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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA 69ª CONFERENZA
DELL'UNIONE INTERPARLAMENTARE

Sabato, 18 settembre 1982

 

Signor Presidente,
Eccellenze,
Signore e Signori.

1. Apprezzo in modo particolare la vostra presenza qui oggi, in occasione dell’importante Conferenza che la nobile Istituzione di cui voi siete membri sta tenendo a Roma. Vi ringrazio per la vostra visita.

I miei venerati predecessori non hanno mai mancato di manifestare il loro interesse all’Unione Interparlamentare e anche di prodigarle i propri incoraggiamenti. Per esempio, il Papa Pio XII, il 9 settembre 1948, sottolineava la permanenza e l’opportunità di una tale Associazione. E dieci anni fa, quando l’Unione tenne la sua precedente Conferenza in Italia, Papa Paolo VI volle rendere omaggio al vostro lavoro di parlamentari. Dopo aver visto la vostra azione politica nei riguardi del potere politico, dei nuovi “poteri” dei corpi intermedi e dei tecnocrati, Paolo VI diagnosticava una certa crisi di funzione e di identità del Parlamento, ma si augurava giustamente, nel quadro di una necessaria evoluzione, che questa istituzione ricoprisse ancora più efficacemente il suo ruolo, al di là delle dispute di partito e di un certo sterile gioco politico. Il Parlamento così compreso contribuisce infatti alla salvaguardia della democrazia.

L’esperienza non mostra forse tutti i giorni cosa rischia una nazione quando le Autorità governative da una parte e i gruppi di pressione dall’altra non lasciano più il loro giusto spazio ai rappresentanti della società, eletti democraticamente e operanti liberamente, in coscienza, per rispondere alle aspirazioni legittime dei loro compatrioti, ricercando il bene comune di tutto il popolo e tenendo conto delle realtà concrete così come dei diritti fondamentali delle persone e delle loro associazioni?

2. Guidati dalle profonde aspirazioni popolari che sono alla base del vostro mandato di rappresentanti, voi siete certamente molto coscienti dell’urgenza di contribuire alla sicurezza e al progresso di coloro che vi hanno mandati, non solamente a livello interno di ogni nazione, ma in un quadro sempre più vasto, sapendo lo stretto legame che c’è tra il bene comune di ogni popolazione e la sua realizzazione su scala mondiale.

Su questo piano internazionale, il valore dell’Unione Interparlamentare è del resto attestato dal sempre maggior numero di adesioni: più di un terzo nel corso degli ultimi dieci anni. La rappresentatività dell’Unione è tanto più grande in quanto, all’interno di essa, come del resto di altre Organizzazioni internazionali, siedono fianco a fianco delegati di popoli che si sforzano di mantenere o di migliorare il loro grado di prosperità, spesso elevato, e rappresentanti di popoli che stanno ancora lottando per la propria sopravvivenza, compromessa dalla fame, dalle malattie, dalla mancanza di beni di prima necessità.

Questa diversità di posizioni, così come le molteplici differenze politiche, sociali ed etniche, conferiscono all’Unione interparlamentare una notevole capacità di sintesi e di promozione, cosa che del resto è dimostrata dai temi che sono oggetto della vostra discussione in questi giorni: dal legame tra la riduzione delle spese per gli armamenti e lo sviluppo economico e sociale del Terzo mondo fino alla partecipazione dei parlamentari nel campo delle relazioni internazionali; dall’augurata uniformità delle legislazioni ecologiche destinate a salvaguardare l’equilibrio dell’ambiente fino ai mezzi concreti per combattere la fame nel mondo; ed ancora l’abbattimento dei resti del vecchio colonialismo o la salvaguardia da ogni forma di neocolonialismo.

Precisamente, piuttosto che ritornare sulla vostra funzione di parlamentari all’interno dei vostri paesi, vorrei affrontare alcuni di questi problemi mondiali, e altri che stanno particolarmente a cuore alla Chiesa cattolica.

3. Desidero prima di tutto ricordare il mio messaggio del giugno scorso alla seconda Assemblea straordinaria delle Nazioni Unite consacrata al problema di primaria importanza dell’arresto della folle corsa agli armamenti: non solamente delle armi nucleari, che certamente suscitano una profonda inquietudine, vista la loro terrificante capacità di distruzione, ma anche di quelle che vengono chiamate armi convenzionali, che assorbono immense risorse dell’umanità mentre quest’ultime possono e debbono essere destinate a tutt’altri scopi.

