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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA COMUNITÀ «ARCHE»

Giovedì, 16 febbraio 1984

 

Cari pellegrini.

Voi siete lieti di trovarvi riuniti nella casa del Papa. E anch’io sono molto lieto di accogliervi. Insieme, noi stiamo vivendo alcuni momenti “cuore a cuore”, come all’Arca di Trosly-Breuil, come nelle 67 Arche del mondo. Voi tutti che avete alcune limitazioni nella salute o che circondate con tanta delicatezza questi giovani affetti da handicap, avete un posto prioritario nel mio cuore di Pastore universale. Non è così che Gesù si comportava? Non è così che genitori ed educatori qui presenti si comportano?

Per alcuni istanti voglio raccogliermi con voi e contemplare Gesù insieme a voi. Leggendo attentamente il Vangelo, noi siamo - quasi ad ogni pagina - meravigliati dall’atteggiamento del Signore nel suo rapportarsi alle persone. Egli ha una maniera unica - possiede, direi, il segreto - di avvicinarsi alle persone o di lasciarle venire a lui. Una maniera unica di dialogare con loro ascoltandole e facendole esprimere. Una maniera unica di liberarle o di iniziare a liberarle dalle loro miserie: le apre progressivamente ad altro che a loro stesse, ad altre realtà valide. Si direbbe: Gesù le libera attraverso una progressiva decentrazione da loro stesse.

Perciò, come voi nelle comunità dell’Arca, Gesù utilizza con rispetto e delicatezza le risorse umane della vicinanza, dello sguardo, dei gesti, del silenzio, del dialogo. Voi potete anche - in questa prospettiva di meditazione - esaminare a lungo i suoi incontri con i primi apostoli, con Nicodemo, gli invitati alle nozze di Cana, la Samaritana, Zaccheo, il centurione romano, il cieco di Betsaida o quello della piscina di Siloe, Marta e Maria di Betania, i discepoli di Emmaus, Tommaso, l’apostolo incredulo . . .

Il rapporto di Gesù con i suoi compatrioti manifesta in altissimo grado il suo senso della dignità, del valore sacro di ogni persona.

Voi siete persuasi della ricchezza inaudita di questa rivelazione, che non può essere che divina. ma sappiamo, purtroppo, che troppi uomini e troppi responsabili dei popoli la dimenticano. le vostre arche sono e possono essere, ancor più, una serena e vigorosa dimostrazione di rispetto sacro, di attenzione paziente, di promozione umana possibile, in favore di bambini e di adolescenti limitati fin dalla nascita da diversi handicap. voi contribuite, senza far rumore, alla “civiltà dell’amore”.

Di tutto cuore, vi incoraggio a proseguire il vostro lavoro educativo e di ispirazione evangelica, svolto in modo originale e comunitario, nella 67 Arche diffuse in diversi continenti. Immagino che questa vita comunitaria non sia senza problemi. Risolverli una volta per tutte richiederà del tempo. Ma ciò che conta è vivere con i vostri problemi, rinnovando e affermando ogni giorno la vostra volontà, la vostra scelta di rispetto, di ascolto, di tenerezza, di perdono, di cooperazione, di speranza, di gioia. In verità, questo comportamento attenua i problemi, creando un clima di apertura di spirito e di cuore tra coloro che hanno degli handicap e favorendo la crescita della personalità degli adulti dediti anima e corpo al loro servizio.

Invoco con fervore sul gruppo che ho la gioia di ricevere, ma anche su tutte le Arche del mondo, sui loro membri e sui loro responsabili, e sul loro fondatore, monsignor Jean Vanier, rinnovate grazie di luce e di forza divina.



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