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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA PROVINCIA DEL NORD DELL'INGHILTERRA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Venerdì, 29 ottobre 1982

 

Cari fratelli nell’Episcopato.

1. Per me la Pentecoste del 1982 sarà sempre legata a Liverpool, Manchester e York - davvero, con tutte le Chiese locali della Provincia del Nord dell’Inghilterra e che voi degnamente rappresentate come Pastori del Popolo di Dio. Con profondo affetto in nostro Signore Gesù Cristo do il benvenuto a tutti voi, Vescovi Ordinari e Ausiliari di Liverpool, Lancaster, Salford, Leeds, Middlesborough, Hexham e Newcastle. Il mio saluto di pace nel Signore va anche al Vescovo Moverley di Hallam, che a causa delle sue condizioni di salute non ha potuto essere qui con noi oggi, e ai Vescovi di Shrewsbury e Portsmouth.

2. La Pentecoste del 1982 ci ha trovati tutti uniti nella preghiera, con Maria, la Madre di Gesù: abbiamo invocato lo Spirito Santo, gli abbiamo chiesto di rinnovare i suoi prodigi di grazia in tutta la Chiesa. Gli abbiamo chiesto di dimorare in noi, di rinnovare i nostri cuori e le nostre menti, le nostre case e famiglie, le nostre città e villaggi. Gli abbiamo chiesto di sostenere il nostro popolo nel suo splendido sforzo di seguire Cristo nelle circostanze concrete della vita quotidiana, con i suoi problemi e le sue difficoltà, come la disoccupazione, la povertà e la malattia. Abbiamo chiesto allo Spirito Santo di venire e rinnovare la faccia della terra.

3. Ma la Pentecoste del 1982 evoca anche un’altra Pentecoste, una Pentecoste permanente - quella nuova Pentecoste prevista e ardentemente desiderata dal mio predecessore Giovanni XXIII. Proprio ieri, abbiamo commemorato l’anniversario della sua elezione al Papato, ed anche questa circostanza ci induce a riflettere sulla effusione dello Spirito Santo sulla Chiesa del nostro tempo. Tutto il suo pontificato era indirizzato alla promozione di un genuino rinnovamento nella Chiesa, nella docilità allo Spirito Santo che sempre suggerisce una totale fedeltà a tutte le esigenze del Vangelo. Ripetutamente egli proclamò la necessità del rinnovamento nella Chiesa. Nella sua prima enciclica, “Ad Petri Cathedram”, egli parlò della necessità di un più profondo riconoscimento della verità, di un salutare rinnovamento della morale cristiana e della restaurazione dell’unità, dell’armonia e della pace. Encicliche successive furono da lui dedicate a singoli problemi chiave: il sacerdozio, le missioni, la necessità della penitenza come condizione per un vero rinnovamento, la benedizione della pace nel mondo, e, infine, l’insegnamento sociale della Chiesa. In tutti i suoi pronunciamenti egli ha mostrato profonda sollecitudine umana ed acuta sensibilità pastorale. Il suo cuore era con i poveri, gli indigenti, coloro che sono in difficoltà, nell’afflizione, nella sofferenza, o nel peccato - tutto il Popolo di Dio, caduto ma redento dal Sangue dell’Agnello, che compie il suo pellegrinaggio al Padre, attraverso Cristo, con Cristo e in Cristo.

4. In questo contesto Giovanni XXIII convocò il Concilio Vaticano II, sapendo che ciò di cui c’era realmente bisogno era un Concilio di natura pastorale che avrebbe parlato della misericordia e dell’amore di Dio per il suo popolo, e avrebbe inaugurato una nuova era di speranza per l’umanità. Ma precisamente perché ogni iniziativa genuinamente pastorale ha bisogno di una solida base dottrinale, precisamente perché non ci può essere dicotomia tra la Parola di Dio e il vero benessere e la felicità dell’uomo, Giovanni XXIII, il giorno dell’apertura del Concilio, l’11 ottobre 1962, fece questa fondamentale affermazione: “La più grande preoccupazione del Concilio Ecumenico è questa: che il sacro deposito della dottrina cristiana venga più efficacemente custodito e insegnato”.