Non dobbiamo scoraggiarci. Certo, la riunione di New York non ha dato alla fine tutti quei frutti che si aspettavano i popoli e gli uomini veramente desiderosi della pace. Lascia però la speranza di poter proseguire questo lavoro in profondità. Lavoriamo senza posa presso i competenti organismi, affinché la riduzione degli armamenti divenga una conquista effettiva delle attuali generazioni. Bisogna per questo rafforzare il clima di confidenza e di collaborazione. Le occasioni non mancano. Citiamo per esempio, per il continente europeo, la imminente ripresa della Conferenza di Madrid che può offrire l’occasione di apprezzabili progressi nella sicurezza e nella comprensione reciproca, nella linea dell’Atto finale di Helsinki. Ma penso anche a delle riunioni a livello degli altri continenti, americano, africano, asiatico, e ad iniziative che toccano tutto il pianeta.

All’inizio di quest’anno, nel mio abituale messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, ho definito la pace “un dono di Dio affidato agli uomini”. La pace vi è dunque affidata, a voi in modo particolare, a causa della vostra vocazione politica attiva e delle vostre responsabilità maggiori in questo ambito: possiate contribuire alla salvaguardia della pace, alla sua fortificazione e instaurazione là dove manca!

A questo proposito, come non avere in questo momento una preoccupazione particolare per il Medio Oriente? Ma non mi dilungo su questo tema, perché sapete senza dubbio che mercoledì scorso, al termine dell’udienza generale, ho chiaramente esposto la sollecitudine della Chiesa e la sua convinzione sui mezzi indispensabili per stabilirvi una pace reale.

Questo è per dirvi, Signore e Signori, a che punto la Chiesa sia pronta a dare il suo appoggio e il suo incoraggiamento a tutti gli sforzi seri che mirano alla pace, e non esiti a proclamare che se i cristiani hanno delle ragioni particolari per essere i testimoni attivi di questo dono divino della pace, non è meno vero che l’azione di tutti coloro che consacrano le loro migliori energie a questa causa, si inscrive nel disegno misterioso di Dio e, ai nostri occhi di cristiani, ha anche più importanza per il Regno di Dio inaugurato in Gesù Cristo, anche se se ne distingue (cf. Gaudium et Spes, 39).

4. Parlando di disarmo, facevo allusione alle risorse e allo sviluppo. È il problema della fame nel mondo che è qui in causa, e ho già notato con soddisfazione che esso fa parte del vostro ordine del giorno. La composizione della vostra Unione vi predispone a trattare con serietà questa questione cruciale del nostro tempo. Io stesso l’ho spesso affrontata, in particolare presso i delegati e i membri della FAO. Mi accontento qui di una constatazione e di un appello. Quando ascoltiamo gli esperti, non siamo forse colpiti dal paradosso, che lascia malessere nella nostra coscienza? Non solamente ci pongono davanti agli occhi le tremende statistiche della fame, ma ci rivelano anche che il mondo ha di che nutrire sufficientemente tutti gli uomini e che esiste un certo legame di causalità tra coloro che mangiano a sazietà e coloro che muoiono di fame. Per esempio, l’alimentazione disordinata degli uni, che consumano moltissimo cereale per il loro bestiame, quando trarrebbero giovamento dosando un nutrimento più equilibrato, non li conduce a privare i loro fratelli sotto-alimentati delle proteine strettamente necessarie alla loro sopravvivenza? E i circuiti di distribuzione non potrebbero essere migliorati? Ben altre questioni sembrano assillare la nostra coscienza. Sì, devono esistere delle soluzioni per arrestare questa piaga dell’umanità: bisogna ricercarle, bisogna renderne cosciente l’opinione pubblica, bisogna farle mettere in opera. Come me, voi non potete non essere angosciati da questa tragedia; con voi io lancio un urgente appello affinché la nostra solidarietà in questo campo guadagni in efficacia, e io auguro che i mezzi esaminati da questa Conferenza vi contribuiscano.

5. D’altra parte, anche se questo esula dal programma della presente sessione, non posso lasciar passare un’occasione così importante senza ricordare alla vostra sensibilità di legislatori e di guide politiche, l’importanza fondamentale dei valori della famiglia e dei suoi compiti sociali. Questi devono anche trovare la loro espressione sotto forma di interventi politici, come ho ricordato nell’esortazione Familiaris Consortio (cf. Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 44). Detto in altro modo, le famiglie devono essere le prime a vegliare affinché le leggi e le istituzioni dello Stato si astengano dal ferirle, ed anche sostengano e difendano positivamente i diritti e i doveri della famiglia. Non considerate questo compito primario delle famiglie come un’interferenza con il potere pubblico, a rischio di diminuire la sua autorità, perché si tratterebbe allora di una mancanza di coerenza con i ripetuti appelli alla partecipazione e all’iniziativa.

