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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI CONGRESSISTI DEGLI OSPEDALI CATTOLICI

Lunedì, 30 dicembre 1985

 

Cari fratelli e sorelle,

1. Sono veramente lieto di accogliere in particolare udienza tutti voi, medici, infermieri, volontari, religiose infermiere e amministratori, che in rappresentanza degli ospedali cattolici, sparsi in tutto il mondo, vi siete riuniti a Roma per un vostro congresso, al fine non solo di approfondire lo studio per una migliore collaborazione fra strutture sanitarie ospedaliere, ma anche per fornire supporti scientifici e tecnici insieme ad interventi pratici, specialmente ai paesi in via di sviluppo.

Esprimo il mio cordiale saluto a tutti voi, qui presenti, e in particolare ai promotori della “Confoederatio Internationalis Catholicorum Hospitalium”: a monsignor James Cassidy e al dottor Marcello Sacchetti, rispettivamente presidente e segretario generale del Comitato Promotore. Rivolgo inoltre uno speciale pensiero al cardinale Pironio e a monsignor Fiorenzo Angelini, rispettivamente presidente e pro-presidente della Pontificia Commissione per gli Operatori Sanitari e a fra Pier Luigi Marchesi, che è qui in rappresentanza degli Istituti Religiosi Ospedalieri.

Mi è caro manifestarvi il mio compiacimento per questa iniziativa, che ritengo importante perché mette a confronto qualificati operatori nel delicato campo della salute in un contesto di conoscenza, di amicizia, di discussione, procurando loro uno stimolo ed un incoraggiamento nell’esercizio, spesso estenuante ed ignorato, della propria attività. Sono certo che i vostri incontri diretti a promuovere in forma sempre più stretta lo scambio culturale e la collaborazione tecnica e scientifica torneranno di utilità per la vostra professione e per un migliore servizio a quanti ricorrono alle vostre cure sanitarie. È appunto per incrementare tale cooperazione che l’11 febbraio scorso ho istituito una speciale Pontificia Commissione, auspicando nel Motu Proprio istitutivo Dolentium hominum un migliore coordinamento di tutti gli organismi cattolici impegnati nel campo della sanità e della salute (cf. Giovanni Paolo II, Dolentium hominum, 4).

2. Quando si tratta di organizzazioni come le vostre, che si ispirano al Vangelo di Cristo e al Magistero della Chiesa, la quale per innata vocazione ha sempre promosso la cura degli ammalati, la mia parola si fa ancor più fiduciosa e il mio cuore si apre ad una più sentita riconoscenza per l’opera che voi svolgete. La vostra qualifica di operatori sanitari cattolici, che traggono impulso per la propria missione dai principi della morale cristiana, vi rende in qualche modo continuatori dell’attività terapeutica del Signore, così riassunta dall’evangelista Matteo: “Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro Sinagoghe, predicando il Vangelo del Regno e sanando ogni malattia ed infermità del popolo. E giunse la sua fama in tutta la Siria, e gli portarono tutti i malati oppressi da varie malattie e tormenti, indemoniati, lunatici e paralitici, e li guarì” (Mt 4, 23-24).

Come è noto, le guarigioni operate da Gesù non si riducevano all’eliminazione pura e semplice di un fenomeno patologico, ma erano in pari tempo segni profetici dell’avvento del Regno di Dio e della nuova situazione spirituale, che veniva a crearsi nel guarito. Nella concezione biblica, la malattia, come l’esilio e la schiavitù, appare una realtà provvisoria, la cui sparizione è collegata con la venuta dei tempi nuovi. In occasione della guarigione del cieco nato, ai discepoli che chiedevano: “Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?”, Gesù rispose: “Né lui né i suoi genitori hanno peccato, ma è così perché si manifestino in lui le opere di Dio” (Gv 9, 2-3). Le guarigioni erano quindi occasioni per ridare la salute fisica e per donare la salvezza dell’anima, per instaurare cioè, nel miracolato, il Regno di Dio.

