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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA VII ASSEMBLEA DELLA
FEDERAZIONE ITALIANA SETTIMANALI CATTOLICI ITALIANI

Venerdì, 2 dicembre 1983

 

1. L’incontro con rappresentanti del mondo giornalistico per me è sempre motivo di intimo godimento. Lo è per speciali titoli l’incontro che oggi ho con voi, carissimi direttori, amministratori, redattori dei settimanali cattolici d’Italia, che siete convenuti a Roma per la vostra settima assemblea nazionale.

Ringrazio cordialmente il Presidente della Federazione per le filiali espressioni, con cui s’è fatto portavoce dei vostri sentimenti, e gli sono grato per aver richiamato gli ideali e i principi ispiratori, ai quali attingete e - ciò che più conta - intendete restar fedeli nella vostra complessa e tanto benemerita missione.

Vi esprimo volentieri il mio profondo compiacimento, che desidero estendere, con affettuoso pensiero, all’intera famiglia dei vostri lettori, che sono a un tempo beneficiari e sostenitori dei settimanali cattolici: è come una grande famiglia che, disseminata nelle varie diocesi, abbraccia tutta la Penisola dalle Alpi alla Sicilia.

2. So bene, miei cari, che nel giornalismo odierno la formula specifica del settimanale cattolico comporta molti problemi e incontra gravi difficoltà. Ma so pure che tali problemi e difficoltà, grazie al buon volere, all’impegno, al coraggio di coloro che vi si dedicano, non valgono a sminuirne o ridurne il ruolo molteplice e insostituibile.

Per sua particolare fisionomia, il settimanale non è strettamente chiamato alla tempestività dell’informazione - ciò costituisce l’elemento qualificante della stampa quotidiana -, bensì dare una sintesi ragionata degli avvenimenti, una ponderata valutazione di essi. Questa specifica finalità presuppone una previa analisi delle notizie, compiuta con serenità e spiccato orientamento critico, nell’intento di assegnare il giusto rilievo a quelle che rispecchiano le tappe più significative dell’andamento della vita e meritano di essere illustrate con appropriati commenti.

La redazione di un settimanale, pertanto, richiede dedizione quotidiana, allenamento al sacrificio, applicazione attenta e severa: tutti quei requisiti, in una parola, che qualificano la dura e magnifica professione del giornalista che si senta e sia sempre consapevole delle proprie responsabilità.

È però confortante notare che tale periodicità, o “cadenza settimanale”, consente di assolvere meglio la funzione formativa, che è uno degli obiettivi che nobilitano distintamente l’attività della penna.

Corrispondenze, servizi, commenti, concepiti in questa luce, scritti con la chiarezza e la vivacità di cui voi giornalisti siete maestri e che traducono in forme accessibili a tutti le idee più profonde, un po’ alla volta incidono nella mentalità, invitano alla riflessione, invogliano all’apprendimento. Mentre, se necessario, funzionano da correttivo a notizie deformate o a calcolati silenzi, i settimanali hanno il privilegio di poter contribuire decisamente a quella ponderata meditazione e a quella maturazione interiore che configurano la “civiltà del pensiero”, della quale la società moderna, proprio perché esposta ai pericoli della distrazione e della superficialità, ha immensamente bisogno.

3. La dichiarata qualifica di “cattolico” arricchisce ed esalta incomparabilmente la vostra missione. Come cattolico è il settimanale, così lo è l’autore: ed è appunto questo titolo che del vostro lavoro fa un vero e proprio apostolato e, vorrei dire, un generoso sacerdozio.

Vedo con piacere che parecchi tra voi sono sacerdoti. La vostra presenza, carissimi confratelli, ricorda un’affermazione del decreto conciliare Presbyterorum Ordinis, secondo cui “sulla stampa vanno eloquentemente illustrate le necessità della Chiesa locale e della Chiesa universale” (Presbyterorum Ordinis, 11).

