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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA TERZA ASSEMBLEA PLENARIA
DEL PONTIFICIO CONSIGLIO «COR UNUM»

Sabato, 17 novembre 1984

 

Signor cardinale,
cari fratelli nell’episcopato,
cari fratelli e sorelle
.

1. È questa la terza assemblea plenaria della Pontificia commissione “Cor Unum”. Sono sempre molto lieto di ricevere in questa occasione i responsabili, tutti i partecipanti, e con loro, coloro che qui svolgono quotidianamente il vasto lavoro del Segretariato generale. Ne è ragione l’importanza dell’opera che vi è stata affidata e che è ben esposta nell’opuscolo da voi editato: “La diaconia moderna della carità al centro stesso della Chiesa”. Ma questa udienza sottolinea anche i peculiari servizi che il consiglio “Cor Unum” assicura a nome del Papa e che creano legami particolari con lui: è l’organismo della sua carità.

Saluto con gioia il nuovo presidente, il caro cardinale Roger Etchegaray, che ha lasciato la sua cosmopolita città di Marsiglia per consacrarsi a questa missione universale della carità. E saluto attorno a lui tutti i membri di “Cor Unum”, molti dei quali partecipano per la prima volta a un’assemblea di questo Consiglio. Cari amici, oltre ai gravi compiti che voi del resto svolgete, siete stati chiamati a questo servizio della Chiesa universale e noi contiamo molto sulla vostra collaborazione. La vostra partecipazione a questa riunione non è per voi soltanto un’informazione, ma un impegno.

2. Voi conoscete gli scopi della fondazione “Cor Unum”. Come il Consiglio si è impegnato a farle finora, voi vi sforzerete di armonizzare le forze e le iniziative dei diversi organismi cattolici, che già lavorano con ardore negli ambiti della carità, della promozione umana, della sanità, in modo da favorire, non una centralizzazione né un’uniformità, ma una necessaria concertazione e una migliore ripartizione delle risorse e dei mezzi d’azione, soprattutto nei casi di cataclismi improvvisi, di flagelli naturali di grande ampiezza, o davanti alle tragiche conseguenze dei conflitti umani. Voi vi metterete in particolar modo a disposizione dei vescovi, delle Chiese locali, per permettere loro di beneficiare di tali mezzi. Cercherete una collaborazione con i fratelli separati che perseguono un’opera simile, come con i responsabili del bene comune, con le organizzazioni di carattere pubblico e internazionale. Sarete un’istanza di incontro, di dialogo, e anche di riflessione teologica approfondita sulla carità e il suo radicamento nel messaggio cristiano, in modo da contribuire al suo rinnovamento e al suo sviluppo in tutta la Chiesa.

3. La vostra assemblea vi permette di redigere un bilancio dell’opera compiuta nell’anno passato e di formulare dei progetti. Non è il caso che li ricordi nei dettagli.

Ma non posso fare a meno di pensare con voi alle grandi urgenze che attendono la Chiesa e il mondo rispetto alle quali si dovrà continuare a svolgere una parte attiva, secondo i nostri mezzi e la sensibilità dei nostri contemporanei.

La miseria di intere regioni in Africa, dovuta alla siccità e alla carestia catastrofica da essa generata, deve mobilitare la nostra immaginazione e le nostre energie. Insieme con i vostri confratelli della Caritas Internationalis, qualche giorno fa, ho lanciato un appello pressante per i nostri fratelli dell’Etiopia, dove migliaia di persone, adulti e bambini, sono in costante pericolo di morte. E non posso dimenticare i numerosi altri Paesi di questo continente che debbono far fronte a situazioni molto difficili dello stesso genere. La nostra fondazione per il Sahel contribuisce a preparare un avvenire migliore, ma bisogna già far fronte al dramma del presente.

Per ragioni differenti, in seguito a guerre, conflitti, guerriglie, molti altri popoli vivono in situazioni molto precarie, aggravate dalla lontananza dai loro Paesi e dalla loro famiglia: sono i rifugiati dell’Asia, dell’Africa o dell’America Latina. Vi ringrazio per tutto ciò che avete fatto e che farete per loro.

4. I bisogni sono molteplici. La nostra azione potrebbe sembrare sproporzionata. Ma in modo reale, efficace, puntuale, essa contribuisce a dare sollievo; dà l’esempio; stimola ad affrontare l’avvenire; suscita un movimento di carità. E, pur conservando le sue caratteristiche, essa si congiunge con quanto è intrapreso dalle istanze internazionali con le quali vi sta a cuore intrattenere relazioni molto positive di informazione e di cooperazione: le organizzazioni specializzate delle Nazioni Unite, l’Alto commissariato per i rifugiati, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per i soccorsi in caso di catastrofi (Undro), l’Organizzazione mondiale della sanità, la Comunità economica europea, eccetera.

Infine, oltre ai servizi di informazione, di coordinamento e di azione, voi cercate di promuovere nella Chiesa una riflessione, particolarmente nei vostri gruppi di lavoro, concernente la promozione umana integrale e solidale, la sanità... È importante che la pastorale della Chiesa, ai suoi diversi livelli, benefici di una tale riflessione; è una prospettiva che essa non deve mai dimenticare nei suoi sforzi di evangelizzazione.

5. Non dovete mai perdere di vista che la carità è l’anima della missione del Pontificio consiglio “Cor Unum”. Con forza dovete dare testimonianza di ciò che dovrà normalmente caratterizzare tutti i cristiani: l’amore del prossimo. Voi siete in qualche modo l’occhio che discerne le molteplici “povertà”. Siete il cuore che compatisce e che vuol fare per l’altro che è nel bisogno ciò che si vorrebbe per se stessi. Siete la mano che si tende fraternamente e che aiuta efficacemente.

Questa è la vocazione dei cristiani. E oggi è significativo vedere rinnovata la sensibilità di alcune Chiese locali e di alcuni responsabili civili nei confronti delle nuove povertà, dei veri poveri, in una società che sembrava arrivata a un alto grado di organizzazione e di sviluppo, e che aveva creduto di regolare tutto in termini di giustizia.

Ma la ragion d’essere della nostra carità è l’inalienabile dignità che noi riconosciamo in ogni essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio, amato da Dio, salvato da Dio, adottato da Dio come suo figlio e identificato con Cristo stesso. Noi non possiamo rassegnarci a lasciare nella miseria, nell’abbandono, nella solitudine affettiva quel fratello che è tanto prezioso agli occhi di Dio. La nostra carità va oltre la pietà sensibile che è certamente una soglia naturale alla carità. Essa va oltre la solidarietà orizzontale. Essa si basa su quella trascendenza che noi riconosciamo in ciascuno dei nostri fratelli. La nostra fraternità ha la sua sorgente in Dio. Tale è la testimonianza che voi dovete portare, alta e forte, nella Chiesa, come una luce che non si dovrà mettere sotto il moggio, come una fiamma che deve brillare agli occhi degli uomini. E nello stesso tempo conserviamo, in tutta umiltà, la coscienza di non essere altro che servitori.

Cari fratelli e sorelle, vi assicuro di tutta la mia fiducia. Prego lo Spirito Santo, lo Spirito d’amore, di donarvi la sua luce e la sua forza, e di tutto cuore vi benedico.

 

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