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VISITA PASTORALE A BARI E BITONTO

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
A  SACERDOTI, RELIGIOSI  E RELIGIOSE

Domenica, 26 febbraio 1984

 

1. “Os nostrum patet ad vos . . .” (2 Cor 6, 11).

La mia bocca, anzi il mio cuore si apre, con piena effusione, a voi carissimi fratelli sacerdoti e carissime sorelle consacrate, in questo incontro che il Signore ci ha concesso di realizzare. Vi esprimo tutta la mia gioia nel potermi intrattenere con voi e vi sono grato per questa accoglienza così affettuosa.

Vorrei salutarvi uno per uno, singolarmente. Abbraccio, a nome di tutti, il vostro arcivescovo monsignor Mariano Magrassi, al quale esprimo tutto il mio apprezzamento. Sono venuto per dirvi che vi seguo, che vi accompagno, che sono contento per quanto realizzate in questa amata terra pugliese, a servizio del Vangelo e della Chiesa. So che lavorate con zelo e intelligenza; so che non risparmiate energie per portare ovunque il “lieto annuncio” del Signore Gesù. Innalziamo insieme una lode fervida al nostro Dio, autore di ogni bene, che ha voluto chiamarci a servirlo da vicino, ci guida nel nostro cammino, sorregge la nostra debolezza, dà compimento ai nostri propositi.

2. “Colui che ha iniziato in voi quest’opera buona, la porterà a compimento” (Fil 1, 6). È con questa certezza che oggi voi - mi rivolgo in modo particolare ai sacerdoti - intendete rinnovare la vostra risposta al Signore, con un nuovo “sì”, più maturo e più autentico.

Il nostro tempo si presenta irto di insidie, conosce minacce e tensioni preoccupanti, ma è anche molto ricco di fermenti aperti al bene e carichi di buone promesse. Questa società, in così rapida evoluzione e che spesso ci sorprende con atteggiamenti tanto anormali, è una società che paradossalmente anela a Dio e lo cerca.

A tale richiesta, rispondete annunciando il Signore, parlando di lui, comunicando lui e lui solo! In un mondo chiuso e opaco, rivelate il Signore della luce; a una società smarrita, manifestate il Dio della speranza; a quanti rifiutano la vita rendete presente il Signore della vita.

Come sarà possibile questa testimonianza senza un profondo spirito di fede? Voi lo sapete e lo sperimentate ogni giorno: le persone a voi affidate vi cercano per avere solide certezze, parole che non tramontano, valori assoluti. È Dio l’unica certezza, è lui l’Assoluto: quel Dio che si è manifestato in Gesù e che, nella morte e nella risurrezione del suo Figlio, ci ha chiamati a vita nuova.

In Gesù noi crediamo, a Lui solo affidiamo la nostra vita, lui vogliamo annunciare al mondo, a ogni uomo. Gesù Cristo, che è la via e la verità e la vita (cf. Gv 14, 6), e resta il tema del nostro pensare, l’argomento del nostro parlare, il motivo del nostro vivere. Lui è l’oggetto del nostro amore crescente, lui sarà un giorno il nostro premio eterno, da lui deve prendere vigore ogni iniziativa.

Questa fede, carissimi, vi chiedo di difendere, di alimentare, di rafforzare ogni giorno. Voi siete i “professionisti” della fede, gli specialisti di Dio. Sentite la grandezza di tale missione, lasciatevi assorbire completamente in questo vortice al centro del quale opera Dio stesso, abbiate piena consapevolezza di compiere una missione insostituibile. Che l’insidia del dubbio non si infiltri in voi, né permettete che la stanchezza o la delusione appannino quella freschezza di donazione che la vocazione sacerdotale esige.

Sia la vostra una fede forte, vigorosa, alimentata dalla preghiera assidua. Siate modelli di preghiera, diventate maestri di preghiera. Quanto è necessario che le vostre giornate siano scandite da ritmati tempi di orazione, durante i quali, sul modello di Gesù, vi immergete nel colloquio vivo e rigenerante con il padre e vi incontrate col Dio ineffabile! Questa fedeltà non è facile, soprattutto oggi che il ritmo della vita si è fatto frenetico e le occupazioni assorbono in forte misura. Ma dobbiamo convincerci che il momento della preghiera è quello in cui è più forte l’unità del sacerdote con i propri fedeli, quello in cui egli è più “presente” ed efficace nel suo ministero.

3. Con la Chiesa universale stiamo vivendo un tempo di grazia straordinaria, quale è l’Anno Giubilare della Redenzione. Voi vi trovate impegnati in prima persona. Quante volte è risuonata sulle vostre labbra la parola già pronunciata dall’apostolo: “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio!” (2 Cor 5, 20). E come non avete sentito rivolto a voi stessi, in primo luogo, il pressante invito alla conversione continua, al rinnovamento interiore?

Già nella Bolla di indizione dell’Anno Giubilare scrivevo che “non può darsi rinnovamento spirituale che non passi attraverso la penitenza-conversione, sia come atteggiamento interiore e permanente del credente . . . sia come accesso al perdono di Dio mediante il sacramento della Penitenza” (Ioannis Pauli PP. II, Aperite portas Redemptori, 4).

