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VIAGGIO APOSTOLICO IN COREA, PAPUA NUOVA GUINEA,
ISOLE SALOMONE E THAILANDIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AGLI INTELLETTUALI E AGLI ARTISTI COREANI

Auditorio dell'Università cattolica Sogang di Seoul
Sabato, 5 maggio 1984

 

Signore e signori, cari amici.

È con grande piacere che questa sera mi incontro con voi. Come eminenti educatori, scienziati, artisti, scrittori e giuristi, voi siete in prima linea nei nobili sforzi dell’uomo per capire e realizzare se stesso in un orizzonte sempre più vasto di nuove conoscenze, espressioni e idee. Voi avete la nobile e difficile missione di diffondere il meglio delle conquiste umane e anche di aprire nuove frontiere alla cultura. Siate certi che la Chiesa nutre grande stima per la vostra vocazione e per la vostra missione.

1. Siamo tutti convinti che l’uomo può essere veramente uomo soltanto mediante la sua cultura, mediante la sua libertà di crescere integralmente e con tutti i suoi talenti speciali. E l’uomo che giustamente persegue questa crescita è anche dotato di suprema dignità e libertà, come conviene a un essere creato a immagine di Dio e redento da Cristo.

Ecco perché, come cristiani, voi siete chiamati a una missione ancor più alta, di evangelizzare la stessa cultura umana. Ed è di vero conforto per me apprendere che ci sono così tanti laici cattolici, uomini e donne, in ogni campo d’iniziativa culturale in Corea. Il vostro compito è veramente difficile ma splendido. Questo è il vostro apostolato.

Il Concilio Vaticano II ha dato nuovo impulso al dialogo tra fede e cultura, poiché era diventato evidente che una drammatica frattura minacciava di approfondirsi tra la Chiesa e i vari movimenti culturali che si sviluppavano nel mondo. Mentre il mondo moderno era affascinato dalle sue conquiste e dai suoi progressi scientifici e tecnologici, aveva a volte perduto i suoi riferimenti e aveva dato credito a ideologie e principi etici che non erano in armonia con il Vangelo.

Ecco perché il Concilio volle porre tutta la Chiesa in ascolto dell’uomo moderno per comprenderlo e per cercare una nuova forma di dialogo che consentisse all’originalità del messaggio evangelico di penetrare nelle menti e nei cuori degli uomini contemporanei.

Profondamente convinto della fondamentale importanza di questo compito, da parte mia mi sono occupato con grande interesse del dialogo tra la Chiesa e il mondo della cultura. L’anno scorso ho istituito un Pontificio consiglio per la cultura, chiamando a collaborarvi uomini e donne eminenti in tutti i vari campi dello scibile. Sono fermamente convinto che questo dialogo tra la Chiesa e la cultura è di grande importanza per il futuro dell’umanità.

2. Ci sono due aspetti principali e complementari della questione che corrispondono alle due dimensioni nelle quali la Chiesa agisce. Una è la dimensione dell’evangelizzazione delle culture, l’altra è quella della difesa dell’uomo e del suo progresso culturale.

La Chiesa deve adattarsi a tutti i popoli. Ci attende un lungo e importante processo di inculturazione per far sì che il Vangelo possa penetrare proprio nel cuore delle culture attuali. Promuovendo questo processo, la Chiesa risponde alle profonde aspirazioni dei popoli e li aiuta a entrare nell’ambito della stessa fede. I vostri avi, i primi cristiani di Corea, videro questo molto chiaramente. Essendo pervenuti alla conoscenza di Cristo attraverso una seria ricerca della pienezza di umanità, essi fecero allora degli sforzi esemplari per incarnare il Vangelo nei modelli di pensiero e nella sensibilità del popolo.

