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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI A IV CONGRESSO NAZIONALE
DELL'ASSOCIAZIONE CATTOLICA ESERCENTI CINEMA

Sala del Concistoro - Giovedì, 24 maggio 1984

 

Carissimi fratelli e sorelle.

1. Con viva gioia vi rivolgo il mio saluto cordiale, accogliendovi in udienza in occasione del congresso nazionale promosso dalla vostra Associazione cattolica esercenti cinema per celebrare il 35° anniversario di fondazione. Il mio saluto intende raggiungere altresì gli autorevoli rappresentanti dei vari settori del mondo dello spettacolo, che hanno gentilmente voluto essere presenti a questo incontro.

2. Il vostro congresso tocca non soltanto temi che hanno frequentemente attirato l’attenzione dei miei predecessori in un’ampia serie di documenti, ma si inserisce nel vivo del piano pastorale che l’episcopato italiano ha proposto alle Chiese locali d’Italia per gli anni ‘80: “Comunione e Comunità”. È facile infatti comprendere che, se la comunità non si attua senza la comunione, presupposto di quest’ultima è però la comunicazione.

Ma il tema del vostro congresso coglie anche un motivo di interesse generale per l’umanità, particolarmente in questo momento nel quale il grandioso sviluppo della tecnologia sembra orientarsi più a isolare le persone che ad aiutarle a ritrovarsi. Infatti il prevalere dell’interesse per gli strumenti rispetto alla comunicazione deforma quello stesso concetto di comunicazione, che il Concilio Vaticano II ha esaltato nel decreto Inter Mirifica e che l’istruzione pastorale Communio et Progressio (Pontificii Consilii instrumentis Comunicationis socialis praepositi, Communio et Progressio, n. 1) ha così definito: “La comunione e il progresso della società umana sono i fini primari della comunicazione sociale e dei suoi strumenti”.

3. La vostra preoccupazione è la stessa della Chiesa. Questa infatti realizza la sua missione nella comunicazione della salvezza, continuando cioè l’opera di Cristo che “durante la sua dimora terrena si è mostrato quale perfetto comunicatore”, attirando a sé le folle assetate di verità, indicando ai suoi discepoli la comunione reciproca come segno di identificazione quali suoi seguaci e, alla fine, istituendo l’Eucaristia, nella quale “attuò la più perfetta forma di comunione che potesse essere concessa agli uomini, vale a dire la comunione tra Dio e l’uomo, e perciò anche il più intimo e perfetto legame tra gli uomini” (Ivi, 11).

La vostra peculiarità si esprime attraverso l’uso di un mezzo particolarmente efficace: la sala della comunità. In 35 anni di vita della vostra associazione, questa sala, originariamente denominata “sala cinematografica parrocchiale”, è andata assumendo una fisionomia sempre più marcatamente pastorale e sempre maggiormente rispondente a esigenze che trascendono la semplice fruizione di spettacoli cinematografici, per quanto selezionati con criteri morali e culturali.

Aprendovi al concetto più ampio e profondo di comunicazione e considerando le tecniche nel loro valore strumentale, avete voluto, anche sotto la guida e dietro le indicazioni dei vostri vescovi, rendere le vostre sale “luoghi di incontro e di dialogo, spazi di cultura e di impegno, per un’azione sapiente di recupero culturale, di preevangelizzazione e di piena evangelizzazione” (Commissionis Episcopalis Italicae, Nota pastoralis, mense ianuario 1982, n. 1 d.).

Avete accolto e valorizzato così nelle vostre sale gli strumenti della comunicazione sociale, offrendo alle popolazioni, tra le quali voi operate pastoralmente, una gamma di occasioni per ritrovarsi, per comunicare, per entrare in comunione e costituire comunità. Le vostre sale sono diventate così propedeutiche al tempio, punto di riferimento e di interesse anche per i lontani, servizio al popolo di Dio, ma anche a “tutti i figli di Dio ovunque dispersi”.

4. Mi rallegro cordialmente con voi per questo vostro ministero e auspico che la “sala della comunità” diventi per tutte le parrocchie il complemento del tempio, il luogo e lo spazio per il primo approccio degli uomini al mistero della Chiesa e, per la riflessione dei fedeli già maturi, una sorta di catechesi che parta dalle vicende umane e si incarni nelle “gioie e nelle speranze, nelle pene e nelle angosce degli uomini di oggi, soprattutto dei più poveri” materialmente e spiritualmente (cf. Gaudium et Spes, 1).

Mi rallegro anche perché la vostra testimonianza in siffatta gestione della “sala della comunità” e nell’uso degli strumenti della comunicazione sociale si contrappone all’uso degradante che purtroppo degli stessi strumenti sovente viene fatto. Il fenomeno della dilagante pornografia non può non preoccupare ogni essere umano che abbia a cuore la tutela della dignità della persona e la formazione morale delle giovani generazioni.

Voi conoscete la forza persuasiva dei messaggi mediati dai moderni strumenti di comunicazione sociale, e sapete quanti e quali attentati si perpetrano continuamente contro ogni sistema di valori, contro la vita, contro la moralità, contro la verità e la giustizia, contro le fondamentali istituzioni sociali, in primo luogo la famiglia.

La gioventù e la stessa fanciullezza subiscono l’offensiva lusingatrice di modelli di vita e di comportamento che sono agli antipodi della concezione cristiana della vita.

La Chiesa, col suo magistero, denuncia incessantemente i pericoli di questa azione deleteria e indica le vie della vita. Ma è necessario che la carica persuasiva degli strumenti di comunicazione sociale sia adoperata dai responsabili con la coscienza che tali strumenti “sebbene frutto dell’impegno umano, sono doni di Dio” (Pii XII, Miranda Prorsus, 1) e devono quindi essere usati per “unire gli uomini in vincoli fraterni, affinché collaborino al piano di salvezza di Dio” ((Pontificii Consilii instrumentis Comunicationis socialis praepositi, Communio et Progressio, n. 2).

Questa raccomandazione io rivolgo con animo accorato e con fiducia anche agli autorevoli rappresentanti del mondo dello spettacolo: la loro partecipazione a questo incontro deve certamente interpretarsi come un segno della loro particolare sensibilità ai valori dello spirito. Confido pertanto che, nonostante le difficoltà alle quali essi devono far fronte nel loro lavoro, vorranno accogliere con favore questo invito, adoperandosi perché gli spettacoli, nelle loro varie espressioni, diano un valido contributo al vero progresso della società.

5. Per questi motivi, non solo ritengo lodevole il vostro impegno, ma lo ritengo addirittura necessario al fine di servire tutti gli uomini di buona volontà, perché siano promossi i valori superiori della verità, della giustizia e della solidarietà, valori che sono l’indeclinabile presupposto del progresso autentico delle persone e dei gruppi umani.

Con questi sentimenti, nell’invocare la divina assistenza sull’associazione, sui singoli associati e sui loro collaboratori, come anche sugli operatori del mondo della comunicazione sociale, a tutti imparto di cuore la mia benedizione.

 

© Copyright 1984 -  Libreria Editrice Vaticana

 



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