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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA
(16-23 GIUGNO 1983)

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLE AUTORITÀ STATALI NEL PALAZZO DEL BELVEDERE

Varsavia (Polonia) - Venerdì, 17 giugno 1983

 

Illustre Signor Generale e Signor Presidente del Consiglio di Stato, Illustri Signori!

1. “Una Polonia prospera e serena è . . . nell’interesse della tranquillità e della buona collaborazione fra i popoli d’Europa”. Mi permetto di iniziare il mio discorso con le stesse parole, con le quali lo cominciai, in questo stesso palazzo del Belvedere, il mese di giugno del 1979, durante la mia precedente visita in Patria. Ripeto queste parole, perché le ha pronunciate un grande amico della Polonia, il Papa Paolo VI, al quale la Chiesa della nostra Patria deve l’importante opera di normalizzazione nei Territori Settentrionali e in quelli Occidentali. Le ripeto, anche perché queste parole rispecchiano per così dire la costante quintessenza di ciò che la Sede Apostolica pensa della Polonia, e ciò che la Polonia auspica.

2. Questo modo di pensare ha un significato importante sullo sfondo del nostro difficile passato storico, iniziando specialmente dalla fine del XVIII secolo. Proprio sullo sfondo delle spartizioni della Polonia, il pensiero, secondo cui “una Polonia prospera e serena è . . . nell’interesse della tranquillità e della buona collaborazione fra i popoli di Europa” è stato un postulato della morale internazionale, come pure della sana ragion di stato europea. Questo pensiero, per oltre cent’anni, dovette farsi strada attraverso gli imperialismi contrari alla nostra indipendenza; per trovare infine espressione, al termine della prima guerra mondiale, nei trattati di pace. La Nazione polacca nutre costante gratitudine verso coloro, che allora sono stati gli araldi della sua esistenza indipendente.

Mentre ci troviamo a Varsavia, la capitale della Polonia, il ricordo di tutte queste esperienze storiche rivive in modo speciale. E perciò sempre rimangono importanti le parole di Paolo VI, le quali constatano non solo che la Polonia ha diritto alla sovrana esistenza di uno Stato, ma anche che essa al suo proprio posto è necessaria per l’Europa e per il mondo.

3. Paolo VI, nelle parole citate, sottolineava che la “Polonia . . . è nell’interesse della tranquillità e della buona collaborazione fra i popoli di Europa”. Questa affermazione possiede la sua piena eloquenza sullo sfondo della seconda guerra mondiale, che è stata la più grande violazione della pace in questo secolo, soprattutto nel continente europeo. La Polonia si è trovata proprio al centro delle terribili esperienze di quella guerra. Per il suo diritto alla sovranità ha pagato con sei milioni di suoi cittadini, che fecero sacrificio della vita sui diversi fronti della guerra, nelle prigioni e nei campi di sterminio. La Nazione polacca ha confermato ad un prezzo molto alto il proprio diritto ad essere padrona sovrana della terra, che eredita dagli avi.

Il ricordo delle terribili esperienze della guerra, vissute dalla Polonia e dagli altri Popoli d’Europa, fa rinnovare, ancora una volta, l’invocazione appassionata affinché la pace non sia turbata né messa in pericolo, e in particolare perché si ponga rimedio, al più presto e in modo efficace, cioè con negoziati leali e costruttivi, alla minacciosa corsa agli armamenti.

4. Venendo in Polonia, ho davanti agli occhi tutta la sua storia di mille anni e, prima di tutto, le esperienze di questo secolo, unite alla mia vita.

Desidero tanto ringraziare le supreme autorità dello Stato per l’invito in Patria, trasmessomi con lettera del Signor Presidente del Consiglio di Stato. Vengo nella mia Patria come pellegrino in occasione del Giubileo di Jasna Gora. Vengo per essere con i miei connazionali in un momento particolarmente difficile della storia della Polonia, dopo la seconda guerra mondiale. Al tempo stesso, non perdo la speranza che questo difficile momento possa diventare una via di rinnovamento sociale, l’inizio del quale è costituito dagli accordi sociali, stipulati dai rappresentanti delle autorità dello Stato con i rappresentanti del mondo del lavoro. E anche se la vita in Patria sin dal 13 dicembre 1981 è stata sottoposta ai severi rigori dello stato di guerra, che dall’inizio dell’anno corrente venne sospeso, tuttavia non cesso di sperare che quella riforma sociale, molte volte annunciata, secondo i principi elaborati con tanta fatica nei giorni critici dell’agosto 1980, e contenuta negli accordi, verrà gradualmente attuata.

Tale rinnovamento è indispensabile per mantenere il buon nome della Polonia nel mondo, come pure per uscire dalla crisi interna e per risparmiare le sofferenze di tanti figli e di tante figlie della nazione, miei connazionali.

5. La Sede Apostolica dedica tanti suoi sforzi alla causa della pace nel mondo contemporaneo. Quest’anno ricorre il ventesimo anniversario della pubblicazione dell’enciclica Pacem in Terris di Papa Giovanni XXIII. Paolo VI portò avanti, in molte forme, gli sforzi in questo campo. Essi sono molto numerosi, e insieme generalmente conosciuti; sarebbe difficile in questo momento ricordarli dettagliatamente. Ricorderò soltanto l’iniziativa della Pontificia accademia delle scienze nell’anno 1981. Eminenti specialisti delle discipline scientifiche come la fisica, la biologia, la genetica e la medicina hanno elaborato un “memorandum” sulle prevedibili conseguenze dell’uso dell’arma atomica. Il “memorandum” è stato consegnato dal rappresentanti della suddetta Accademia ai Capi di Stato dell’Unione Sovietica, degli Stati Uniti d’America, dell’Inghilterra, della Francia, al Presidente dell’assemblea dell’ONU e al Segretario generale dell’ONU.