Seguendo l’esempio di questa disponibilità ad adottare un atteggiamento di scambio e di comprensione con l’identità culturale del popolo, dobbiamo ora anche operare per portare le stesse diverse culture ad essere più vicine tra loro. E ciò dobbiamo fare affinché le singole culture possano poi arricchire più efficacemente le altre, e in modo che i valori universali possano diventare patrimonio di tutti. A questo proposito, il vostro ruolo di costruttori di ponti tra le culture è d’importanza fondamentale. Ma il vostro contributo sarà tanto più valido quanto più profondamente voi rimarrete radicati nella vostra specifica identità di coreani, e quanto più voi sarete consapevoli di portare la parola salvifica del Vangelo in questo dialogo. Poiché noi crediamo che il Vangelo deve penetrare in tutte le culture, elevarle e purificarle.

Naturalmente, tuttavia, l’arricchimento fa sentire anche in altro modo i suoi effetti. L’esperienza antica di tanti popoli, il progresso della scienza e della tecnologia, l’evoluzione delle istituzioni sociali, la fioritura delle arti: questi sono tutti modi in cui la natura dell’uomo si rivela sempre più pienamente. Si aprono così nuove strade verso la verità e si approfondisce la nostra comprensione dei misteri di Dio. I progressi nelle scienze cosmiche, nelle scienze della vita, nelle comunicazioni, nella medicina, nella diffusione dell’istruzione, nella psicologia, nei mezzi di produzione, nell’elaborazione elettronica dei dati: tutto questo può portare a una più profonda valorizzazione dell’uomo. Invero, questi splendidi progressi del genere umano sono un segno della grandezza di Dio e la manifestazione del suo misterioso disegno. Attraverso di essi si apre una porta nella creazione di Dio, e sul significato del suo dono di redenzione. In tale contesto, noi possiamo vedere così chiaramente quanto pericolosa sia ogni dicotomia tra il Vangelo e le vere culture. È bene che tutti ricordiamo queste importanti parole di Paolo VI: “La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre” (Pauli VI, Evangelii Nuntiandi, 20).

3. Dovremmo opportunamente apprezzare e ammirare il potere dato all’uomo da Dio, e la bellezza dell’operosità umana. E proprio perché il potere che detiene è così grande, l’uomo ha anche bisogno di un lucido senso di discernimento. Questo potere produce meraviglie, ma può anche distruggere chi lo usa imprudentemente.

Ecco perché non possiamo mai dimenticare che il Vangelo ci impone di amare l’uomo in se stesso, per se stesso, come l’immagine vivente di Dio stesso. La misericordia e l’amore di Dio, rivelati a noi nel suo Figlio fatto uomo per noi, ci impongono di proclamare che l’uomo merita rispetto, onore e amore per se stesso, e che deve essere considerato nella pienezza della sua dignità. Nessun uomo può mai essere ridotto a strumento; il disprezzo e l’ingiuria nei confronti di un solo uomo sono disprezzo e ingiuria contro lo stesso Creatore.

Dal momento che non ha autentica “saggezza” nell’uso delle proprie capacità, l’uomo è minacciato nella sua esistenza biologica dall’irreparabile inquinamento, dalla manipolazione genetica, dalla soppressione della vita prima della nascita. Il suo essere morale può diventare preda dell’edonismo nichilista, del consumismo esasperato e del decadimento del senso dei valori. E nel nostro tempo, in proporzioni finora mai sperimentate, ingiusti sistemi economici sfruttano intere popolazioni, pressioni politiche e ideologiche opprimono la vera anima di interi popoli, con il risultato che essi sono costretti in un’apatica uniformità o in un atteggiamento di completa sfiducia nei confronti degli altri.

4. Come cristiani, non possiamo tacere di fronte a siffatte minacce contro la dignità dell’uomo, contro la pace, contro il vero progresso. La nostra fede ci impone di resistere a qualsiasi cosa impedisca agli individui, ai gruppi e a interi popoli, di realizzarsi pienamente secondo la loro vocazione più profonda.

