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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI VESCOVI DEGLI STATI UNITI D'AMERICA
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Lunedì, 19 settembre 1983

 

Cari fratelli in nostro Signore Gesù Cristo.

1. Recentemente ho parlato ad altri gruppi di Vescovi americani intorno a due importanti aspetti del grande mistero della Chiesa: l’Episcopato e il Sacerdozio. Ora vorrei riflettere con voi su di un altro speciale dono di Dio alla sua Chiesa, e questo dono è la vita religiosa.

La vita religiosa è così parte della Chiesa, così intimamente tocca la sua costituzione e la sua santità, che essa deve costituire parte integrante della sollecitudine pastorale del Papa e dei Vescovi, che hanno un’unica responsabilità per l’intera vita della Chiesa e sono chiamati ad essere segni della sua santità. Parlando della vita religiosa noi parliamo di una realtà ecclesiale che riguarda i Vescovi in ragione del loro proprio ufficio.

2. In ogni momento, ma specialmente durante l’Anno Santo della Redenzione, la Chiesa offre la chiamata alla conversione a tutti i suoi membri, particolarmente ai religiosi. Questa chiamata alla conversione si rivolge particolarmente ai religiosi così che essi possano acquistare i pieni benefici della Redenzione ed essere sempre più testimoni fedeli di quella Redenzione; così che essi possano sempre più essere canali autentici della Redenzione per il Popolo di Dio attraverso la loro propria vitalità spirituale che, nella Comunione dei Santi, è un effettivo contatto soprannaturale con la Redenzione; così che attraverso la conversione essi possano vivere più fedelmente l’unità della Chiesa, che è essa stessa l’effetto della Redenzione e una partecipazione ad essa.

Per questa ragione io ho scritto a tutti i Vescovi chiedendo un loro speciale servizio pastorale ai religiosi degli Stati Uniti nel contesto dell’Anno Santo della Redenzione. Nella mia Lettera ho affermato: “È mia sincera speranza che l’Anno Santo della Redenzione per la vita religiosa sia veramente un anno di fruttuoso rinnovamento nell’amore di Cristo. Se tutti i fedeli hanno un diritto - ed essi l’hanno - sui tesori di grazia che una chiamata al rinnovamento nell’amore offre, allora i religiosi hanno un titolo speciale a questo diritto”.

Tutto l’impeto della mia iniziativa fu formulato come un invito, una chiamata da estendersi ai religiosi, di spalancare le porte dei loro cuori al Redentore. A questo riguardo scrissi: “Vi chiedo di invitare tutti i religiosi del vostro Paese, in mio nome, e nel vostro proprio nome come Vescovi, nel nome della Chiesa e nel nome di Gesù, a cogliere questa opportunità dell’Anno Santo per camminare in novità di vita, in solidarietà con tutti i Pastori e i fedeli, lungo il sentiero necessario a noi tutti: la strada della penitenza e della conversione”.

3. Questo sforzo pastorale è di tale importanza che potrebbe essere portato a compimento solamente mediante un impegno pienamente collegiale da parte di tutti i Vescovi degli Stati Uniti. In quella occasione io vi promisi il mio fraterno sostegno di preghiera. Nominai anche una Commissione guidata dall’Arcivescovo John Quinn, il cui compito doveva essere quello di assistervi nell’esercizio della collegialità e di facilitare il vostro lavoro pastorale per “aiutare i religiosi del vostro Paese i cui Istituti sono impegnati in attività apostoliche a vivere in pienezza la loro vocazione ecclesiale”. Sono profondamente grato alla Commissione per la generosità e lo zelo con cui essa è impegnata a formulare un programma adatto, ad assistere effettivamente il gruppo di Vescovi che ha la principale responsabilità in questa materia. Come linee guida per la Commissione e per voi stessi in questa importante incombenza approvai un compendio di punti salienti dell’insegnamento della Chiesa sulla vita religiosa preparato dalla Sacra Congregazione per i religiosi e gli Istituti secolari.

Da allora in poi ho anche avuto l’opportunità, come avevo sperato, di parlare personalmente con un gran numero di Vescovi della vita religiosa, ascoltando i loro punti di vista e apprendendo quale servizio pastorale fosse da loro rivolto ai religiosi. Sono profondamente grato a nostro Signore Gesù Cristo per il fatto che questa iniziativa sia stata accolta così premurosamente dalla Commissione e dai singoli Vescovi, e che sia stata vista per quel che è, un’applicazione - un’applicazione estremamente importante - del principio della collegialità, un principio enunciato con così grande vigore dal Concilio Vaticano II. Nel proporre questa iniziativa al vostro zelo pastorale, la mia prima intenzione è stata quella di affermare la responsabilità collegiale per lo stato della vita religiosa, che è intimamente legata al mistero della Chiesa e al mistero dell’Episcopato.

I religiosi hanno bisogno del sostegno e dell’assistenza dei Vescovi nelle loro vite di testimonianza consacrata alla santità di Cristo e al primato di Dio. La vostra collaborazione collegiale non è soltanto un mezzo per offrire un sostegno di carattere generale ai religiosi e per assisterli nel risolvere particolari problemi che toccano inevitabilmente le loro vite; significa anche un autentico funzionamento della collegialità, un autentico e vitale rapporto tra l’Episcopato e i religiosi.

