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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI PARLAMENTARI EUROPEI

Giovedì, 10 novembre 1983

 

Signore, Signori,

1. In occasione della vostra riunione di lavoro a Roma, avete manifestato il desiderio di questo incontro con il Papa. Ne sono commosso, tanto più che questa udienza si inserisce in un cammino religioso con il quale avete voluto celebrare anche voi il Giubileo della Redenzione, come desiderano fare i pellegrini cristiani in questo Anno Santo, a Roma o nelle loro Chiese locali.

Avete in comune una triplice caratteristica: ricoprite alte responsabilità politiche in seno al Parlamento europeo, o in seno ai vostri rispettivi Parlamenti; siete legati a metodi democratici di governo, nell’ambito dell’Unione mondiale - o dell’Unione europea - democratica cristiana; infine, avete uguali convinzioni cristiane che vi permettono di esprimere insieme la vostra fede, la vostra preghiera e il vostro impegno cristiano.

2. Comprenderete perché io mi soffermi innanzitutto su quest’ultimo aspetto: il vostro pellegrinaggio di Anno Santo. Venite davanti a Dio, santo e misericordioso, che ripete a tutti gli uomini, a ciascuna generazione, e specialmente in questo Anno Giubilare: “Convertitevi e credete al Vangelo”.

Di fronte a questa chiamata alla santità - che è la conseguenza del Battesimo -, l’uomo è rivelato a se stesso. Ciascuno di noi sente normalmente il peso dei suoi peccati, di tutto ciò che, nel segreto della sua vita personale, familiare, è stato o rimane un ostacolo al rapporto fiducioso con Dio, alla preghiera, alla carità, alla giustizia, alla purezza, alla verità, alle quali sono chiamati i discepoli di Cristo.

Con spirito umile e pentito, noi veniamo a deporre il nostro fardello per ripartire di nuovo, con lo Spirito Santo che purifica, libera, eleva. Una tale revisione di vita include per voi, in modo particolare, le vostre responsabilità sociali, poiché l’impegno al quale vi ha chiamati la fiducia dei vostri concittadini vi impone di ricercare il bene comune di tutti, di superare su questo punto le sterili divisioni tra voi, di evitare la demagogia e la parzialità riguardo a questo o quel gruppo dei vostri elettori.

Infine, vi sentite solidali nei confronti dei diversi mali di cui soffre la nostra società: discriminazioni, violenza, terrorismo, aggressioni militari, pericolose accumulazioni di armamenti, violazioni dei diritti umani fondamentali, disprezzo della vita degli innocenti, disparità stridenti tra ricchi e poveri. Come i Vescovi hanno espresso recentemente nel loro messaggio al termine del Sinodo, questi sono dei mali che non ci possono lasciare indifferenti; benché assumano una vasta dimensione sociale e si incarnino nelle strutture, essi di fatto provengono dal cuore peccatore degli uomini, dalla loro avarizia, dalla loro ingiustizia, dal loro odio.

Essi mostrano il bisogno di una grazia divina di conversione e riconciliazione, per il mondo come per la Chiesa: l’imploriamo da Dio venendo noi stessi a riconciliarci con lui, e ci impegniamo a metterla in atto, per quanto dipende da noi, nell’ambito delle nostre responsabilità.

3. Noi, credenti, ci uniamo a tutti gli uomini di buona volontà attorno a degli ideali che onorano la loro coscienza, perché “il disegno del Padre per la nostra società è che noi viviamo costituendo una sola famiglia, nella giustizia, verità, libertà e amore”, come ricordavano i Padri del Sinodo. Ma siamo convinti che il cambiamento e il progresso sperati sono in definitiva frutto della morte e risurrezione di Cristo, il Redentore dell’uomo, che ha distrutto la potenza del peccato sulla croce, mediante l’offerta della sua vita in un’abbondanza d’amore, e ha ottenuto la pace con Dio e tra gli uomini (cf. Ef 2, 13-18). Dio è più grande della nostra debolezza e la croce significa che l’amore è più forte dell’odio e del rancore, che bisogna impegnare la propria vita per il fratello.

