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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DELLA GIUNTA E DEL CONSIGLIO
DELLA REGIONE LAZIO

Giovedì, 2 febbraio 1984

 

Onorevoli presidenti,
illustri membri del consiglio e della giunta regionale del Lazio,
signori capi gruppo e funzionari.

1. Sono lieto d’incontrarmi con voi, per scambiarci reciprocamente gli auguri per l’anno in corso.

Ringrazio cordialmente i due onorevoli presidenti del consiglio e della giunta della regione, per le gentili espressioni a me rivolte, e saluto di cuore tutti e ciascuno degli intervenuti a questa visita, a me tanto più gradita in quanto voluta da rappresentanti dell’ente regionale, tanto degno di considerazione per le sue potenzialità di sviluppo a vantaggio della promozione umana.

La vostra presenza qui, in questo Anno Giubilare, dedicato alla commemorazione del 1950° anniversario dell’evento della Redenzione, si riveste di particolare significato quando si consideri che la regione Lazio svolge la sua attività non soltanto a servizio della popolazione stabile, che ha sede abituale nella sua area di competenza, ma - per un complesso di fattori geografici, artistici e logistici - ha modo di estenderla anche a favore del flusso dei pellegrini provenienti da ogni continente.

Nonostante la peculiare caratteristica dell’Anno Giubilare in corso, celebrato contemporaneamente a Roma e in tutte le diocesi del mondo, il movimento dei pellegrini non si è allentato, anzi molti elementi invitano a pensare a un incremento superiore a ogni previsione della vigilia. E, come conferma l’esperienza quotidiana, esso non si limita alla città di Roma, che non manca mai di esercitare una straordinaria forza di richiamo, ma coinvolge in qualche misura anche la vasta fascia che la circonda, in una parola tutto il Lazio, per conto suo già ricco di centri di attrazione sotto il profilo della natura, dell’arte, della fede. La regione, che ha la fortuna di vantare per capoluogo una capitale come Roma, è chiamata così di per se stessa a svolgere la sua funzione a un livello che supera il ritmo della normale amministrazione.

So quanto gli amministratori regionali hanno contribuito a elargire anche per la mensa dei poveri recentemente affidata alla Caritas diocesana di Roma. Come pure sono al corrente che l’ente regione, con la sua possibilità legislativa, è sollecito e disponibile per le numerose necessità tanto di Roma quanto del Lazio. Questo mi sta a cuore perché vi sono alcune necessità che si fanno sempre più urgenti, come, ad esempio, la situazione delle persone sole, disadattate e abbandonate, per le quali occorrerebbe provvedere a un dormitorio dove possano essere provvisoriamente accolte.

Mentre da parte mia vi ringrazio sentitamente dello sforzo di collaborazione, da voi con tanto impegno e tanta competenza prestata, dall’altra parte assicuro la collaborazione dei competenti organismi ecclesiastici nei settori comuni di lavoro a servizio della società.

2. Infatti, anche se impegnate su piani diversi, con motivazioni e strutture proprie, la società religiosa e la società civile lavorano entrambe fondamentalmente al trionfo della medesima causa, riconducibile al bene della persona umana, realtà, come afferma efficacemente il Concilio, “superiore a tutte le cose, e i cui diritti e doveri sono universali e inviolabili” (Gaudium et spes, 26).

La Chiesa riconosce - come ha sempre fatto - la realtà della società civile, le sue articolazioni e i suoi diritti. Essa afferma che l’autore dell’unione sociale è Dio, avendo creato gli uomini non perché vivessero individualisticamente, ma come membri di una comunità. L’uomo non può rispondere alla sua vocazione, proiettata al di là del breve arco della sua permanenza terrena, non può crescere in tutte le sue doti, né raggiungere la pienezza della sua maturazione, se non attraverso i rapporti con gli altri, i nostri doveri, il colloquio con i fratelli. Se principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali è e deve essere la persona umana, normalmente questa non può fare a meno di quelle.

Sicché perfezionamento della persona umana e sviluppo della società sono tra loro interdipendenti. Camminano insieme. L’uomo influisce sulla società; e la società influisce sull’uomo, in positivo e in negativo.

Nel nostro tempo, insieme con un complesso di lati negativi, innegabili in ogni tipo di società, coesistono segni, che bisogna incrementare, di una crescita dell’uomo. Si sono moltiplicati i rapporti e le interdipendenze; e si sono moltiplicate pure le associazioni e le istituzioni di diritto pubblico e privato (Gaudium et spes, 25). Questo fenomeno, pur soggetto a pericoli d’involuzione o di degenerazione, come tutte le cose umane, se giustamente inteso e attuato, è di per sé strumento efficace di bene comune e di promozione umana.

In tale cornice si colloca l’ordinamento regionale, che perciò, già in partenza, va visto come indice e fattore di sviluppo.

3. Non si parlerà mai abbastanza sul tema fondamentale e vitale del primato dell’uomo sulle cose, dal momento che tutti noi abbiamo continue occasioni, a ogni livello, di constatare precisamente il contrario. L’uomo, spesso, volontariamente o involontariamente, diventa, per ragioni molteplici, schiavo delle cose, strumento di ideologie e di sistemi; diviene una cosa lui stesso in mano di altri uomini.

Primato della persona significa creazione di ordinamenti sociali fondati sul rispetto dell’essere umano in quanto tale; sforzo di mettere ogni uomo, da prima della culla alla tomba, in condizione di essere se stesso e di sviluppare sempre più la sua umanità.

Primato dell’uomo significa priorità dell’essere sull’avere; complesso di organizzazioni sociali volte a far trionfare l’amore sull’odio, la vita sulla morte. Il bene individuale di ogni uomo, se è bene vero, essenziale e inviolabile, non può opporsi al bene della società. Ne è, anzi, la garanzia. Diviene esso stesso bene comune.

Così nasce quello che tutti noi vogliamo: un mondo più umano.

4. Ho voluto soffermarmi con voi su questa serie di considerazioni, appena accennate, convinto dell’importanza istituzionale del ruolo della regione, nel contesto nazionale delle autonomie locali, in vista della promozione umana.

La regione, nella sua natura di ente intermedio, elettivo, rappresentativo, autonomo, è espressione più diretta e immediata delle esigenze vive della comunità umana. Organismo di raccordo, di alcuni aspetti, tra esigenze nazionali più ampie ed esigenze locali, è in grado di svolgere una funzione di cerniera o di sintesi tra diritti a volte contrapposti; ma insieme di stimolo per la scoperta e la valorizzazione delle risorse soprattutto umane.

Forse più che tante altre istituzioni, a più alto o più basso livello, la regione ha la possibilità concreta, almeno potenziale, anche per via dell’ampiezza dei suoi poteri, di realizzare una partecipazione libera dei cittadini volta sia alla costruzione del bene comune, sia alla sua condivisione.

Essa è un fattore valido, se funziona correttamente, per l’affermazione di una società di persone. E, come tale, strumento di pace, promessa per l’avvenire; nucleo di una comunità più ampia di persone qual è lo Stato.

È, questo, il mio sincero augurio per voi.



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