4. Il servizio collegiale che voi, come Vescovi, siete chiamati a rendere ai religiosi nell’area di vostra propria competenza episcopale è, soprattutto, quello di proclamare una chiamata alla santità, una chiamata al rinnovamento e una chiamata alla penitenza e alla conversione. In altre parole, di estendere, nel nome del Redentore, la chiamata dell’Anno Santo, sollecitando la più grande risposta d’amore possibile. Nella mia Lettera a voi indirizzata affermai che “questa chiamata è legata in modo particolare alla vita e alla missione dei religiosi . . . essa li tocca in modo speciale; pone domande speciali sul loro amore, ricordando loro quanto essi siano amati da Cristo e dalla sua Chiesa”.

Questa iniziativa della cura pastorale per i religiosi è un aspetto del grande dialogo di salvezza, che inizia con la consapevolezza dell’amore di Dio, reso visibile nell’Incarnazione, e porta alla pienezza della salvezza attraverso quest’amore. L’intero dialogo di salvezza è diretto alla piena accettazione, attraverso la “metànoia”, della persona di Gesù Cristo.

Nel caso dei religiosi, come nel caso dei fedeli, il processo è lo stesso: nello stesso momento in cui noi Vescovi riconosciamo il nostro stesso bisogno di conversione, il Signore ci chiede di rivolgerci agli altri - umili e contriti, ma coraggiosi e senza paura - per comunicare con i nostri fratelli e le nostre sorelle. Cristo vuole fare appello attraverso di noi, per invitare e chiamare il suo popolo, specialmente i suoi religiosi, alla conversione. Lo scopo di ogni dialogo è la conversione del cuore.

5. Non è mia intenzione in questa circostanza parlare di tutti gli elementi essenziali dell’insegnamento della Chiesa sulla vita religiosa, come descritta nella mia Lettera e nel documento della Sacra Congregazione. Sono convinto che voi vorrete continuare a riflettere su ciascuno di questi punti, che sono tratti da fonti autentiche, così da essere in grado di spiegarli e di promuoverli tutti. Ora vorrei dare rilievo solo ad alcuni punti intimamente legati al tema della conversione e della santità di vita nel contesto della vita religiosa e della responsabilità pastorale dei Vescovi, a cui è stato “affidato il dovere di curare i carismi religiosi, tanto più perché proprio l’indivisibilità del loro ministero pastorale li rende responsabili della perfettibilità dell’intero gregge” (Mutuae Relationes, 9 c). I Vescovi devono proclamare la natura della vita religiosa come maestri della fede e rappresentanti della Chiesa che garantisce il carisma dei religiosi. Questa proclamazione è tanto una istruzione per il Popolo di Dio quanto un incoraggiamento per i religiosi.

Nello scegliere certi aspetti della vita religiosa per una speciale riflessione, la nozione di preghiera emerge immediatamente. Il nuovo Codice di Diritto canonico stabilisce che il primo e principale dovere di tutti i religiosi è la contemplazione delle cose divine e la costante unione con Dio nella preghiera (cf. Codex Iuris Canonici, can. 663 § 1). La questione riguardante l’essere dei religiosi che sono uniti a Dio nella preghiera precede la questione di quale attività essi compiranno. L’idea della preghiera è ancora sottolineata quando si tocca l’apostolato. Il Codice insiste sul fatto che l’apostolato di tutti i religiosi consiste primariamente nella testimonianza della loro vita consacrata, che essi sono vincolati a nutrire con la preghiera e la penitenza (cf. Codex Iuris Canonici, can. 673).

6. Tutto ciò ci dice qualcosa di molto profondo sulla vita religiosa. Ci parla del valore del vivere solo per Dio, della testimonianza del suo Regno, e dell’essere consacrati a Gesù Cristo. Attraverso i voti di castità, povertà e obbedienza, i religiosi consacrano se stessi a Dio, ratificando e confermando personalmente tutti gli impegni del loro Battesimo. Ma anche più importante è l’azione divina, il fatto che Dio li consacra alla gloria del suo Figlio; ed egli fa ciò attraverso la mediazione della sua Chiesa, agendo con la potenza del suo Spirito.

Tutto ciò mette in rilievo la stima che noi Vescovi dobbiamo avere per i religiosi e per l’immenso contributo che essi hanno dato alla Chiesa negli Stati Uniti. E ancora questo contributo è più un contributo di ciò che essi sono piuttosto che di ciò che essi hanno fatto e stanno facendo. Parlando dei religiosi dobbiamo dire che la loro maggiore dignità consiste in questo: che essi sono persone individualmente chiamate da Dio e consacrate da Dio attraverso la mediazione della sua Chiesa. Il valore della loro attività è grande, ma il valore del loro essere religiosi è ancora più grande.