Sì, “nella croce sta la nostra speranza di un rinnovamento cristiano dell’Europa”, come ho detto a Vienna il 10 settembre scorso. Abbiamo il compito di “creare una civiltà dell’amore guarendo, riconciliando, riunendo nell’armonia un mondo diviso e spezzato . . . Il mondo intero deve diventare sempre più una comunità riconciliata di popoli” (Synodus Episcoporum, Nuntius Patrum Synodalium ad Populum Dei, 29 ottobre 1983).

4. Dopo queste considerazioni sul senso del Giubileo che voi state compiendo, desidero esaminare con voi alcuni punti della vostra vita di parlamentari cristiani, che siete chiamati ad approfondire o a rinnovare. E quello che sto per dire vale anche per tutti coloro che si riferiscono alla fede o all’ideale cristiano e che sono impegnati nella vita politica europea, in diversi partiti. Innanzitutto, per mantenere le vostre convinzioni e per dare testimonianza, non è forse cosa molto buona che abbiate tra di voi dei momenti di meditazione? Penso prima di tutto alla preghiera, e sono felice di sapere che alcuni cristiani membri del Parlamento europeo non esitano a pregare insieme prima delle sedute plenarie. La partecipazione ad alcune celebrazioni comuni, alla messa, costituirà anche un grande aiuto per i parlamentari cristiani. E, in maniera più generale, sono sicuro che i gravi dibattiti che impegnano le vostre coscienze potrebbero anche costituire oggetto di riflessione comune alla luce del Vangelo, per permettervi di esaminare le vostre decisioni e gli orientamenti del vostro gruppo politico secondo i criteri cristiani che, senza indicare scelte tecniche, offrono uno spirito e principi morali che non si dovrebbero mai trascurare.

5. Ricordiamo un po’ questi principi di cui siete sicuramente convinti, ma che sono talvolta difficili da conciliare con le pressioni che vengono esercitate su ogni uomo politico.

Si tratta innanzitutto di servire il bene comune di tutti coloro che sono interessati dalla vostra istituzione europea, nei diversi ambiti sociali di ciascuno dei vostri Paesi, nei diversi settori della vita economica, in modo da assicurare il più possibile giustizia e armonia nella crescita economica, tenendo conto della sussidiarietà. So che questo equilibrio tra interessi apparentemente opposti, e questa imparzialità, quale che sia l’insistenza di coloro che vi hanno eletto o potrebbero rieleggervi, sono cose difficili. Più difficile ancora forse si dimostra la preoccupazione di fare spazio alle aspirazioni legittime dei diversi Paesi, nel quadro del Parlamento europeo, poiché voi siete lì per stabilire una politica comune, e non solo quella del vostro Paese.

Del resto, vi è un bene comune della comunità internazionale che i Paesi d’Europa devono ugualmente ricercare, con coraggio, senso d’equità e disinteresse, sia che si tratti della pace in Medio Oriente e in America Centrale, della pacificazione delle tensioni e dall’“avvicinamento” realista tra l’Est e l’Ovest, della solidarietà tra Nord e Sud nel dramma della fame e nelle ineguaglianze degli scambi, della violazione evidente delle regole di umanità, della libertà e dei diritti dell’uomo. Su tutti questi punti, per non citare che alcuni esempi, senza prendere il posto delle legittime autorità locali, l’Europa che voi rappresentate dovrebbe attingere dal suo patrimonio cristiano e umanitario la forza di offrire una testimonianza che sia di aiuto ai popoli in difficoltà e trovare con essi mezzi efficaci per contribuire alla pace, alla giustizia, alla speranza.

