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VIAGGIO APOSTOLICO IN COREA, PAPUA NUOVA GUINEA,
ISOLE SALOMONE E THAILANDIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VECOVI COREANI

Seminario Maggiore Regionale di Seoul (Corea)
Giovedì, 3 maggio 1984

 

Cari fratelli nell’episcopato.

1. Siamo qui insieme per compiere un atto proprio dell’episcopato, per offrire a Dio la Chiesa di Corea. Lo facciamo tramite il nostro signore e salvatore, Gesù Cristo, “il pastore supremo” (1 Pt 5, 4) della Chiesa e il pastore e vescovo delle nostre anime (cf. 1 Pt 2, 25). Facciamo questo per dare pieno significato alla celebrazione del bicentenario, per proclamare pubblicamente che la Chiesa appartiene a Cristo: la Chiesa che egli ha fondato su Pietro e che ha chiamato sua: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt 16, 18). Ma la Chiesa, cari fratelli, è allo stesso tempo “edificata sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. In lui ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore” (Ef 2, 20-21).

Questa è un’ora particolare nella storia della Chiesa di Corea. Questa è per i vescovi, come successori degli apostoli, un’ora per vivere la loro identità apostolica nella Chiesa: proclamare ancora una volta la natura della Chiesa, rivendicare le sue prerogative, manifestare e additare ad esempio la sua santità. La celebrazione del vostro bicentenario è incentrata sull’esaltazione dei vostri santi, dei vostri martiri. Per provvidenza di Dio tre dei vostri predecessori, tre vescovi di Corea, sono compresi fra i centotré martiri che verranno canonizzati domenica prossima. L’esempio di amore pastorale e di santità di vita del vescovo Imbert, del vescovo Berneux e del vescovo Daveluy hanno oggi un particolare significato per le vostre vite. È anche un incoraggiamento e una grave sfida per ogni vescovo coreano, per ogni uomo che Dio voglia chiamare a pascere il suo popolo come vescovo di questo Paese. Venerabili e cari fratelli in nostro signore Gesù Cristo: di fronte alla testimonianza dei vostri martiri e di tutti i vostri santi predecessori, questa è l’ora in cui il Signore Gesù vi chiama a una sempre maggiore santità di vita.

2. È nella santità di vita che i vostri predecessori, insieme ai loro sacerdoti, ai religiosi e ai laici, hanno rafforzato la vita della Chiesa in questa penisola, una Chiesa che desiderava ardentemente la cura pastorale, e che i primi pionieri laici avevano già generosamente costruito nella fede e nell’amore. Desidero oggi assolvere un debito di gratitudine verso i vescovi di Corea, passati e presenti, per la santità che avete dimostrato, per la santità che ha generato la dedizione, per le tante opere di Dio scaturite da questa dedizione. Nel far questo, esprimo la mia gratitudine, insieme con voi, al Signore Gesù, che ci ricorda il principio di tutta la feconda attività apostolica: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 5).

In quest’ora di rendimento di grazie penso ai sacrifici che la dedizione ha reso possibili, al grandissimo patrimonio di servizio reso nel nome di Cristo, all’amore che ha spinto tanti uomini, non soltanto a morire per la fede, ma a vivere, ad operare e a soffrire perché la rivelazione della parola di Dio potesse diventare la saggezza del vostro popolo, e perché il Verbo incarnato, Cristo stesso, diventasse sempre più una luce per questa terra. A nome della Chiesa universale esprimo gratitudine, attraverso di voi, i vescovi, a tutta la Chiesa di Corea per quanto ha conseguito in due secoli di santità, che culminano nell’ardore con cui voi celebrate il vostro bicentenario.

3. Con profonda ammirazione io vedo l’attuale vitalità delle vostre parrocchie e dei vari movimenti, le ottime scuole e i servizi ospedalieri, le numerose, belle chiese parrocchiali e altri fabbricati e, con essi, soprattutto il fervore spirituale, lo spirito comunitario e lo slancio missionario del vostro popolo. Prendo nota con gioia del vostro sapiente programma per il bicentenario, e volentieri benedico tutti i vostri sistematici e prolungati sforzi nei confronti della famiglia, il programma di evangelizzazione del prossimo, l’edificazione della parrocchia e della comunità, il consolidamento della diocesi e infine la solidarietà ecclesiale a livello nazionale e universale. Sì, in unione con la Chiesa universale, state offrendo uno splendido contributo alla crescita del corpo di Cristo in Corea e nel mondo. E nella provvidenza di Dio, grazie al mistero della comunione dei santi, il dinamismo spirituale generato dalla conversione e dalla santità di vita ha degli effetti che superano i confini geografici e gli ostacoli esterni. San Paolo ci fa notare, ed è sempre vero: “La parola di Dio non è incatenata” (2 Tm 2, 9).