Perciò uno dei contributi del Vescovo è quello di ricordare ai religiosi la loro dignità e di proclamare la loro identità davanti al Popolo di Dio. Questo permette ai laici di capire più chiaramente il mistero della Chiesa, al quale i religiosi offrono così tanto.

7. La dimensione ecclesiale è assolutamente essenziale per l’esatta comprensione della vita religiosa. I religiosi sono quelli che sono perché la Chiesa è mediatrice della loro consacrazione e garantisce il loro carisma di religiosi. Se il loro principale apostolato è la testimonianza, gli altri loro apostolati comprendono una molteplicità di impegni e attività compiuti per la Chiesa e coordinati dai Vescovi (cf. Ivi, can. 680).

Poiché il valore della consacrazione dei religiosi e dell’efficacia soprannaturale delle loro attività apostoliche dipendono dal loro essere in unione con la Chiesa - la cui integrità è stata affidata alla cura pastorale dei Vescovi perché fosse amministrata (cf. At 20, 28) - ne consegue che i Vescovi compiono un grande servizio ai religiosi aiutandoli a mantenere e ad approfondire la loro unione con la Chiesa, e assistendoli nel coordinare tutte le loro attività con la vita della Chiesa. Il vivere fruttuosamente il carisma religioso presuppone l’accettazione fedele del Magistero della Chiesa, che in concreto è un’accettazione della vera realtà e identità del Collegio episcopale unito al Papa. Il Collegio dei Vescovi, come successore del Collegio apostolico, continua a godere della guida dello Spirito Santo; le parole di Gesù si applicano ancora oggi: “Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato” (Lc 10, 16).

8. Venerabili e cari fratelli, nel dialogo di salvezza vi vorrei chiedere di parlare ai religiosi della loro identità ecclesiale e di spiegare all’intero Popolo di Dio come i religiosi sono tali soltanto perché la Chiesa è quella che è nella sua realtà sacramentale. E vi vorrei chiedere di mettere in rilievo lo speciale ruolo femminile delle religiose: nella Chiesa e personificando la Chiesa come Sposa di Cristo, esse sono chiamate a vivere per Cristo, fedelmente, esclusivamente e per sempre, nella consapevolezza di essere in grado di rendere visibile l’aspetto sponsale dell’amore della Chiesa per Cristo.

E possa ciascuno rendersi conto che il più grande equivoco circa il carisma dei religiosi, indubbiamente la più grande offesa alla loro dignità e alle loro persone, potrebbe venire da coloro che tentassero di porre la loro vita e la loro missione al di fuori del suo contesto ecclesiale. I religiosi sono tratti in inganno da chiunque tenti di attrarli insegnando contro il Magistero della Chiesa, che li ha concepiti con il suo amore e li ha fatti nascere nella sua verità liberatrice. L’accettazione della realtà della Chiesa da parte dei religiosi e la loro unione vitale - attraverso essa e in essa - con Cristo è una condizione essenziale per la vitalità della loro preghiera, l’efficacia del loro servizio ai poveri, la validità della loro testimonianza sociale, il benessere delle relazioni comunitarie, la misura del successo del loro rinnovamento e la garanzia dell’autenticità della loro povertà e semplicità di vita. E soltanto in completa unione con la Chiesa la loro castità diviene il dono ricco e accettabile che soddisferà i desideri del loro cuore di donarsi a Cristo e di ricevere da lui, e di essere fecondi nel suo amore.

9. Cari fratelli, mediante la nostra azione collegiale, specialmente nell’Anno Santo della Redenzione, manifestiamo il nostro amore pastorale specialmente ai religiosi degli Stati Uniti. E mostriamo la strada del sacrificio e dell’amore richiesta dalla conversione. Come Vescovi dobbiamo assicurare aiuto a questa generazione e garantire quelle a venire che il magnifico contributo offerto dai religiosi degli Stati Uniti alla missione della Chiesa continuerà.

Ma, soprattutto, ciò che è in gioco nel servizio collegiale del nostro amore pastorale è confermare i religiosi d’America nel loro carisma di essere religiosi, ed essere sempre più l’espressione della santità di Cristo nel mistero della Chiesa. Possano essi vivere per Cristo, come Maria visse per Cristo, nella rinuncia, nel sacrificio e nell’amore corredentivo, completando “quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1, 24). Il primo e principale dovere che scaturisce dal loro essere religiosi sarà sempre “la contemplazione delle cose divine e la costante unione con Cristo nella preghiera” (Codex Iuris Canonici, can. 663 § 1).

Infine, per il bene di tutti, ricordiamo le memorabili parole di Paolo VI che si adattano ad ogni età della vita della Chiesa: “Non dimenticate, mai, la testimonianza della storia: la fedeltà alla preghiera o il suo abbandono è la prova della vitalità o della decadenza della vita religiosa” (Paolo VI, Evangelica Testificatio, 42).

Tutto ciò è parte del ministero attraverso il quale noi, come Vescovi, viviamo il mistero della Chiesa, incoraggiando i religiosi, che noi amiamo e per i quali noi viviamo e per i quali noi desideriamo morire, a lottare per divenire sempre più “giustizia di Dio” (2 Cor 5, 21).

 

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