Dall’esempio di Gesù deriva per l’operatore sanitario cattolico il dovere di non limitarsi alla cura del corpo, sempre urgente e doverosa, ma di estendere le sue preoccupazioni alla evangelizzazione dello spirito in quanto i degenti sono in diritto di essere istruiti sul senso della vita e della morte, alla luce della fede cristiana. Ricco di questa spiritualità, l’operatore sanitario, in particolare il sacerdote, col Consiglio Pastorale, è chiamato a svolgere tra i malati e i loro familiari una importante azione, fondata sulla speranza cristiana. Di questa speranza, carissimi fratelli e sorelle, siate testimoni attendibili e premurosi presso il capezzale di chi guarda a voi per avere sollievo nel corpo e conforto nello spirito.

3. In un mondo in rapida trasformazione, voi vi siete riuniti anche per confrontarvi sugli aspetti tecnici necessari per un migliore funzionamento delle vostre realtà sanitarie. Gli ospedali cattolici, per raggiungere i grandi ideali, a cui ora ho fatto accenno, non devono lasciare nulla di intentato, affinché gli ammalati siano assistiti come richiede la loro dignità di persone “fatte ad immagine e somiglianza di Dio” (Gen 1, 26).

A nessuno sfugge come l’evoluzione tecnologica e gli stessi mutamenti di natura sociale, economica e politica abbiano cambiato nel mondo il tessuto su cui poggia tutta la vita degli ospedali. Da qui l’esigenza di una nuova cultura, specialmente nella preparazione tecnica e soprattutto morale degli operatori sanitari a tutti i livelli.

L’ospedale cattolico poi essendo tenuto a dare testimonianza di Chiesa, deve rivedere a fondo l’organizzazione, affinché essa rifletta sempre meglio i valori evangelici, echeggiati nelle direttive sociali e morali del Magistero; non si lasci assorbire dai “sistemi” che mirano solo alla componente economico-finanziaria e agli aspetti clinico-patologici; sappia stare sempre più vicino all’uomo e assisterlo di fronte alle ansietà che lo investono nei momenti più critici della malattia; sappia creare una cultura diretta ad umanizzare la medicina e la realtà ospedaliera.

Tutto ciò esige un forte movimento unitario tra gli ospedali cattolici in tutti i settori, non escluso quello economico-organizzativo. Con questa auspicata unità l’ospedale cattolico, ancor più di ogni altra istituzione ospedaliera, deve essere aperto alle esigenze di tutti i degenti di ogni continente, specialmente dei paesi in via di sviluppo.

4. There is one specific form of service that I would like to suggest once more for your consideration, for in this matter too I am convinced that Catholic hospitals ought to be an example to other health services and structures. In every part of the world there is a vigorous increase in the phenomenon of voluntary service, whereby large numbers of people, especially among the young, offer to spend at least a part of their time in doing unpaid work for the community. For Christians, assuming such responsibility for the public good is a practical way of showing a willingness to follow Christ’s example by sharing the problems and difficulties of one’s brothers and sisters.

How can we fail to give due recognition to the significant contribution that can be made to health-care facilities by the loving and discreet presence of voluntary workers, complementing the work of the nursing staff? Voluntary service, if it is properly coordinated, can help to improve the quality of the care provided, adding an extra touch of human warmth and attention which can obviously comfort the patients and probably also have a positive effect on the course of therapy.

I know that in a considerable number of Catholic hospitals, especially in the chronic wards, much is already being done in this sphere. But present circumstances would seem to suggest that now is the time for an effort to make even greater use of the resources of generosity available in the community, and for this purpose it might prove very useful for the various hospitals run on Christian lines to share their experiences. The objective to be aimed at is a health care structure that is not isolated but a vital part of the social fabric of the neighbourhood. An active exchange between the community of the healthy and the community of the sick cannot fail to prove a powerful incentive to a general growth in charity.