Sin dal tempo di Paolo VI si stabilì l’usanza di celebrare nella solennità di Capo d’anno la Giornata mondiale della pace, usanza unita a un messaggio annuale. Quest’anno il messaggio del 1° gennaio 1983 porta il titolo: “Il dialogo per la pace, una sfida per il nostro tempo”. Mi sono permesso di inviare il testo di questo messaggio anche ai supremi rappresentanti dell’autorità dello Stato in Polonia.

Questo messaggio si richiama alle esperienze dei passato, per indicare che il dialogo a favore della pace, specialmente nella nostra epoca, è necessario. Esso è anche possibile: “Gli uomini in definitiva sono capaci - ho scritto - di superare le divisioni, i conflitti d’interesse, anche le opposizioni che paiono radicali . . . se credono al valore del dialogo, se accettano di ritrovarsi tra uomini per cercare una soluzione pacifica e ragionevole ai loro conflitti”.

6. In seguito, il documento caratterizza le note distintive del vero dialogo e gli ostacoli che esso incontra. Il messaggio di quest’anno dedica molto spazio al problema del dialogo in favore della pace a livello internazionale. Date le circostanze, mi permetterò di attirare l’attenzione sul paragrafo intitolato “Dialogo a livello nazionale”, ove si legge: “Il dialogo per la pace si deve instaurare . . . per risolvere i conflitti sociali e per ricercare il bene comune. Pur tenendo conto degli interessi dei diversi gruppi, la concertazione pacifica può farsi costantemente, mediante il dialogo, nell’esercizio delle libertà e dei doveri democratici per tutti, grazie alle strutture di partecipazione e alle molteplici istanze di conciliazione . . . (nelle controversie tra i datori di lavoro e i lavoratori, in modo da rispettare e associare i gruppi culturali, etnici e religiosi che formano una Nazione). Quando purtroppo il dialogo tra governanti e popolo è assente, anche la pace sociale è minacciata o assente: si genera come uno stato di guerra. Ma la storia e l’osservazione attuale mostrano che molti Paesi sono riusciti o riescono a stabilire una vera concertazione permanente, a risolvere i conflitti che sorgono nel loro ambiente, o perfino a prevenirli, dotandosi di strumenti di dialogo veramente efficaci”.

7. Illustri Signori! Ritorno ancora una volta alle parole di Paolo VI: “Una Polonia prospera e serena è nell’interesse della tranquillità e della buona collaborazione fra i popoli in Europa . . .”. Come figlio della terra polacca, faccio di queste parole in modo particolare un mio personale augurio per la Nazione e lo Stato. Quest’augurio indirizzo contemporaneamente ai rappresentanti dell’autorità e all’intera società.

Desidero ardentemente che la Polonia abbia sempre il posto che le è proprio tra le Nazioni d’Europa, tra l’Oriente e l’Occidente. Desidero ardentemente che si creino nuovamente condizioni di una “buona collaborazione, con tutte le Nazioni occidentali sul nostro continente, come pure su quello americano, soprattutto se si tratta degli Stati Uniti dell’America del Nord, ove tanti milioni di cittadini sono di origine polacca. Sono profondamente convinto che dette condizioni possono essere create. Anche questo è uno dei compiti del dialogo - del dialogo internazionale - in favore della pace nel mondo contemporaneo.

So pure che l’Episcopato polacco costantemente dispiega sforzi instancabili, affinché il principio del dialogo proclamato dalla Chiesa, possa diventare una base fruttuosa sia della pace interna, sia della “buona collaborazione” tra la Polonia e le altre Nazioni d’Europa e del mondo.

8. Desidero ancora una volta esprimere il mio ringraziamento per l’invito in Patria. Desidero anche porre nelle mani dei rappresentanti delle supreme autorità della Repubblica polacca, un ringraziamento per tutto ciò che - sia queste autorità, sia gli organi dell’amministrazione locale, ad esse subordinati - hanno fatto per preparare il mio incontro con la Nazione e con la Chiesa nella mia Patria.

Come durante la mia precedente visita, desidero alla fine affermare che continuerò a considerare come mio ogni vero bene della mia Patria, come se io continuassi ad abitare in questa terra, e forse ancora di più, a motivo della distanza. Con la stessa forza continuerò anche a risentire ciò che potrebbe minacciare la Polonia, ciò che potrebbe recarle danno, portarle disonore, ciò che potrebbe significare una stasi o una depressione.

Nella preghiera per la Polonia si uniscono a me moltitudini di uomini di buona volontà, in tutto il mondo.

Aggiungo le espressioni di stima per tutti i distinti rappresentanti delle autorità e ad ognuno in particolare, secondo l’ufficio che esercitano, secondo la dignità che rivestono, come pure secondo l’importante parte di responsabilità, che grava su ciascuno di voi davanti alla storia e davanti alla vostra coscienza.

Desidero anche ringraziarla per i doni che mi ha offerto, molto preziosi e molto significativi, soprattutto in questo momento storico, allorché ricordiamo i 300 anni dell’assedio di Vienna. A mia volta, la prego di accettare il mio dono, un san Giovanni Battista opera della scuola di Ferrara del XVI secolo, proveniente dal Museo Vaticano. Il nome di questo Santo è legato a quello degli ultimi Papi, a partire da Giovanni XXIII. In memoria di tali predecessori e a ricordo della mia visita, desidero lasciare in Polonia quest’opera, che riunisce in sé i motivi biblici e quelli della tradizione papale. La prego vivamente di accettarla. Grazie.



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