Commentando queste parole con un gruppo di Vescovi, una volta io dissi che “questo spiega l’ispirazione di Papa Giovanni; questo è ciò che la nuova Pentecoste doveva essere; questa è la ragione per cui i Vescovi della Chiesa - nella più grande manifestazione di collegialità nella storia del mondo - erano chiamati insieme: affinché il sacro deposito della dottrina cristiana fosse più efficacemente custodito e insegnato . . . E ciò che Giovanni XXIII considerò lo scopo del Concilio, io lo considero lo scopo del periodo post-conciliare” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad Episcopos Foederatorum Statuum Americae Septemtrionalis, 4, die 5 oct. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II,2 [1979] 633-634).

5. Custodendo e insegnando diligentemente questo sacro deposito della Parola di Dio, la Chiesa ha anche la possibilità di dare un contributo in numerosi campi dell’attività umana. Nelle vostre Chiese locali voi stessi date testimonianza al fatto che il rinnovamento acceso dalla luce della fede è profondamente sollecito verso tutti i bisogni della persona umana. È con la profonda convinzione della fede, radicata nella Parola di Dio, che noi proclamiamo: “Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio?” (1 Gv 3, 17).

Se è vero - e lo è - che la nostra sollecitudine pastorale deve abbracciare il nostro popolo in tutte le sue necessità, è anche vero che il nostro più grande contributo ad esso è la proclamazione della Parola di Dio in tutta la sua pienezza e potenza. Allorché noi trasmettiamo la Parola di Dio con fedeltà pastorale, il mondo spesso se ne ribellerà; potrà accusarci di intransigenza e di irrilevanza. Ma il nostro criterio rimane la fedeltà alla Parola di Cristo, che, a sua volta, è sinonimo del reale benessere dei nostri fratelli e sorelle.

6. Mentre noi stessi perseguiamo nel mondo moderno la delicata missione di custodire e di insegnare il sacro deposito della dottrina cristiana, Gesù stesso ci sfida dolcemente dicendo: “Abbiate fiducia in me”; abbiate fiducia nella mia Parola; abbiate fiducia nel potere della mia Parola di attrarre i cuori, di convincere le coscienze, di dissipare i dubbi, di lenire il dolore; abbiate fiducia nella verità della mia Parola capace di prevalere sull’inganno, di rifiutare l’errore, di distruggere la falsità e di assicurare l’autentica libertà cristiana. Gesù ha così assicurato alla Chiesa: “Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero” (Gv 8, 36). Senza la presenza di Gesù in mezzo a noi, e senza il suo Santo Spirito che guida il magistero della Chiesa, noi non potremmo mai adempiere al nostro mandato apostolico e al nostro incarico pastorale. Ma grazie all’aiuto che il Signore ci concede, posso ripetere a voi con l’apostolo Pietro: “Gettate in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi” (1 Pt 5, 7). E Gesù stesso dice: “Non sia turbato il vostro cuore; abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me (Gv 14, 1).

Questa totale fiducia in Cristo e nella sua Parola, venerabili e cari fratelli, è l’oggetto della mia preghiera per voi e per tutto i miei fratelli nell’Episcopato. È una fiducia totale che è alimentata nella preghiera e che non può esistere se non nella santità di vita. Si manifesta nella serenità pastorale e nella profonda pace personale. È, soprattutto, un dono dello Spirito Santo.

Ed è questa totale fiducia in Gesù Cristo e nella sua Parola che io chiedo per voi oggi, mediante l’amorevole intercessione di Maria, la Madre di Cristo.

E con questa totale fiducia in nostro Signore e Salvatore, continuiamo a implorare lo Spirito Santo perché prolunghi la nuova Pentecoste e ci assista, come Pastori del gregge, nel nostro compito di custodire e insegnare sempre più efficacemente il sacro deposito della dottrina cristiana.

Vieni, Santo Spirito, colma i cuori dei tuoi Vescovi, e rinnova la faccia della terra!

 

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