono in aiuto ai suoi ospiti, con squisita delicatezza umana e cristiana; il Signore che è identificato col debole, col malato, col sofferente, con l’emarginato, vi faccia sempre gustare la gioia di amare e di servire, e vi prepari la ricompensa eterna promessa nel Vangelo. Continuate con coraggio e con premura nei vostri civili e cristiani impegni di carità, di fraternità, di solidarietà!

2. Ma sono qui specialmente per salutare ed abbracciare voi, sofferenti di tutte le categorie, piccoli ed adulti, fratelli prediletti di Cristo sofferente.

È con animo sinceramente commosso che mi avvicino a voi, ed è per voi soprattutto che sono venuto in questa casa.

Vorrei esprimervi in questo momento tutta la profonda simpatia che sento per ciascuno di voi, tutta la mia comprensione per la malattia che portate nel vostro corpo e nel vostro spirito; vorrei parlare con voi a uno a uno per infondervi conforto e incoraggiamento. La vostra esistenza di persone handicappate costituisce una grande prova; una prova per voi anzitutto, una prova anche per i vostri genitori, per tutti coloro che vi vogliono bene e per quanti si domandano: perché questa infermità?

La vostra in realtà è una prova che è anche un mistero.

Penso in questo momento a Gesù che, percorrendo le strade di Palestina, si avvicinava di preferenza, come solo lui sapeva fare, con la sua infinita compassione umana e divina, ai poveri, ai sofferenti, ai malati di corpo e di spirito, e a tutti recava consolazione, apriva il cuore alla speranza e talora offriva anche il dono della guarigione.

Anche oggi soltanto a lui dobbiamo rivolgerci se vogliamo ricevere la luce che sveli almeno un poco il mistero della sofferenza e la grazia di saperla accogliere pazientemente.

Il Signore non ci domanda di chiudere gli occhi dinanzi all’infermità. Essa è ben reale e dobbiamo averne lucida consapevolezza. Egli ci domanda di guardare più in profondità, di credere che in questi corpi sofferenti palpita non solo la vita umana con tutta la sua dignità ed i suoi diritti, ma anche, in virtù del battesimo, la stessa vita divina, la vita stupenda dei figli di Dio. Se agli occhi esteriori degli uomini, voi apparite deboli e infermi, dinanzi a Dio voi siete grandi e luminosi nel vostro essere. Don Guanella vi chiamava “le mie perle” e vi definiva “i prediletti della Provvidenza”.

Vi è ancora un’altra realtà molto importante che Gesù ci rivela.

Nella società degli uomini le persone potenti e colte occupano i primi posti e appaiono più in vista; nel Regno di Dio invece succede il contrario: i primi ed i più grandi - ci dice Gesù - sono i bambini, i deboli, i poveri, i sofferenti. La maniera di agire di Dio è proprio sconcertante per l’uomo. L’apostolo san Paolo ci dice: “Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti” (1 Cor 1, 27).

Questa verità, che ci lascia stupiti, diventa credibile se guardiamo all’esempio stesso di Gesù. Gesù non si è accontentato di aprirci il mistero della sofferenza. Egli ci ha dato la risposta più convincente prendendo su di sé le nostre infermità, divenendo l’Uomo dei dolori e che conosce il soffrire (cf. Is 53, 3).

Quando allora noi chiediamo a Dio: perché questo innocente deve soffrire? Dio a sua volta rivolge a noi una domanda: Non mi vedi tu presente nel fratello che soffre? E che cosa fai tu per me e per lui?

3. Carissimi! La mia visita pastorale, ormai vicini alla Settimana santa, diventa così una meditazione sulla “Passione di Cristo” e sulla “Passione dell’uomo”: riflettendo sul Verbo Divino che passa attraverso l’angoscia del Getsemani e l’agonia della Croce per redimere l’uomo dalle tenebre dell’errore e del male, si comprende perché anche l’umanità debba passare attraverso il calvario della sofferenza. Fino al nuovo avvento di Cristo, si sta realizzando, giorno per giorno, la Redenzione. Colgo l’occasione per esprimere il mio vivo compiacimento per tutte le moderne risorse adottate allo scopo di venire incontro ai malati, di sviluppare le loro possibilità, di renderli per quanto è sperabile autosufficienti, interessandoli e responsabilizzandoli; e nello stesso tempo esorto ed incoraggio ad usufruire con impegno e buona volontà di tutte le tecniche fisio e psicoterapiche. Tuttavia mi preme anche ricordare che, nonostante tutte le conquiste della scienza, perdura nella storia la “Passione di Cristo”, insieme con la “Passione dell’uomo”, in funzione e nella prospettiva della Risurrezione finale in Cristo per quanti hanno creduto in lui e con lui hanno amato e sofferto. Don Guanella al termine della sua vita, nello spasimo della sua ultima malattia, un giorno uscì in questa espressione: “Dev’essere un grande male il peccato se ha portato sulla terra dolori così terribili”. Era la manifestazione della sua fede semplice, ma ferma e sicura, che gli aveva fatto scoprire il “tesoro nascosto”, per cui aveva abbandonato tutto e che, prima di morire, gli suggerì ancora la sintesi del suo messaggio: “Omnia in caritate!”. “Paradiso, Paradiso”!

Trasformate anche voi, malati, familiari ed amici la vostra “passione” in un atto di amore redentore; offritela ogni giorno e innalzatela all’Altissimo come il sacerdote all’altare offre l’Ostia pura e santa ed il calice della Salvezza eterna! Vi aiuti in questo proposito il beato Luigi Guanella, che nella felicità del cielo rimane sempre vigile sentinella nelle sue Opere e specialmente in questa Casa. Vi accompagni l’affetto materno della Vergine santissima, Maria della Provvidenza, la cui devozione deve essere preminente nel programma della vostra vita e della vostra giornata. Vi sostenga anche la mia preghiera, che di cuore vi assicuro, mentre a tutti imparto la mia benedizione. 

                                                  



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