4. Per quanto riguarda il futuro, fratelli, la santità della Chiesa deve continuare ad essere la priorità delle vostre vite e l’ispirazione di tutte le vostre attività. Tutte le strutture della Chiesa, tutti i servizi che essa offre - essi stessi frutto della feconda testimonianza e generosità dei vostri martiri - sono legati alla santità di vita e a quella dedizione che soltanto la santità può rendere possibile e mantenere a lungo. L’efficacia della vostra guida pastorale dipende dalla dimensione della vostra santità, dalla vostra unione con il Cristo che oggi ripete a voi: “Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi chiedete quel che volete e vi sarà dato” (Gv 15, 7).

Il vostro bicentenario porta con sé una chiamata all’azione per la causa del Vangelo. Ma nella vita della Chiesa ogni chiamata all’azione è una chiamata alla santità, all’unione con Dio e, di conseguenza, una chiamata alla preghiera, che è espressione stessa dell’unione con Dio. Il vostro bicentenario è una chiamata alla preghiera in tutta la Corea. Nella preghiera rafforzerete la fede, la fede che voi, vescovi, siete chiamati a proclamare come “Doctores fidei”, la fede che conduce alla giustificazione e alla vita eterna. La vostra guida come pastori del gregge raccolto attorno a un solo pastore, Gesù Cristo, non sarà mai tanto profetica quanto nell’esempio rassicurante, incoraggiante e contagioso della vostra santità di vita. Non esiste contributo personale più grande che possiate dare se non prestare attenzione alle parole di Pietro e presentarvi come “modelli del gregge” (1 Pt 5, 3). Essere modelli per il gregge significa essere vescovi santi, vescovi che vivono in unione con Cristo, vescovi di preghiera. L’intero futuro del vostro ministero e dell’apostolato in Corea, l’autentica crescita della Chiesa, devono essere posti sotto il segno della santità. Nell’unione con Dio e nella preghiera sarete in grado di agire in conformità alle parole di san Paolo: “Attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza” (Ef 6, 10).

5. In unione con Cristo potete riflettere nuovamente su quanto la parola di Dio esige dalla Chiesa di Corea. Con il coraggio che deriva soltanto dalla santità accetterete le piene, autentiche esigenze del Concilio Vaticano II per le vostre diocesi. Nella preghiera riesaminerete gli insegnamenti perenni della fede e la sempre pertinente novità degli immutabili dogmi della Chiesa. In comunione vitale con Cristo, la vite che dà la vita, e in unione con la Chiesa universale, continuerete a predicare la parola di fede che dipende dall’ascolto e che fa sì che il popolo di Dio confessi con le labbra che Gesù è Signore, creda nel suo cuore che Dio lo ha fatto risorgere dalla morte, e sia salvato” (cf. Rm 10, 9). Questa fede - che è alimentata nei vostri cuori e che viene proclamata grazie al particolare carisma episcopale che vi è proprio - è la sorgente di ogni illuminazione dei fedeli, che sono chiamati a credere, e nella forza dello Spirito Santo, a riflettere su questa fede e a viverla.

La riflessione in preghiera sulla natura della Chiesa come è stata proclamata dal primo e dal secondo Concilio Vaticano, e il desiderio di fare ogni cosa in conformità al volere di Cristo per la sua Chiesa, vi confermerà nel vostro impegno alla collegialità e a una reale collaborazione, soprattutto per quanto riguarda i grandi problemi dell’inculturazione, della riconciliazione, della compartecipazione, che sono requisiti dell’evangelizzazione e della catechesi. In unione con Cristo, in santità di vita, sarete in grado con sempre maggiore efficacia di promuovere la giustizia per la vita della Chiesa e per la società che la Chiesa desidera servire come un lievito.

6. In quest’ora di celebrazione, che è un’ora di rinnovamento e di speranza, ricordatevi del patto fra Paolo stesso e gli altri apostoli: “di ricordarci dei poveri” (Gal 2, 10). Per voi ciò significa essere l’immagine vivente di Gesù nella sua povertà e nel suo spirito di servizio. In questo modo voi andrete incontro ai suoi poveri, vi identificherete con essi, li assisterete e li evangelizzerete. Siete chiamati a mostrar loro compassione, a sostenere i loro sforzi per vivere una vita decorosa, e a camminare con loro, mano nella mano, per la lunga via dello sviluppo umano integrale e dell’evangelizzazione. L’amore lo renderà possibile e la dedizione indicherà il cammino. Nella preghiera vi renderete conto che dovete essere una sola cosa con il Cristo che realizza le Scritture: “Lo Spirito del Signore è sopra di me, perché mi ha mandato per annunciare ai poveri un lieto messaggio” (Lc 4, 18). Fratelli, anche voi siete consacrati e mandati ai poveri, ovunque essi si trovino. E nel servirli dovete dare loro, insieme alla vostra vita, il Vangelo del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.

In tutti i vostri sforzi, cari fratelli, di vivere la vostra vocazione di guida pastorale in unione con Cristo, sono unito a voi con le mie preghiere e l’amore fraterno. E possano le preghiere di Maria, la madre di Gesù e l’intercessione dei martiri di Corea, sostenervi nella vostra speranza del bicentenario di essere una luce per questo Paese.

 

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