Il bene comune dei popoli non riguarda solamente le condizioni economiche e gli equilibri di pace, ma “l’insieme delle condizioni della vita in società che permettono all’uomo di raggiungere la propria perfezione in modo più completo e agevole”; “riguarda l’uomo tutto intero, con i suoi bisogni tanto materiali che spirituali” (cf. Giovanni XXIII, Mater et Magistra e Pacem in Terris). E del resto il Parlamento europeo non cessa di preparare disposizioni giuridiche o risoluzioni che concernono la libertà della persona, il rispetto della vita, i costumi familiari, l’istituzione del matrimonio, la valida educazione dei giovani, nel rispetto dei diritti dei genitori, le situazioni sociali di miseria, eccetera. È una grande responsabilità per un parlamentare, per un parlamentare cristiano, favorire nelle sue discussioni e nei suoi voti i valori umani e cristiani, come la dignità della persona, l’amore autentico, il libero sviluppo nella solidarietà con gli altri uomini, la promozione della coscienza, l’apertura alle realtà spirituali!

In quanto cristiani, voi siete chiamati a testimoniare e ad agire in un senso coerente con la fede, e, oso dire, con le “radici profondamente cristiane dei valori umani e culturali che hanno segnato in maniera decisiva il passato dell’Europa e che sono in grado di garantire il suo avvenire”, come dicevo a Vienna.

6. Il senso dell’autentica democrazia al quale siete legati fa parte di questo patrimonio. Giustamente promuovete le vie della democrazia, siete preoccupati della corretta partecipazione dei cittadini alla vita della comunità politica, mantenendo la necessità di un’autorità pubblica sufficientemente forte (cf. Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 16). Alcune pratiche democratiche che non tengono forse sufficientemente conto di quest’ultimo punto, che mancano di realismo o che si invischiano in lotte sterili di partiti e nella ricerca di interessi particolari, hanno purtroppo preparato talvolta il terreno a forme di dittatura. La lezione deve essere ricordata. Resta comunque il fatto che la democrazia ben compresa corrisponde al legittimo diritto della libera scelta del sistema politico e conserva le migliori possibilità di assicurare, grazie alle correzioni fornite dagli uni e dagli altri, una via di saggezza e di condizioni di giustizia per tutti.

Oggi, questo ideale può apparire forse come una debolezza, un insuccesso, di fronte al diffondersi della violenza e all’aumento delle soluzioni di forza. Certamente, quasi tutti i Paesi parlano di giustizia, di diritti dell’uomo, di volontà di pace e di soluzioni negoziate. Ma, in realtà, molti si indirizzano su vie di violenza più o meno camuffata. Sì, la vera democrazia è difficile; essa deve essere difesa a tutti i costi, chiede un impegno risoluto, un senso accresciuto di responsabilità. Così, io mi felicito con voi che ne fate il vostro metodo e il vostro ideale, e che raccomandate sempre le vie di un vero dialogo, quali io ricordavo nel mio messaggio per il primo giorno di quest’anno.

In definitiva, nessun partito è al riparo da deformazioni, decadenza, corruzione; bisogna vegliare e rinnovare l’azione secondo i principi di cui abbiamo parlato. Del resto, le soluzioni concrete, sul piano politico, non si deducono direttamente dalla fede. Ma la vostra ferma volontà di agire, ognuno per suo conto e in gruppo, secondo la vostra coscienza cristiana, e il vostro umile cammino di Anno Santo meritano i miei più vivi incoraggiamenti. Lo dicevo nel mio primo giorno di pontificato: “Alla potenza salvifica (del Cristo), aprite le frontiere degli Stati, i sistemi economici e politici . . .”. E nella mia enciclica Redemptor Hominis: “Su questa difficile strada, sulla strada dell’indispensabile trasformazione delle strutture della vita economica non sarà facile avanzare se non interverrà una vera conversione della mente, della volontà e del cuore. Il compito richiede l’impegno risoluto di uomini e di popoli liberi e solidali . . . (e), alla base di questo gigantesco campo bisogna stabilire, accettare e approfondire il senso della responsabilità morale, che l’uomo deve far suo” (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 16).

Vi ringrazio della vostra visita e della vostra fiducia. Prego Dio di darvi la sua forza e la sua luce, per offrire ai vostri fratelli e sorelle d’Europa il servizio qualificato di cui voi siete capaci. E vi benedico di tutto cuore.

 

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