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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DELLA SEGRETERIA GENERALE
DEL SINODO DEI VESCOVI

Sabato, 19 maggio 1984

 

Venerabili fratelli.

1. Con viva gioia vi rivolgo il mio saluto cordiale. Questo vostro consiglio della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi si è adunato in questi giorni per la seconda volta dopo la celebrazione dell’ultima assemblea generale. Questo fatto, che si aggiunge ad altri, manifesta la vitalità della giovane istituzione sinodale, ed è nello stesso tempo segno del vostro generoso impegno nell’adempiere il compito di fiducia che vi è stato affidato. La Chiesa e il Papa vi sono grati per questa fatica supplementare a cui vi sobbarcate, nonostante i vostri numerosi e gravosi impegni. Ed è fatica che voi avete accettato in spirito di viva comunione con il successore di Pietro, come rileva il telegramma di saluto e di augurio inviatomi, a nome di tutti voi, dal moderatore dei vostri lavori, il venerabile fratello cardinale Zoungrana, e dal segretario generale, monsignor Tomko. Anche per questo siate ringraziati.

Questa vostra riunione costituisce come un ponte tra l’assemblea del Sinodo dell’ottobre scorso e quella da preparare per il 1986. In continuazione con la sessione del mese di febbraio, avete lavorato in primo luogo sul progetto del documento che dovrà essere il frutto e il coronamento del Sinodo sulla riconciliazione e sulla penitenza nella missione della Chiesa. Lo spirito di riconciliazione e di penitenza, che ha trovato nella contemporanea celebrazione dell’Anno Giubilare della Redenzione e del Sinodo un valido stimolo, dovrà diventare una linea costante del quotidiano cammino di rinnovamento e di santità della Chiesa. Il documento, per la cui elaborazione avete lavorato, servirà precisamente a tale scopo.

2. La vostra attenzione si è volta poi verso la futura assemblea generale. Già nel mese di febbraio mi avevate presentato il risultato dell’analisi dei temi proposti dalle diverse Chiese particolari, indicando anche le vostre riflessioni per alcune scelte di priorità. Questa consultazione per la scelta del tema da discutere si è mostrata molto opportuna ed è ormai entrata a far parte della prassi sinodale. Essa consente di confrontarsi con i problemi pastorali più universali, più urgenti e più attuali della vita della Chiesa.

Tra i temi indicati nella presente occasione da gran parte dell’episcopato e da voi segnalati dopo attento esame, emerge nettamente quello della missione dei laici nella Chiesa e nel mondo. Non è difficile cogliere i motivi di tale convergenza di pareri. In realtà, la missione dei laici, come parte integrante della missione di salvezza dell’intero popolo di Dio, è di fondamentale importanza per la vita della Chiesa e per il servizio che la Chiesa stessa è chiamata ad offrire al mondo degli uomini e delle realtà temporali.

3. Il Concilio Vaticano II ha svolto un’ampia e approfondita riflessione sulla natura, dignità, missione e responsabilità dei laici nella Chiesa e nel mondo, come splendidamente testimoniano numerosi documenti conciliari, in particolare la costituzione dogmatica Lumen Gentium, la costituzione pastorale Gaudium et Spes, il decreto Apostolicam Actuositatem.

Com’è noto, la dottrina del Concilio ha riproposto con chiarezza e vigore il ruolo ecclesiale dei laici, di quei fedeli cioè “che, dopo essere stati incorporati a Cristo col Battesimo e costituiti popolo di Dio, e nella loro misura resi partecipi della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, per la loro parte compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo cristiano” (Lumen Gentium, 31).

Nello stesso tempo, il Concilio ha offerto una lettura teologica della condizione secolare dei laici, interpretandola nel contesto di una vera e propria vocazione cristiana: “Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio. Essi vivono nel secolo, cioè implicati in tutti i singoli impieghi e affari del mondo e nelle ordinarie condizioni di vita familiare e sociale, di cui la loro esistenza è come intessuta. Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi dall’interno, a modo di fermento, alla santificazione del mondo mediante l’esercizio della funzione loro propria e sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a rendere visibile Cristo agli altri, principalmente con la testimonianza della loro vita e col fulgore della fede, della speranza e della carità” (Lumen Gentium, 31).

4. A distanza di vent’anni dalla conclusione dell’assise conciliare non s’è affatto affievolita, al contrario si è resa più viva e urgente la necessità di una ripresa della riflessione della Chiesa sulla vocazione e sulla missione dei laici nel contesto del disegno di salvezza che Dio in Gesù Cristo compie nella storia. A sottolineare l’attualità e urgenza di un ulteriore approfondimento della dottrina conciliare sul laicato si impongono, tra le altre, due considerazioni in particolare.

La prima, d’indole più intraecclesiale: ci si deve interrogare sui numerosi e preziosi frutti che il Concilio Vaticano II ha suscitato, spingendo i laici a maturare una più viva coscienza del loro essenziale inserimento nella Chiesa e della loro responsabile partecipazione alla sua missione di salvezza. Ciò consentirà di impegnarsi più efficacemente per far sì che tali frutti siano propri non solo di una élite, ma anche e capillarmente della massa dei laici stessi.

La seconda considerazione è legata in particolare all’indole e al compito secolari dei laici. Il mondo, al quale si rivolge in una forma privilegiata la loro responsabilità cristiana, è in rapida evoluzione e presenta oggi una serie quanto mai numerosa di questioni nuove, complesse, a volte persino drammatiche. Come non rilevare, ancora una volta, il persistente pericolo di uno sviluppo scientifico e tecnico non sufficientemente radicato in quella ispirazione umana plenaria, di cui sono parte essenziale anche le dimensioni etica e religiosa?

Proprio questo mondo, proprio questa cultura attendono, esigono l’intervento competente, generoso, deciso e cristianamente ispirato dei laici, i quali solo a questa condizione potranno sentirsi fedeli al compito loro assegnato da Gesù Cristo, quello di essere sale della terra e lievito del mondo. Ad essi spetta di promuovere, nelle attuali condizioni del mondo, l’indispensabile alleanza tra la scienza e la sapienza, tra la tecnica e l’etica, tra la storia e la fede, perché possa progressivamente attuarsi il disegno di Dio, e con esso raggiungersi il vero bene dell’uomo.

5. Si tratta, come ognuno vede, di ragioni convincenti. Sono quindi lieto di far mia la vostra scelta, giacché ritengo che essa presenti tutti i requisiti per essere discussa e approfondita in un’assemblea collegiale così qualificata come è quella del Sinodo dei vescovi.

Vi esorto, pertanto, a proseguire nel lavoro iniziato in preparazione della prevista assemblea sinodale del 1986, a cui spetterà, in adempimento della sua funzione di prezioso strumento della collegialità episcopale, di vagliare i risultati raggiunti e di formulare le opportune indicazioni.

A conforto della vostra fatica, invoco sopra di voi la continua assistenza di Dio e la protezione della Madre della Chiesa, mentre, in pegno di fraterno affetto, vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

 

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