Consentitemi dunque, cari fratelli, di invitarvi ad avvalorare sempre più il sacramento della Riconciliazione. In questo non fate che seguire le indicazioni tanto opportune del recente Sinodo dei vescovi. Del sacramento della Penitenza voi siete, in maniera singolare, beneficiari e ministri. Chi non vede che il sacerdote, costituito da Dio ministro della riconciliazione di Cristo, è chiamato a sperimentare per primo in se stesso il dono della riconciliazione, rendendolo operante nella propria vita? Siamo persuasi che non è possibile proporre agli altri il messaggio della riconciliazione se non siamo capaci di viverne la potenza salvatrice in noi stessi.

In una Chiesa chiamata a rinnovarsi, voi dovete precedere i fratelli con l’esempio e con la vita. Anche da questa valorizzazione personale del sacramento della Penitenza, come via maestra di purificazione e di crescita nella fede, deriverà per voi un ulteriore apprezzamento dell’incommensurabile dono che il Signore vi ha fatto nello scegliere voi, suoi sacerdoti, a perdonare i peccati nel suo nome.

4. Nel vedervi raccolti in questa cattedrale, nella quale molti di voi hanno ricevuto l’ordinazione sacerdotale e nel cogliere sul vostro volto la gioia di trovarvi insieme, mi tornano alla mente le parole che sant’Ignazio di Antiochia scriveva ai cristiani di Efeso: “Il vostro collegio di presbiteri, giustamente famoso e degno di Dio, è strettamente unito al vescovo, come le corde della cetra. Per questo, dalla vostra concordia e dalla carità armoniosa, che dimostrate, si innalza un canto a Gesù Cristo. E voi, uno per uno, diventate un coro, affinché, armoniosi nell’accordo e prendendo il tono di Dio, cantate all’unisono attraverso Gesù Cristo al Padre perché vi ascolti” (S. Ignatii Antiocheni, Ad Ephesios, lV).

Quale monito sono per noi tutte queste parole! E quale risposta offrono per questo mondo tanto diviso ed egoista! Essere e sentirsi Chiesa, accrescere la comunione del vescovo con il presbiterio, rendere più evidente la comunione con i sacerdoti tra di loro, dimostrare che è possibile incontrarsi, amarsi, aiutarsi scambievolmente fino alla condivisione dei beni, vincere finalmente la terribile insidia dell’individualismo: non è, fratelli, un programma meraviglioso? Non sarebbe, nello stesso tempo, l’evangelizzazione più efficace.

Sono venuto per incoraggiarvi nel vostro impegno e per esortarvi a non lasciarvi deprimere dalle difficoltà. Cristo, al quale avete consacrato la vostra vita, è con voi.

5. E ora una parola di affettuoso saluto, di compiacimento e di augurio alle religiose qui convenute. Quale gioia incontrarvi! E quanta speranza suscita nel cuore la vostra presenza, che rende così evidente l’opera di Dio e l’azione mirabile dello Spirito!

La vostra testimonianza, sappiatelo, è importante, è valida, è feconda, è necessaria. La vostra vita si caratterizza per la ricerca costante di Dio: voi siete le donne dell’Assoluto; voi cercate il Cristo con cuore indiviso, voi testimoniate al mondo che il Signore è veramente degno di essere amato sopra ogni cosa e seguito con dedizione totale; voi vivete per Dio soltanto.

Ma - ecco una verità che sorprende sempre - nel vivere per Dio soltanto, voi non vi estraniate dalla società. Al contrario, nel Signore Gesù voi incontrate tutta l’umanità e ad essa andate con la forza che viene da lui. Voi intendete essere ben attente alle urgenze dell’uomo di oggi e, come donne che hanno sperimentato l’amore di Dio, desiderate far partecipi i fratelli di quel dono inestimabile che avete ricevuto. Cosicché nessun impegno vi deve parer troppo grande e nessun sacrificio risultarvi eccessivamente gravoso.

Io sono qui a raccomandarvi di credere fortissimamente nella vostra vocazione. Amate con tutto l’essere la vostra consacrazione. Vi chiedo di riaffermare Dio nella società di oggi, di annunciare la preminenza del Signore su ogni realtà, di attestare con la vita la fede nei valori supremi ed eterni, di far scoprire all’uomo la sua dignità e responsabilità, di rendere manifesta la piena attualità delle beatitudini. Il tutto nella semplicità, nell’umanità, nella gioia indistruttibile di una vita donata.

Ecco, fratelli e sorelle, alcuni dei pensieri che si affollano nella mia mente in questo momento di intimità con voi.

Affidiamo ogni cosa alla benevolente Provvidenza di Dio. Preghiamo con fiducia la Vergine Maria, la Regina degli Apostoli, perché vigili su questa regione, protegga questa arcidiocesi, benedica i buoni propositi di tutti.

A voi qui presenti, e a quanti sono uniti con noi nello spirito, imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

 

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