The present moment is full of great responsibilities for Catholic hospitals, and their survival depends upon how Catholics succeed in dealing not only with the sick of today but with all the people of today. Their survival likewise depends upon whether Catholics will succeed in creating a new culture and new forms of pastoral care for the sick, capable of witnessing to Christ as the Saviour of booth soul and body.

4. Esiste una forma specifica di servizio che vorrei sottoporre ancora una volta alla vostra attenzione, poiché sono convinto che anche in questa questione gli ospedali cattolici dovrebbero essere un esempio di servizi e di strutture sanitarie alternative. In ogni parte del mondo c’è un forte incremento del fenomeno del volontariato, per cui un gran numero di persone, specialmente tra i giovani, si offre di dedicare almeno una parte del suo tempo facendo del lavoro non pagato per la comunità. Per i cristiani l’assumere una tale responsabilità per il bene pubblico è una via pratica per mostrare una propensione a seguire l’esempio di Cristo partecipando ai problemi e alla difficoltà dei fratelli e delle sorelle.

Come possiamo noi trascurare di dare il giusto riconoscimento al contributo significativo che può essere svolto per la facilitazione del servizio sanitario dalla presenza amorosa e discreta di volontari che completano il lavoro degli infermieri? Il servizio volontario, se opportunamente coordinato, può contribuire a migliorare la qualità delle cure offerte, apportando un ulteriore tocco di calore umano e di attenzione che possono certamente confortare il paziente e probabilmente avere un positivo effetto sul corso della terapia.

Io so che in un numero considerevole di ospedali, specialmente nel reparto dei malati cronici, si sta già facendo molto in questo campo. Ma le circostanze attuali sembrano indicare che ora è il tempo di fare lo sforzo per attuare sempre di più le risorse di generosità presenti nella comunità; a questo proposito, sarebbe molto utile per i vari ospedali mettersi sulla linea dei cristiani e condividere le loro esperienze. L’obiettivo verso cui puntare è una struttura sanitaria che non sia isolata bensì parte vitale del tessuto sociale del territorio. Un attivo scambio tra la comunità dei malati e la comunità dei sani può non costituire un potente incentivo per una crescita generale della carità.

Il momento attuale è pieno di una grande responsabilità per gli ospedali cattolici e la loro sopravvivenza dipende da come i cattolici riusciranno a trattare non solo con i malati di oggi ma anche con tutti gli uomini del nostro tempo. Allo stesso tempo la loro sopravvivenza dipende dalla capacità o meno dei cattolici di creare una nuova cultura e nuove forme di cura pastorale per il malato e di testimoniare il Cristo come Salvatore dell’anima e del corpo.

5. Dear Brothers and Sisters, the problems awaiting a solution are very many: My hope is that you will not fall short of what is expected of you in order to maintain the high esteem rightly accorded to the health-care institutions which the past has entrusted to your responsibility. Continue to follow your traditions with exemplary dedication, for the cause which you serve is noble and ennobling: it is the cause of humanity! May this ideal sustain you in the difficulties that you encounter and may it inspire in your hearts the sentiments that caused the Good Samaritan to take care of the man left wounded on the road (Cfr. Luc. 10, 30-35).

To all of you I impart my Apostolic Blessing.

5. Cari fratelli e sorelle, i problemi che dovranno essere risolti sono moltissimi. La mia speranza è che voi non veniate meno a ciò che ci si aspetta da voi nel mantenere alta la stima accordata giustamente alle istituzioni sanitarie che in passato sono state affidate alla vostra responsabilità. Continuate a seguire le vostre tradizioni con una dedizione esemplare, poiché la causa che voi servite è nobile, e nobilitante è la causa dell’umanità. Possa questo ideale sostenervi nelle difficoltà che incontrerete e possa ispirare nel vostro cuore il sentimento che ha spinto il buon samaritano a prendersi cura dell’uomo lasciato ferito sulla strada (cf. Lc 10, 30-35).

A voi tutti imparto la mia apostolica benedizione.

 

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