La nostra fede cristiana ci impone soprattutto di andare al di là della semplice condanna: ci porta a costruire, ad amare! Ritengo che sia stata molto importante l’affermazione fatta davanti a tutte le nazioni riunite all’Unesco, e che desidero ora ripetere a voi proprio per la sua rilevanza: “Bisogna affermare l’uomo per se stesso e non per qualche altro motivo o ragione: unicamente per se stesso! Ancor più, bisogna amare l’uomo perché è uomo, bisogna rivendicare l’amore per l’uomo in ragione della dignità particolare che egli possiede. L’insieme delle affermazioni concernenti l’uomo appartiene alla sostanza stessa del messaggio di Cristo e della missione della Chiesa . . .” (Ioannis Pauli PP. II, Allocutio ad eos qui conventui consilii ab exsecutione internationalis organismi compendiariis litteris Unesco nuncupati affuere habita, 10, die 2 iunii 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III/1 [1980] 1643).

Parimenti, a conclusione dell’enciclica Redemptor Hominis (Ioannis Pauli PP. II, Redemptor Hominis, n. 21), ho scritto che “l’uomo è e diventa sempre la "via" della vita quotidiana della Chiesa”. Sì, l’uomo è “la via della Chiesa” perché senza questa profonda considerazione per l’uomo e per la sua dignità come si potrebbero proclamare le parole di verità e di vita?

5. La vostra, poi, è una duplice missione: evangelizzare la cultura e difendere l’uomo. Il Vangelo stesso è un fermento di cultura nel suo effondersi incontro all’uomo nei suoi modi di pensare, di comportarsi, di operare, di riposare, cioè nella sua dimensione culturale. D’altra parte, la vostra fede vi darà fiducia nell’uomo, creato a immagine di Dio e redento da Cristo, che voi difenderete e amerete per se stesso. E poiché la vostra fede implica una profonda consapevolezza dei limiti dell’uomo e della sua inclinazione al peccato, affronterete la sfida dell’evangelizzazione della cultura con realismo e con la necessaria partecipazione.

In una parola, voi siete chiamati ad aiutare la Chiesa a diventare creatrice di cultura nel suo rapporto con il mondo moderno. È davvero una grande missione, affidata specificamente a voi come uomini e donne di cultura, in virtù della quale voi dovete dare davanti al mondo testimonianza della buona novella del Vangelo.

Sono consapevole dei peculiari ostacoli che vi si oppongono, in questo, nella Corea di oggi. Quando voi educate i giovani, cercate e trasmettete la conoscenza scientifica, create opere d’arte che esprimono l’anima dei tempi, scrivete parole dell’uomo sull’uomo, perseguite giuste relazioni tra i popoli, vi vengono offerte una responsabilità e un’opportunità: invero, avete una grande vocazione e un gran compito. E questo in un momento della vostra storia in cui il patrimonio del passato viene messo in discussione, e perfino ingiustamente ripudiato, in cui nuovi movimenti non assimilati stanno creando confusione, in cui le differenze tra le generazioni stanno diventando profonde, in cui il clima sociale e politico impedisce a volte una chiara visione morale delle realtà, in cui interessi privati e benessere personale tendono a diventare un imperativo fondamentale, in cui regole e valori a volte sembrano essere nient’altro che forme vuote.

Ma più il compito è difficile, più è urgente e meritorio raccogliere questa sfida, in modo che tutti possano vivere nel Signore risorto. Certo, il vostro è un popolo tollerante, pieno di vitalità, di ottimismo, di creatività, di personalità e di cuore: un popolo che ha sempre dimostrato una profonda religiosità e una profonda umanità. Ho fiducia che voi continuerete ad essere un popolo di alta cultura, aperto a Dio e aperto a tutta l’umanità! Al vertice di tutta la vostra sapienza c’è la grande rivelazione di Dio: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14).

E possa Gesù Cristo, questo Verbo fattosi carne, guidarvi nel vostro lavoro! Possa la beata Madre che generò il Verbo, la sapienza di Dio, essere vicino a voi oggi e sempre.

 

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