Ma comunque, proprio in questo ordine di idee, nella prospettiva del servizio alla Chiesa, la connessione tra giornalismo e sacerdozio si addice anche a voi, carissimi fratelli del laicato. La consapevolezza di compiere un’opera “sacerdotale” accentua la grandezza della vostra professione che, esercitata in limpida coerenza col carattere sacramentale del cristiano, corrisponde ad una genuina vocazione.

In effetti, i settimanali cattolici sono uno strumento prezioso per alimentare costantemente nel Popolo di Dio il “sensus Ecclesiae”: dico il senso della Chiesa particolare, di cui essi sono diretta espressione ed emanazione, come non raramente risulta fin dal nome - umile e glorioso - delle loro testate; e dico il senso della Chiesa universale, dalla quale arriva alle singole parti la garanzia dell’autenticità circa i valori supremi della fede e della morale. I vostri settimanali sono, altresì, naturali e non meno preziosi strumenti di unione delle comunità cristiane con la Chiesa universale, garantita dal carisma di Pietro. I

n tale ottica la configurazione periodica, apprezzata con l’intelligenza e la versatilità che sono proprie degli operatori dei “mass media”, permette di svolgere un’azione evangelizzatrice sistematica e penetrante che, agilmente inserita nei programmi pastorali delle diocesi, nonché nel contesto socio-culturale dei rispettivi ambienti, rientra nel quadro generale della vita della Chiesa.

Molti altri compiti impegnano il settimanale cattolico, destinato ad essere eco attenta e amorosa della realtà, da cui emana e a cui si rivolge. Essi diventano tanto più ardui, quanto più scarse sono le risorse finanziarie e tecniche.

Ma questa “modestia” mette in risalto il valore volontaristico, il quale costituisce, in certo senso, una ricchezza di primo ordine se rende più accetto il timbro di una voce che, anche nella sua povertà materiale, si caratterizza come voce amica e familiare. Una costante esperienza attesta che la penuria dei mezzi si abbina spesso a maggiore entusiasmo, a vigorosa serietà, a libertà da soffocanti condizionamenti: tutte caratteristiche, queste, che in ogni caso vanno accuratamente tutelate, perché la stampa cattolica sia in grado di svolgere responsabilmente il proprio servizio.

4. Uno dei compiti, che oggi vi deve stare sommamente a cuore, è la promozione e la salvaguardia dei valori morali. Infatti, nell’odierno clima di permissivismo, che non di rado è portato agli estremi eccessi anche da organi della pubblicistica, questa funzione di ordine etico assume un significato altissimo, che già da solo basterebbe a motivare la presenza della stampa cattolica.

Col coraggio e col vigore che, connaturati con la milizia giornalistica, sono indispensabili per andare controcorrente e superare la tentazione di allettamenti demagogici, oggi è necessario più che in passato propugnare, onorare e difendere la virtù e il bene; mostrare instancabilmente come essi siano in armonia con la verità dell’uomo e la qualità della vita, che invece la degradazione del costume e la connivenza col vizio assoggettano a varie forme di penosa schiavitù.

Non posso tacere, da ultimo, nell’Anno Giubilare della Redenzione che i grandi temi ad esso assegnati vi offrono argomenti di vasta portata e di acuto interesse. Pensate ai temi della penitenza, della riconciliazione e della pace. Trattati con competenza e adesione alla realtà, essi possono dare un valido apporto all’auspicato risveglio della sensibilità delle coscienze e all’elevazione del livello della pubblica moralità. Io confido, o cari fratelli, che il rafforzamento dei vincoli federativi, che vi siete proposto come frutto della vostra assemblea romana, confermi e avvalori la tensione ai comuni ideali e incrementi la vitalità di ciascuno dei vostri, dei nostri settimanali cattolici.

Con questo cordiale auspicio invoco sulle vostre persone, sui vostri collaboratori e sul vostro lavoro copiose grazie celesti, mentre vi imparto di cuore la mia affettuosa e incoraggiante benedizione apostolica, estendendola volentieri alla famiglia dei vostri fedeli lettori.

 

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