Sapete a che punto la Chiesa cattolica, da parte sua, difende, mantiene e promuove senza posa e in tutti i paesi, i valori della famiglia, quali la fedeltà coniugale, il senso della sessualità e le esigenze dei rapporti umani interpersonali, la dignità della donna, il dono e il rispetto della vita, il diritto e il dovere dell’educazione che spetta ai genitori. Se la Chiesa consacra tanta energia a testimoniare e dispiega tante iniziative in questo ambito mediante l’intervento dei suoi membri sacerdoti e laici, è perché essa fa grande affidamento sulla santità del matrimonio per la vita dei cristiani e il progresso della Chiesa, ed è convinta che è ugualmente di capitale importanza per la società di cui la famiglia è la cellula prima e vitale. Essa augura che i diversi responsabili, soprattutto i legislatori, comprendano il grande valore di questo aspetto per l’avvenire delle società.

6. È ancora opportuno ricordare il problema della libertà religiosa. Voi lo sapete, la Chiesa non chiede alcun privilegio al potere civile; con una chiarezza che, dopo il Concilio, è ancora più evidente che nel passato, essa ha definito una posizione globale secondo la quale la libertà religiosa non è che una delle facce del prisma unitario della libertà: questa è un elemento costitutivo essenziale di una società autenticamente moderna e democratica. Di conseguenza, nessuno Stato può pretendere di beneficiare di una stima positiva e a maggior ragione di essere considerato meritevole per il semplice fatto che sembra accordare la libertà religiosa, quando poi nei fatti l’isola da un contesto generale di libertà; e uno Stato non può definirsi “democratico” se pone ostacoli di qualsiasi tipo alla libertà religiosa non solamente per ciò che riguarda l’esercizio e la pratica del culto, ma ancor più per quanto riguarda la partecipazione su di un piano di uguaglianza alle attività scolari ed educative, così come alle iniziative sociali, nelle quali sempre più si articola la vita dell’uomo moderno. La storia, anche la più recente, attesta che i responsabili civili, preoccupati del bene del loro popolo, non hanno niente da temere dalla Chiesa; anzi, rispettandone le attività, essi procurano allo stesso popolo un arricchimento, perché utilizzano un sicuro mezzo di miglioramento e di elevazione.

7. Anche per voi, il senso delle vostre riunioni annuali non è quello di ricercare insieme questo miglioramento e questa elevazione per preparare un mondo più umano? Non vi contentate infatti di dibattere e di confrontare le tecniche del lavoro parlamentare e i grandi temi di attualità politica. Attraverso le discussioni e i contatti che vi permettono di conoscervi reciprocamente, voi siete anche continuamente alla ricerca dei modelli che permettono di superare le profonde tensioni che nascono dalle diverse violazioni e limitazioni dei diritti dell’uomo, come per esempio lo sfruttamento nel campo del lavoro e i molteplici abusi che affliggono la dignità umana. Il 2 ottobre 1979, avendo avuto l’onore di parlare all’Assemblea delle Nazioni Unite, ho affermato che “il criterio fondamentale secondo il quale si può stabilire un confronto tra i sistemi socio-economici e politici non è, e non può essere, il criterio di natura egemonica o imperialista, ma può e deve essere quello di natura umanistica, cioè nella misura in cui ognuno di essi sia veramente capace di ridurre, di frenare e di eliminare al massimo le differenti forme di sfruttamento dell’uomo e di assicurargli, mediante il lavoro, non solo la giusta distribuzione dei beni materiali indispensabili, ma anche una partecipazione che corrisponde alla sua dignità, all’intero processo di produzione e alla vita sociale stessa che si forma attorno a questo processo. Non dimentichiamo che l’uomo, anche se dipende per vivere dalle risorse del mondo materiale, non può esserne lo schiavo, ma il signore” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad Nationes Unitas Legatos, 17; 2 oct. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II,2 [1979] 535).

8. Vi ringrazio e mi felicito con voi, Signore e Signori parlamentari, per il contributo che apportate e continuerete ad apportare, in seno a ciascuno dei vostri Parlamenti e sul piano internazionale nel quadro della vostra Unione interparlamentare. Possiate aiutare, per parte vostra, il progresso umano dell’umanità che in numerosi settori è piegata sotto il peso di ingiustizie del passato o di nuove ingiustizie, che aspira ad un’uguaglianza di trattamento e ad una partecipazione responsabile, che cerca un legittimo benessere nella pace, senza rinunciare ad un’autentica e forte libertà! Tutto questo è in sintonia col disegno di Dio sul mondo.

Prego il Signore di donare alla vostra coscienza la luce e la forza di servire questo disegno, con disinteresse, e io sono sicuro che coloro che hanno la gioia di condividere una fede religiosa non mancheranno di implorarlo per questo fine, perché Dio è più grande del nostro cuore.

Su ciascuno di voi, sulle vostre famiglie, sui vostri paesi, io invoco abbondanti benedizioni da Dio, che è la fonte di ogni bene.

 

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